I racconti dell'Ispettore

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    Guru di forumfree

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    All'epoca, mentre scrivevo il racconto appena scritto, mi era capitata sta roba qua...

    Lo Sfratto con tanto di sit in di protesta.

    Ore 08,15, passo dall’ingresso.
    Mi ferma uno dei Sostituti Procuratori.
    Che ci fa quella gente li fuori ?
    Mi chiede mostrandomi delle donne con dei bambini
    schierati proprio sulle scale davanti all’ingresso.
    Ora glielo vado a chiedere, Dottore.
    Una di loro, sono tutte molto giovani, mi viene
    incontro.
    Che non si può stare qui ?.
    Mi hanno buttato fuori di casa, grazie al vostro Giudice Pilloni.
    Mi dice tutta seria e convinta.
    A posto siamo, penso.
    Signora ?
    Potete stare, basta che state calme e tranquille.
    Rientro dentro.
    Guardo il Sostituto che comunque aveva sentito tutto.
    Se non altro adesso sappiamo che ci fanno qui !.
    Lui mi sorride e se ne va su in Ufficio.
    Guardo la guardiola della Polizia Municipale sita all’ingresso.
    La vedo vuota.
    Il collega è tutto intento a parlare di calcio nella stanza
    dei commessi.
    Che cazzo ci fai qui ?
    Mettiti davanti alla porta che c’è casino !.
    Lui mi guarda tutto meravigliato.
    Non si era accorto di nulla !.
    Quando vi dico che qui possono passare pure con un carro armato,
    non dico minchiate.
    Ma io….
    Cerca di giustificarsi.
    Statti qui, tienili sott’occhio e non prendere nessuna iniziativa !.
    Mi hai capito ?.
    Si Commissario, si.
    Infatti la prima cosa che fa e cercare di togliere un cartello che le donne avevano attaccato
    alla ringhiera.
    Quelle non aspettavano altro per mettersi a fare casino.
    Collega, mi scappa anche una bestemmia, ma io che cazzo ti ho detto ?
    Stattene fermo e non toccare nulla !.
    Quelle si calmano.
    Salgo su dalla Dirigenza.
    C’è in corso consiglio di guerra, non sanno che minchia devono fare.
    Signori e signore.
    In questi casi non conviene fare assolutamente nulla.
    Quelle aspettano il giornalista con la telecamera.
    Non appena gli fa le riprese e l’intervista se ne andranno.
    Del resto non ostruiscono l’ingresso, se ne stanno li pacifiche.
    Calma e gesso quindi.
    La Silvana che era al telefono lo abbassa.
    Il Procuratore mi ha detto di non fare nulla.
    Ed io che vi stavo a dire ?.
    Da Ufficiale di P.S. sono diventato il Dirigente dell’Ordine Pubblico.
    Arriva la volante.
    State fermi qui, osservate, ma non fate nulla se se ne stanno calme.
    Agli ordini Sostituto !.
    Mi dice il capo pattuglia.
    Finalmente arriva Franco Ocera della Tv “Il Tirreno” con la telecamera.
    Gli fa le riprese e l’intervista.
    Poi non appena se ne va, io e Silvana prendiamo l’iniziativa.
    Parliamo con la donna.
    Signora, capiamo la vostra situazione, ma stare qui a che cosa serve ?.
    Ma il vostro Giudice mi ha detto “io non ci posso fare nulla” !!.
    Signora, questa è la Procura, il Giudice le ha detto la verità.
    Lui non è mago Merlino, non ha bacchette magiche con se.
    lui può solo richiedere e sicuramente lo ha fatto
    un provvedimento al Giudice del Tribunale competente che
    farà subito un provvedimento d’Urgenza.
    Silvana, la Cancelliere, le spiega tecnicamente come avviene il tutto.
    Poi accarezza i suoi bambini.
    stia tranquilla signora, la rassicuro.
    Io da tre mesi dormo con i miei bambini un giorno qui e l’altro la !
    Mi ribatte lei.
    E quel porco del mio convivente se ne sta nella nostra casa popolare ad
    ubriacarsi !
    Mi ha buttato fuori di casa quel bastardo !.
    Vista la vostra situazione vedrete che il Giudice farà un provvedimento d’urgenza.
