I racconti dell'Ispettore

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    Addio alle armi

    Parte prima

    Premessa.
    Ho scritto questo racconto, forse il più triste, all'indomani della fine della mia carriera
    in Polizia di Stato, avvenuta il 1° Febbraio 2012.
    Il titolo si ispira al celebre romanzo di Hernest Hamminguay.
    Non che voglia assolutamente emulare l’opera
    Del grande Ernest Hemingway, ma per scrivere questa storia mi ha ispirato
    molto il titolo della stessa.

    Tutto comincia due anni fa, più o meno.
    Mese di Gennaio.
    All’epoca la Sezione di P.G. era ancora al completo.
    4 su 4 componenti.
    Nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo
    di li a poco.
    O forse i presagi c’erano.
    Ed ero io che non me ne ero accorto.
    Ma andiamo avanti.
    Sono seduto come mio solito a esaminare le ultime
    deleghe d’indagine pervenuteci.
    Questa è facile, penso guardando la prima, basta
    sentire il querelato in presenza del difensore.
    La metto a destra, deleghe di facile evasione.
    Interrogatorio delegato ai sensi dell’art.415 bis c.p.p.,
    facile anche questa.
    Basta fare gli inviti formali all’indagato ed al difensore
    E poi procedere all’interrogatorio.
    La metto sopra la prima.
    Leggo.
    La terza invece è “rognosa”.
    Roba di contrasti tra moglie e marito con i figli
    minori nel mezzo.
    Questa la metto a sinistra.
    Deleghe difficili.
    Si devono studiare con calma.
    D’improvviso sento un colpo alla porta.
    Poi la stessa si apre.
    Alzo la testa e vedo Claudio.
    Lui di solito quando accedeva al mio ufficio
    faceva così.
    Ci conoscevamo da tanto tempo.
    Dai tempi del Commissariato.
    Per cui con lui i formalismi erano
    inutili.
    A lui, bastava un solo colpo alla porta per entrare.
    Franco ?
    Ti posso parlare ?
    Dimmi pure Claudio.
    Lui si siede.
    Si mette in bocca una sigaretta.
    Dopo 15 anni aveva ripreso a fumare.
    E peggio di come lo faceva prima.
    Di che si tratta ?
    Gli chiedo.
    Niente Franco.
    Ti volevo solo dire che dal primo luglio
    di quest’anno andrò via !.
    Per un attimo resto basito.
    Io e lui avevamo la stessa età e gli stessi anni
    di servizio.
    Ma mai mi aveva accennato a questa sua
    intenzione.
    E me lo dici così ?
    Gli rispondo a bruciapelo.
    Franco ?
    E come te lo devo dire ?
    Vuoi che te lo metto per iscritto ?
    Ti faccio una relazione ?
    Magari un telegramma ?
    Non dire sciocchezze e siediti.
    Cos’è successo Claudio ?
    Niente Franco.
    Tempo fa sono stato con Totò alla Questura.
    Lui andava ad informarsi sul suo stato di
    servizio.
    La signora che si occupa delle pensioni, ha preso
    tutti i suoi dati personali.
    A quel punto è stato più forte di me, chiedere
    anche la mia posizione al riguardo.
    E lei che ti ha detto ?
    Che me ne potevo andare via benissimo.
    Comincio a capire.
    Così le ho chiesto se potevo fare domanda.
    Lei mi ha detto di si, la potevo fare pure subito.
    Cosa che ho fatto.
    Così ?
    Tutto di un botto ?
    Sai Franco.
    Certe cose come ben sai, si decidono al volo.
    Ci conosciamo da tempo, tu conosci me, ed io
    conosco te.
    Adesso ho capito.
    Ma come mai non me ne hai mai accennato prima ?
    A che cosa sarebbe servito Franco ?
    A rovinarti le feste Natalizie ?
    E poi, te lo sto dicendo adesso.
    Non ti basta ?
    Certo Claudio.
    Scusami.
    Ma sinceramente non me l’aspettavo.
    Franco ?
    Ma tu in che mondo vivi ?
    Non senti tutte le voci che si sentono ?
    Ci vogliono aumentare l’età per andarcene.
    Ci vogliono posticipare e rateizzare la buona uscita !
    Ma che cosa devo aspettare ?
    Che perdo quello che ho acquisito sino ad ora ?
    E se vuoi un consiglio, visto che sei nelle mie
    stesse condizioni, pensaci su pure tu su questa cosa.
    Non ci perdere tempo.
    Adesso ti saluto.
    Il Sostituto Procuratore vuole essere accompagnato
    a Messina e come al solito manca l’autista della Procura.
    Lo porto li con l’Alfa.
    Vai pure.
    Lui non se lo fa ripetere ed esce.
    Resto in silenzio.
    Non mi aspettavo una cosa del genere.
    E ci penso molto su.
    Metto di lato le pratiche.
    Possono aspettare.
    Il fatto era che sino a quel momento
    non mi ero mai posto il problema di andarmene
    via.
    Lasciare il lavoro di una vita.
    Ma Claudio aveva ragione.
    I tempi stanno cambiando in fretta ed in peggio.
    Tocca almeno pensarci su.
    Non si può far finta di ignorare la cosa.
    Per il momento decido che basti,
    come ragionamento.
    Ma è stato in quel momento, che dentro
    di me comincia a farsi luce l’idea di lasciare.
    Si, dire che non ci avevo mai pensato era sbagliato.
    Diciamo che uno ci pensava cercando di non pensarci.
    Ma le sue parole erano vere.
    La situazione economica del nostro paese era critica.
    Non era un mistero questo.
    Fino a quando avrebbero lasciato le cose per come
    stavano ?
    Le pensioni cioè.
    E se domani questi si svegliano e cambiano tutto ?
    In negativo chiaramente.
    In effetti da quel momento cominciai a leggere
    con attenzione tutte le notizie al riguardo.
    Dai giornali, ai siti sindacali.
    E più leggevo e più mi convincevo che
    Qualcosa di brutto sarebbe stata fatta.
    I giorni passavano.
    Una mattina, con la collega, eravamo
    Per l’aggiornamento professionale.
    L’Ufficio economato era su.
    Compreso quello che si occupava delle
    Pensioni.
    C’è una pausa nelle lezioni.
    Vado su.
    Dico alla collega.
    D’accordo Ispettore.
    Mi risponde lei.
    Salgo su.
    Ultimo piano.
    Percorro tutto il corridoio.
    Quello in fondo, l’ultimo di tutti.
    Busso alla porta.
    Avanti !
    Sento dire.
    Che fortuna.
    Penso.
    Di solito non c’è mai.
    Fatte le presentazioni, la signora mi fa cenno di accomodarmi.
    Lei mi guarda.
    Vuol sapere la sua posizione, vero ?
    Mi chiede a bruciapelo.
    Ma mi ha letto nel pensiero ??
    Le rispondo secco.
    Sapesse quanti di voi vengono qui per questo !.
    Mi dia i suoi dati.
    Quali dati, mi scusi ?
    Data di nascita e di immissione in servizio.
    Glieli do.
    Lei maneggia al computer.
    Ha fretta ?
    Mi chiede.
    No, no.
    Sono qui giù all’addestramento.
    Ma siamo in pausa adesso.
    Bene.
    Lei guarda, riguarda.
    Poi alza la testa e si gira verso di me.
    Lei se ne può andar via quando vuole.
    Davvero ?
    Davvero !.
    Si.
    Rientra nell’ultima finestra, quella del
    31 dicembre 2010.
    Però non le posso assicurare che le cose resteranno
    a lungo così.
    Questo lo avevo già capito da me.
    Ci penserò su.
    La saluto e scendo giù.
    Adesso se non altro, avevo la conferma.
    Sapevo che Claudio era messo come me.
    Se poteva andar via lui, lo avrei potuto fare anch’io.
    Ma avere appunto la conferma era importante.
    Ed adesso c’è l’avevo.
    Il tempo si sa vola via correndo come un treno.
    Claudio va via.
    Il 1° Luglio è passato.
    Adesso siamo rimasti in tre.
    Io mammate e te, come la canzone.
    Ma passa solo pochissimo tempo
    Per capire che molto presto
    resteremo solo in due.
    Il mio collega non rientra dalle ferie
    estive.
    Mi recapita anzi un bel certificato medico
    che è tutto un programma.
    Dopo averlo attentamente letto, concludo che non
    Ha intenzione di ritornare più.
    Così io sono l’unico Ufficiale di P.G. rimasto.
    Intanto avviene la manovra economica d’estate.
    Miracolosamente il nostro sistema pensionistico
    viene salvato in calcio d’angolo.
    Ma sentire e leggere tutte le notizie al riguardo
    è un vero stress.
    Questa è andata.
    Ma alla prossima che cosa succederà ?
    Mi chiedevo.
    Questa è la terza manovra di quest’anno.
    E l’anno ancora non è finito.
    Adesso ci sarà la finanziaria.
    Mentre sono fuori a fumarmi la sigaretta
    alla porta d’ingresso del piazzale di via Camarda 46,
    si avvicina e mi segue accendendosene una
    pure lui, il collega Luogotenente Responsabile
    della Sezione della Finanza.
    Mi guarda serio.
    Lui sapeva della mia posizione, siccome ne avevamo
    parlato tante volte in quei mesi.
    Io non lo posso fare.
    Mi dice convinto.
    Non ci arrivo con l’età.
    Ma tu, invece si.
    Ci sto pensando Enrico.
    Gli rispondo.
    E pensaci bene, Ciccio !.
    Io al tuo posto domani stesso
    andrei a Messina a fare la domanda.
    Se vuoi delle indiscrezioni, questo governo
    ormai è agli sgoccioli.
    Ed il prossimo che verrà alle pensioni ci
    metterà le mani.
    E subito.
    C’è lo chiede a viva voce l’Europa.
    Si lavorerà sino a 67 anni e soprattutto
    si passerà tutti al sistema contributivo, anche tutti quelli
    che come te che adesso siete con il retributivo.
    Questo è sicurissimo.
    Tienine conto.
    Lo guardo serio stavolta io.
    I Finanzieri in genere, su queste cose sono molto
    Bene informati.
    Domani no.
    Ma in questi giorni ci andrò.
    Mi stavo davvero convincendo.
    L’ennesimo telegiornale annuncia la caduta del governo.
    Diamine di un Enrico.
    Lo dicevo io che voi finanzieri siete una sorta di oracolo.
    E tra le priorità del nuovo governo, sbuca subito
    la riforma delle pensioni.
    Mia moglie a pranzo mi guarda.
    Sei andato a Messina ?
    A fare che ?
    La domanda !.
    Ma che cosa stai aspettando ?
    Che perdi tutto quello che hai maturato fino ad ora ?
    La saggezza femminile.
    Domani ci vado.
    Deciso.
    L’indomani mattina infatti alle 8,00
    Precise sono all’Ufficio Personale.
    Caserma Nicola Calipari, via Villari.
    Vado dalla signora che conosco.
    Lei arriva da li a poco.
    Aspettava me ?
    Mi chiede vedendomi.
    Ebbene si !.
    Lei mi guarda meglio e mi riconosce.
    Ma le ho già detto che lei può andar
    Via quando vuole.
    Lo voglio fare oggi stesso.
    Se possibile.
    Certo che lo è.
    Deve prima passare dal signor Scibillanti
    e compilare la domanda.
    Poi passi qui da me.
    Scibillanti ?
    Ah, si.
    Lo conosco.
    E’ anche lui un impiegato dell’Amministrazione
    Civile per l’Interno.
    E’ quello che mi ha istruito la pratica per la mia
    Nomina a Cavaliere al merito della Repubblica.
    La porta è aperta.
    Butto uno sguardo dentro.
    La sua scrivania la vedo vacante.
    In compenso vedo un collega in divisa
    Seduto in un'altra scrivania di fronte, tutto
    Intento a scrivere in un note book.
    Salve.
    Sono un collega.
    Cercavo il Signor Scibillanti.
    Lui alza la testa.
    Scusami collega.
    Ma qui è un macello.
    Devo stilare il servizio di tutto l’Ufficio Personale.
    Ma non avete più il programma apposito, come si chiama..
    Ah ecco, Polifemo .
    No, no.
    E’ stato sostituito da uno più complicato ancora.
    Appunto è un casotto.
    Beh collega, è notorio che nella Polizia si va sempre di
    bene in meglio.
    Appunto ho deciso di andar via.
    Uhm…
    Devi aspettare per forza lui.
    E comunque Scibillanti verrà più tardi.
    Ha telefonato dicendo di avere un forte mal
    di schiena.
    Ma…verrà ?
    Ah, si !.
    Ha detto che verrà.
    Solo che tarda un pochino.
    Se vuoi andare al bar a prenderti un caffè,
    nell’attesa, vacci pure.
    Mi sa che non ho altra scelta.
    Gli rispondo chiudendo il discorso.
    Riscendo le scale e mi dirigo al bar
    che sta di fronte alla palazzina.
    Entro dentro, mi prendo un caffè.
    Poi esco fuori, ci sono delle comode
    sedie da giardino e mi metto a sedere.
    Mi accendo una sigaretta.
    Beh, aspettiamo.
    Due colleghe vicino a me parlano
    di cose loro personali.
    Cosa fanno i figli, come avere i biglietti
    per il cinema, tutti tranne l’Apollo che da solo
    film porno.
    Mi viene di sorridere.
    Poi si avvicina un collega che conosco.
    Sostituo… che ci fai qui ?
    Sei all’addestramento professionale ??
    No, sto a fare la domanda per andarmene a casa !
    Lui mi fissa dritto davanti.
    Fai bene.
    Magari la potessi fare io.
    Lascio passare una mezz’oretta
    E lascio quattro cicche di sigarette dentro il portacenere.
    Poi mi alzo e rifaccio le scale.
    Mi affaccio alla porta.
    La scrivania di colui che aspetto è sempre vuota.
    Il collega seduto di fronte è sempre ad armeggiare
    Al computer.
    Niente ?
    Chiedo.
    Ah..
    No collega.
    Non è ancora venuto.
    E qui non mi quadra il turno sette tredici !.
    Pazienza.
    Gli rispondo.
    Aspetterò qua fuori.
    Mi accomodo in una sedia posta all’ingresso
    Del corridoio.
    Finalmente, saranno le nove e trenta, vedo
    entrare Scibillanti.
    Gli do il tempo di sistemarsi.
    Poi mi alzo e gli busso alla porta.
    Lui mi vede.
    Ah !..
    Accomodati pure.
    Devo fare domanda per la pensione.
    Dico deciso.
    Lui si alza dalla scrivania.
    Ma prego
    Accomodati pure qui.
    Un Cavaliere della Repubblica deve
    avere quello che gli compete.
    Una scrivania tutta per lui, dove poter scrivere
    Con calma.
    Detto questo esce fuori.
    La sua scrivania era piena di pratiche.
    Ne scorgo una in cima.
    Riguardava proprio me.
    Era quella dell’istruttoria a Cavaliere.
    Per curiosità la apro e la leggo.
    Però, quante cose vogliono sapere.
    Pure se avevo avuto punizioni.
    Intanto Scibillanti ritorna dentro.
    Ecco.
    Mi porge dei moduli.
    Compilali tutti completi in tutte le caselle.
    Mi raccomando.
    Mi metto gli occhiali e li compilo tutti.
    Finito.
    Lui li guarda.
    Aspetta.
    Ed esce di nuovo.
    Poi ritorna.
    Cavaliere.
    Con i poteri conferitoci io la Dirigente dell’Ufficio Personale
    Decretiamo che lei può andarsene in pensione !
    Era fatta.
    O perlomeno, pensavo fosse fatta.
    Qualche giorno dopo ero per strada.
    Suona il mio telefonino.
    Avviso vocale di chiamata…
    Moglie !...Moglie !..
    in mezzo alla musichetta di suoneria.
    Che cosa ti sei dimenticata di comprare ?
    Il prezzemolo ??
    Niente !
    Ti hanno chiamato dalla Questura.
    Chi mi ha chiamato dalla Questura ??
    Le chiedo.
    Non mi ha detto il nome.
    Hanno chiamato a casa dalla Questura.
    Hanno detto che è una cosa importante.
    Gli ho dato il tuo numero del telefonino.
    Hai fatto bene a farlo.
    Allora chiudo che mi chiameranno.
    Chiudo.
    Suona infatti subito dopo di nuovo.
    So.Sostituto Co. Commissario Di Blasi ?
    Lo riconosco.
    E il signor Scibillanti della
    Questura dove il giorno sei scorso
    avevo presentato domanda per la pensione.
    Dimmi pure.
    La tua do domanda….
    Ahi.
    Penso.
    Quando comincia a balbettare vuol dire che non sa come spiegare
    La cosa.
    Allora ?
    L’ho pro. pro.tocollata…quel quel giorno stesso.
    Poi non la tro trovo più !.
    Che cosa ?
    Ma dici sul serio o scherzi ?
    So sono mo mortificato.
    Ma come non si trova più ?
    No non si trova !
    Ma l’avete cercata ?
    Sti stiamo impazzendo.
    Di Dirigente ha dato di disposizioni
    Di mo mobilitare tu tutti a ce cercarla.
    Ma ma non la si si trova.
    Ho capito.
    Facciamo così.
    Se entro lunedì le ricerche sono negative
    martedì vengo e la riscrivo.
    So sono de desolatisissimo
    E’ la la prima volta che ca capita una co cosa
    del ge genere.
    E’ ci dovevo capitare giusto proprio io ?
    Mi mi di dispiac…
    Lascia perdere.
    Ho capito.
    Non mi volete fare andare via, ammettetelo.
    No…no.
    Vie vieni martedì.
    Ci puoi contare.
    Stavolta però ci metto un chip tipo
    quelli che hanno gli uccelli migratori
    per essere rintracciati !!.
    Scu..sa scu sa ancora……
    Va bene, ci vediamo martedì.
    Roba da matti.
    Ed era pure in duplice copia.
    Penso.
    Ma non c’è bisogno di aspettare martedì.
    L’indomani all’ora di pranzo mi
    Richiama.
    Sostituo Commissario ?
    Era lui.
    Sempre Scibillanti.
    Però stavolta non balbetta più.
    Buon segno, immagino subito.
    Disturbo ?
    Ma no, non disturbi affatto.
    Glielo dicevo con il piatto davanti a me.
    Ma l’importanza della cosa era tale
    Che andava ascoltata subito.
    Abbiamo trovato la tua domanda !.
    Benissimo.
    E dov’era ?
    Niente.
    Era finita in una delle tante mie scartoffie
    Che come hai visto ho sul tavolo.
    Meglio così.
    Tutto apposto allora ?
    Si, si.
    Non c’è bisogno che vieni più.
    Oggi stesso te la porto in definizione
    E la passo per competenza.
    Tiro un respiro di sollievo.
    D’accordo.
    E…non fatemi più scherzi del genere !
    No, no.
    Stai tranquillo.
    Ora si che era fatta.
    O meglio, la pratica partiva.
    Avevo chiesto decorrenza dal 1 marzo.
    Siccome mi ispirava quella data.
    Non so perché.
    Per cui mi aspettavo che se la prendessero comoda.
    Invece ai primi di novembre, mi arriva
    Il decreto del Prefetto che accogliendo la mia domanda
    Mi pone in quiescenza con il trattamento
    Economico previsto al momento.
    Il sistema retributivo.
    Ero salvo.
    Proprio in quei giorni il nuovo governo stava
    Preparando il decreto “salva Italia”
    Che prevedeva, cosa ampiamente annunciata,
    l’innalzamento dell’età pensionistica
    e il passaggio al contributivo.
    Tiro un profondo respiro di sollievo.
    Mo occorre solo la notifica e la restituzione
    Alla Prefettura.
    Appena viene la collega, unica superstite
    Di quella che fu la sezione di p.g. della
    Polstato, me la farà subito.
    Non finisco di pensarlo, che suona il telefono
    Dell’Ufficio.
    Ispettore ?
    Sono Cinzia.
    Le comunico che ho la bambina ammalata.
    Il dottore le ha dato quattro giorni.
    Capisco.
    Non c’è problema.
    Auguri per tua figlia.
    Grazie.
    Ci vediamo tra quattro giorni.
    Il problema era adesso mio.
    Chi mi deve fare la notifica di questo decreto,
    atteso che l’unica che la può fare non la può fare ?
    Per la serie i problemi non finiscono mai.
    Alzo il telefono.
    Questura di Messina. 090 366…
    Pronto ?
    Sento dall’altro lato.
    Voce femminile.
    Sono il Sostituto Commissario come mi chiamo
    io.
    Ah !.
    Mi dica pure.
    Cercavo il collega come si chiama lui.
    Mi dispiace.
    Al momento non c’è.
    E’ giù a fare la lezione all’addestramento
    professionale.
    E quando lo trovo ?
    Verso le 11,00 o giù di li.
    D’accordo.
    Ma posso chiedere a te collega ?
    No, no.
    Meglio parli con lui.
    Sai è lui che conosce bene tutte le regole.
    Mi ricordavo che se non c’è l’interessato
    gli altri se ne guardano bene da dare qualsiasi
    risposta ad una domanda.
    Va bene, chiamo dopo.
    Richiudo.
    Primo tentativo, quello dalla 40 iarde, fallito.
    Penso.
    Faccio passare il tempo.
    Ore 11,15.
    Rifaccio il numero.
    Pronto ?
    Sempre la solita voce femminile di prima.
    Il collega è tornato ?
    Ancora no.
    Mi dispiace, sarà a discutere con i colleghi
    della lezione.
    E lo fanno al bar di fronte l’aula.
    Capisco.
    Infatti dopo la lezione si instaura una specie
    di dibattito per discutere l’argomento trattato.
    Che alla fine continua, per lasciare libera la sala
    Al bar della caserma.
    Domani lo trovo ?
    Dovrebbe essere qui, non ha impegni.
    D’accordo, chiamo domani allora.
    Riaggancio.
    Inutile fare altri tentativi.
    Sapevo quanto alle volte si dilungassero
    I dibattiti.
    Specie quando finiscono al bar.
    L’indomani però riprovo.
    Tentativo dalle 20 iarde, penso.
    Più facile.
    Infatti mi risponde lui.
    Ah…
    Mi dice.
    Dimmi pure.
    Gli spiego il problema.
    Uhm…
    Un po’ complicata la cosa.
    Ma non me la può fare un altro
    Della sezione di un'altra aliquota ?
    Tipo carabinieri o finanza ?
    Chiedo.
    No, no.
    Te la deve fare uno del tuo ufficio.
    E’ un atto nostro.
    Ma se ti sto dicendo che qui sono da solo !.
    Aspetta che rientri la tua collega.
    Ma sono quattro giorni !
    E se tutto va bene.
    Porta pazienza.
    E se domani cambiano tutto ?
    Stasera si riuniscono e stampano un bel decreto ??
    Si va via tutti a 65 anni e senza buonuscita.
    Non credo sia possibile questo.
    Qui, stando così le cose, tutto è possibile,
    carissimo collega.
    Sento silenzio dall’altra parte.
    Ma…
    Me la posso al limite farmela io da solo ?
    No !.
    Che ti fai, un auto notifica ?
    Certo che la burocrazia italica è davvero
    pazzesca.
    Vuol dire ho qui davanti a me un bel decreto
    e non c’è modo di poter fare una relata di notifica !.
    Dai, porta pazienza.
    D’accordo, cercherò di averne.
    Richiudo.
    E se vado su in Cancelleria ?
    Penso.
    In effetti io dipendo come servizio dalla
    Procura.
    La Cancelleria potrebbe farmela.
    Salgo su.
    Busso alla porta.
    La signora che siede alla segreteria del
    Procuratore mi fa cenno di entrare.
    Gli spiego la cosa.
    Lei si guarda il decreto.
    No.
    Mi dispiace.
    Vede, questo è un vostro atto interno.
    Non ha nulla a che vedere con la Procura.
    Capisco.
    Però..
    Però cosa ?
    Chiedo.
    Non appena lo avrà notificato
    Non manchi di farcene avere una copia.
    Sarà servita.
    Le dico uscendo e chiudendo la porta.
    Sempre se trovo chi diamine me la debba fare.
    Penso tra di me.
    Attendere quattro giorni, con la situazione
    Politica in fermento, ogni telegiornale
    Annuncia continui provvedimenti che per
    Fortuna poi non avvengono, è davvero
    Un dramma.
    Il quarto giorno arriva.
    La collega non mi ha chiamato.
    Vorrà dire che verrà.
    Speriamo.
     