    Lei mi guarda.
    Sicuro ?...
    Stia tranquilla signora e poi i bambini sono stanchi, sono due ore che state qui.
    Ora c’è ne andiamo.
    Detto questo si raccolgono le cose, tolgono il cartellone, si
    Prendono il carrozzino e se ne vanno.
    Io e Silvana ci guardiamo soddisfatti.
    Sei promossa Ispettore !.
    Le dico.
    Il collega della Municipale tira un respiro di sollievo.
    Il Capo della Volante mi fa un segno.
    Io gli rispondo con un altro segno, tipo, potete andare.
    Vecchio Harry, anche questa è fatta, dico accendendomi una sigaretta
    ed incamminandomi verso il mio posto di comando.
     
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    Avventure all’estero 3

    Prima parte

    Io e Carmelo siamo sulla mia Mini Cooper, un bolide
    pazzesco pari solo alla Ferrari di Lauda, diretti da
    Nettuno a Genova.
    Trasferimento, si chiama, tecnicamente.
    La macchina piena di valigie e bagagli vari.
    Percorriamo la litoranea che da Nettuno porta
    a Ostia Lido.
    Improvvisamente un cane randagio attraversa la strada.
    Frena !
    Mi urla Carmelo.
    Io cerco di fare di più cercando anche di scansarlo.
    Ma se uno ha avuto esperienza del genere sa
    bene che l’animale ha la tendenza a sbatterti
    proprio contro.
    Ne senso che tu lo scansi a destra e quello si butta anche lui a destra.
    Come se appunto avesse deciso il suicidio.
    Ed in fatti ci sbatte contro.
    Sbandiamo, ma riesco a controllare l‘auto ed accostarmi sulla destra.
    Scendiamo abbastanza tesi.
    Il cane poveraccio è agonizzante.
    Da un auto ferma vedo scendere un tipo.
    Questi ci si pone davanti tutto furioso.
    Disgraziati !
    Che avete fatto ?
    Lo avete ucciso !.
    Guardi che non l’ho mica fatto apposta.
    Dico allargando le braccia.
    Carmelo guarda il radiatore che è visibilmente
    danneggiato.
    Lui non contento tira fuori dalla tasca un tesserino
    e me lo mostra tutto serio.
    Sono un Appuntato della Polizia !
    Io resto impassibile.
    Tiro dalla mia tasca a mia volta il mio tesserino.
    Azzurro, fresco di stampa.
    Ed io sono un Vice Brigadiere, della Polizia !
    Gli ribatto più serio ancora di lui.
    E se gli dico che non l’ho fatto apposta
    Non l’ho fatto apposta.
    Chiara la cosa ?!.
    Poi stiamo andando alla nuova sede di servizio.
    Ma le pare che me ne vada in giro a divertirmi
    uccidendo cani ?
    Intanto gli si avvicina una donna, anche lei scesa
    dall’auto.
    Lo tira per un braccio.
    Vieni, andiamo via !
    Lui si convince e la segue.
    Ma tu guarda un po’ !.
    Mi scappa di dire.
    Com’è la situazione ?
    Chiedo a Carmelo.
    Dovrebbe andare in moto, ma è meglio farla controllare.
    Ci mancava anche questa !
    E mo’ quando arriviamo a Genova ?!.
    Ciccio Sali dai, diamoci da fare.
    Se no non ci arriveremo mai.
    Mi risponde lui.
    Hai ragione Carmelo.
    Fortuna che troviamo un meccanico poco distante.
    Cambia la mascherina e la rimette a posto.
    Qui i cani randagi sono un grosso problema.
    Ci dice dopo la riparazione.
    Faccio giornalmente lavori del genere.
    Me ne sono accorto.
    Gli dico aprendo il portafoglio per pagare.
    A Genova arriviamo la sera.
    In tempo prima che chiuda il magazzino Veca.
    Ma che fine avete fatto ?.
    Vi sto aspettando da ore !
    Ci urla furibondo il Maresciallo.
    Ci scusi Maresciallo.
    Ma abbiamo avuto un inconveniente….
    diciamo…canesco !.
    Gli alloggi sottufficiali sono tutti occupati.
    E la prima cosa che ci dice.
    Ma nella palazzina della palestra ho delle camere libere.
    Dovete stare con la truppa però.
    Non c’è problema Maresciallo.
    Ci da la roba e ci congeda scappando sene via.
    Doveva essere in notevole ritardo.
    Siamo a gennaio, fa un freddo boia.
    Certo non è la Romania, però non scherza neppure qui.
    Troviamo una cameretta a due posti, con i nostri
    nomi scritti alla porta.
    Il Maresciallo era stato di parola.
    Ci sistemiamo li.
    Le Guardie avevano quelle a sei ed a otto posti.
    Cominciavamo a gustarci i privilegi di Vice Broccolo,
    come veniva scherzosamente definito il Vice Brigadiere.
    In effetti i colleghi della truppa ci guardano un po’ di traverso.
    Ma noi cerchiamo ugualmente di fraternizzare.
    Siete nuovi di nomina ?
    Ci chiede uno di loro.
    Si, veniamo proprio dalla scuola.
    Sa già dove farà servizio ?
    Mi chiede ancora.
    Collega ?
    Dacci pure del tu.
    Guarda che siamo poliziotti come te.
    Come vuoi, mi dice lui allungandomi
    la mano.
    Gliela stringo volentieri.
    Mi vede solo con una coperta.
    Te la presto io un'altra.
    Mi dice.
    Guardate che qui la notte fa freddo.
    Questa palazzina non era destinata ad alloggio.
    Era una palestra.
    Infatti mi ricordavo che l’anno prima qui c’era una palestra.
    Ma siccome di la, alla palazzina principale è tutto pieno,
    allora l’hanno trasformata a palazzina alloggio.
    Ma le pareti sono sottili.
    Infatti ne tocco una.
    Era tutta ghiacciata.
    Dovete pure comprarvi una stufetta.
    Ci dice.
    Io gli indico il termosifone.
    Quello ?
    Mi dice lui ridendo.
    Con quello ci fai solo una pippa !
    Ho capito.
    Domani si provvederà.
    Adesso sai siamo stanchi.
    E ci credo, e da stamattina che viaggiate, vero ?
    Esatto collega.
    Va bene vi lascio riposare allora.
    Tanto visto che alloggiamo qui nello stesso Hotel
    ci si vede.
    Ciao collega e buona notte anche a te.
    Magari !
    Devo montare a mezzanotte di volante !.
    Auguri allora.
    La scuola ormai era lontana.
    Riassaporiamo i servizi reali.
    La coperta in più che il collega gentilmente
    mi aveva prestato mi aveva salvato dal sicuro
    assideramento notturno.
    E con tutto ciò mi sveglio ancora infreddolito.
    Urge comprare la stufetta, così come consigliato dal collega.
    Ma questa mattina prima mi aspetta la prima incombenza.
    Il giuramento davanti al Colonnello Comandante
    del Raggruppamento.
    Mi metto la divisa.
    Che sensazione vedere il baffo giallo attaccato al braccio.
    Su di esso lo scudetto della Polizia Giudiziaria,
    la spada con la scritta Lex.
    I gradi che mi avevano dato loro erano di plastica.
    Ma io ho preferito comprarli da me.
    All’Unione Militare, belli e rigorosamente di stoffa.
    Questi !.
    Avevo detto deciso, guardando quelli che mi mostravano.
    Erano precisi a quelli che aveva mio padre in una sua vecchia
    divisa di Sotto Capo della Marina. Militare.
    Divisa che ancora dopo tanti anni dal suo congedo, teneva ancora
    gelosamente in armadio.
    Già il giuramento, penso stando dietro la porta del
    Comandante, il Colonnello Lo Spinoso in attesa di essere chiamato.
    Ma quanti cazzo di giuramenti si devono fare ?
    Uno quando sono passato Guardia, un altro adesso
    siccome sono passato Sottufficiale.
    Ma non ne basta uno solo per essere fedele alla Repubblica ?
    Misteri Italici !
    Pensavo aspettando la chiamata.
    Un collega Inglese mi aveva detto una volta che li da loro
    ne fanno uno solo e basta e dura per tutta la loro carriera.
    Altra mentalità.
    Si accomodi Brigadiere.