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    Seconda parte

    Bussano alla porta dell’Ufficio.
    Avanti.
    Buongiorno !
    Sento dire.
    E’ la collega.
    Era stata di parola.
    La bambina ?
    Le chiedo.
    Ah !
    Sta meglio, lo lasciata a mia madre.
    Ti ricordi quella notifica da farmi ?
    Ah, si.
    Prendo subito il decreto e gli metto i timbri.
    Tutto a posto.
    Acchiappo subito una bella busta intestata
    Questura lo ficco dentro e lo restituisco
    al mittente.
    Mo’, carissimo Professore Mario Monti, non mi fare
    brutte sorprese.
    Ormai è quasi andata.
    E tu, fammi andare via, dai.
    Lo dico quasi per farmi forza.
    Dopo infatti mi fermo a riflettere.
    Seduto, con le braccia alla testa.
    Ho fatto bene a farlo?
    Mi auto ponevo la domanda.
    E la risposta alla stessa stentava a venire.
    Si.
    Sento dopo un po’ che ci penso.
    Questo mi risolleva un po’.
    Ribussano alla porta.
    Ispettore ?
    Era la collega.
    Visto che anche lei va via e che io
    resterò qui da sola, che ne dice se guardiamo
    tutto quello che c’è ancora in giacenza nelle
    deleghe da evadere ?
    Si, si.
    Portami tutto qui.
    Lei lo fa subito.
    Le guardo una per una.
    Chiaramente le risposte ai Magistrati, non le
    potrò mai dare più.
    Anche perché il mio cervello ormai era sprogrammato
    dal tutto.
    Mi sentivo ormai un abusivo che occupava la poltrona
    che un tempo era stata quella del Capo Ufficio della
    Sezione di P.G. della Polizia di Stato.
    Andiamo su.
    Mi dico facendomi forza.
    Adesso preparo un bellissimo modello
    di restituzione del tutto correlato
    dalle motivazioni per cui non ho eseguito
    le deleghe.
    Non le posso lasciare in consegna a dei
    colleghi “posteri” che non so ne chi saranno,
    ne se mai ci saranno, e se ci saranno quando
    arriveranno.
    I tempi della burocrazia sono lunghi.
    Ancora non avevano bandito nelle vacanze di
    Posti, quello che aveva lasciato Claudio
    Ben sei mesi fa.
    Figuriamoci.
    Ma anche per rispetto dei Magistrati.
    Così sanno e riassegnano ad altri organi
    di P.G. le deleghe.
    Non che siano comunque nulla di particolarmente
    importante.
    Ma meglio liberarsene.
    Ad aprire un fascicolo a mio carico per “omissione di atti d’ufficio”
    Ci vogliono appena 15 minuti.
    Meglio cautelarsi per tempo.
    Dopo dieci minuti di studio e stesura,
    Il modello è pronto.
    Chiamo la collega.
    Ecco.
    Fanne una copia e ficca dentro a tutti i fascicoli
    In giacenza.
    Poi Sali su alle segreterie dei Magistrati e li consegni.
    Si, lo faccio subito.
    Dice lei tutta contenta.
    Si sentiva liberata da una grossa responsabilità.
    Ma, le volevo dire anche che…
    Mi dice fermandosi un attimo davanti alla porta.
    Sarebbe bene controllare tutto il materiale che abbiamo
    in dotazione.
    Aveva detto bene.
    Non ci avevo ancora pensato a questo.
    Ma mi ritornava in mente quando c’era stata
    l’unificazione tra le due Procure della Repubblica.
    Quella presso la Pretura dove stavo io e quella
    presso il Tribunale, anno 2001.
    Era successo che i due Procuratori non si erano
    passate le consegne dei materiali in uso.
    Era venuta una ispezione dal Ministero ed aveva accertato
    un ammanco di circa 26 milioni delle vecchie lire
    Alla vecchia disciolta Procura Circondariale .
    Con tanto di addebito all’ex Procuratore che la dirigeva.
    Risultato fu che lo stesso venne di gran corsa
    da noi a Barcellona da Messina dove era stato riassegnato
    come Procuratore Aggiunto, disperato a cercare
    dove fosse finito tutto il materiale smarrito.
    Noi della Polizia Giudiziaria, i suoi vecchi uomini,
    ci siamo messi a sua disposizione
    per aiutarlo nella ricerca.
    Meno male che dopo tre giorni di “caccia al mobile”
    Abbiamo ritrovato quasi tutto.
    Compreso il salotto che aveva nel suo ufficio.
    Lo aveva il nuovo padrone di casa della nuova Procura
    di via Camarda in un suo deposito.
    Lo aveva siccome non si sapeva dove metterlo.
    Ed allora lui si era offerto di ospitarlo in suo magazzino.
    Il tutto mi faceva più che pensare che era meglio
    fare un inventario di tutto quello che avevamo
    in dotazione ed assicurarsi che ci fosse ancora.
    Se no, se un domani controllano, cercano me.
    E mi gioco la buona uscita.
    Cosa da non poco.
    Per cui.
    Dico alla collega.
    Si !.
    Prendiamo il fascicolo degli arredi
    E di tutto il materiale in dotazione ed andiamolo
    A “spuntare” se presente.
    Ci mettiamo subito al lavoro.
    Quante camurrie (seccature) di devono fare fino
    all’ultimo.
    Non pensate di potervene andare via così, solo salutando e basta.
    Specie se ricoprite un posto di responsabilità di
    Uomini ed oggetti dell’Amministrazione.
    Contiamo tutto.
    Tavolini, scrivanie, sedie.
    Non pensavo di avere in dotazione tutta questa roba.
    Spulcio anche i verbali di consegna ad altri uffici.
    Materiale dato alla Procura.
    Materiale dato ai Commissariati.
    Scrivanie con relative poltroncine date
    Al Commissariato di Barcellona,
    un vero e proprio carico di sedie dato a quello
    di Milazzo.
    Siccome all’epoca della consegna ne erano
    senza.
    Ricordo la Dirigente allora venne a scongiurarmi
    la fornitura, siccome non avevano dove sedersi loro
    E dove far sedere i visitatori del Commissariato.
    Noi, di contro, ne avevamo
    così tante, da poter fare una sala “cinema”.
    In quei tempi, penso, eravamo i così detti
    Parenti “ricchi”.
    Siccome avevamo materiale in abbondanza.
    E i parenti poveri venivano da noi
    A chiederci roba in prestito.
    Tutto quadra.
    Meglio così.
    Ma non ci sono solo i mobili.
    Le apparecchiature.
    Computer, due fotocopiatori, vari registratori, tanta altra roba
    che è ancora negli scatoli, siccome mai usata.
    Cose stranissime, che vedo per la prima volta.
    Micro registratori portatili per interrogatori.
    Un auto “prestata” al Commissariato di Barcellona,
    con un fotocopiatore sempre prestato allo stesso
    Ufficio.
    Scorro i fogli di consegna, tutto anche in questo
    caso quadra.
    Benissimo.
    Anche questa è fatta.
    Senti, dico alla collega.
    Ormai mi mancano due mesi.
    Ho tutte le ferie dello scorso anno.
    Per cui, io non ci vengo più.
    Fatti sentire però se ci fossero novità
    In questo mio periodo residuo.
    Lei mi guarda.
    D’accordo.
    Stia tranquillo.
    Passo dai colleghi dell’Arma.
    Ecco le chiavi delle nostre auto.
    Qui ci sono i buoni benzina.
    Lasciarle ferme giù in garage sarebbe
    assurdo.
    Usatale voi.
    Poi quando verranno altri miei colleghi gliele ridate.
    Il collega Luogotenente mi guarda serio.
    Ma te ne vai davvero ?
    Ci vuoi lasciare così ?
    No.
    Me ne vado per scherzo.
    Pippo ?
    Lo sai bene che è solo da folli a restare qui.
    Fai bene a farlo Franco.
    Magari potessi farlo io.
    Ok, allora.
    Ma….
    Passerai ancora da qui ?
    Certo Pippo.
    Gli ultimi giorni.
    Tanto per ritirarmi tutta la mia
    Roba.
    Intendo dire passerai anche dopo che te ne andrai via.
    Ah…
    Certo.
    Ci conosciamo dal 1994, vuoi che non passi a salutare ogni tanto
    non dico dei colleghi, ma degli amici ?
    Ci abbracciamo
    Il primo mese passa d’un fiato.
    E quasi pure il secondo.
    Devo andare a svuotarmi l’Ufficio.
    Penso.
    Una domenica mattina mi convinco.
    Voglio farlo oggi che qui è chiuso e
    Non c’è nessuno.
    Caccio fuori il cacciavite dalla tasca.
    Togliamo la targhetta alla porta.
    Sostituto Commissario della Polizia di Stato.
    Fatto.
    Poi tolgo tutti i quadri degli encomi
    E riconoscimenti avuti dalle pareti.
    Fotografie, insegne, calendari storici.
    Poi apro l’armadio.
    Le divise le avevo già riconsegnate.
    Resta solo il berretto da Sostituto Commissario.
    Questo è mio, penso.
    L’ho comprato io fuori ordinanza e me lo terrò per ricordo.
    Poi passo alla libreria.
    I Romanzi di Camilleri.
    Li ho tutti.
    Li ripongo con cura in uno dei tanti borsoni che mi ero
    Portato.
    Guardo i codici ed i manuali di Polizia.
    Questi glieli lascio.
    Tanto a me non serviranno più.
    Alla fine, tre borsoni sono pieni di roba.
    Guardo le parerti che adesso sono
    Completamente spoglie.
    Lascio le chiavi dell’armadio nelle rispettive
    Ante.
    Ricontrollo di aver preso tutto.
    Si.
    Posso andarmene via.
    Qui ho finito.
    Uscendo per la prima volta lascio
    La porta aperta.
    Di solito la chiudevo sempre a chiave.
    Tanto, ormai, non abito più qui.
    Mi scappa di dire.
    Restavano ormai solo tre giorni.
    Poi era finita per sempre.
    La collega già lo sapeva.
    Mi accompagnava lei a Messina
    Per riconsegnare pistola tesserino e manette.
    E patente ministeriale.
    Martedì.
    Era la data concordata.
    Coraggio.
    Dico chiudendo la porta d’ingresso.
    Ah !
    Ecco.
    Gli devo lasciare pure le chiavi
    Ed il telefono di servizio.
    Stavo ritornando un civile.
    Ed il martedì arriva.
    Mi alzo presto.
    Mi faccio il caffè.
    Poi mi fumo la sigaretta.
    Seduto sul balcone come sono solito fare in casa.
    Mi prendo di coraggio.
    Forza su.
    Vado deciso.
    Apro la borsa e prendo la pistola.
    Le sfilo il caricatore.
    Controllo i colpi.
    Non che dubiti che siano giusti, cioè
    quindici, ma no si sa mai.
    Prendo le manette e le chiavi.
    Il Porta tesserino con la placca di riconoscimento.
    Me le metto nella seconda tasca.
    Sapendo bene che sarà l’ultima volta che
    lo farò.
    Via.
    Andiamo.
    A piedi verso via Gaspare Camarda 46.
    Guardo il mio ufficio, orribilmente spoglio.
    Non ci entro neppure.
    Apro l’armadio della Sezione nella stanza accanto.
    Anch’esso ormai è terribilmente vuoto.
    Prendo le chiavi dell’auto.
    Scendo giù in garage.
    Tiro fuori la Punto.
    L’ultima volta che la guido.
    Penso.
    Poi non ci penso più e metto in moto.
    Su, andiamo su.
    La parcheggio nel piazzale.
    La collega era appena arrivata.
    Andiamo ?
    Mi chiede.
    Si andiamo.
    Le cedo il posto guida.
    Al ritorno non la potrò più portare
    Siccome sarò senza patente.
    Meglio la guidi tu.
    Le dico.
    Come vuole.
    Mi risponde.
    Messina, caserma Nicola Calipari.
    Prendo la paletta e la mostro al piantone
    All’ingresso.
    Quando uscirò da qui sarò a tutti gli effetti
    un civile.
    Penso.
    Lui alza la sbarra.
    Dove andiamo ?
    Mi chiede la collega.
    Vai al Veca.
    Veca sta per vestiario, equipaggiamento, casermaggio
    armamento.
    Il magazzino logistico della Questura.
    Apro la porta ed entro dentro.
    Il collega mi vede.
    Mi guarda serio.
    Sa perché sono andato li.
    Tiro fuori la pistola e le manette.
    Ecco qui.
    Dico consegnandole.
    Lui la prende, controlla il caricatore ed i colpi.
    Prende il mio libretto personale.
    Già riposto nel cassetto “pensionati”.
    Scrive qualcosa su.
    Firma qui.
    La penna è rossa.
    Gli dico.
    Devi firmare con la penna rossa.
    La riconsegna della pistola deve essere
    Bene in evidenza.
    Burocrazia fino alla fine.
    Osservo.
    Guarda, riconsegno pure le chiavi
    Delle manette.
    Ah !.
    Mi dice lui.
    Tranquillo che se non lo facevi te le avremmo
    Addebitate.
    Non so se dice serio o scherza.
    Tiro fuori il porta tessera e placca.
    Ecco qui.
    Lui guarda.
    Il porta tessera e la placca vanno bene qua.
    La tessera e la patente ministeriale devi
    Portarli su in Amministrazione.
    D’accordo.
    Ho finito qui ?
    Si hai finito.
    Benissimo.
    La collega mi guarda mentre usciamo.
    Mi sento molto più leggero.
    Le dico.
    Lei sorride ma non mi dice nulla.
    Salgo su all’Amministrazione.
    Busso alla porta del collega.
    Avanti.
    Entro con la tessera e patente in mano.
    Beato te che te ne vai !
    Mi dice sorridendo.
    Su, non fare quella faccia !.
    Magari li potessi riconsegnare io
    E godermi la pensione.
    Chissà se mai potrò farlo.
    Allunga una mano e li ritira.
    Dobbiamo fare un verbalino di consegna.
    Facciamolo.
    Esco finalmente fuori con una tasca
    Vuota.
    Niente più tessera.
    Adesso sono davvero un comune cittadino.
    Quando usciamo dalla porta carraia
    Della caserma, mi viene in mente
    Una sorta di deja vu.
    Quando per la prima volta ci ero entrato
    Un lontano giorno del 1976 per passare
    Le visite preliminari di arruolamento.
    Una lacrima scende dagli occhi.
    La collega mi guarda.
    Tutto bene ?
    Ah.. si.
    Stai tranquilla.
    Arrivati, mi dice lei.
    Viene dentro in Ufficio ?
    No, no.
    Che ci vengo a fare più li ?
    Ci guardiamo.
    Ci abbracciamo.
    Buona fortuna !
    Le dico.
    Anche a lei !.
    Mi risponde.
    E si goda il suo meritatissimo riposo.
    Ora, era davvero finita.

    Fine.
     
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    Questo racconto l'ho scritto dopo la mia pensione.
    In effetti sapevo che l'Ufficiale di P.G. dopo la legge antiterrorismo del 2007 poteva
    fare il Pubblico Ministero in Udienza solo dopo la pensione.
    Lo Stato mi ha chiamato.
    In quel momento avevano di bisogno di noi.
    Non potevo dire di no, anche se era tutto a titolo gratuito.

    Allora.
    La toga noi Ex Ufficiali di Polizia Giudiziaria ed anche di Sicurezza nel mio caso
    non la mettiamo.
    Siccome non c'è l'abbiamo, quella c'è l'hanno Magistrati ed Avvocati.
    Anche se nel mio caso è celata accuratamente, mi è cucita dentro, avrei desiderato
    tanto fare l'avvocato.
    Oggi, ore 09,00.
    Entrare o meglio rientrare in un aula di Tribunale anche se al momento di Giudice di Pace
    è sempre una bella emozione.
    L'ultima volta lo avevo fatto con in tasca una delega del Procuratore della Repubblica per condurre l'udienza
    come Pubblico Ministero il 22 luglio 2007.
    Poi,i noti attentati di Londra dell'epoca spinseroad una legge ani terrorismo che impediva agli Ufficiali
    di Polizia Giudiziaria in servizio di andare a fare l'udienza.
    Lo potevano fare solo dopo essere stati posti in quiescienza.
    Ma io dissi già all'epoca, che il mio non era un addio, ma un arrivederci.
    E oggi ci siamo rivisti.
    Il vecchio banco davanti alla Corte.
    Vi poso il faldone contenente 10 fascicoli processuali da definire.
    Riprendo gli statini d'udienza, li compilo.
    Un pensiero che mi sfiora.
    Sarai ancora capace a farlo dopo tutto questo tempo?.
    Si, mi auto rispondo.
    E' una mia passione, la faccio pure gratis, quando lo Stato chiama, il suo Cavaliere
    deve rispondere.
    Ultima sfogliata ai fascicoli.
    Ultimi ritocchi a qualcosa che manca nel foglio di propemoria spillato alla prima
    pagina interna di copertina.
    Mi sono scordato qualche testimone da sentire, qualche pena da chiedere nella discussione finale?
    No.
    Tutto a posto.
    Arrivano gli amici Avvocati.
    Tu o Lei a secondo i rapporti di amicizia, di nuovo qui ?
    Mi chiedono.
    Si.
    Rispondo.
    Siamo davvero allora tornati ai vecchi tempi dei Marescialli e degli Ispettori ?
    Si.
    Ma solo da pensionati possiamo venire.
    Ma a noi ci sta bene, voi siete umani, capite benissimo le cose e sopratutto studiate
    i processi.
    Grazie.
    Rispondo.
    Poi entra il Giudice.
    Chiama il primo processo.
    Appena conclude la sua introduzione, mi guarda e mi chiede.
    Il Pubblico Ministero forrmuli le sue richieste.
    In quel momento è come se dentro di me si rimettesse in piastra un disco staccato sette anni prima.
    Ma il disco si rimette e suona.
    Si Signor Giudice.
    Il Pubblico Ministero chiede l'ammissione delle prove in atti, l'ammissione dei propri
    testi in lista e il controesame dei testi delle parti.
    Rifunziona, il mio cervello ancora non si è oscurato del tutto.
    Poi tutta l'udienza fila liscia come l'olio.
    Le azioni mi ritornano man mano in mente automaticamente, tati anni passati
    non sono stati buttati via inutilmente.
    Alla fine su tre sentenze definite, una condanna, una assoluzione piena e una mezza condanna.
    Come primo ritorno mi sta benissimo.
    E Giovedì si ricomincia.
     
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    Questo racconto l'ho scritto lo scorso anno.
    Quando facevo il Pubblico Ministero d'Udienza a Novara di Sicilia.
    Novara è un ridente paese inerpicato sui monti Nebrodi.
    Dove si parla ancora il Gallo Italico.
    Visto l'argomento, mi è sembrato giusto intitolarlo...

    UNA PECORA DI TROPPO !.

    La strada del giro d'Italia.
    Quelle poche volte che il giro passa da qui.
    Cioè quando si ricordano che la Sicilia fa parte dell'Italia.
    SS.185 si chiama di Portella Mandrazzi, 1.125 mt. al suo apice.
    Gennaro, l'autista del Procuratore, guida calmo tra i tornanti che si inerpicano vesro Novara di Sicilia.
    Dottò ?
    Tutto a posto ??
    A sente a strada ??
    Tranquillo Gennaro, tranquillo.
    Mantinieni velocità di crociera.
    Ai suoi ordini Dottò.
    Suona il telefono.
    Guardo il numero.
    Non lo conosco.
    Pronto ?
    Dico.
    Sono il Dottor Sozio, il Sostituto Procuratore.
    Commissario Di Blasi ?
    Mi dica Dottore.
    La volevo ringraziare, anche al nome del Procuratore della Repubblica De Luca.
    Dovere, Dottore, Dovere.
    Grazie ancora.
    Novara viene alla fine raggiunta.
    O meglio.
    La reggia dove è posto il Giudice di Pace, pensate che mentre qui a Barcellona gli impiegati
    stanno ammassati come le sardine li un solo impiegato, ex sindaco tra l'altro del paese,
    ha a disposizione ben 16 stanze, tutte belle arredate.
    Guardo l'orologio.
    Gennaro ?
    Si dotto !.
    Ma qui c'è lo stesso fuso orario che c'è giù a valle, o cambia ?...
    Perchè Dottò ?
    Perchè il mio orologio segna le nove e mezza e qui ancora non c'è nessuno.
    Arriveranno Dottò.
    In effetti, quando entro dentro l'aula e poso il faldone con i processi da trattare, sono da solo.
    Il tempo però di compilare gli statini d'udienza, tirare fuori la mia delega, mi giro,
    e vedo fuori un sacco di persone.
    E accanto a me seduti diversi avvocati.
    Gennaro ?
    Ma che hai fatto ?
    Hai convocato qui l'intero paese ?
    No dottò.
    So venuti da soli...
    Capisco.
    Arriva pure il giudice.
    Ci stringiamo la mano.
    Cominciamo tra poco.
    Mi dice.
    Daccordo, io sono pronto.
    Chiamiamo la prima causa.
    Fer... Giuseppe.
    Articolo 636 codice penale, pascolo abusivo.
    Preliminiramente l'avv. Soffio chiede l'esame dell'imputato o meglio
    della imputata, visto che è donna.
    IL Pubblico Ministero ?
    Non si oppone.
    La Parte civile ?
    La parte civile, Giudice, vorrebbe prima l'esame del proprio teste.
    Giudice ?
    L'avvocato Soffio rappresenta che l'imputato può rilasciare dichiarazioni o chiedere
    l'esame in qualsiasi momento.
    Ma lei avvocato, chiede che cosa.
    L'esame o farle fare spontanee dichiarazioni ?
    Uhm...l'esame Giudiice.
    Chiedo l'esame dell'imputato.
    Benissimo.
    Il giudice ammette l'atto richiesto.
    L'imputato può accomodarsi a deporre.
    Avvocato, a lei la sua teste.
    Signora ?
    Lei è titolare di azienda agricola con animali ?
    Si.
    Che tipo di animali avete ?
    Ovini e Caprini.
    Confinate con il fondo della parte offesa ?
    Si.
    Mi dica, l'accusa sostiene che due sue pecore sono state sorprese a pascolare
    nel fondo del signor Grandini.
    E' vero questo ?
    No avvocato.
    Bisbiglio generale in aula.
    E come fa a dirle questo, visto che i Carabinieri intervenuti hanno trovato una sua pecora
    dentro un casotto del fondo in questione ?
    Un altro mio vicino confinante ha visto tutta la scena avvocato.
    E me l'ha riferita.
    Può dirci cosa le ha detto.
    Giudice ?
    C'è opposizione.
    La teste non può dire cose sapute da terze persone.
    Avvocato di Parte Civile ?
    La mia domanda è mirata.
    Siccome voglio sentire ai sensi dell'art.507 c.p.p. questa persona, occorre
    che almeno si sappia chi sia per chiedere la sua citazione.
    Va bene, il Giudice ammette la domanda.
    Può rispondere signora.
    Il mio vicino che si chiama Dal Campo mi ga detto che ha vidto la persona che qui si definisce offesa
    prendere la pecora e portarla dentro al casotto chiudendola dentro !.
    Insomma.
    Un sequestro di pecora ?
    Interessante la cosa.
    Avvocato di parte civile ?
    Non faccia commenti, se ha domande da fare le faccia non appena verrà il suo turno !.
    Va bene Giudice, mi scusi.
    Ha finito il suo esame avvocato ?
    Si Giudice.
    Il Pubblico Ministero ha domande ?
    No, nessuna, al momento.
    Avvocato di parte civile, a lei la teste.
    Giudice.
    Io non ho domande, ma a aquesto punto chiedo l'esame della parte offesa da me assistita, siccome
    accusato di sequestro di pecora....
    Risatine generali.
    Va bene.
    L'esame è terminato.
    Si può accomodare signora.
    Ammetto la deposizione della parte offesa.
    Ma..
    Non è un teste del Pubblico Ministero ?
    No, signor Giudice, non è un nostro teste.
    Strano però, fa la querela e non viene citato come teste nel decreto di citazione.
    In Procura succedono questi "cinema", Pubblico Ministero.
    Lei si oppone alla sua deposizione ?
    Assolutamente no, anzi...
    Bene.
    La parte offesa si può accomodare per deporre.
    Legga la formula del giuramento.
    Quale signor Giudice ?...
    Quella sottolineata in giallo !.
    Consapevole di dire la verità…..
    A si.
    Benissimo.
    Dica le sue generalità al Cancelliere.
    Pubblico Ministero ?
    A lei il teste.
    Signor….come si chiama lui.
    Lei ha fatto una querela in data quella che è
    alla Stazione carabinieri di Furnari.
    Giusto ?..
    Si, l’ho fatta.
    Bene, allora illustri i motivi e descriva sommariamente cosa è successo
    quel giorno.
    Si.
    Io e mia moglie eravamo intenti a lavorare nel nostro podere
    quando abbiamo notato due pecore pascolare sullo stesso e delle capre
    tutt’attorno, e allora…
    Aspetti.
    Cosa vuol dire delle capre tutt’attorno ?
    Come che vuol dire…che erano attorno !.
    Non mi sono spiegato bene.
    Le capre erano anch’esse sul vostro terreno o no ?..
    No !.
    Apposta ho detto Attorno.
    Ho capito.
    Mentre le pecore però lo erano, giusto ?.
    Giusto.
    Io e mia moglie ci siamo dirette verso di loro per bloccarle.
    Una però è riuscita a scappare via.
    L’altra invece l‘abbiamo raggiunta e la stessa se nè entrata dentro al
    casotto.
    L’abbiamo chiusa dentro e ho chiamato subito i Carabinieri
    per intervenire.
    Ma se né entrata da sola o c’è l’avete fatta entrare voi ?
    Vede, è un movimento che viene spontaneo.
    Il casotto è posto proprio davanti e per cui si è infilata
    Li dentro.
    Non mi sono nuovamente spiegato bene.
    Ma l’avete spinta voi dentro il casotto, lei e sua moglie intendo ?
    Come si fa a spingere un animale del genere…
    Non intendo spingerlo a forza, ma intendo a gesti con movimenti
    forzati.
    In un certo senso….
    Ma ci vuole tanto a rispondere si o no ?
    Si !.
    Benissimo.
    Cancelliere ?
    Verbalizziamo.
    Avvocato della difesa, ha domande ?
    Si.
    Il suo terreno, leggo in denuncia è interamente recintato.
    Giusto ?
    Si, lo è.
    E allora da dove sono entrate le due pecore ?
    Questo io non lo posso sapere.
    Ma c’è qualche varco d’accesso, un cancello aperto,
    qualcosa ?
    C’è, c’è…non c’è niente !.
    E che qualcuno abbassa il recinto e li fa entrare dentro.
    Ma lei lo ha visto questo qualcuno ?
    No.
    E allora come fa a saperlo ?
    Mi è stato riferito.
    Da chi ?
    Dall’altro confinante.
    Giudice.
    A questo punto chiedo la citazione di quest’altro
    teste ai sensi dell’art.507 c.p.p. -.
    Avvocati ?
    Si, Giudice.
    Ma non vi sembra che per una pecora si stia un po’ esagerando ?
    Non c’è possibilità di rimettere questa querela ?!.
    Il Pubblico Ministero si associa volentieri a questa considerazione.
    No !.
    E perché mai avvocato di parte civile ?
    Il mio cliente ha subito dei danni notevoli e pretende un
    congruo risarcimento !.
    Ma,….
    Mi scusi avvocato.
    Ma una sola pecora che danni ha potuto mai causare ?
    Li ha causati, Giudice.
    Il teste da me citato per oggi, qui presente agronomo
    Dr. Calabrò, li ha quantificati nella sua consulenza di
    parte da me richiesta.
    Uhm…
    L’avvocato della difesa ?
    Non c’è possibilità di rimettere la querela ?!...
    No Giudice !.
    No.
    Abbiamo già ampiamente dimostrato che l’ovino
    non si è introdotto nel fondo di che trattasi per sua volontà.
    Ma è stato sequestrato e segregato dagli odierni querelanti.
    Uhm…
    Capisco.
    Avvocati tutti.
    Cosa volete fare a questo punto ?...
    Io parte civile chiedo l’audizione del mi teste sopracitato
    essendo qui presente.
    Io avvocato della difesa, mi oppongo.
    La deposizione del teste di parte civile è subordinata
    dopo l’audizione dei miei testi indicati e di cui
    insisto sulla loro ammissione.
    Il Pubblico Ministero ?
    Si rimette alle sue decisioni.
    Uhm…
    Bene.
    Cancelliere ?
    Si Giudice.
    Scriva.
    Il giudice, esaminata l’odierna istruttoria
    dibattimentale, considerato che la stessa
    ha fatto scaturire la necessità di sentire altri testi
    ai sensi dell’art.507 procedura penale, ammette la citazione
    degli stessi a cura delle parti richiedenti e dispone il rinvio
    del processo alla data del…
    29 novembre prossimo.
    Benissimo.
    L’udienza è tolta.
    Trambustio generale in aula.
    Io tiro un respiro di sollievo.
    Si rischiava seriamente di non finire più.
    Guardo l’orologio.
    Tutto sommato non abbiamo fatto poi così tardi.
    Chiudo gli statini dell’udienza, li ripongo nel faldone.
    Viene a prendere qualcosa su al bar cono noi ?
    Mi chiede il giudice togliendosi la toga.
    Infatti è tradizione consolidata quassù che a fine
    udienza si vada al bar a fare una consumazione.
    Si, d’accordo.
    Qualcuno a visto il mio autista ?..
    Sono qua dottò.
    Bene Gennaro.
    Poso i faldoni in macchina.
    Facciamo questa consumazione e poi c’è ne
    scendiamo a valle.
    Come dice lei.
    Ma dottò ?
    Come è andata l’udienza ??
    Tutto a posto Gennaro.
    Diciamo solo che c’è stata….
    una pecora di troppo !.

    Fine.
     
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    Falso d’autore.

    Parte prima

    A fare le udienze non mi hanno chiamato più.
    Penso che ve ne siate accorti.
    Pure io me ne ero accorto.
    Andiamo a farci una passeggiata alla “vecchia “ Procura.
    Entro.
    Il collega della Polizia Municipale Salvatore, si alza in piedi e mi stringe la mano.
    Come va ?..
    Mi chiede.
    Tutto bene in pensione ?..
    Abbastanza.
    Gli rispondo.
    Solo si consumano un po’ troppe riviste di parole incrociate…
    Lui si mette a ridere.
    Tiro dritto verso l’Ufficio “Rinvio a Giudizio”.
    Signora ?
    Chiedo alla cancelliera dello stesso.
    Beh, se non mi avete più chiamato vorrà dire che problemi di reperire Pubblici Ministeri d’Udienza,
    non ne avete più, giusto ?.
    Giusto Cavaliere.
    Mi risponde lei.
    Sa, adesso ci sono i ragazzi del corso per avvocato, e ci vanno loro.
    Sa, soldi non gliene danno, però gli danno punteggi utili per la loro graduatoria !.
    Capisco.
    Meglio così.
    Se avete bisogno comunque sapete dove trovarmi.
    Lo sappiamo che lei è sempre disponibile Commissario.
    D’accordo.
    Per cui, non dovrei scrivere più ma…..
    Però.
    Frugando tra i miei ricordi, ho trovato una vecchia storia.
    Era una mattina degli anni novanta.
    Me ne stavo tranquillamente seduto come sempre nel mio Ufficio
    a sfogliare e studiare i fascicoli processuali che il Procuratore ci passava.
    Angelo, la’amico e collega Appuntato dell’Arma stava di fronte a me.
    Intento a telefonare per gli inviti a comparire dinnazi al Procuratore.
    Ingegnere ?
    Gli sentivo dire.
    Deve venire qui, domani mattina alle nove e mezza in punto.
    Non mi interessa che è impegnato al piano regolatore comunale !!.
    Urlava nella cornetta.
    Deve venire e basta !!.
    Il solito Angelo.
    Pensavo.
    Non si rende conto che il potere che ha non sarebbe nulla se non glielo desse
    qualcuno che è più grande di lui.
    E’ permesso ?
    Sento dire alla nostra porta.
    Mi giro e guardo.
    Avvocato Fabio Lagistri !.
    Prego, si accomodi pure.
    Lui non se lo lascia ripetere.
    Si siede di fronte a me.
    E’ qui per fissare qualche interrogatorio ?
    Gli chiedo.
    No, no.
    Veramente….
    Vedo nella sua espressione un certo imbarazzo.
    Dovrei segnalarvi una mia situazione personale.
    Uhm…
    Aspetti.
    Mi alzo e chiudo la porta.
    Mi dica pure.
    Allora avvocato.
    Mi dica tutto.
    Ispettore.
    Lei non lo sa ma io sono un grande appassionato di pittura.
    Ehm..effettivamente non lo sapevo, avvocato.
    Questo per dirle che sono solito frequentare gallerie d’arte, per vedere
    se noto delle opere da poter acquistare.
    Ora, lei conosce la galleria che c’è in Marina Garibaldi di Milazzo ?..
    Certo, avvocato, la conosco.
    Quella di Paruso, viene da Bolzano.
    Si proprio quella.
    Da come lo descrive lo conosce molto bene…
    Diciamo di si, avvocato.
    Posso chiederle perché ?...
    Le posso solo dire che una volta è stato colpito da un mandato di cattura dalla procura di Bolzano.
    Accidenti !...
    Questo allora, forse spiega molto…
    In ogni caso avvocato, continui lpure.
    Ah, si certo ispettore.
    Il mese scorso, il gallerista, mi aveva segnalato un quadro di Bueno Antonio.
    Lo conosce ?..
    No, avvocato.
    E’ stato un pittore italiano di origini spagnole.
    Beh, dal cognome lo si intuisce.
    Le dicevo, ispettore, che mi ha fatto vedere un quadro di questo autore che aveva
    In galleria.
    Conoscendo lui la mia passione, mi disse che non dovevo farmelo assolutamente scappare.
    Osservandolo, mi piaceva molto.
    Però gli chiesi l’autentica che in genere accompagna l’opera.
    Sa tutti i quadri che ho in casa, sono accompagnati da tale certificato di garanzia.
    Lui mi rispose di non averla non ricordo per quale disguido.
    Ma che comunque non c’era problema per questo.
    Se lo avessi acquistavo, provvedeva lui a inviare il tutto all’archivio Bueno di
    Firenze, che avrebbe proceduto alla autentica.
    Il discorso mi sembrò convincente.
    Per cui decisi di comprarlo.
    Alla fine stabilimmo un prezzo di un milione e ottocento mila lire.
    Lui mi disse che prima di consegnarmelo, doveva inviarlo a Firenze
    E che me lo avrebbe dato non appena sarebbe stata certificata la sua autenticità.
    Continui, avvocato.
    Mi sembrava una storia davvero interessante.
    Lui non se lo fece ripetere.
    Dopo qualche settimana, ho ricevuto una telefonata dai Carabinieri
    Del Nucleo tutela artistica di Roma.
    Davvero avvocato ?.
    Proprio così ispettore.
    Li per li, rimasi molto sorpreso della cosa.
    Poi chiesi cosa volessero.
    Un ufficiale mi spiegò che il quadro che avevo acquistato
    non era autentico.
    E che loro avevano provveduto al sequestro dello stesso.
    Io rimasi di stucco.
    Chiesi spiegazioni, cercai di spiegare la cosa, ma quello impassibile mi disse
    che non doveva fornirmi nessuna spiegazione e che anzi sarei stato
    anche denunciato per incauto acquisto.
    Però !.
    Ma, scusi lei, non chiese spiegazioni al nostro amico gallerista ?...
    Ah, certo che si !.
    Appena riattacai la cornetta del telefono, mi misi in auto
    E ci andai subito !.
    Conitnui, continui pure…
    Ero davvero furioso come una belva.
    Lui invece era piuttosto tranquillo.
    Il gallerista ?...
    Si, ispettore.
    A fronte delle mie rimostranze lui subito mi disse che mi aveva
    avvisato che mancava il certificato d’autentica.
    Davvero ?..
    Si, proprio così.
    Io gli replicai che lui mi aveva garantito però che me lo avrebbe fatto avere.
    E Paruso cosa le rispose ?...
    Che il problema era sorto proprio per questo.
    In che senso, avvocato ?..
    Lui aveva inviato l’opera a Firenze, ove esiste l’archivio di Antonio Bueno.
    Lo cura personalmente sua figlia.
    Ebbene ispettore, costei non appena ha visto il quadro ha detto
    subito che non era di suo padre ed ha telefonato ai Carabinieri.
    Da li è nato tutto il resto.
    Interessante.
    Per lei si, ispettore, ma lei provi a mettersi nei miei panni.
    Sono uno stimato professionista, non mi va di finire sotto processo
    per una storia in cui semmai sono solo parte offesa.
    Avvocato ?
    Le consiglio di sporgere querela.
    Eccola qui, ispettore.
    Lui la tira fuori dalla sua borsa e me la posa sulla scrivania.
    Intanto Angelo che si era incuriosito, si era avvicinato a noi.
    Franco ?...
    Mi dice.
    Ma non sarebbe il caso di informare della cosa subito il Procuratore ?...
    Io di arte non ne capisco una mazza, per me Bueno vuol dire solo “Buono”
    in spagnolo e nulla di più.
    Però, tu conosci come me Paruso, sai che è un truffaldino.
    Chissà quante opere come questa espone li nella sua galleria…
    Chissà quante altre persone può truffare !.
    Mi porto le mani in testa e ci pensoun secondo.
    Hai ragione Angelo.
    Com’è combinato il Capo ?...
    E’ impegnato al momento ??..
    Dacci uno sguardo e fammi sapere.
    Lui esce repentinamente fuori dalla nostra stanza e butta uno sguardo
    attraverso la porta dell’Ufficio del Procuratore della Repubblica, attigua alla nostra, e che per
    suo espresso volere era sempre aperta, perché sosteneva, lui era al servizo dei
    cittadini e qualsiasi cittadino voleva parlargli la sua porta doveva per questo restare
    sempre aperta e lui sempre disponibile ad ascoltarli.
    Chiaramente però il “cittadino” prima di parlare con lui, doveva superare il nostro
    “filtro”, che era abbastanza consistente.
    Non a caso occupavamo la stanza immediatamente prima della sua.
    Bene.
    L’avvocato Fabio il nostro filtro lo aveva superato ed anche alla grande anche.
    Per cui adesso poteva parlare con lui.
    Angelo ?...
    Dimmi Franco.
    Vagli a chiedere se ci può ricevere.
    Subito ispettore.
    Avvocato ?.
    Mi dica Ispettore.
    Intanto ratifico subito la sua querela.
    Poi, adesso andiamo dal Procuratore Calabresi.
    Tutto quello che ha detto a me, lo dirà a lui.
    D’accordo ispettore.
    E vi ringrazio per la vostra premura.
    Ma si figuri avvocato.
    Siamo qui proprio per questo e lo facciamo con tutti, chiunque essi siano.
    Consigliere ?...
    Possiamo entrare ?...
    Chiedo alla soglia dell’immenso ufficio del procuratore Calabresi.
    Dico questo siccome effettivamente tanto era grande che si sarebbe
    potuto tenere li dentro una partita di calcetto.
    Calcio a cinque per intenderci.
    Ma certo ispettore, accomodatevi pure.
    Risponde lui, sollevando la testa dalla sua scrivania sempre ricolma
    di ogni genere di fascicoli processuali, tanto che per vedere il legno superficiale della stessa,
    occorreva toglierne almeno qualche decina degli stessi, tutti rigorosamente
    raccolti in pila verticale.
    Colore verde, quelli specifici procedimento penale contro persona nota,
    Colore marrone, procedimento contro ignoti, colere rosso, atti relativi
    Che occorreva definire se trasformarli o meno in processi penali o archiavarli.
    Accanto a lui in piedi stava Angelo che penso già lo aveva messo
    al corrente del tutto.
    Attraversiamo lo spazio piuttosto notevole tra la soglia e la sua scrivania.
    Ci fa segno con la mano di prendere posto sulle due gigantesche sedie
    in noce poste ai lati della scrivania.
    L’appuntato mi ha detto che le è successo un brutto fatto, avvocato.
    Mi dica pure.
    Gli dice in modo molto pacato.
    L’avvocato mi butta uno sguardo.
    Io gli facio cenno di si con il capo.
    Lui non se lo fa ripetere oltre.
    E gli racconta proprio tutto.
    Calabresi lo guardava mentre lui raccontava e prendeva appunti
    Su un foglietto di carta.
    Alla fine, finito il racconto, l’avvocato tira su una sorta di respiro liberatorio.
    Mi capisce signor Procuratore ?...
    Se mi denunciano sono rovinato !.
    Perderei la mia professione, dopo tanti anni di duro lavoro e..
    Stia tranquillo avvocato.
    Lo blocca lui sollevando le sua mani.
    Intanto ha presentato querela ?
    Certo che si, Consigliere.
    Direttamente al suo Ispettore di Polizia Giudiziaria.
    Bene allora.
    Adesso c’è ne occupiamo noi.
    Adesso può andare.
    Lui si alza, un po’ sollevato nel morale.
    Grazie Consigliere, so che voi farete tutto il possibile.
    Appena uscito l’avvocato dall’ufficio,
    Calabresi fa segno ad Angelo di girare la porta.
    Quando fa così, penso subito, è segno che ci vuole parlare.
    Infatti, appena torna Angelo che si siede nella sedia lasciata libera dall’avvocato,
    lui solleva di nuovo lo sguardo verso di noi.
    Che ne pensate di questa storia ?...
    Ci chiede a bruciapelo.
    L’avvocato Fabio è una brava persona, Procuratore.
    Gli rispondo io.
    Mentre il gallerista invece non lo è, vero ?...
    Mi ribatte lui.
    Ispettore, l’appuntato mi ha accennato che questo Paruso ha
    dei precedenti per truffa.
    E che lei ha avuto già a che fare con lui.
    Me ne vorrebbe parlare ?...
     