    Mi dice l’Appuntato che fa da piantone alla porta.
    Mi accomodo.
    Lui mi guarda seduto sulla sua poltrona.
    Io mi esibisco con un marziale saluto militare.
    Si sieda Brigadiere.
    Grazie Signore.
    Prima di procedere alla formalità, le voglio fare una premessa.
    Stia tranquillo Signore, che non organizzerò ne sommosse e
    ne tantomeno rivolte.
    Gli dico anticipandolo.
    Ma lei Brigadiere Di Blasi per caso mi legge nel pensiero ?
    No Signore.
    E che ormai sono abituato che in ogni posto nuovo dove arrivo
    mi fanno sempre lo stesso discorso.

    Starò calmo e se ci sono problemi ne verrò a parlare personalmente
    con lei.
    Ci siamo capiti benissimo Brigadiere.
    Lei era qui a Genova anche da Guardia, giusto ?
    Giusto Signore.
    Allora saprà che qui c’è un pessimo ambiente.
    Ed è ulteriormente peggiorato durante l’anno
    che lei è stato via.
    Sarà perché in Polizia data l’attuale situazione non ci vogliono
    venire in molti, ma quelli che pigliano sono
    proprio tutti mezzi partiti di testa.
    Lei alloggia qui in caserma ?
    Si Signore.
    Voi sottufficiali mi raccomando, dateci una mano nella
    gestione del personale.
    So che lei andrà in Questura, ma quando è qui in caserma
    tenga sott’occhio il personale accasermato.
    Ne combinano di tutti i colori.
    Ogni settimana ne devo mandare a casa due o tre.
    Per non mandarli al carcere militare.
    Specie quelli del Primo Nucleo Servizi.
    Le chiedo troppo ?:
    Farò il mio possibile Signore.
    La ringrazio Brigadiere.
    Tenga firmi qui.
    Mi dice porgendomi un registro.
    Sotto la formula del giuramento.
    Inutile che la legga, lei la sa già vero ?
    Vero Signore !.
    Sorvoliamo queste inutili formali minchiate.
    La ringrazio Signore.
    Mi aveva risparmiato lo strazio della lettura.
    Può andare, e buon lavoro.
    Altro marziale saluto militare, mi giro ed esco.
    Adesso seconda incombenza.
    Presentarsi in Questura.
    Ma qui lo posso fare in borghese.
    Per cui mi vado a cambiare.
    Dovrei andare al secondo piano.
    Siccome la Digos è li ubicata.
    Ma entrando in Questura, mi viene istintivo
    passare prima dal primo piano.
    Dalla Squadra Mobile.
    Il cuore mi faceva volere questo.
    Apro la porta del corridoio.
    Chi ti vedo proprio nel corridoio ?
    Sasà Gagliano.
    Brigadiere Mo mi movo !.
    Urla vedendomi.
    Maggià mettere sugli attenti ?
    Sasà dillo di nuovo e giuro che non ti saluto più !.
    Ci abbracciamo.
    Gli altri ?
    Chiedo.
    Sono in mezzo ai vicoli, a produrre !
    Così come vuole o’ Dirigente.
    Io stoi accà siccome tengo male a gamba.
    Allora, Mo mi movo, vai in goppa alla Digòs ?
    Si Sasà.
    Mi dispiace tantissimo lasciarvi.
    Non lo dire neppure per scherzo Guaglioncello mio.
    Tu sei uno studente dell’Università.
    Sei sprecato a stare in miezzo ai vicoli a inseguire
    i mariuoli di quattro soldi.
    Quello lo ha già fa la gentaglia come a noi .
    Tu si nu bravo guaglione.
    Ma era divertente, Sasà.
    Guaglio ?
    Mo tu hai fatto o salto i qualità.
    Uno come te proprio in goppa a Digòs deve stà.
    Li cercano proprio quelli come te.
    Studentelli da infiltrare all’Università.
    Li ci vuole l’intelligenza e non cazzotti ‘ngoppa a faccia
    per fare o servizio.
    E tu ne tieni abbastanza.
    Sienti a me.
    Poi statti accorto allà.
    Li non tieni a che fa chiù col drogatello o la puttanella del porto.