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    Parte seconda

    Volentieri Congiliere.
    Gli rispondo subito.
    Vede Paruso prima di venire qui a Milazzo aveva
    una galleria d’arte a Bolzano.
    Un giorno ci giunse in Commissariato un ordine di cattura
    della Procura di quella città a suo carico.
    E per quale motivo ispettore ?
    Mi interrompe lui.
    Per traffico di dollari e marchi tedeschi falsi.
    E lo avete arrestato ?
    No.
    A casa non lo abbiamo trovato, come se fosse stato preavvisato della nostra
    visita.
    Avvisato ?
    E da chi ?...
    Temo da qualcuno dello stesso Commissariato, Procuratore.
    Qualcuno che a casa sua ha i quadri della galleria di Paruso appesi alle pareti.
    Dice sorridendo Angelo.
    Che chiaramente sono a “costo zero”.
    Ho capito.
    Ci dice lui portandosi le mani al volto.
    Voi sapete benissimo chi lo avvisò.
    Ehm…
    Si Consigliere, però sa, trovare le prove non è ….
    Ho capito, ho capito Ispettore.
    Vede, dopo soli due giorni l’ordine di cattura venne comunque revocato
    E il buon Paruso si presentò spontaneamente al nostro Ufficio.
    Questo lo debbo dire per correttezza di cronaca.
    Oltre questo, cosa sa di lui ?...
    Nulla di più, Procuratore.
    Qui a Milazzo sino ad ora non aveva dato motivi di sospetto.
    Non aveva dato.
    Ora li ha dati, vedo.
    Mi dice porgendomi la querela.
    Ispettore ?
    Penso che dobbiamo andare a fare una vista a questa galleria.
    Con tutto il rispetto Dottore, ma non so lei, ma io di arte
    non è che ne capisca molto…
    Lo so, ispettore, lo so.
    Mi dice secco e alza la cornetta del telefono.
    Pronto ?..
    Cafra ?...
    Domani mi servirebbe una sua consulenza.
    Potrebbe venire qui da me in Procura a Barcellona ?
    Daccorda allora.
    L’aspetto qui domattina alle nove e mezza.
    Abbiamo l’esperto d’arte.
    Ci dice sorridendo.
    E’ un mio amico pittore e gallerista di Messina.
    Sarà lui ad esaminare le opere esposte.
    Meglio così Consigliere.
    Domani ci andremo a fare un “tuffo” artistico.
    D’accordo Procuratore.
    Cafra, questo almeno era il suome d’arte, siccome
    Si chiamava in un altro modo, era un tipo quarantino.
    Si manteneva piuttosto giovanile comunque, capelli ricci e scompigliati.
    Un vero artista, insomma.
    Tra le mani aveva una grossa busta.
    Non aveva bisogno di presentarsi, lo avevamo riconosciuto “al volo”.
    Pur senza conoscerlo.
    Benvenuto maestro.
    Gli dico subito alzandomi, non appena lo vedo alla soglia
    del nostro Ufficio.
    Faccio il solito cenno ad Angelo e lui si alza subito e corre a dare uno sguardo
    all’Ufficio di Calabresi.
    A posto Franco.
    Mi dice subito.
    Venga mastro, venga pure.
    Il Procuratore lo aspetta.
    Ciao Pino.
    Gli dice entrando e porgendogli la mano.
    Questo denota che tra i due c’è più che una semplice conoscenza.
    Penso tra di me.
    O Maestro !.
    Gli risponde Calabresi alzandosi dal suo sgabellino.
    Non usava infatti la gigantesca poltrona fornita al suo corredo d’Ufficio, siccome
    a dir suo gli faceva venire il mal di schiena.
    Gli va incontro e si stringono la mano.
    Poi lo invita a sedersi sul divano del salotto del suo Ufficio.
    Lui si siede accanto.
    Noi prendiamo posizione lateralmente, rigorosamente in piedi.
    Cafra tira fuori dalla busta che recava con se, due tele.
    Una la porge al Procuratore.
    Questa la puoi appendere qui, ci starà benissimo.
    Molto volentieri, grazie.
    Poi guarda noi.
    Questa, ci dice indicando la seconda tela, la potete appendere nel
    vostro ufficio.
    Diciamo che non hanno un grande valore, commercialmente sono valutato
    sulle cinquecento mila lire, ci dice sorridendo.
    Grazie maestro.
    Messo al corrente da parte di Calabresi del motivo della sua
    convocazione, si fa un po’ serio in viso.
    Sai Pino, gli dice portandosi la mano al mento.
    Purtroppo non esiste nessun critico d’arte che possa dire con certezza
    se un opera sia autentica o meno.
    Davvero ?...
    Proprio così Pino.
    Vedi, se l’autore è ancora in vita, e lu stesso che può dire se quell’opera
    sia davvero sua o meno sempre che si ricordi di averla dipinta.
    In che senso ?
    Per farti un esmpio, Giorgio De Chirico , quando un quadro di un suo allievo
    gli piaceva particolarmente, era solito firmarlo con la sua sigla, come se fosse stato lui a dipingerlo.
    Per dirne solo una.
    Comincio a capire…
    Ma allora come si può stabilire l’autenticità di un opera d’arte ?..
    Vedi Pino.
    Ogni artista ha un suo archivio.
    Questo archivio è tenuto in genere da un suo prossimo parente.
    L’opera sospetta viene inviata li.
    Loro guardano l’archivio e vedono se l’opera è catalogata o meno nello stesso.
    Interessante.
    Confesso che non sapevo tutto questo…!.
    Infatti Consigliere, nel caso in esame è stata proprio la figlia Di Antonio Bueno che cura
    Il suo archivio, a dire che quell’opera non era di suo padre.
    Calabresi stavolta si porta lui le mani al mento, pensante.
    Ma quindi, non sappiamo neppure se sia davvero un falso o meno !.
    In un certo senso si, Pino.
    Vedi, tu mi hai chiamato.
    Io posso darti osservando le opere un mio paere, ma non sarà sicuramente un parere
    Assoluto il mio.
    D’accordo maestro, mi acconteterò comunque dello stesso.
    Possiamo andare allora.
    La galleria in questione è in pieno centro di Milazzo.
    La Marina Garibaldi, chiamata così in onore dell’eroe dei due mondi
    Che qui ebbe una splendita vittoria sulle truppe borboniche nel luglio del 1860.
    Entriamo dentro.
    Paruso scorge me per primo.
    Come va dottore ?..
    Mi chiede.
    Bene grazie.
    E lei ha risolto i problemi con la Polizia Svizzera ?..
    Gli chiedo.
    (l’episodio è stato oggetto di un mio precedente racconto, nda.)
    Ah ?...si, si.
    Tutto chiarito completamente.
    Mi fa piacere.
    Poi guarda con sospetto gli altri che sono con me.
    Paruso ?..
    Lui è il Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Barcellona P.G.
    E lui, riferendomi ad Angelo e al consulente….
    Cafra.
    Si chiama Cafra.
    Dice secco.
    E’ un mio collega gallerista di Messina.
    Era evidente che si conoscessero.
    Ma…a che cosa devo l’onore della vostra visita ?...
    Ci chiede molto agitato.
    Nulla di particolare signor Paruso.
    Gli dice Calabresi.
    Dobbiamo dare un occhiata alle sue opere esposte qui.
    Dovete comprarne qualcuna…?
    No.
    Dobbiamo visionarle, siccome è stata fatta una denuncia contro di lei
    per un presunto quadro falso acquistato qui.
    Lui si agita adesso davvero tutto.
    Ah !....
    Ho capito chi sia stato.
    Ma io lo avevo avvisato che il quadro non poteva essere autentico.
    Lui lo ha voluto comprare lo stesso .
    Non capisco di cosa si lamenti adesso !.
    Signor Paruso.
    Avrà modo di chiarire tutta la vicenda.
    Ma adesso dobbiamo procedere.
    Ecco, questo è un ordine di ispezione.
    Dico tirandolo fuori dalla borsa che avevo con me.
    Il nostro consulente visionerà tutti i quadri qui esposti e…
    E No !.
    Mi interrompe lui.
    Non potete venire qui portandovi la “concorrenza” !!.
    Il signor Cattari, questo era il vero nome di Cafra, è stato ritualmente nominato
    quale consulente tecnico d’Ufficio della Procura, come da verbale che le esibisco.
    Lui resta molto scettico.
    Io voglio consultare subito il mio avvocato !!.
    Dice deciso.
    Ne ha facoltà.
    Gli rispondo secco.
    Però che venga qui subito, se no noi procediamo lo stesso.
    Lui si attacca al telefono.
    L’avvocato non può venire adesso, siccome è impegnato in Appello a Messina.
    E noi procediamo allora.
    Lui sconsolato, si arrende.
    Fate, fate pure.
    Tanto qui è tutto in regola, non ho nulla da nascondere !.
    Cafra era davvero un inteditore.
    Guarda le opere una ad una con attenzione.
    Questa è sicuramente è un opera di Nino Caffè.
    Questi pretini che sono raffigurati, mostrano tutta la loro gioia,
    proprio come Nino sapeva dipingerla trasformano l’astratto in una tela….
    Questa invece mi da dei dubbi.
    E’ firmata da De Pisis però mi sembra sia una imitazione, riuscita bene,
    ma una imitazione.
    Ci può esibire il certificato di autentica ?....
    Veramente…
    Ci dice con le mani tremanti…no !.
    Ma l’ho comprato a Milano, mi hanno garantito che fosse un Filippo De Pisis…
    Paruso ?....
    Non lo può fornire insomma !.
    Lo stroca il Procuratore.
    No…no.
    Appuntato, lo prenda, questo lo sequestriamo cautelativamente.
    L’esame delje opere altre opere, non evidenzia altre anomalie.
    Poi aprendo in cassetto, Angelo tira fuori una serie di litografie.
    Sono di Renato Gottuso.
    Ci dice lui.
    Le ho comprate a Parigi.
    Cafra le gurda una ad una attentamente.
    Allora ?..
    Gli chiede Calabresi.
    Vedi Pino.
    Per Gottuso vale lo stesso discorso di De Chirico.
    Firmava tutto quello che facevano altri artisti e che a lui piaceva.
    E’ difficilissimo dare un giudizio.
    Lo imitavano abbastanza bene.
    Capisco.
    Appuntato ?...
    Le prenda tutte.
    Sequestriamo anche queste.
    Penso che abbiamo finito.
    Possiamo andare.
    Lui si siede abbatutto su una sedia con sintomi di un infarto pressochè imminente.
    Allora.
    Ci dice Calabresi dal suo sgabello.
    Eravamo rientrati, opere d’arte al seguito con noi.
    Cafra si era congedato a Milazzo.
    Mi viene più vicina Messina da qui, ci aveva detto.
    Se non avete più di bisogno di me….
    No, no, Maestro.
    Può andarsene pure.
    D’accordo Pino.
    Ti farò avere al più presto la mia relazione di consulenza.
    Ti ringrazio ancora, fai un buon ritorno.
    Grazie a te Pino.
    Detto questo era montato in auto ed era sparito.
    Per cui adesso dobbiamo decidersi il da farsi.
    Ci dice il Procuratore.
    Io ritengo che, visto che non esiste altro modo di sapere
    se le opere siano autentiche o meno se non inviarle agli archivi che curano
    gli autori, dobbiamo subito fare due cose.
    Quali Consigliere ?
    Gli chiedo io.
    Allora dobbiamo accertare e subito chi cura l’archivio di Filippo de Pisis
    e di Renato Gottuso.
    Appuntao ?...
    E guarda Angelo.
    Se ne occupa lei ?...
    Subito Consigliere.
    Si alza prontamente e va al nostro ufficio attaccandosi al telefono.
    Certo che così è davvero un casino.
    In pratica ho capito che stabilire se un opera d’arte sia autentica i meno
    e come vincere alla lotteria !.
    Beh, più o meno, penso sia così signor Procuratore.
    Ci mettiamo a ridere.
    Guardi qui.
    Io di arte ne capisco un po’, mi fa lui sollevando la presunta tela di De Pisis.
    Come si fa a dire che non sia autentica ?...
    C’è tutto il suo stile dipinto qui.
    Beh Consigliere, però se il maestro Cafra su questa e sulle litografie ha
    avanzato dei dubbi, mentre per tutte le altre opere esposte lo ha escluso,
    avrà avuto i suoi buoni motivi.
    Ah, si certo.
    Ha ragione ispettore.
    Intanto ritorna da noi Angelo, con un foglio in mano pieno di appunti.
    Allora Appuntato.
    Ci dica pure.
    Si, Consigliere.
    L’archivio di de Pisis si trova a Milano, lo cura la dottoressa..come si chiama lei..
    L’ho già contattata e mi ha detto che se noi gli facciamo avere il quadro li, loro ci daranno
    In tempi stretti il loro parere.
    Poi riprende fiato e continua.
    Per quanto riguarda Gottuso, l’archivio lo cura personalmente il figlio Fabio a Roma,
    dove risiede.
    Lo ha contattato ?...
    Veramente lui ancora no, consigliere.
    Calabresi si porta le mani a mento e pensa un attimo.
    Ispettore ?...
    C’è modo veloce di inviare questo quadro a Milano ?.
    Uhm…si dottore.
    Possiamo mandarlo a mezzo corriere Polfer, e il mezzo più veloce ed anche
    più sicuro.
    Bene.
    Allora se ne occupi lei.
    Lo faccio subito Consigliere, chiamo il mio collega della Polfer di Barcellona.
    Mi alzo e vado stavolta io nel nostro Ufficio.
    Un breve scambio di battute telefoniche e poi faccio ritorno.
    Il collega mi ha detto che domani passeranno a prenderlo.
    Hanno una scorta diretta al treno Palermo - Milano per dopodomani.
    Provvederanno loro.
    Ottimo.
    Per quanto riguarda le litografie, ci faremo noi invece
    Un bel viaggetto a Roma.
    Eh ?...
    Gli dice meravigliato Angelo.
    Si, faremo così, andiamo a trovare il figlio di Gottuso.
    Lei lo contatti e veda quando è disponibile a riceverci e subito dopo
    organizzaiamo il viaggio.
    Un conto è un singolo quadro, un altro sono venti litografie.
    Lo voglio sentire personalmente a verbale mentre ci darà il suo giudizio.
    Come lei comanda, Procuratore.
    Beh, adesso tocca trovare una sistemazione a queste opere.
    Giusto ispettore.
    Porto tutto giù alla sezione.
    Li c’è la cassaforte.
    Mi sembra una buona idea, ispettore.
    In effetti la sezione di polizia giudiziaria interforze era originariamente
    prevista all’interno della Procura.
    Poi, siccome i locali distaccati nella sottostante via Monsignor Aliquò
    che furono destinati alla Pretura Civile erano piuttosto angusti,
    a fronte delle lamentele degli avvocati che denunciavano carenza di spazio,
    la sezione prese il suo posto e finì in via Aliquò.
    Mentre il Civile della Pretura salì su in Procura.
    Solo io e Angelo, che eravamo stati i primi storici componenti della
    sezione provvisoria, eravamo in Procura, per come detto proprio in una
    stanza che faceva da anticamera al Procuratore.
    Per questi motivi i restanti colleghi Carabinieri e Finanzieri e il Poliziotto
    che era con me, stavano laggiù.
    Se c’era di bisogno, in quel caso salivano su in Procura.
    Per cui, opere d’arte alla mano, scesi dal colle e mi diressi
    verso la sezione.
    La Procura era infatti situata proprio in cime ad un colle, nei locali
    costruiti dai monaci Basiliani intorno al 1400’ -.
    Ed era appunto un ex convento Basiliano .
    Accanto era situata la storica chiesa Basiliana, molto antica.
    Si diceva che ci fossero pure i fantasmi, ma questa secondo me era
    una sorta di leggenda metropolitana.
    Salgo su al primo piano, ove è sita la sezione.
    Ciccio ?
    Mi dice Santino, il secondo maresciallo dell’Arma.
    Ma che hai fatto, ti sei dato all’arte ?
    E osservava curioso il quadro che portavo con me.
    Magari Santino, magari.
    Gli rispondo.
    Posso vederlo ?..
    Ma certo.
    Intanto incuriositi arrivano anche gli altri colleghi.
    Che bello Franco, dove lo hai trovato ?...
    Ehi, ehi..
    Signori e colleghi.
    Piano, questo è un Filippo De Pisis, almeno fino a quando
    non ci sarà prova contraria.
    E queste, dico aprendo la busta ove le avevo riposte,
    sono litografie del maestro Renato Guttuso.
    Sempre fino a prova contraria.
    Che belli che sono Franco.
    Mi dice Pippo, il responsabile della Sezione dell’Arma.
    Il finanziere invece, da buon finanziere, si azzarda
    subito a dare una valutazione commerciale del tutto.
    Bene, bene, adesso vi racconto come mai le ho con me.
    Loro mi ascoltano con attenzione.
    Certo che è una bella indagine questa.
    Se avete di bisogno, siamo a disposizione.
    Certamente Pippo, ti farò sapere.
    Adesso, li posiamo in cassaforte.
    Franco ?..
    Mi dice Gaetano, il brigadiere finanziere.
    Magari il quadro lo possiamo appendere per un po’
    qui in sezione ?..
    Sai, non capita tutti i giorni di avere un De Pisis alla parete.
    Poi quando andiamo via me ne occupo io di metterlo in cassaforte.
    D’accordo Gaetano.
    Ma mi raccomando….Gaetano.
    Stai tranquillo Franco.
    Ciccio ?..
    Sento urlare a Santino.
    C’è Angelo al telefono.
    Il telefono della sezione era a numero unico, di quelli che quando suonano,
    suonano tutti insieme.
    Tanto si presume che qualcuno rispondesse, e poi chi rispondeva passava con un pulsante
    l’interno desiderato.
    Dimmi Angelo.
    Ispettore Franco ?...
    Hai finito laggiù ?.
    Si Angelo, tutto sistemato.
    Bene, puoi risalire qui per favore ?.
    Ho parlato con il figlio di Guttuso e abbiamo fissato la data per l’incontro.
    Ah !.
    Bene Angelo, arrivo subito.
    Saluti ragazzi, fate buon lavoro.
    Dico congedandomi.
    I privilegiati che stanno “ai piani alti” !..
    Mi dice Gaetano ironicamente.
    Tutta invidia, tutta invidia, gli rispondo.
    Ci mettiamo tutti a ridere.
     
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    Ultima parte.

    Mi congedo da loro e rifaccio al contrario la discesa,
    ora diventata salita che porta in cima al colle Basiliano.
    Sempre caro fu quell’ermo colle…pensavo alla nota pesia del Leopardi.
    Eccomi qui.
    Dico subito ad Angelo appena entro nell’Ufficio.
    Ah..Franco.
    Allora.
    Ho parlato con il figlio di Guttuso.
    Ho preso anche l’appuntamento.
    L’hai detto al capo ?..
    Si certo.
    E mi ha dato disposizioni di organizzare il viaggio a Roma.
    E tu ?...
    Ho già fatto le prenotazioni.
    Vagone letto di prima classe per lui, siccome spesato come spese di giustizia,
    cuccetta di terza classe super economica per noi due.
    Come mai ?..
    Beh, per noi della polizia rimborsano solo queste.
    Poi se tu vuoi qualcosa di più di lusso…posso ancora cambiare….
    No, no, Angelo.
    Va bene così.
    Tanto ho viaggiato sempre così, non vedo perché dovrei
    cambiare proprio adesso tipologia di posti.
    Allora posso dare le conferme all’agenzia di viaggi ?..
    Si, Angelo.
    Si parte dopodomani.
    Di già ?....
    Si Franco.
    Ci ha dato appuntamento alle 9 del mattino.
    Il treno che ho prenotato arriva a Roma alle 7 e mezzo.
    Angelo ?...
    Dimmi Franco.
    Ti sei fatto dare naturalmente ll suo indirizzo di Roma…
    Franco ?
    Va bene che sono Carabiniere, ma non sono ancora a questi livelli !.
    Ci mettiamo a ridere.
    Beh, andiamo a prepararci le valigie alllora.
    Il viaggio tutto sommato è stato abbastanza tranquillo.
    Stazione di Roma Termini.
    Scendiamo, e andiamo a prelevare Calabresi dalla sua “reggia”
    di prima classe.
    Lui scende tutto bello tranquillo e sereno.
    Io e Angelo, di contro abbiamo la faccia di chi ha passato
    una notte nelle cuccette super popolari.
    Andiamo, vi offro il caffè.
    Ci dice appena sceso.
    Beh, penso tra di me.
    Ci ha guardato in volto e pensa bene almeno
    di farsi perdonare.
    Il caffè ci tira un po’ su.
    Appuntato ?..
    Chiami un tassì.
    Ci andiamo subito consigliere ?..
    Gli chiedo.
    Ispettore ?..
    L’appuntamento è per le nove, ed io voglio
    essere puntuale.
    Il tassì come viene considerato ?...
    Chiedo ad Angelo.
    Lui lo ha pagato, sempre come spese di giustizia,
    noi invece c’è lo dobbiamo pagare, visto che è previsto
    solo lo spostamento a mezzo di trasporto pubblico urbano.
    Capisco !.
    Sarà lontano questo posto ?...
    Non lo so, Franco.
    E’ una villa sita in periferia.
    Benissimo.
    Allora preparati 50 mila lire come minimo.
    Bum !.
    Mi risponde lui.
    Beh, non sono stati proprio cinquantamila, ma poco comunque
    ci mancava.
    Il Tassista infatti, come tutti i bravi tassinari, ci ha fatto fare tutto
    Il giro della capitale, prima di arrivare alla famosa villa.
    La guardo attentamente appena scendiamo.
    Mah….
    Ma cosa Franco ?..
    E’ la villa dove Alberto Sordi ha girato il noto film
    Il Marchese del Grillo !.
    Ne sei sicuro….
    Abbastanza, Angelo.
    Vedi…
    Questo e proprio il cortile da dove il marchese si affacciava
    A parlare con il suo popolo…
    Vedi il balcone ?..
    Beh, non ho visto il film, ma se lo dici tu, ti credo !.
    Suoniamo.
    Prego accomadatevi pure signori.
    Sentiamo dire da chi ci apre la porta.
    E’ un ragazzo abbastanza distinto quello che sta di fronte a noi.
    Molto curato e signorile nella persona.
    Vi aspettavo signori.
    Ci dice alllungandoci una mano.
    Sono Fabio Carapezza Guttuso.
    Mi ricordavo che lui era un figlio avuto da una relazione
    del grande pittore di Bagheria con Marta Marzotto che per
    un periodo ha posato per lui come modella.
    Successivamente lo aveva riconosciuto e naturalizzato.
    Infatti il suo cognome era prima di tale atto Carapezza, cognome che comunque
    Ha mantenuto, aggiungendo quello del padre Guttuso.
    Ci presentiamo a nostra volta, dando la precedenza
    chiaramente a Calabresi.
    Complimenti.
    Lei abita davvero in una bellissima casa.
    Gli dice il Procuratore.
    Grazie signore.
    Umh..
    Se non avete fretta, ve la faccio visitare.
    Ne saremo davvero felici.
    Venite con me allora.
    Era davvero una splendita abitazione, arredata con molto gusto.
    Fabio apre una stanzetta.
    Qui era dove mio padre dipingeva.
    Restiamo meravigliati.
    Era come se li dentro l tempo si fosse fermato.
    Nel mezzo della stessa c’era una tela posata su di
    un cavalletto.
    Guardandola, si vede che è un opera lascita incompleta.
    E’ l’ultimo lavoro che mio padre stava dipingendo
    prima della sua morte.
    Ci dice lui con una certa commozione.
    Ho voluto che qui tutto restasse così.
    Come quando lui era in vita.
    Confesso che mi sono venuti i brividi, solo a pensare
    che davvero sembrava che il grande maestro dovesse
    apparire da un momento all’altro, sedersi
    e mettersi tranquillamente a dipingere.
    Alla fine ci accompagna in un ampia stanza.
    Questo è il mio studio.
    Ci dice.
    Prego accomodatevi.
    Calabresi gli spiega il motivo del nostro incontro.
    Uhm…
    Dice lui pensoso.
    Signori, sono a vostra completa disposizione.
    Grazie sig.Guttuso.
    Poi fa un gesto ad Angelo.
    Lui tira fuori le litografie e le posa davanti a Fabio.
    Lui le guarda prima tutte, molto accuratamente, una per una.
    Allora.
    Ci dice riprendendole una per volta.
    Questa è opera di mio padre.
    Anche questa e quest’altra.
    Le mette da una parte.
    Anche questre altre cinque sicuramente sono opera sua.
    Questa invece no.
    E pure quest’altra ed ache le rimanenti.
    E le mette da un'altra parte.
    Signor Guttuso.
    Lei è stato molto sicuro nel giudicarle.
    Vede signor Procuratore..
    Passo la mia vita studiando accuratamente le opere di
    mio padre.
    Conosco molto bene il suo stile, non mi posso sbagliare.
    Capisco.
    Ma adesso le chiedo una sua ulteriore collaborazione.
    Occorrerebbe verbalizzare il tutto.
    Sa, in Tribunale occorre portare atti giuridici tipicizzati.
    Me ne rendo conto, signori.
    Sono sempre a vostra completa disposizione.
    Ispettore ?
    E guarda me.
    Se ne occupa lei ?.
    Subito Consigliere.
    Tito fuori dalla borsa un prestampato di “altre sommarie informazioni”.
    Adesso signor Guttuso, dobbiamo rifare la cernita, descrivendo le litografie
    Una per una.
    Gli dico.
    D’accordo ispettore.
    Intanto, mentre sono intento a verbalizzare,
    Suona il telefonino del Procuratore.
    Chiamarlo telefonino era all’epoca un termine improprio.
    Infatti i primi telefonini, erano giganteschi, sembravano
    la copia portatile del telefono di casa.
    I magistrati chiaramente lo avevano tutto spesato.
    I poliziotti se lo dovevano comprare e gestirsi le relative spese.
    Che agli inizi erano davvero severe.
    Non esistevano come oggi le schede prepagate, c’era solo l’abbonamento.
    E costava una cifra.
    Lo vedo parlare intento per un po’.
    Poi richiude e si gira verso di me.
    Come procede la verbalizzazione, ispettore ?..
    Bene consigliere, stiamo quasi per finire.
    Sa chi era al telefono ?...
    No dottore.
    La dottoressa dell’archivio De Pisis.
    Davvero ?..
    Si proprio lei.
    L’efficienza milanese non si smentisce.
    Hanno già fatto la valutazione del quadro che gli abbiamo spedito
    a mezzo i suoi colleghi della Polfer.
    L’opera è falsa.
    Ne sono sicuri ?..
    Sicurissimi.
    Non figura nel loro archivio.
    Bene, uno a zero per noi allora.
    Due a zero, ispettore, due a zero.
    Aggiunga anche che alcune litografie sono anch’esse false.
    Beh, lo possiamo arrestare allora ?..
    Andiamoci piano ispettore.
    Sa che sono garantista.
    Al nostro rientro decidiamo il da farsi.
    In effetti al nostro rientro, teniamo subito
    una sorta di consiglio di guerra.
    Nel suo Ufficio con la porta stavolta chiusa.
    Ho parlato con il Giudice per le Indagini Preliminari.
    Ci dice subito.
    Mi ha solo detto, Pino ?...
    Inviami subito la richiesta che ti faccio subito una ordinanza di custodia cautelare.
    Allora lo sbattiamo dentro ?....
    Dice Angelo fregandosi le mani.
    Proprio così, appuntato !.
    Non finisce di dirlo che gli suona il telefono.
    Appena risponde lo vediamo farsi subito serio in viso.
    Noi capivamo quando lo dovevamo lasciare da solo.
    E quello era uno dei questi momenti.
    Ci alziamo e usciamo fuori dalla stanza.
    La conversazione dura un bel po’.
    Alla fine sentiamo aprire la porta.
    Venite, entrate.
    Si siede e ci guarda serio.
    Sapete chi era ?..
    Beh…no !.
    Il Procuratore Generale.
    Praticamente, ve lo dico brutalmente, dobbiamo
    passare tutta l’indagine alla Procura di Firenze.
    Che cosa ?....
    Dice Angelo con un sobbalzo.
    La prima azione del reato si è consumata alchè in quel di Firenze la figlia
    di Antonio Bueno ha disconosciuto l’autencità dell’opera del padre.
    Per cui sono competenti loro.
    Del resto i Carabinieri hanno inviato a quella Procura l’opera sequestrata.
    Hanno chiamato Messina e se pur con tristezza, il collega ha dovuto dargli ragione circa la
    loro competenza a procedere.
    Ma Procuratore ?..
    Gli serviamo il tutto in un vassoio d’argento !.
    Lo so ispettore, lo so.
    Ma non mi posso opporre a ciò che decide la Procura Generale .
    Ci alziamo sconsolati.
    Tanto tempo perso, tanta fatica e alla fine…
    Dobbiamo dare tutto via.
    Dico con rabbia alzandomi e guadagnado l’uscita.
    Ispettore ?...
    Mi chiama Calabresi vedendomi allontanare.
    Si Consigliere.
    Non se la prenda a male.
    Se non altro ci siamo fatti una cultura artistica
    non idifferente !.
    Ah…certo Dottore, certo.
    Abbiamo scoperto come smascherare…..
    Un falso d’autore !.
    Ci mettiamo tutti a ridere.

    Falso d’Autore, Fine.

    Un commento finale.
    Scritto adesso.
    Questo racconto l'ho scritto qualche anno fa.
    All'epoca non pensavo che fosse così difficile scoprire se un opera d'arte era autentica o meno.
    No.
    Non lo è affatto.
    E difficile come prevedere i terremoti o le eruzioni vulcaniche.
     
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    Questo è l'ultimo mio racconto che ho scritto.
    Ma nel frattempo me ne sono ricordati altri momenti della mia lunga carriera in Polizia di Stato.
    Anticipo che gli stessi, saranno pubblicati in esclusiva qui su questo Forum.
    E in qualche altro Forum amico, come quello della Lia e tema Libero.
    In nessun altro posto lo saranno.
    La prossima settimana, vedrò di impostarne un altro.
    Ma adesso andiamo a quello preannunciato.
    Questo racconto è stata un operazione una delle mie ultime, compiuta in coordinazione con il Dirigente e i Colleghi del Commissariato della Polizia di Stato di Milazzo, dove ho fatto serivizio dal 1984 al 1994.
    Quello che mi ha sorpreso in questa storia...
    Ve lo dirò alla fine della stessa.

    Hans il Tedesco.

    Parte prima

    Per anni la polizia giudiziaria del mio Commissariato era stata
    composta da me e da un solo agente.
    Prima Mimmo, poi Salvatore.
    Chiamarla squadra di pg era poi assolutamente un eufenismo.
    Siccome a causa dell’esiguo numero dei componenti
    Dell’Ufficio, la polizia giudiziaria la si faceva a “tempo perso”.
    Siccome occorreva coprire tutti i servizi che c’erano da fare.
    L’unico,diciamo, privilegio, era che si stava in borghese
    e con l’auto civetta.
    Anche se a Milazzo la conoscevano persino i gatti.
    Poi, dopo il cambio del dirigente, il vecchio Vice Questore era
    stato promosso Primo Dirigente e trasferito in quel di Manfredonia
    a convincere i locali a far attraccare la famosa “nave dei veleni”, che
    nessuno voleva e che stava girovagando per tutti i porti Italiani.
    Per ultimo era giunta al porto della città pugliese e tenuta
    anche qui rigorosamente alla fonda al largo del porto.
    Gli avevo detto prima che partisse.
    Dottore ?
    Se lei riesce a fare attraccare quella nave, la faranno subito
    Questore.
    Beh, non so come fece, ma per chi legge i miei racconti saprà che era un abilissimo
    diplomatico, ci riuscì.
    Comunque, tornando al nostro discorso, il nuovo dirigente che era arrivato
    era un giovane commissario capo.
    Un tipo deciso che vedeva al primo posto nell’attività
    di polizia, proprio la giudiziaria.
    Parallelamente in quel periodo la squadra mobile della Questura stava
    attraversando un periodo di crisi e molti suoi componenti
    si sentivano a disagio e non nascondevano l’intenzione di lasciarla.
    Così il neo dirigente ebbe gioco facile a convincere alcuni illustri
    componenti della mobile della città dello stretto a trasferirsi in quel
    di Milazzo, la città del damoso capo e porta per le isole Eolie.
    Il primo ad arrivare fu Nino, che chi legge i miei racconti ricorderà.
    Poi a seguire, arrivarano anche Giorgio, Ciccio da Gualtieri Sicaminò e Antonio, che aveva un cognome
    che era tutto un programma, Ficarotta.
    Sicchè la squadra di polizia giudiziaria, della quale ero sempre io
    Comunque il responsabile, fece davvero un grosso salto di qualità.
    I nuovi arrivati erano degli abilissimi investigatori.
    Dopo anni e anni trascorsi alla mobile, sapevano come muoversi
    sul territorio.
    E soprattutto avevano il dono di farsi subito degli informatori.
    I famosi confidenti, che gli passavano le notizie utili per organizzare
    Le operazioni.
    L’unica cosa era che non dovevi parlagli di sedersi a scrivere, sia verbali o peggio
    ancora rapporti giudiziari.
    Erano solo dei grandissimi operativi, ma completamente litigati
    con la stesura di atti di polizia giudiziaria alla macchina da scrivere.
    Però in Tribunale oltre all’operazione occorreva portare
    pure quelli.
    Ma questo non era un problema, siccome alla stesura degli atti ci
    pensavo io.
    In breve tempo la squadra, ex binomio, giunse sino a sette elementi.
    Il mio Ufficio, faceva da base logistica.
    La mattina appena arrivato spalancavo le finestre, siccome
    fumavano tutti come turchi.
    E pur essendo fumatore, avevo appena ci entravo un principio
    di intossicazione.
    Beh, andiamo signori.
    Gli dicevo.
    Prendete due macchiene e uscite.
    Così almeno liberavo la stanza.
    I più veterani ex mobilini erano chiaramente esentati da questo.
    E restavano con me.
    Franco ?..
    Mi dice Giorgio guardandomi.
    Siccome vogliamo conoscere bene la città, che ne diresti
    Stasera di farci un pattuglione tra di noi ?.
    Otiima idea Giorgio.
    Allora stasera ci vediamo qui alle diciannove, io tu e Antonio.
    D’accordo ispettore.
    A stasera.
    E alle ore 19,00, puntuale come una cambiale
    Arrivo al Commissariato.
    Mentre parcheggio, scorgo Antonio e Giorgio
    Dritti ad aspettarmi fuori, di fronte allo stesso.
    Ispettore ?
    Non c’è bisogno che entriamo dentro, ho preso già io le chiavi
    dell’auto.
    Mi dice Antonio.
    Benissimo, andiamo allora.
    Motiamo su.
    Antonio si mette alla guida siccome era un po’ pratico di Milazzo.
    Franco ?..
    Da dove cominciamo ?..
    Beh, direi prima di farci un giro panoramico.
    Chiaramente il giro panoramico non può non cominciare dal
    promontorio del Capo di Milazzo.
    Sette chilometri che si protendono a nord nel basso tirreno,
    che sembra voler essere un trampolino di lancio verso le
    isole Eolie che gli stanno proprio di fronte a guardarlo.
    Mentre osserviamo il panorama, gli dico improvvisamente.
    Come mai avete deciso di lasciare la squadra mobile ?.
    Loro restano sorpresi di quella domanda fatta a bruciapelo.
    Poi Giorgio prende fiato e mi risponde pacatamente.
    Ispettore Franco.
    Ti dico la pura verità.
    Il nuovo dirigente che è arrivato ha delle idee tutte sue.
    Ci ha fatto capire senza mezzi termini che vuol fare un ricambio
    di tutto il personale a cominciare dai più anziani.
    Cioè noi.
    Poi è venuto a farci visita il tuo dirigente, che saputa la situazione
    ci ha offerto di venire qui a Milazzo con lui.
    Abbiamo pensato che prima di essere cacciati fuori,
    era meglio se c’è ne andavamo via noi e con le nostre gambe.
    E finito il discorso allarga le braccia.
    Ho capito Giorgio, ho capito.
    Era stato molto chiaro e sincero.
    Spero che qui da noi possiate trovarvi bene.
    Lo speriamo anche noi ma vedo comunque che ci sono
    tutte le premesse.
    Beh, adesso scendiamo a valle.
    Gli dico per smorzare il discorso.
    Riprendiamo la strada che scende verso la città.
    Franco ?...
    Ma c’è un locale particolare qui ?..
    In che senzo Antonio.
    Che ne so io, un luogo tipico dove si incontrano i giovani.
    I ragazzi di Messina mi hanno detto per esempio che il sabato
    sera, in alternativa a Taormina vengono a mangiarsi la pizza e poi
    a ballare qui, adesso mi sfugge Il nome del locale….
    Ah !.
    Le Cupole, si chiama così.
    Lo possiamo andare a vedere ?.
    Sicuro, appena scendi giù in Piazza Roma, gira a destra
    verso il litorale di ponente e poi in fondo a sinistra verso
    Via del Marinaio d’Italia.
    Ok, ispettore, ok.
    Le Cupole era all’epoca un locale davvero molto frequentato
    Da giovani provenienti da molte località della provincia
    Ed anche dal capoluogo.
    Molti erano bravi ragazzi, altri molto di meno, ogni tanto scoppiava
    Qualche rissa e volavano pure coltellate con tanto di duelli rusticani notturni
    In spiaggia.
    Ecco, gli dico, eccolo li.
    E’ proprio sulla spiaggia.
    Pensa che dopo le danze, nelle prime ore del mattino, i
    ragazzi d’estate si tuffano a farsi il bagno.
    Mah….
    Sento improvvisamente dire a Giorgio che sta seduto dietro.
    Quella macchina !.
    Quella lancia Delta integrale tutta rossa.
    E ci indica una lancia rosa fiammante parcheggiata proprio di fonte all’ingresso.
    Antonio
    l’hai vista ?...
    Caspita se non l’ho vista.
    E’ quella di Billè, Giorgio.
    Il noto boss di Messina ?..
    Gli chiedo io.
    Proprio lui Franco.
    Interessante la cosa.
    Andiamo subito a visitare questo locale.
    Entro prima io.
    Matteo, il propietario, mi viene subito incontro.
    Come va ispettore ?
    Mi dice porgendomi la mano.
    Bene grazie Matteo.
    Entrano pure Giorgio ed Antonio.
    Che ci fa qui la squadra mobile ?...
    Sentiamo dire da una persona che stava dritta
    al banco del bar con un bicchiere in mano.
    Evidentemente si riferiva ai miei colleghi.
    Siccome a me non mi conosceva di sicuro.
    Billè ?
    Noi siamo qui di passaggio sai.
    Gli risponde Giorgio.
    Ma piuttosto, cosa ci fai tu qui ?..
    Beh…
    Dice lui non nascondendo un certo imbarazzo.
    Sapete, ho litigato con mia moglie.
    Per cui sono venuto qui a trovare l’amico Matteo.
    Era chiaro che mentiva spudoratamente.
    Capisco.
    Gli replica Giorgio.
    Billè che ci era venuto incontro, si gira di scatto
    Verso il banco.
    Consumazione pagata per i signori !.
    Dice a mo’ di ordine perentorio.
    No Billè, grazie.
    Siamo apposto.
    Suvvia, almeno un caffè lo prenderete…
    Ti abbiamo detto che siamo apposto.
    Va bene, va bene.
    Ho capito.
    Non vi volete compromettere.
    D’accordo, un caffè allora lo pigliamo.
    Ci vogliamo compromettere.
    Lui si mette a ridere.
    Caffè hai signori e subito !.
    Ordina al banconista.
    Matteo, guardava con un certo disagio.
    Appena usciti dal locale, Giorgio mi guarda.
    Ma quel locale di chi è ….
    Dell’amico tuo Matteo o dell’amico nostro Billè ?...
    Sai Giorgio.
    In un certo senso la colpa è la mia.
    Davvero Franco ?
    Ti spiego.
    In questo locale avvengono spesso risse, provocate per
    lo più da barcellonesi.
    Matteo mi aveva sempre chiesto se potevamo essere presenti
    Almeno il sabato sera.
    Io gli ho detto che dato il nostro esiguo numero non era possibile.
    Poi gli ho aggiunto che a Toarmina per risolvere analoghi problemi
    Aveva assoldato elementi della mafia catanese.
    Per cui ti ha preso in parola, vero ispettore ?.
    Da quello che ho visto prima Giorgio, si.
    Lui si è rivolto a quella messinese.
    Sembrava lui il padrone del locale !.
    Lo è di fatto.
    Povero Matteo.
    Avevo sentito dal collega del Norm dell’Arma che ultimamente
    la situazione alle Cupole era stranamente troppo tranquilla.
    Avevo letto pure sulla Gazzetta del Sud, che gli Tofria, noti fratelli
    mafiosi di Barcellona erano stati cacciati fuori da qui ed inseguiti
    a colpi di pistola sino al confine tra Milazzo e Barcellona.
    Barcellona può essere fortissima nel suo territorio, ma fuori dallo stesso
    se arriva un’altra mafia più potente, non conta più niente.
    Ora sto ricollegando il tutto.
    C’è ne di lavoro qui, carissimo ispettore.
    Giorgio ?..
    Prima del vostro arrivo c’ero solo io alla giudiziaria.
    E mi affiancavano un solo agente e neppure a tempo pieno !.
    Lo so, lo so, Franco.
    Adesso comunque che ci siamo noi, vediamo un po’ di
    capovolgere questa situazione di svantaggio.
    Risaliamo in macchina.
    Piuttosto, avete novità dai vostri confidenti ?..
    Beh, sai.
    Ha proposito dei Trofia.
    Ho saputo di un tedesco, che sta in una villa al capo
    che ritiratosi qui in sicilia in pensione con la moglie siccome innamoratissimo
    Dei posti e che fa il riveditore di auto di lusso, che avrebbe delle storie
    con loro.
    Davvero ?..
    Si Franco.
    Approfondisci la cosa e fammi sapere.
    Non mancherò di farlo, ispettore.
    Il giro è finito, facciamo rientro.
    La mattina dopo entro in ufficio al solito orario.
    Ispettore ?..
    Mi dice il piantone vedendomi entrare.
    Ci sono “visite” per lei.
    In che senso Giovanni ?..
    C’è una persona che lo aspetta.
    Uhm…
    E dovè ?
    E’ con Giorgio nel suo Ufficio.
    Ho capito.
    Grazie Giovanni.
    A proposito, ci sono novità ?
    Nessuna ispettore.
    Grazie ancora e buon lavoro.
    Mi immaginavo chi fosse.
    Giorgio era uno che non andava per le lunghe.
    Lo conoscevo bene.
    Appena la sera prima ne avevamo parlato e lui
    non aveva perso certamente tempo.
    Infatti appena entrato, scorgo un persona biondina,
    sessantino di età, seduto e Giorgio in Piedi accanto a lui.
    Oh, Ispettore !.
    Mi dice vedendomi alla soglia.
    Le presento Herr Hans.
    Herr..cosa ?..
    Ah !.
    Scusami franco, il signor Hans.
    Ora si che ho capito.
    Piacere.
    Gli dico sedendomi davanti a lui.
    Lui mi guarda attentamente con i suoi occhi verdi.
    Io lo guardo a mia volta con i miei occhi neri.
    Allora signor Hans.
    Mi dica tutto.
    Lui prende fiato.
    Prima io volere parlare di me…
    Avere voi nulla di contrario su questo ?...
    Assolutamente no.
    Dica pure.
    Io essere tedesco di Germania occidentale.
    Lavorato tutta mia vita come commerciante di auto.
    Poi una volta che io è la mia adoratissima moglie siamo andati
    in pensione, io decidere di comprare casa qui.
    Come mai ?.
    Io e la mia povera moglie venire sempre d’estate qui a fare
    vacanza.
    Vostro sole e mare in Germania si può solo sognare.
    Mi scusi, signor Hans.
    Perché ha detto “povera moglie” ?..
    Ah !.
    Mi scusi signore.
    Lei essere morta.
    Mi dispiace di questo.
    Sa, signore.
    Lei lavorava in quella che voi chiamare qui…non troavre termine…
    Guardia di Finanza.
    Ecco !.
    Poi ebbe incidente che la portò parlaitica e anche per questo
    noi decidere di trascorrere qui il tempo che ci era rimasto.
    Poi lei ebbe improvvisa malattia e….
    Ho capito signor Hans.
    Basta così, non intendo siscitare in lei ricordi dolorosi.
    Avevo notato infatti una lacrima che gli era scesa dagli occhi.
    Ma la prego, continui da dove aveva lasciato.
    Lui prende un po’ fiato.
    Si signore.
    Mi scusi ma io…
    Ma ci mancherebbe altro.
    Dicevo io lavorato trenta anni a vendere auto per la Bmw.
    E una volta qui, ho pensato di continuare questa mia attività, stavolta
    tutta per conto mio.
    Così trovai dei locali è io aprire attività di vendita di auto.
    auto di lusso.
    Tipo ?..
    Alfa Romeo, Lancia e…
    Ho capito grazie.
    Non vende le fiat 500.
    Io avere ancora conoscenze con vecchi fornitori, loro mi mandano
    auto e io vendere.
    Ho capito.
    Continui pure.
    Mia attività andava bene.
    Gli affari non mancare.
    Poi…
    Poi ?
    Signore.
    Un giorno vennero nel mio esercizio dei giovani.
    Chi erano questi giovani ?...
    Io non conoscere loro ma loro dire di conoscere me.
    E che se io volere lavorare tranquillo, loro mi potere
    aiutare in questo.
    In che senso , mi scusi.
    Loro dare me, come dire, protezione.
    Ora si che ho capito.
    Interessante, continui.
    Da quel momento tutti giorni loro venire almeno una volta
    a trovarmi in mio autosalone.
    Ma mi scusi, signor Hans.
    Ma lei li conosceva da prima ?.
    Nein !.
    Ma le dissero almeno chi erano ?
    Ja, si, certamente.
    Mi dissero che erano mafiosi di Barcellona.
    Le dissero proprio così ?.
    Ja, ja.
    Uno di loro mi disse chiamarsi Nino.
    Capo di mafia di barcellona dove tutti altri obbedire lui.
    E le disse il cognome ?..
    Nein, ispettore.
    Ma io riuscito a saperlo lo stesso.
    Uhm..
    E come ha fatto ?
    Mi scusi, se glielo chiedo signor Hans.
    Ja ispettore, si.
    Vede loro per non dare nell’occhio, erano
    entrati in società con me.
    In che senso ?
    Noi fare come si dice qui, ecco, contratto, o meglio scruttura privata.
    E lei c’è l’ha questa scrittura ?.
    Ja, si.
    Si mette le mani in tasca e lo tira fuori.
    Poi me lo mette proprio davanti.
    Posso vederla ?...
    Ja, certo, herr ispettore.
    Trofia.
    Questa era la firma apposta in calce a quella dell’amico
    Teutonico alla fine del documento.
    Giorgio si avvicina.
    Glielo porgo.
    Non c’è bisogno Franco.
    Lo conosco già.
    Ma mi dica signor Hans.
    Cosa facevano esattamente i Trofia nel suo negozio.
    Cosa fare loro ?...
    Nulla.
    Non capisco.
    Ispettore ?..
    Loro venire da me.
    Guardare auto.
    Poi uno di loro vedere auto che gli piace e dire.
    Hans ?
    Questa c’è la portiamo via noi.
    Ma…pagavano ?.
    Herr Ispettore…
    scherza ?...
    Uno di loro montare su, mettere in moto ed andare via.
    Bella società che ha fatto !.
    Però non mi quadra.
    Se loro sono per come dire, suoi soci, possono
    dire anche che l’auto le prendevano in forza
    Di tale vincolo.
    Nein ispettore.
    Avere letto lei il contratto ?
    Non prevedere assolutamente cessione gatuita di auto.
    Prevedere solo loro collaborazione in acquisto e vendita di auto.
    E loro lo facevano…?
    Nein !.
    Loro solo venire a prendersi auto che piacere loro e portarle via.
    Tipo ?..
    Lancia Ferrari.
    Era auto loro preferita.
    Ma…
    Mi scusi signor Hans.
    Ma lei non si opponeva a questo loromodo di fare ?..
    Ja, si.
    Ma loro dire me che se io non d’accordo con loro,
    loro bruciare tutto.
    Lasciare me solo cumulo di cenere !.
    Ora si che quadra.
    Guardo Giorgio e lui guarda me.
    Allora signor Hans.
    Ora tutto quello che mi ha detto così a voce,
    lo deve mettere a verbale.
    No problema, herr ispettore !.
    In Germania cittadini dare massima collaborazione a Polizia.
    Altro pianeta!.
    Mi scappa di dire.
    Prendo quattro fogli di carta con relativa velina per copiare
    E li metto dentro la mia “olivetti do brasil”.
    Allora si scriveva ancora così.
    Siamo pronti.
    Gli dico.
    Cominciamo.