    E pure i colleghi della Digòs so diversi assai da noi.
    Li ognuno pensa ai cazzicelli suoi.
    Tengono poco spirito di squadra.
    Ti ringrazio per i consigli Sasà.
    Ne farò tesoro, come ho sempre fatto.
    Adesso vado, poi passerò a salutare gli altri.
    Sempre disposizione sua Brigadiè !
    E si mette sugli attenti.
    Lo saluto e con le lacrime agli occhi esco e salgo le scale
    che portano al secondo piano.
    La Digos si compone di tre sezioni.
    Ci dice il Comandante di Sezione, il Maresciallissimo
    Cavaliere della Repubblica Gavino Larongiu.
    Prima sezione si chiama Informazioni generali.
    Si occupa per lo più di informativa sugli aspiranti
    Poliziotti.
    Seconda sezione invece si occupa dei servizi operativi.
    Pattuglioni in città, posti di blocco, scorte a personalità.
    Terza sezione si occupa di Antiterrorismo.
    Voi sottufficiali siete.
    Ricordare lo dovete.
    Non date molta confidenza alla Guardie.
    Se non poi si prendono troppo la mano e non fanno
    quello che voi dite loro di fare.
    Chiaro il tutto ?
    Chiarissimo Cavaliere.
    Tu, e guarda me, assegnato a seconda sezione sei.
    Prendi servizio da domani.
    Il servizio si scrive qui.
    E ci mostra un registro.
    Questo chiuso in armadio stare deve.
    Chi lo vuole guardare prendere lo deve
    E poi posarlo di nuovo al suo posto.
    Però sappiate che in qualsiasi momento cambiamenti
    esserci possono, per cui ogni pomeriggio
    telefonare dovete per avere conferma.
    Chiarissimo Maresciallo.
    Lo prendo e guardo.
    Brigadiere Di Blasi, ore 07,00/13.00
    Noto servizio zona Castelletto.
    Leggo.
    Chissà cosa vorrà dire ?
    Boh ?
    Ma i colleghi, leggo che siamo in tre, lo sapranno di sicuro.
    Per cui non chiedo lumi al momento.
    Infatti l’indomani mattina chiedo ai colleghi.
    Ma in che consiste questo “noto” servizio ?
    E io che minchia ne so ?!
    Mi risponde uno dei due.
    L’altro dal canto suo scuote la testa.
    Ma scusatemi, io è il primo giorno che sono qui.
    Ma voi ci siete da tempo.
    Ma non lo avete fatto mai sino ad oggi ?
    Silenzio totale dei due.
    Tipo, tu sei Brigadiere, arrangiati.
    Ma i Funzionari quando arrivano ?
    Chiedo di nuovo.
    Quelli ?
    Prima delle nove non arriva nessuno.
    Benissimo.
    Quindi proprio nessuno a cui chiedere.
    Comincio ad innervosirmi.
    Sasà aveva ragione.
    Qui i colleghi sono molto diversi da quelli della Squadra Mobile.
    C’è l’ostruzionismo più totale.
    Lui me lo aveva detto.
    Io pensavo che esagerasse, ma aveva dannatamente ragione invece.
    E’ permesso ?
    Mi giro e vedo un Maresciallo del reparto Celere.
    Chi è il sottufficiale qui ?
    Chiede,
    Lui !
    Dicono decisi i miei due presunti colleghi.
    Tipo, noi non sappiamo un cazzo.
    Parla solo con lui.
    Lui mi stringe la mano.
    Sei nuovo ?
    Non ti ho mai visto prima.
    Veramente questo è il mio primo giorno.
    Davvero ?
    Si.
    Allora tocca che ci paghi da bere !.
    A disposizione.
    Ma senti, gli dico prendendolo a braccetto e portandolo
    in un'altra stanza.
    Ma in che consiste questo noto servizio ?
    Non lo sai ?
    No.
    Ma i tuoi colleghi non ti hanno detto nulla ?
    No.
    Che stronzi che sono.
    Ma non ci fare caso.
    Vedi io alla Digos ci sono stato per tre anni.
    Poi ho deciso di trasferirmi al Reparto.
    Conosco l’ambiente che c’è qui.
    Guardati bene le spalle.
    Me ne sto rendendo conto.
    Praticamente un vostro pattuglione
    viene affiancato da una nostra squadra del reparto.
    Ogni giorno si indica una zona da sorvegliare.
    Si va sul posto e si effettua un servizio di vigilanza
    Anche facendo posti di controllo volanti.
    Sei stato chiaro.
    Ti chiami ?
    Sperduto.
    Mi risponde lui.
    Detto questo, penso che possiamo andare allora.
    Ritorno nella stanza e guardo i miei due.
    Chi di voi è l’autista ?
    Boh !.
    Rispondono a coro.
    Ma guidate tutti e due ?.
    Si, ma nel servizio non dice chi debba fare
    l’autista, Brigadiere !.
    Mi dice un po’ ironico uno dei due.
    Mi comincio ad incazzare.
    Ho capito, penso.
    Qui adesso si cambia metodo.
    Allora dico puntandone uno.
    Tu.
    Vai giù e prendi una macchina.
    Tu vieni con me.
    Dico all’altro.
    Dove andiamo Brigadiere ?
    Dove dico io !.
    Nella zona Castelletto.
    Chiaro ?
    Chiaro Brigadiere.
    E prendi anche la paletta ed il mitra !.
    Agli ordini brigadiere.
    Guardo il collega maresciallo che sorride sotto
    i baffi, tipo hai capito adesso come devi
    fare con questi.
    Andiamo Sperduto.
    Avanzi una bevuta, a Castelletto ci sono dei buoni bar ?
    Hai voglia !
    Mi risponde lui.
    Allora non li facciamo attendere.
    E così il ghiaccio era stato rotto.
    Pian piano prendevo confidenza con il mio nuovo ruolo.
    Dovevo ragionare da sottufficiale ormai.
    Mi dovevo dimenticare la mentalità
    da guardiaccia.
    Avere il comando di due o più uomini è
    una bella responsabilità.
    Loro ti guardano, ti studiano.
    Cercano di capire che tipo sei.
    Se sei uno che ci sa fare o se sei
    uno fatto così con i punti dei biscotti.
    E quindi non capisci un cazzo.
    E si comportano di conseguenza.
    Se ti fai valere e meriti, ti portano
    sincero rispetto.
    Se sei indeciso e ignorante, ti portano
    solo un rispetto solo apparente.
    Di mera facciata.
    Il “noto servizio” andava avanti da settimane.
    Ormai ci avevo fatto il callo.
    Non c’era neppure bisogno di guardare il servizio.
    La mattina sveglia ore 06,00,00.
    Si esce in velocità.
    Tappa d’obbligo al Bar di Bacci a prendersi un caffè
    E poi via sul bus direzione centro città, via
    Armando Diaz, Questura Centrale.
    Ore 06,50,00.
    Si entra in Ufficio della 2° Sezione.
    Trovo quasi sempre i mie due baldi Agenti che già mi aspettano.
    Fortuna che non erano poi alla fine tutti stronzi
    come i due del primo giorno.
    Ragazzi.
    Dove si va di bello a spasso stamattina ?
    Chiedo loro.
    Zona Sampierdarena Brigadiere.
    Benissimo.
    E’ arrivata la Cavalleria ?
    Chiedo ancora riferendomi ai colleghi
    del Reparto Celere.
    Si, stanno già giù ad aspettarci sul blindo.
    Allora tu prendi le chiavi della macchina.
    Dico al primo.
    Tu prendi la paletta ed il mitra e vieni giù con me.
    I sottufficiali del reparto cambiavano quasi tutti
    i giorni.
    Ormai stavo imparando a conoscerli un po’ tutti.
    Stamattina c’era il collega Vassallo
    da Messina, come me.
    Collega Puddaci ti saluto.
    Puddaci è l’appellativo scherzoso con cui vengono chiamati
    I Messinesi.
    Lui scende dal blindato.
    Ciccio stamattina dove si va a fare casino ?
    A Sampierdarena Giorgio.
    Noi andiamo come al solito avanti.
    Voi ci venite dietro.
    D’accordo collega superiore della Difficile.
    Infatti loro erano quasi tutti più anziani di me
    di grado.
    Ma la responsabilità del servizio era assegnata al
    Sottufficiale della Digos.