    Per anni la polizia giudiziaria del mio Commissariato era stata
    composta da me e da un solo agente.
    Prima Mimmo, poi Salvatore.
    Chiamarla squadra di pg era poi assolutamente un eufenismo.
    Siccome a causa dell’esiguo numero dei componenti
    Dell’Ufficio, la polizia giudiziaria la si faceva a “tempo perso”.
    Siccome occorreva coprire tutti i servizi che c’erano da fare.
    L’unico,diciamo, privilegio, era che si stava in borghese
    e con l’auto civetta.
    Anche se a Milazzo la conoscevano persino i gatti.
    Poi, dopo il cambio del dirigente, il vecchio Vice Questore era
    stato promosso Primo Dirigente e trasferito in quel di Manfredonia
    a convincere i locali a far attraccare la famosa “nave dei veleni”, che
    nessuno voleva e che stava girovagando per tutti i porti Italiani.
    Per ultimo era giunta al porto della città pugliese e tenuta
    anche qui rigorosamente alla fonda al largo del porto.
    Gli avevo detto prima che partisse.
    Dottore ?
    Se lei riesce a fare attraccare quella nave, la faranno subito
    Questore.
    Beh, non so come fece, ma per chi legge i miei racconti saprà che era un abilissimo
    diplomatico, ci riuscì.
    Comunque, tornando al nostro discorso, il nuovo dirigente che era arrivato
    era un giovane commissario capo.
    Un tipo deciso che vedeva al primo posto nell’attività
    di polizia, proprio la giudiziaria.
    Parallelamente in quel periodo la squadra mobile della Questura stava
    attraversando un periodo di crisi e molti suoi componenti
    si sentivano a disagio e non nascondevano l’intenzione di lasciarla.
    Così il neo dirigente ebbe gioco facile a convincere alcuni illustri
    componenti della mobile della città dello stretto a trasferirsi in quel
    di Milazzo, la città del damoso capo e porta per le isole Eolie.
    Il primo ad arrivare fu Nino, che chi legge i miei racconti ricorderà.
    Poi a seguire, arrivarano anche Giorgio, Ciccio da Gualtieri Sicaminò e Antonio, che aveva un cognome
    che era tutto un programma, Ficarotta.
    Sicchè la squadra di polizia giudiziaria, della quale ero sempre io
    Comunque il responsabile, fece davvero un grosso salto di qualità.
    I nuovi arrivati erano degli abilissimi investigatori.
    Dopo anni e anni trascorsi alla mobile, sapevano come muoversi
    sul territorio.
    E soprattutto avevano il dono di farsi subito degli informatori.
    I famosi confidenti, che gli passavano le notizie utili per organizzare
    Le operazioni.
    L’unica cosa era che non dovevi parlagli di sedersi a scrivere, sia verbali o peggio
    ancora rapporti giudiziari.
    Erano solo dei grandissimi operativi, ma completamente litigati
    con la stesura di atti di polizia giudiziaria alla macchina da scrivere.
    Però in Tribunale oltre all’operazione occorreva portare
    pure quelli.
    Ma questo non era un problema, siccome alla stesura degli atti ci
    pensavo io.
    In breve tempo la squadra, ex binomio, giunse sino a sette elementi.
    Il mio Ufficio, faceva da base logistica.
    La mattina appena arrivato spalancavo le finestre, siccome
    fumavano tutti come turchi.
    E pur essendo fumatore, avevo appena ci entravo un principio
    di intossicazione.
    Beh, andiamo signori.
    Gli dicevo.
    Prendete due macchiene e uscite.
    Così almeno liberavo la stanza.
    I più veterani ex mobilini erano chiaramente esentati da questo.
    E restavano con me.
    Franco ?..
    Mi dice Giorgio guardandomi.
    Siccome vogliamo conoscere bene la città, che ne diresti
    Stasera di farci un pattuglione tra di noi ?.
    Otiima idea Giorgio.
    Allora stasera ci vediamo qui alle diciannove, io tu e Antonio.
    D’accordo ispettore.
    A stasera.
     
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    Parte seconda

    E alle ore 19,00, puntuale come una cambiale
    Arrivo al Commissariato.
    Mentre parcheggio, scorgo Antonio e Giorgio
    Dritti ad aspettarmi fuori, di fronte allo stesso.
    Ispettore ?
    Non c’è bisogno che entriamo dentro, ho preso già io le chiavi
    dell’auto.
    Mi dice Antonio.
    Benissimo, andiamo allora.
    Motiamo su.
    Antonio si mette alla guida siccome era un po’ pratico di Milazzo.
    Franco ?..
    Da dove cominciamo ?..
    Beh, direi prima di farci un giro panoramico.
    Chiaramente il giro panoramico non può non cominciare dal
    promontorio del Capo di Milazzo.
    Sette chilometri che si protendono a nord nel basso tirreno,
    che sembra voler essere un trampolino di lancio verso le
    isole Eolie che gli stanno proprio di fronte a guardarlo.
    Mentre osserviamo il panorama, gli dico improvvisamente.
    Come mai avete deciso di lasciare la squadra mobile ?.
    Loro restano sorpresi di quella domanda fatta a bruciapelo.
    Poi Giorgio prende fiato e mi risponde pacatamente.
    Ispettore Franco.
    Ti dico la pura verità.
    Il nuovo dirigente che è arrivato ha delle idee tutte sue.
    Ci ha fatto capire senza mezzi termini che vuol fare un ricambio
    di tutto il personale a cominciare dai più anziani.
    Cioè noi.
    Poi è venuto a farci visita il tuo dirigente, che saputa la situazione
    ci ha offerto di venire qui a Milazzo con lui.
    Abbiamo pensato che prima di essere cacciati fuori,
    era meglio se c’è ne andavamo via noi e con le nostre gambe.
    E finito il discorso allarga le braccia.
    Ho capito Giorgio, ho capito.
    Era stato molto chiaro e sincero.
    Spero che qui da noi possiate trovarvi bene.
    Lo speriamo anche noi ma vedo comunque che ci sono
    tutte le premesse.
    Beh, adesso scendiamo a valle.
    Gli dico per smorzare il discorso.
    Riprendiamo la strada che scende verso la città.
    Franco ?...
    Ma c’è un locale particolare qui ?..
    In che senzo Antonio.
    Che ne so io, un luogo tipico dove si incontrano i giovani.
    I ragazzi di Messina mi hanno detto per esempio che il sabato
    sera, in alternativa a Taormina vengono a mangiarsi la pizza e poi
    a ballare qui, adesso mi sfugge Il nome del locale….
    Ah !.
    Le Cupole, si chiama così.
    Lo possiamo andare a vedere ?.
    Sicuro, appena scendi giù in Piazza Roma, gira a destra
    verso il litorale di ponente e poi in fondo a sinistra verso
    Via del Marinaio d’Italia.
    Ok, ispettore, ok.
    Le Cupole era all’epoca un locale davvero molto frequentato
    Da giovani provenienti da molte località della provincia
    Ed anche dal capoluogo.
    Molti erano bravi ragazzi, altri molto di meno, ogni tanto scoppiava
    Qualche rissa e volavano pure coltellate con tanto di duelli rusticani notturni
    In spiaggia.
    Ecco, gli dico, eccolo li.
    E’ proprio sulla spiaggia.
    Pensa che dopo le danze, nelle prime ore del mattino, i
    ragazzi d’estate si tuffano a farsi il bagno.
    Mah….
    Sento improvvisamente dire a Giorgio che sta seduto dietro.
    Quella macchina !.
    Quella lancia Delta integrale tutta rossa.
    E ci indica una lancia rosa fiammante parcheggiata proprio di fonte all’ingresso.
    Antonio
    l’hai vista ?...
    Caspita se non l’ho vista.
    E’ quella di Billè, Giorgio.
    Il noto boss di Messina ?..
    Gli chiedo io.
    Proprio lui Franco.
    Interessante la cosa.
    Andiamo subito a visitare questo locale.
    Entro prima io.
    Matteo, il propietario, mi viene subito incontro.
    Come va ispettore ?
    Mi dice porgendomi la mano.
    Bene grazie Matteo.
    Entrano pure Giorgio ed Antonio.
    Che ci fa qui la squadra mobile ?...
    Sentiamo dire da una persona che stava dritta
    al banco del bar con un bicchiere in mano.
    Evidentemente si riferiva ai miei colleghi.
    Siccome a me non mi conosceva di sicuro.
    Billè ?
    Noi siamo qui di passaggio sai.
    Gli risponde Giorgio.
    Ma piuttosto, cosa ci fai tu qui ?..
    Beh…
    Dice lui non nascondendo un certo imbarazzo.
    Sapete, ho litigato con mia moglie.
    Per cui sono venuto qui a trovare l’amico Matteo.
    Era chiaro che mentiva spudoratamente.
    Capisco.
    Gli replica Giorgio.
    Billè che ci era venuto incontro, si gira di scatto
    Verso il banco.
    Consumazione pagata per i signori !.
    Dice a mo’ di ordine perentorio.
    No Billè, grazie.
    Siamo apposto.
    Suvvia, almeno un caffè lo prenderete…
    Ti abbiamo detto che siamo apposto.
    Va bene, va bene.
    Ho capito.
    Non vi volete compromettere.
    D’accordo, un caffè allora lo pigliamo.
    Ci vogliamo compromettere.
    Lui si mette a ridere.
    Caffè hai signori e subito !.
    Ordina al banconista.
    Matteo, guardava con un certo disagio.
    Appena usciti dal locale, Giorgio mi guarda.
    Ma quel locale di chi è ….
    Dell’amico tuo Matteo o dell’amico nostro Billè ?...
    Sai Giorgio.
    In un certo senso la colpa è la mia.
    Davvero Franco ?
    Ti spiego.
    In questo locale avvengono spesso risse, provocate per
    lo più da barcellonesi.
    Matteo mi aveva sempre chiesto se potevamo essere presenti
    Almeno il sabato sera.
    Io gli ho detto che dato il nostro esiguo numero non era possibile.
    Poi gli ho aggiunto che a Toarmina per risolvere analoghi problemi
    Aveva assoldato elementi della mafia catanese.
    Per cui ti ha preso in parola, vero ispettore ?.
    Da quello che ho visto prima Giorgio, si.
    Lui si è rivolto a quella messinese.
    Sembrava lui il padrone del locale !.
    Lo è di fatto.
    Povero Matteo.
    Avevo sentito dal collega del Norm dell’Arma che ultimamente
    la situazione alle Cupole era stranamente troppo tranquilla.
    Avevo letto pure sulla Gazzetta del Sud, che gli Tofria, noti fratelli
    mafiosi di Barcellona erano stati cacciati fuori da qui ed inseguiti
    a colpi di pistola sino al confine tra Milazzo e Barcellona.
    Barcellona può essere fortissima nel suo territorio, ma fuori dallo stesso
    se arriva un’altra mafia più potente, non conta più niente.
    Ora sto ricollegando il tutto.
    C’è ne di lavoro qui, carissimo ispettore.
    Giorgio ?..
    Prima del vostro arrivo c’ero solo io alla giudiziaria.
    E mi affiancavano un solo agente e neppure a tempo pieno !.
    Lo so, lo so, Franco.
    Adesso comunque che ci siamo noi, vediamo un po’ di
    capovolgere questa situazione di svantaggio.
    Risaliamo in macchina.
    Piuttosto, avete novità dai vostri confidenti ?..
    Beh, sai.
    Ha proposito dei Trofia.
    Ho saputo di un tedesco, che sta in una villa al capo
    che ritiratosi qui in sicilia in pensione con la moglie siccome innamoratissimo
    Dei posti e che fa il riveditore di auto di lusso, che avrebbe delle storie
    con loro.
    Davvero ?..
    Si Franco.
    Approfondisci la cosa e fammi sapere.
    Non mancherò di farlo, ispettore.
    Il giro è finito, facciamo rientro.
    La mattina dopo entro in ufficio al solito orario.
    Ispettore ?..
    Mi dice il piantone vedendomi entrare.
    Ci sono “visite” per lei.
    In che senso Giovanni ?..
    C’è una persona che lo aspetta.
    Uhm…
    E dovè ?
    E’ con Giorgio nel suo Ufficio.
    Ho capito.
    Grazie Giovanni.
    A proposito, ci sono novità ?
    Nessuna ispettore.
    Grazie ancora e buon lavoro.
    Mi immaginavo chi fosse.
    Giorgio era uno che non andava per le lunghe.
    Lo conoscevo bene.
    Appena la sera prima ne avevamo parlato e lui
    non aveva perso certamente tempo.
    Infatti appena entrato, scorgo un persona biondina,
    sessantino di età, seduto e Giorgio in Piedi accanto a lui.
    Oh, Ispettore !.
    Mi dice vedendomi alla soglia.
    Le presento Herr Hans.
    Herr..cosa ?..
    Ah !.
    Scusami franco, il signor Hans.
    Ora si che ho capito.
    Piacere.
    Gli dico sedendomi davanti a lui.
    Lui mi guarda attentamente con i suoi occhi verdi.
    Io lo guardo a mia volta con i miei occhi neri.
    Allora signor Hans.
    Mi dica tutto.
    Lui prende fiato.
    Prima io volere parlare di me…
    Avere voi nulla di contrario su questo ?...
    Assolutamente no.
    Dica pure.
    Io essere tedesco di Germania occidentale.
    Lavorato tutta mia vita come commerciante di auto.
    Poi una volta che io è la mia adoratissima moglie siamo andati
    in pensione, io decidere di comprare casa qui.
    Come mai ?.
    Io e la mia povera moglie venire sempre d’estate qui a fare
    vacanza.
    Vostro sole e mare in Germania si può solo sognare.
    Mi scusi, signor Hans.
    Perché ha detto “povera moglie” ?..
    Ah !.
    Mi scusi signore.
    Lei essere morta.
    Mi dispiace di questo.
    Sa, signore.
    Lei lavorava in quella che voi chiamare qui…non troavre termine…
    Guardia di Finanza.
    Ecco !.
    Poi ebbe incidente che la portò parlaitica e anche per questo
    noi decidere di trascorrere qui il tempo che ci era rimasto.
    Poi lei ebbe improvvisa malattia e….
    Ho capito signor Hans.
    Basta così, non intendo siscitare in lei ricordi dolorosi.
    Avevo notato infatti una lacrima che gli era scesa dagli occhi.
    Ma la prego, continui da dove aveva lasciato.
    Lui prende un po’ fiato.
    Si signore.
    Mi scusi ma io…
    Ma ci mancherebbe altro.
    Dicevo io lavorato trenta anni a vendere auto per la Bmw.
    E una volta qui, ho pensato di continuare questa mia attività, stavolta
    tutta per conto mio.
    Così trovai dei locali è io aprire attività di vendita di auto.
    auto di lusso.
    Tipo ?..
    Alfa Romeo, Lancia e…
    Ho capito grazie.
    Non vende le fiat 500.
    Io avere ancora conoscenze con vecchi fornitori, loro mi mandano
    auto e io vendere.
    Ho capito.
    Continui pure.
    Mia attività andava bene.
    Gli affari non mancare.
    Poi…
    Poi ?
    Signore.
    Un giorno vennero nel mio esercizio dei giovani.
    Chi erano questi giovani ?...
    Io non conoscere loro ma loro dire di conoscere me.
    E che se io volere lavorare tranquillo, loro mi potere
    aiutare in questo.
    In che senso , mi scusi.
    Loro dare me, come dire, protezione.
    Ora si che ho capito.
    Interessante, continui.
     