    Per cui loro doveva fare esattamente quello che
    gli ordinavo io.
    Appena arrivati ci fermiamo a via Cantore.
    E li piazziamo il primo posto di controllo.
    D’accordo collega.
    Arriva la nostra macchina.
    Io salgo su e prendo posto davanti.
    Il terzo con il mitra si sistema dietro.
    Centrale, centrale dalla Delta 77.
    Era la nostra sigla.
    Avanti Delta 77.
    Noi armati di coraggio e di fede ci avviamo
    per il noto servizio.
    Bene Delta 77, mi raccomando di segnalare
    sempre la vostra posizione.
    Non mancheremo di farlo Centrale.
    La Digos lavorava su un altro canale rispetto alla Mobile
    ed alle Volanti.
    Per motivi di riservatezza e d anche perché
    l’altro canale era sempre molto intasato.
    Per prendere la parola alle volte dovevi urlare.
    I celerini erano tutti ragazzini.
    C’era qualche veterano e questo era quello più
    affidabile.
    Gi altri si dovevano tenere d’occhio continuamente.
    Volevano a tutti i costi improvvisarsi poliziotti
    d’assalto senza averne le qualità.
    Il loro sottufficiale li controllava si, ma era meglio
    che li tenessimo sotto sorveglianza anche noi.
    Loro si schieravano così come disposto.
    Mitra sempre spianati.
    Il mio terzo uomo con me a fianco era con la paletta
    In mano.
    Io gli indicavo le macchine da fermare.
    Uno sguardo clinico.
    Una famigliola, padre madre e piccoletti.
    Lasciamoli passare.
    Lui con la paletta gli fa segno loro di continuare.
    Guarda che faccia di cazzo hanno quelli su quella macchina.
    Mi dice il collega.
    Li fermiamo Brigadiere?
    Certamente.
    Paletta drizzata ferma in alto e cenno di accostare a destra.
    Non appena si ferma arrivano subito due celerini.
    Li fanno scendere e li perquisiscono.
    Perquisiscono pure la macchina.
    Uno di loro viene e mi porge i documenti dei fermati.
    Li guardo.
    Le fotografie dei documenti erano pari pari
    Alle facce di minchia che aveva realmente.
    Diamoli alla centrale per il controllo, via.
    Lui ci va subito.
    Dopo un po’ ritorna.
    Hanno un sacco di precedenti Brigadiere.
    Che facciamo ?
    Hanno qualcosa in pendenza ?
    No.
    Ed allora cosa vuoi fare li vuoi fucilare ?
    Certo che no, brigadiere !.
    Ridategli i documenti e fateli andare via.
    E si andava avanti così per sei ore filate.
    Ennesimo posto di blocco.
    Me stavo come al solito accanto a quello con la paletta in mano.
    Quello !
    Ferma quello gli dico puntando un auto.
    Lo ferma.
    Come al solito celerini vanno per il controllo.
    Io continuo ad osservare la strada.
    Brigadiere ?!
    Sento urlare ad uno dei celerini.
    Cosa c’è ?
    Gli chiedo.
    Lui mi mostra un mazzo di banconote.
    Mi avvicino.
    Dove li hai trovati ?
    Gli chiedo.
    Sotto il sedile !.
    Prendo le banconote.
    Le guardo.
    Hanno tutte la stessa serie.
    False.
    Mi sfilo le manette e gliele metto.
    Il collega con la paletta si avvicina.
    Hai fatto bene a fermarlo Brigadiere.
    Ci hai visto giusto.
    Sai, ci vuole l’occhio clinico.
    Chiama la centrale.
    Digli di avvisare subito la Squadra Mobile.
    Che venissero che c’è un cliente tutto per loro.
    Ci vado subito.
    Il celerino ancora è tutto meravigliato.
    Guarda tutta la scena incredulo.
    Bravo !.
    Gli dico dandogli una pacca in spalla.
    Appena rientriamo fai la relazione
    E firmi il verbale di arresto.
    E capitava questo ed altro.
    Un'altra volta siamo riusciti a bloccare completamente
    una strada centrale della città.
    D’un tratto mentre con il collega del reparto
    Siamo intenti a fermare tutte le macchine in transito,
    sentiamo una voce alle nostre spalle.