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    Terza parte

    Da quel momento tutti giorni loro venire almeno una volta
    a trovarmi in mio autosalone.
    Ma mi scusi, signor Hans.
    Ma lei li conosceva da prima ?.
    Nein !.
    Ma le dissero almeno chi erano ?
    Ja, si, certamente.
    Mi dissero che erano mafiosi di Barcellona.
    Le dissero proprio così ?.
    Ja, ja.
    Uno di loro mi disse chiamarsi Nino.
    Capo di mafia di barcellona dove tutti altri obbedire lui.
    E le disse il cognome ?..
    Nein, ispettore.
    Ma io riuscito a saperlo lo stesso.
    Uhm..
    E come ha fatto ?
    Mi scusi, se glielo chiedo signor Hans.
    Ja ispettore, si.
    Vede loro per non dare nell’occhio, erano
    entrati in società con me.
    In che senso ?
    Noi fare come si dice qui, ecco, contratto, o meglio scruttura privata.
    E lei c’è l’ha questa scrittura ?.
    Ja, si.
    Si mette le mani in tasca e lo tira fuori.
    Poi me lo mette proprio davanti.
    Posso vederla ?...
    Ja, certo, herr ispettore.
    Trofia.
    Questa era la firma apposta in calce a quella dell’amico
    Teutonico alla fine del documento.
    Giorgio si avvicina.
    Glielo porgo.
    Non c’è bisogno Franco.
    Lo conosco già.
    Ma mi dica signor Hans.
    Cosa facevano esattamente i Trofia nel suo negozio.
    Cosa fare loro ?...
    Nulla.
    Non capisco.
    Ispettore ?..
    Loro venire da me.
    Guardare auto.
    Poi uno di loro vedere auto che gli piace e dire.
    Hans ?
    Questa c’è la portiamo via noi.
    Ma…pagavano ?.
    Herr Ispettore…
    scherza ?...
    Uno di loro montare su, mettere in moto ed andare via.
    Bella società che ha fatto !.
    Però non mi quadra.
    Se loro sono per come dire, suoi soci, possono
    dire anche che l’auto le prendevano in forza
    Di tale vincolo.
    Nein ispettore.
    Avere letto lei il contratto ?
    Non prevedere assolutamente cessione gatuita di auto.
    Prevedere solo loro collaborazione in acquisto e vendita di auto.
    E loro lo facevano…?
    Nein !.
    Loro solo venire a prendersi auto che piacere loro e portarle via.
    Tipo ?..
    Lancia Ferrari.
    Era auto loro preferita.
    Ma…
    Mi scusi signor Hans.
    Ma lei non si opponeva a questo loromodo di fare ?..
    Ja, si.
    Ma loro dire me che se io non d’accordo con loro,
    loro bruciare tutto.
    Lasciare me solo cumulo di cenere !.
    Ora si che quadra.
    Guardo Giorgio e lui guarda me.
    Allora signor Hans.
    Ora tutto quello che mi ha detto così a voce,
    lo deve mettere a verbale.
    No problema, herr ispettore !.
    In Germania cittadini dare massima collaborazione a Polizia.
    Altro pianeta!.
    Mi scappa di dire.
    Prendo quattro fogli di carta con relativa velina per copiare
    E li metto dentro la mia “olivetti do brasil”.
    Allora si scriveva ancora così.
    Siamo pronti.
    Gli dico.
    Cominciamo.
    E lui mi dice tutto.
    Lui parla e io scrivo.
    Giorgio osserva con aria soddisfatta.
    Del resto era lui che aveva scovato questa importante notizia.
    Mai presa una denuncia di estorsione così dettagliata.
    Pensavo.
    Si vede che è straniero.
    Se fosse stato uno del posto, nemmeno ci avrebbe messo piede qui in Commissariato.
    Pure se gli tiravano fuori il sangue dalle vene.
    Alla fine della battuta dell’utltimo tasto, alzo
    La testa.
    Signor Hans ?...
    Gli dico tirando fuori i fogli dalla macchina
    da scrivere.
    Abbiamo finito !.
    Ora lei deve mettere una sua firma qui, in calce ad ogni
    pagina.
    Ja, si.
    Io mettere subito mia firma.
    Lui lo fa subuto e appena finito, si alza dalla sedia.
    Herr Ispettore ?..
    Mi dica signor Hans.
    Come dovere io comportare adesso ?..
    In che senso, mi scusi.
    Loro venire da me tutti i giorni.
    Uhm..ho capito cosa vuole dire.
    Niente.
    Lei signor Hans, fare assolutamente finta di niente.
    Faccia come ha fatto sino ad oggi.
    E non faccia assolutamente parola con nessuno
    che lei è stato qui a fare denuncia.
    Mi ha capito ?..
    Ja, si.
    Io fare come da lei consigliato, Herr.
    D’accordo.
    Può andare adesso.
    Giorgio ?...
    Dimmi Franco.
    Lo accompagni tu ?..
    Ma certo ispettore.
    Io ti aspetto qui, poi saliamo su dal grande capo
    a portargli la notizia.
    D’accordo Franco.
    Il grande capo, seduto davanti a noi, dal di dietro
    della sua scrivania che sembrava la pista di atterraggio della
    portaerei Saratoga, legge e rilegge la denuncia del Crucco Tedesco.
    Ma c’è proprio il fuoco qui dentro !.
    Dice infine battendo il pugno sul tavolo.
    Questi qui li dobbiamo andare ad arrestare e per subito !.
    Calma Dottore, Calma !.
    Gli ribatto io.
    Ma Ispettore…..dice lui esitante.
    Dottore ?.
    Io penserei che è meglio che ne parli prima con la Procura.
    Vede non so dove era prima lei ad Agrigento, ma qui i Magistrati
    non gradiscono molto le operazioni di polizia fatti per sola iniziativa
    della stessa.
    E si incazzano pure.
    Lui si porta le mani al volto e ci pensa un po’.
    Ha ragione.
    Poi prende il telefono è chiama il piantone.
    Mi guardi chi è il Sostituto Procuratore di turno.
    Subito Dottore.
    E’ il dr. Bembo.
    Ha con lei i suoi recapiti ?..
    Certo dottore.
    Allora lo chiami e me lo passi subito.
    Immediatamente dottore.
    Appena suona il telefono, io e Giorgio senza dire nulla
    Ci alziamo e usciamo fuori dalla stanza com’è consuetudine
    Fare quando due “capoccioni” conversano tra di loro al telefono.
    Passa qualche minuto.
    Noi fuori dalla porta ad aspettare.
    Poi come d’incanto, si accende il semaforo con luce verde.
    Segno che si può entrare senza rischi di sorta.
    Lui lo troviamo pensieroso.
    Ci fa segno di sederci.
    Allora Dottore ?..
    Gli chiedo subito.
    Aveva ragione lei, ispettore.
    Mi ha detto di portargli subito la denuncia
    E deciderà lui in merito.
    Ne ero convinto di questo.
    Ispettore ?...
    Ma noi gli stiamo servendo il tutto su di un
    vassoio d’argento !.
    E sbatte il pugno sulla scrivania.
    Dottore ?...
    Che ci possiamo fare.
    Lui comanda la polizia giudiziaria.
    Con questo nuovo cadice che hanno messo.
    Ma comunque lui non può arrestare, noi si.
    Per cui eventuali provvedimenti li passerà a noi
    per l’esecuzione.
    Lui ritorna a pensare.
    Poi d’improvviso ha uno scatto.
    Avete da fare adesso ?..
    Mi chiede a bruciapelo.
    No, Dottore.
    Andiamoci subito allora !.
    Dice alzandosi di scatto e prendendosi la giacca
    appesa all’attaccapanni.
    Giorgio ?...
    Si, Franco.
    Vado subito a prendere una macchina.
    Percorsi i 35 km che separano la città del capo
    da quella dello stretto, siamo già al palazzo di
    Giustizia.
    Opera dell’architetto Belgioso negli anni 30.
    Venite pure voi.
    Ci dice il Dirigente.
    In fin dei conti voi conoscete il tutto molto meglio
    di me.
    Come vuole, Dottore.
    Il Dott. Bembo era un quarantino avanzato.
    Lo conoscevo siccome era stato pretore a Patti, località
    della quale era originario.
    Infatti vedendoci, si alza e mi stringe per
    primo a me la mano siccome ero l’unico che conosceva di persona.
    Il Dirigente in effetti ancora non lo conosceva personalmente.
    Provvedo subito a fare le presentazioni.
    Dottore Laffidi ?..
    Gli dice quindi mettendosi a sedere.
    E noi seduti a sua volta davanti a lui.
    Allora, mi fa vedere questa denuncia di cui mi ha parlato ?.
    Ispettore ?...
    Mi fa il Dirigente.
    Subito Dottore.
    Eccola qui.
    Il Sostituto la prende subito e se la pone davanti inforcando
    gli occhiali.
    Se la legge attentamente, legge e commenta.
    Caspita !.
    Escalma ogni tanto andando avanti nella lettura.
    Rapina, estorsione, rapina…..
    Che le dicevo io ?.
    Lo interrompe il nostro Dirigente.
    Uhm…
    Dice il magistrato alla fine posando il foglio.
    Adesso formulerò subito le richieste al Giudice.
    Sapete, con la nuova procedura penale è lui che decide i
    provvedimenti da adottare.
    Io chiaramente chiederò la misura cautelare in carcere.
    Visto anche che qui si tratta del Top della mafia di Barcellona
    Sono anni che cerchiamo qualsiasi appiglio per fotterli.
    Adesso ne abbiamo uno e bello grosso anche !.
    Vi farò sapere.
    Detto questo si alza e ci stringe la mano.
    Grazie signori, avete fatto davvero un buon lavoro.
    Grazie a lei Dottore.
    Gli dice il Dirigente.
    Adesso la lasciamo volentieri al suo lavoro.

    Domani la conclusione...
    Ma non sarà la conclusione dei miei racconti.
    Promesso.
     
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    Parte Quarta

    E il lavoro il dr. Bembo lo ha fatto davvero
    veloce.
    Passano soli due giorni.
    Arrivato in Ufficio al solito orario mattutino, un quarto alle otto,
    trovo già Giorgio con un sorriso che gli andava da una orecchia
    all’altra, tanto era grande.
    Franco ?...
    Mi dice subito vedendomi entrare.
    Sono arrivate le ordinanze di custodia cautelare.
    Vero Giorgio ?...
    Lo anticipo io.
    Verissimo Franco !.
    Ma…dimmi, come lo hai capito ?
    Giorgio, lo ti si legge in faccia !.
    Il grande capo ci aspetta su.
    Di già ?...
    Di solito a quell’ora non c’era ancora.
    Lui era un tipo “notturno”, faceva le tre di notte in giro con la
    volante.
    Per cui se non c’erano eventi particolari, la mattina scendeva dal
    suo alloggio di servizio sito all’ultimo piano di solito verso le 9,00/9,30.
    Ma siccome quella mattina gli eventi particolari c’erano, eccome,
    era sceso alle 7 e trenta precise.
    Andiamoci subito alllora.
    Dico a Giorgio.
    Non mi tolgo neppure il giubbotto.
    Fatte le scale che portano al primo piano, tiriamo
    dritti verso la sua porta in fondo.
    Troviamo già la luce verde alla sua porta.
    Ah !.
    Finalmente è arrivato, ispettore !.
    Mi apostrofa lui vedendomi entrare.
    Veramente Dottore sono ancora le otto meno cinque …
    Lui neppure mi risponde.
    Ci fa cenno di sederci.
    Poi tira fuori dal suo cassetto una busta intestata Procura della
    Repubblica.
    Eccole qua !.
    Dice tutto contento.
    Quante sono, Dottore ?..
    I tre fratelli Trofia e due loro scagnozzi.
    Se la matematica non è un opionione, dunque sono cinque.
    Bravissimo ispettore.
    Lei non è stata una vittima della scuola dell’obbligo !.
    Come ci organizziamo Dottore ?...
    Chiamiamo in ausilio la Squadra Mobile …
    No !.
    Dice lui seccamente battendo il pugno sulla scrivania.
    Qui nell’ordinanza dice “manda la polizia giudiziaria del
    Commissariato di Milazzo per l’esecuzione.
    C’è la vediamo noi.
    Se vengono quelli, i giornali scriveranno che hanno
    fatto tutto loro.
    Questo è anche vero.
    Poi alza il telefono.
    Foti ?....
    Urla in modo tale che penso lo abbiano sentito dall’isola
    di Vulcano, di fronte a Milazzo.
    Foti ???...
    Venga subito qui !.
    Il buon Gioacchino arriva in meno di un nano secondo.
    Dottore ?...
    Foti !.
    Reperisca tutto il personale disponibile.
    Per quando Dottore ?...
    Per stanotte !.
    Qui non si deve perdere tempo.
    Abbiamo del personale in licenza e…
    Li richiami tutti !.
    Per esigenze di servizio tutte le licenze sono sospese.
    Voglio cinque squadre di tre persone guidate da un Ispettore
    o Sovrintendente per stanotte.
    Ha capito ?...
    Si Dottore.
    Dice il buon Gioacchino scrollando le spalle.
    Mi metto subito al lavoro.
    Ispettore Di Blasi.
    E guarda me.
    Appena Foti trova il personale faccia lei le squadre.
    Come lei comanda Dottore.
    Metta tutti eccetto lei.
    Io ?..
    Si, lei resterà qui con me a coordinare tutta l’operazione.
    Era un grande onore che mi dava.
    Forse aveva capito il mio impegno in quel Commissariato.
    Ci guardiamo in faccia e lui per la prima volta mi sorride.
    Poi si fa di nuovo serio e urla.
    Ispettore ?
    Vada subito da Foti e gli stia dietro !.
    Allora Gioacchino.
    Quadrano i conti ?...
    Uhm..ispettore.
    Quattro squadre le ho fatte.
    Manca solo la quinta e ultima.
    Allora vediamo di farla.
    Mi accendo una sigaretta e spulcio il foglio con tutti
    i nomi che il buon Gioacchino aveva stilato in un elenco a parte.
    Ne mancano solo due.
    Questo non lo posso prendere, è in congedo per malattia.
    Aspetta.
    Guardo attentamente l’elenco.
    Sospendi due congedi.
    Ma ispettore….?
    Me l’hanno chiesta adducendo dei gravi motivi personali !.
    Gioacchino ?...
    Vuoi per caso fare urlare il Dottore in modo che lo sentono
    stavolta anche dalla Calabria ?...
    No, no !.
    Chiamali subito.
    Spiegagli con calma la situazione.
    Faranno solo stanotte e fino a quando si finisce.
    Poi se ne potranno tranquillamente andarsene di nuovo
    In licenza.
    Penso che per le 9,00 di mattina già tutto sarà finito.
    Lui mi guarda serio.
    Poi alza il telefono.
    Io esco fuori, sigaretta alla mano.
    Vedo Giorgio e Antonio.
    Franco ?.....Ci siamo ?..
    Mi chiedono quasi in coro.
    Quasi !.
    Rispondo.
    Foti esce dalla stanza in tutta fretta.
    Mi fa cenno di si con il capo.
    Ci siamo !.
    Dico questa volta deciso.
    Che ora gli devo mettere ?..
    Mi chiede Gioacchino.
    Le 4,00.
    Alle 4,00 devono essere tutti qui.
    Benissimo Ispettore.
    Vado a riferire al grande capo.
    Venite con me ?
    Chiedo a Giorgio e ad Antonio.
    Certo che si Franco.
    Alla porta luce gialla.
    Vuol dire ne si e ne no.
    Suono.
    La luce si fa d’incanto subito verde.
    Allora ispettore, è tutto pronto ?...
    Mi chiede subito.
    Prontissimo, Dottore !.
    Poi guarda Antonio e Giorgio.
    Abbiamo tutti gli indirizzi precisi di questi signori
    che dobbiamo andare a prendere ?...
    Tutti intendo, anche quelli di eventuali amanti !.
    C’è li abbiamo Dottore.
    Risponde Antonio tirando fuori dalla tasca un foglio pieno
    di nomi e indirizzi.
    Benissimo.
    Prima si va all’indirizzo principale.
    Se non si trova li l’interessato si lascia uno a non fare comunicare i residenti e si va
    Subito a quello successivo.
    Chiaro ?..
    Chiarissimo Dottore.
    Per ora è tutto, signori.
    A stanotte allora.
    La nottata era fresca, pur essendo primavera inoltrata.
    Le macchine erano tutte pronte, motori in modo.
    Il Dirigente ed io accanto a lui, passiamo in rassegna
    Tutti gli equipaggi pronti a partire.
    Ognuno aveva già segnato il nominativo e i recapiti di chi doveva
    andare a prendere.
    Mi raccomando Aloi.
    Dice a Ciccio, ex “Mobilino” capo della prima squadra.
    Tranquillo Dottore.
    A me non è mai sfuggito nessuno !.
    Lui gli da una pacca sulla spalla.
    Poi via.
    Una per una partono le cinque auto.
    E in men che non si dica svaniscono alla curva di Piazza Diana della
    Marina Garibaldi.
    Il Dirigente mi guarda.
    Lo vedo molto teso, come una molla che sta per scattare.
    Dottore ?..
    Qui è come stare su una portaerei.
    Noi abbiamo lanciato tutti i velivoli.
    Adesso dobbiamo solo aspettare l’esito del raid.
    Lui, sigaretta alla mano che tira come se se la volesse
    divorare, mi sorride, stavolta
    Venga Di Blasi, saliamo su nel mio ufficio e stiamo
    all’ascolto radio.
    Per la prima volta non mi aveva chiamato ispettore !.
    Pensavo.
    Siamo seduti da più di un ora ormai.
    Lui è sempre teso come una molla.
    Guarda la radio che ha di fronte a se, come
    se implorasse che la stessa parlasse.
    Ma la radio se ne stava zitta.
    Ancora niente ?..
    Dice ad un tratto.
    Eppure gli avevo raccomandato di chiamare subito
    appena avevano novità.
    Pazienza Dottore, porti pazienza.
    Lui si richiude nel suo silenzio.
    Como Milazzo 1 ?..
    Como Milazzo 1 da Como Milazzo 2.
    La radio all’improvviso aveva rotto il suo silenzio.
    Avanti, avanti Como Milazzo 2.
    Urla lui.
    A posto Dottore.
    Il cliente è con noi a bordo.
    Benissimo, fate subito rientro.
    E’ questo è il primo.
    Dice soddisfatto fregandosi le mani.
    Piano piano chiamano tutte.
    Tutte notizie positive, trovati ed arrestati.
    Di Blasi ?...
    Mi dica Dottore.
    Come mai non chiama la Como Milazzo 4 ?....
    Non ne ho idea, Dottore.
    La chiamo io, allora.
    Como Milazzo 4, Como Milazzo 4 da Como Milazzo 1 …
    Avanti Como Milazzo 1, la 4 è in ascolto.
    Novità ?...
    Al suo indirizzo non c’era in casa, Dottore.
    Per cui stiamo verificando agli altri indirizzi
    che abbiamo.
    Accidenti !.
    Urla lui sbattendo il pugno sulla scrivania, così forte
    che casca il porta penne con il relativo contenuto.
    Como Milazzo 4, Como Milazzo 4, Scandurla, mi sente ?....
    Si Dottore, la sento.
    Cercatelo, cercatelo !.
    E’ quello che stiamo facendo Dottore.
    Però sua moglie ci ha detto che si trova a Brescia, siccome
    ha li suo padre ricoverato all’ospedale maggiore.
    Stiamo verificando gli altri indirizzi per solo scrupolo.
    A me sembrava sincera.
    Risbatte il pugno sul tavolo.
    Verficate comunque tutti gli indirizzi.
    Tutti !.
    Se non lo trovate fate rientro.
    D’accordo Dottore.
    Questo c’è scappato !.
    Urla così forte che lo sentivano penso da Lipari.
    Via Dottore.
    Quattro su cinque è già un bel risultato.
    Però…gli dico sottovoce.
    Perché non chiama il suo collega della Mobile di Brescia ?...
    In fin dei conti di ospedali maggiori li, siccome ci sono stato,
    c’è ne uno solo.
    Può darsi che Mimmo Trofia sia davvero li.
    E se si trova li, può darsi che riescano a bloccarlo subito, prima
    che venga avvisato.
    Uhm…ha ragione ispettore.
    Lo faccio subito.
    Lei intanto scenda giù.
    Cominci a preparare le stanze per dare ospitalità a questi
    facchini che stanno portando.
    Ci vado subito Dottore.
    Gli rispondo alzandomi.
    Lui contemporaneamente alza il telefono.
    Sceso giù, il piantone mi intravede.
    Ispettore ?...
    Stanno rientrando.
    Bene Giovanni, bene.
    Comincio ad aprire cinque stanze del piano terra.
    E bene che appena arrivano, sappiano subito dove
    portare i fermati.
    Fare confusione con persone in manette non è proprio il caso.
    Poi spalanco la porta del Commissariato
    E esco fuori.
    C’erano già le luci dell’alba.
    Una fresca alba di primavera Milazzese.
    Gli aerei che abbiamo lanciato, stanno tornando
    alla base.
    Pensavo.
    Missione riuscita.

    Pensavo di concludere oggi...
    Ma mi ero scordato che questo era particolarmente lungo !..
    Però ammettete che è avvincente.
    Domani, stavolta si, la conclusione....
    Con un colpo di scena finale...
     
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    Conclusione...

    Cominciano a rientrare.
    Per primo arriva Ciccio,con la sua Como Milazzo.
    Scendono portandosi con loro l’arrestato.
    Ciccio ?
    Portalo alla stanza numero due.
    D’accordo Franco.
    Poi subito dopo, arrivano tutte le altre.
    Uno per uno non appena “atterrano”,
    gli dico le stanze di destinazione.
    Tempo un quarto d’ora e tutto è sistemato.
    Di Blasi ?..
    Sono rientrati ??..
    Mi giro.
    Era il Dirigente che era sceso giù a godersi lo
    spettacolo.
    Si Dottore, sono tutti rientrati.
    Benissimo.
    Ho parlato con il Dirigente della mobile di Brescia.
    Si sono già attivati.
    Se si trova li, mi ha assicurato, non se lo faranno sfuggire.
    Però, giustamente mi ha chiesto una copia dell’ordinanza di
    custodia cautelare.
    Provvede lei a fargliela avere subito ?..
    Certo Dottore.
    Gliela mando subito per fax.
    Ecco i recapiti che mi ha dato.
    Mi porge un foglio.
    Gliela invio subito.
    Cosa dicono i nostri amici ?..
    Mi chiede dopo.
    Non lo so Dottore.
    Ancora non mi sono fatto tutto il giro.
    Allora facciamolo insieme.
    Stanza per stanza, erano abbastaza nervosi.
    Vogliamo parlare con il nostro avvocato !.
    E subito anche.
    Non capiamo il perché di questo arresto.
    Era la frase comunqe che pronunciavano.
    Certo, certo.
    E’ una vostra facoltà farlo.
    Intanto fate le nomine dei vostri difensori.
    Provvederemo subito a informarli.
    Da una stanza però, arriva un commento diverso.
    Commissario !.
    Dice con molta arroganza il fratello dei Trofia che
    notoriamente era il boss comandante.
    Se avessi qui con me un mitra, vi ammazzerei a tutti !!.
    Ed alza un dito per aria facendolo roteare.
    Il Dirigente non si lascia intimidire.
    Gli si pone di fronte e lo guarda dritto negli occhi.
    Signor Trofia !.
    Gli risponde secco.
    Si risparmi certi termini.
    No, no Commissario.
    Gli replica lui.
    Dico questo solo perché le indagini non le avete saputo fare !.
    Se voi sbirri ci fottete nel modo giusto, noi “muti” stiamo.
    Ma le assicuro che stavolta non è così !.
    Lui lo guarda.
    Cala il silenzio.
    Andiamo ispettore.
    Mi dice uscendo dalla stanza.
    Che cosa voleva dire ?..
    Mi chiede.
    Abbiamo la denucia che li inchioda.
    Sa Dottore, nessun colpevole si dichiara tale.
    Figuriamoci i mafiosi.
    Salga su da me.
    D’accordo Dottore.
    Intanto notiziamo il dr. Bembo e la Questura.
    Poi…
    Il Tedesco.
    Hans ?..
    Si, lui.
    Non può restare qui.
    Correrrebbe un gravissimo pericolo.
    Occorre trasferirlo altrove, metterlo in sicurezza.
    Certamente Dottore.
    Uhm…
    Dopo che notizio il Sostituto, ne parlo con il Questore.
    Da questo momento, ogni minuto che passa può essergli fatale.
    Io scendo giù a seguire la situazione.
    Vada pure ispettore.
    I primi avvocati erano già arrivati.
    Avvocatoni del foro, altro che avvocati.
    I mafiosi hanno i soldi per poterseli permettere.
    Dovete avere pazienza.
    Gli dico.
    Aspettiamo le disposizioni del Magistrato.
    Non c’è problema ispettore.
    Mi risponde uno di loro.
    Ispettore ?...
    Mi chiama il piantone uscendo la testa dalla guardiola.
    Il Dottore al telefono !.
    Arrivo subito.
    Un breve scambio di battute.
    Poi riesco fuori dal corpo di guardia.
    Allora, signori avvocati.
    Potete solo incontrare i vostri assistiti per un breve momento.
    Ma nulla di più.
    D’accordo ispettore, ci sta bene.
    Venite, vi accompagno.
    Apro una delle porte.
    Appena scorge l’avvocato, l’arrestato
    si alza subito in piedi.
    Avvovato ?...
    Stiamo subendo una grossa ingiustizia !.
    Ci aiuti.
    Qui le cose sono andate all’esatto contrario.
    E hanno sbattuto in galera noi !.
    Signor Trofia ?..
    Si calmi.
    Gli replica il suo difensore.
    Già in passato avete subito degli arresti con pesantissime
    accuse, eppure vi abbiamo tirato sempre fuori,
    dimostrando la vostra estraneità ai fatti contestati.
    Vedrà che anche stavoltà, sarà così.
    Sentendo quelle parole, Trofia si calma.
    Adesso esaminerò l’ordinanza di custodia cautelare
    che l’ispettore mi ha appena notificato.
    Stia tranquillo.
    Ci incontreremo non appena il Giudice darà il permesso
    per un vero colloquio difensivo.
    Ispettore ?...
    Sento urlare al piantone.
    Il Dottore, il Dottore al telefono per lei.
    Arrivo subito.
    Giorgio ?..
    Dimmi Franco.
    Continua tu.
    Vediamo cosa vuole il capo.
    Di Blasi ?..
    Salga subito su da me.
    Il tempo di abbassare la cornetta e faccio le scale
    che portano al primo piano a due a due.
    La sua porta è stranamente aperta.
    Ispettore !.
    Mi dice vedendomi entrare.
    Ho parlato con il Questore.
    Per il tedesco ?..
    Si, proprio per lui.
    Verranno a prelevarlo quelli della squadra mobile.
    E lo porteranno ad Arezzo in Toscana.
    Li c’è una sorta di albergo ove dimorano altri pentiti.
    Hanno deciso così.
    Lo notizieremo subito…
    Deve avere il tempo di preparsi le sue cose.
    Certo, certo .
    Se ne occupo lei e gli dica di tenersi pronto.
    Anche il Sostituto Procuratore è d’accordo.
    Dice che poi per la sua testimonianza si vedrà.
    Vado subito, Dottore.
    Riscendo le scale.
    Giorgio ?...
    Dimmi ispettore.
    Continuo io qui.
    Tu e Antonio dovete andare subito da Hans.
    A fare che ?..
    Ora ti spiego tutto.
    Hanno finito gli avvocati ?..
    Si, si.
    Benessimo.
    Allora organizzaimo subito la traduzione al carcere.
    Inutile tenerli ancora qui.
    Anche perché fuori si sta radunando un po’ di folla di curiosi.
    Sa, sentire cinque auto che strecciano a sirene spiegate
    All’alba, mette molta curiosirà, appunto.
    Ci sono pure i giornalisti.
    Quelli fateli accomodare nella sala riunioni.
    Se ne occuperà di loro persolamente il Dirigente.
    D’accordo ispettore.
    Via allora.
    Formiamo subito cinque equipaggi.
    Con rotta Milazzo hotel cento brande
    di Messina Gazzi.
    Subito ispettore.
    Uno dei due colleghi che avevamo fatto rientrare dalla licenza
    Mi guarda.
    Tipo, devo fare ancora molto…
    Capisco cosa mi vuol dire senza che parli.
    Sarino ?...
    Ti chiedo l’ultimo sforzo.
    L’ultimo per oggi.
    Poi puoi andartene via.
    Lui allarga le braccia.
    Tipo sempre voglia dirmi…non ho
    altra scelta vero ?...
    Gli do una pacca sulla spalla.
    Lui capisce e sorride.
    Siamo pronti ?..
    Pronti ispettore.
    Le auto sono già con i motori accesi.
    Via allora, cominciamo a farli uscire uno ad uno.
    Esco fuori.
    Effettivamente si era radunata una consistente folla davanti
    al Commissariato.
    Escono uno ad uno e vengono fatti salire a bordo delle
    Auto in loro attesa.
    Si leva un applauso da parte della gente.
    Alzo il braccio.
    E’ il segnale di accendere le sirene.
    Una ad una le auto a sirene spiegate, sgommano e vano via.
    Hans giunse in Arezzo.
    Non fece nessuna considerazione a questo suo trasferimento.
    Io capire, ci disse solo.
    Ma ci disse anche che voleva i soldi previsti come premio a chi fa compiere
    Una operazione abtimafia alla polizia.
    E se li prese subito, prima di partire.
    Passò qualche mese.
    Mi chiamò il Dirigente.
    Dopo avermi invitato a sedermi.
    Si fece scuro in volto.
    Aveva telefonato il suo collega della Mobile di Arezzo.
    Al quale a sua volta aveva telefonato titolare dell’albergo di Arezzo,
    ove alloggiava Hans.
    Più o meno ci disse che non appena arrivato non aveva fatto altro che chiedere
    soldi in prestito.
    Soldi che si era guardato bene poi dal restituire.
    Che tipo ci avete spedito qui ?...
    Erano state le ultime parole del Vice Questore di Arezzo.
    E se i Trofia avessero ragione ?..
    Ci siamo chiesti.
    Piano piano stava emergendo la personalità del teutonico.
    Ci sembrò doveroso ripetere le indagini.
    E dalle stesse, emerse clamorosamente che le cose stavano all’esatto
    contrario di come Hans aveva denunciato.
    Era stato lui ad estorcere i soldi ai Trofia !.
    Tutte balle le storie che ci aveva raccontato.
    Nulla di vero.
    Saranno mafiosi, ma avevano ragione.
    Ci sembrò giusto inviare una nuova informativa alla Procura della Repubblica.
    I Trofia vennero scagionati.
    E scarcerati.
    Ad Hans venne revovato il programma di protezione.
    Non tornò più a Milazzo, ove penso avrebbe
    Avuto vita molto breve.
    Non sentimmo più parlare di lui.
    Un tedesco, un tedesco, Hans, si era preso gioco di una delle
    Cosche più potenti della mafia Siciliana.
    Detto questo.
    Mi sa che abbia raccontato un po’ tutto delle mie esperienze.
    Ma…
    Forse c’è ne una ancora da raccontare.
    Vediamo di rimetterla in ordine e poi magari di scriverla.
    Successivamente.
    Per ora vi saluto, Il vostro Ispettore.

    Hans il tedesco, fine.
     
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    Raggiungere quota 320 contatti, per un Forum "Proletario" come questo è un risultato lusinghiero.
    Meritate altro.
    E prometto che ne scriverò ancora.
    Li sto mettendo a punto.
    Promesso.
     
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    Guardo il calendario.
    16 Marzo.
    E' un giorno come un altro ?..
    No.
    I ricordi tornano a quel 16 Marzo 1978.
    Ero allora alla scuola Polgai (di polizia Giudiziaria di Brescia).
    Quella mattina eravamo in Piazza d'Armi, il cortile principale di una scuola si chiama così,
    A provare delle tecniche operative.
    All'improvviso uno ci chiama.
    Ci chiama dalla sala convegno.
    Venite, venite !.
    E' successa una cosa terribile.
    Tutti noi ci guardiamo per un attimo.
    Andiamo a vedere.
    Nella sala convegno c'è un grosso televisore Tc Color, uno dei primi dell'epoca.
    Entriamo tutti in ordine sparso e subito rimaniamo colpiti da quello che vedevamo in quello schermo.
    Un colore ancora sbiadito, ma le immagini erano nude e crude.
    Il commentatore di mamma Rai, piangeva commentandole.
    L'On. Aldo Moro rapito.
    La sua scorta sterminata.
    Cinque colleghi massacrati.
    Chi era ancora per terra, chi accasciato dentro la propia auto.
    Si erano delle immagini davvero strazianti.
    Su di noi cadde un improvviso silenzio.
    Tutti zitti, tutti zitti a guardare, a cercare di capire che cazzo era successo.
    Era la prima volta che la Tv mandava in onda una strage in diretta subito dopo la sua feroce esecuzione.
    Piano piano le lacrime scendevano giù dal viso anche a noi che guardavamo.
    Poi però viene fuori l'orgoglio.
    Il Dr. Ales, Direttore della scuola ci diceva sempre che un buon Poliziotto non si deve mai abbattere.
    Deve reagire, deve reagire.
    Sapevamano che tutti Noi saremmo stati destinati alla fne del corso alle Squadre Mobili e alle Digos, che all'epoca era il nuovo Ufficio antiterrorismo.
    Si.
    Tra di noi trapelava solo un sentimento.
    Li troveremo TUTTI quei bastardi.
    TUTTi.
    Dal primo fino all'ultimo.
    Perchè dico questo.
    Badate, mi scendono anche adesso le lacrime ricordando quel drammatico momento, davvero vissuto in diretta.
    Questa azione ha dato forte motivazione a tanti di noi.
    Io volevo lasciare la Polizia dopo aver finito il periodo del militare.
    No.
    Non lo potevo fare.
    Fino a che almeno l'ultimo di quei vigliacchi sarebbe finito dietro una sbarra, abbastanza robusta.
     
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    Questi racconti li avevo scritti nel 2011.
    Più che racconti sono degli appunti di viaggio...
    Appunti di viaggio.

    Zulu.
    Oggi 10/09 Ore 09, 45.
    Lecco, lungolago Isonzo.
    Me ne sto seduto tranquillo in panchina a prendermi un po' di salubre aria di lago.
    Suona il telefono.
    Cinzia, Cinzia, dice la chiamata vocale.
    La mia collega dell'Ufficio, unica superstite di quella che fu un tempo la Sezione di Polizia Giudiziaria.
    Ispettore ?
    Dimmi.
    Si trova lontando dall'Ufficio ??
    Direi un po' si, soli 1500 km circa, metro più centimetro meno.
    Mannaggia !
    Cosa è successo Cinzia ?
    E' scoppiato il Vulcano Stromboli ??
    No, no.
    Niente, ma la devo disturbare, mi dispiace.
    Dimmmi tutto allora.
    Ha chiamato il Dirigente della Divisione Personale.
    Personalmente di persona.
    Ah si ??
    E che cosa voleva.
    Quella notifica al collega, si ricorda ?
    Si, mi ricordo.
    Bisogna farla atutti i costi.
    Anche se sta in malattia.
    Mi hanno detto di andarci a casa anche con i Carabinieri e farcela.
    Siccome il Ministero è furibondo per il ritardo.
    Ma non ci possono andare loro della Questura ?
    Gli viene anche molto più vicino rispetto a noi.
    Visto che poi interessa a loro.
    No, no.
    Dice che tocca a noi farla.
    Uhm.....
    E tu fai come dicono loro !
    La devo fare ?
    Si.
    Prenditi i Carabinieri, i Finanzieri, i Vigili Urbani quelli del Fuoco i i Metronotte i guardia caccia ,tutti quelli che i vuoi tu e vacci a farla.
    Avessi il teletrasporto verrei io, ma ancora lo devono inventare.
    Ed il Capitano Kirk è impegnato in un altro sistema stellare.
    Va bene Ispettore.
    La farò allora.
    Bene Cinzia allora ti saluto...
    Ispettore ??....
    Veramente ci sarebbero altre cosette...
    Quante ?
    La Contabilità non l'hanno ricevuta, io non la trovo, il Cancelliere chiede di quella traduzzione,
    il Procuratore è arrabbiato siccome dice che siamo fuori tempo e...
    Calma, Cinzia.
    Calma e gesso.
    Ricominciamo daccapo.
    Dimmele tutte per ordine, una alla volta però, se no si intasa il telefonino
    e poi scoppia.
    Tranquillità del lago ?...
    Cos'è ??
    Roba che si mangia ??....

    Zulu.
    Lecco, lungolago Isonzo, ore 10,20 ca.
    Il telefono suona...Cinzia...Cinzia...
    Pronto.
    Ispettore ?
    Mi dispiace dissturbarla tutti i giorni, ma...
    Cosa è suuccesso oggi ?
    Allora.
    La notifica l'ho fatta.
    Brava.
    Con l'Ufficio contabile ho risolto, ho fatto tutto quello che mi ha detto lei.
    Bravissima.
    Ma resta il problema della traduzione, il Cancellere continua ad insistere, il mese sta scadendo.
    Oggi non c'è, mi ha detto di chiamarlo urgentemente domani.
    Domani lo chiamo, tranquilla.
    Grazie, sa mi pressa sempre.
    E tu, smarcati.
    Che cosa ?
    Non capisco..
    Niente è solo un termine calicistico.
    Domani lo chiamo io, tu stai tranquilla.
    Allora ti saluto e...
    Veramente.... ci sarebbe altro.
    Tipo ?...
    Il lMaresciallo dei Carabinieri, suo omonimo, Franco, ha difficoltà a compilare il foglio di uscita dell'Alfa 156
    e non capisce come dare i buoni benzina al rifornimento.
    Magilla ??
    Il maresciallo Gorilla ??...
    Si !.
    Propio lui.
    Ma se glielo avrò spiegato solo mille volte come si fa, andiamo, si vede
    che è Carabiniere, non ècolpa sua.
    Ispettore ???
    Dice che deve andare subito a Messina con il Magistrato e deve fare benzina.
    Se lo può chiamare...
    Lo chiamo io, tu stai tranquilla.
    Chiudo adesso.
    Ma cosa è la tranquillità?..
    Roba che si mangia ??
    O che si beve ???.

    Milano Centrale FS, ore 18 e 15 ca del 17/11 scorso.
    Raggiungiamo la Stazione percorrendo una Brianza
    nebbiosa e fredda, temperatura 4° precisi.
    Il treno per Palermo, parte alle 20, 15 bollati.
    Troppa grazia San Francesco, mi dico.
    Mi chiama al telefono la mia nipote maggiore.
    Nonno ?
    Non sei più a casa mia ???
    Si amore, sono sul treno.
    Ma nonno è notte !
    Tranquilla che ho il letto.
    Ma te lo sei portato da casa ??
    No, no.
    Vedi il letto sta già qui, poi ti spiego.
    Ore 03,00, mi sveglio di soprassalto.
    Siamo fermi.
    Come mai ??
    Mi chiedo.
    Scendo dalla mia cuccetta sita in tribuna, alias posto in alto.
    Guardo fuori dal finestrino, siamo dentro una galleria.
    Un ragazzo nel corridoio mi guarda.
    E da oltre un ora che siamo fermi qui.
    O bella, e perché ?
    A saperlo…
    Mi risponde lui.
    Ma non c’è nessuno per chiedere ?
    No.
    Veramente avevo chiesto al cuccettista, ma questi
    mi ha cazziato, siccome l’ho svegliato.
    Ho preferito non insistere, sa…
    Hai fatto bene ragazzo.
    Beh, me ne torno a dormire.
    Mi risveglio, ore 4,55, siamo ancora fermi.
    Qui successe cosa, mi chiedo, e nessuno ci dice cosa sia successo.
    Percorro numerose carrozze.
    Nessuno, ne un capo treno, ne un controllore, nessuno.
    Ho visto un locomotore passare dall’altro binario.
    Mi dice un assonnato e preoccupato viaggiatore.
    Per cui si presume che si sia rotto il locomotore.
    Bene, almeno adesso abbiamo una ipotesi.
    Ore 5 e 30.
    Si riparte.
    Si va a velocità dieci all’ora, ma si riparte.
    Rassicurato, mi rimetto a dormire.
    Ore 8,00
    Mi sveglia il telefono.
    E’ mio figlio.
    Ma cosa avete combinato ??
    Avete 5 ore di ritardo.
    Noi ??
    Noi nulla.
    Guarda sul sito, gli dico, fammi un rapporto dettagliato
    della situazione, amuni ! (Andiamo).
    Qui dice che è caduta la linea elettrica vicino Roma.
    Bene, sul sito parlano, qui non dicono nulla.
    Veramente hanno detto, mi dice uno sventurato compagno di viaggio,
    che si è rotto il locomotore.
    A dice minuti di strada da Roma, ma lo hanno fatto venire
    da Firenze, quello sostitutivo.
    A si ?
    Gli rispondo.
    Ma allora perché fanno le barzellette sui carabinieri
    E non sui ferrovieri ??.
    Ore 09 e qualche cosa, Stazione di Salerno.
    Ci fermano in primo binario.
    Vedo una scritta, Bar…
    Scendo e mi ci precipito subito.
    Due caffè da portare !!!
    Urlo all’unica banconista presente.
    Appena in tempo.
    Dietro di me arrivano una flotta di viaggiatori
    Tutti a cercarsi di procacciarsi vettovaglie.
    Le do 5 euro.
    Mi dispiace signò !
    Non tengo moneta per il resto, sa sono sola e..
    Tieniti pure il resto, ragazza.
    Le dico.
    Mi dirigo verso la carrozza 9, un controllore
    Mi vede.
    Svelto stiamo per partire.
    Sa, abbiamo fatto rifornimento per voi, acqua, brioscine e…
    E per questo noi non ci dovremmo più incazzare vero ??
    Gli rispondo mentre salgo al volo.
    Ore 17,00, Stretto di Messina.
    Stiamo per uscire dal traghetto.
    Mia moglie mi chiede, chiamo Tindaro per venirci a prendere ?
    Aspetta, le rispondo.
    Infatti le ho detto bene.
    Mezzora che siamo attraccati e non si muove nulla.
    Scendo con il mio compagno di viaggio
    Andiamo all’uscita del traghetto.
    C’è molto movimento.
    I marinai ci guardano.
    Cosa è successo stavolta ?
    Chiediamo.
    Si è rotta la motrice che vi deve tirare fuori dal traghetto.
    Grande !
    Quando una cosa inizia male, finisce peggio.
    Stanno prendendone un'altra…
    Dove qui a Messina o viene da Catania ?
    Chiedo, dopo l’esperienza notturna.
    Magari da Palermo…aggiunge il mio compagno di sventura.
    No, no.
    Dovrebbe essere qui in deposito.
    Dovrebbe ??..
    Consolante !.
    Ma cosa vi è successo ?
    Perché avete tutto questo ritardo ??
    Ci chiede il marinaio.
    Glielo spieghiamo.
    Andate via !
    Ci dice, portate solo sfiga voi !
    Veramente c’è ne vorremmo tanto andare…
    Se ci fate uscire da questa “balena” di traghetto, togliamo
    Volentieri il disturbo.
    Infatti forse per toglierci dalle balle, nel giro di un ora ci tirano
    Finalmente fuori.
    Beh, poteva andarci peggio.
    Arriviamo, finalmente, ore 18 e 30, con sole sei ore di ritardo,
    morti di fame e di stanchezza.
    Considerazione finale, mai partire di giorno 17 !!.
     
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269 replies since 14/11/2013, 21:09   10108 views
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