    Il Signor Prefetto vi vuole parlare.
    Mi giro.
    Era il collega della Prefettura.
    Dietro di lui scorgo un distinto signore.
    Vestito elegante con il soprabito bianco.
    Lo riconosco.
    Era il Prefetto Palumbo.
    Era un generale dei Carabinieri che il Presidente della
    Repubblica aveva nominato Prefetto
    per la grave situazione che c’era in città.
    Il collega del reparto si mette sugli attenti e lo saluta
    militarmente.
    Lui si avvicina.
    Dalla Prefettura notavo la strada tutta bloccata.
    Per questo motivo mi sono chiesto, Vai a vedere
    cosa sta succedendo.
    Ci dice.
    Complimenti signori !.
    State facendo un ottimo lavoro.
    Fermate tutti, bloccate tutto.
    Fate casino !.
    Poi ci stringe la mano.
    Grazie Eccellenza !.
    Gli diciamo in coro.
    Poi gira le spalle e se ne va via.
    Poi ogni tanto passava anche l’ispezione.
    Il loro Ufficiale del reparto.
    Era tutti giovani Tenenti freschi ancora
    di accademia.
    Loro controllavano chiaramente solo i loro uomini
    del reparto.
    Noi eravamo di un altro collegio.
    Ma uno di loro un giorno mi guarda.
    Brigadiere ?
    Mi dice a tono di comando.
    Lei deve indossare il corsetto antiproiettile !.
    Io lo guardo serio.
    Tenente ?
    Come capo servizio decido io se metterlo o meno.
    E ho deciso di non indossarlo.
    Sa, sono fatalista.
    Se una cosa deve succedere, corsetto o non corsetto, succede
    Lo stesso.
    Poi sappia che io devo rendere conto del servizio e su come lo
    faccio solo al mio Dirigente e non mi risulta sia lei.
    Lui mi guarda altrettanto serio.
    Non mi risponde.
    Risale sulla sua auto e va via.
    Il collega del Reparto che aveva visto tutta la scena
    Si mette a ridere.
    Certo che voi della Difficile ve lo potete permettere
    Di maltrattare un Ufficiale !.
    Lo facesse uno di noi questo,
    si troverebbe subito al carcere militare di Peschiera
    del Garda.
    Alla fine del servizio ero sempre un po’ frastornato.
    Prima di andare via passavo a riferire le novità al
    Vice Dirigente dell’Ufficio.
    Tutto a posto Brigadiere ?
    Mi fa vedendomi entrare.
    Tutto a posto Dottore.
    Siamo sopravvissuti anche oggi.
    Poi prendevo il bus e me ne tornavo in caserma.
    Uno di questi giorni mi prendo di coraggio e chiedo al Cavaliere
    Larongiu se potrò avere una licenza.
    Pensavo.
    Avevo nostalgia di farmi un altro viaggio.
    E poi mi ero deciso, avevo fatto i documenti
    per il matrimonio.
    Ormai la decisione era stata presa.
    L’Ufficio del Comando Sezione era sito
    proprio al centro della Digos.
    Gaetano mi guarda.
    Allora Franco, deciditi.
    Entri o non entri dentro ?
    Ho deciso Gaetano.
    Entro !.
    Busso alla porta.
    Lorongiu era un Comandante di ferro.
    Era una persona di lunga esperienza, con tanti anni
    di Ufficio Politico alle spalle.
    E si, perché sino a soli due anni prima
    la Digos si chiamava appunto Ufficio Politico.
    E dipendeva dalla Divisione di “Gabinetto” della
    Questura.
    La prima, per l’appunto.
    Poi dopo l’esplosione della violenza politica
    e del fenomeno terroristico,
    si decise di creare una apposita Divisione della
    Questura che si occupasse solo di questo.
    La Digos appunto, quarta Divisione della Questura.
    Parlare con lui, metteva sempre in soggezione.
    Ti guardava con il suo sguardo fiero ed altero
    di uomo duro Sardo.
    Era piccolo di statura come un po’ tutti i sardi.
    Ma molto deciso e determinato nell’agire.
    Lui ormai si occupava solo della gestione del
    personale.
    Infatti quando eravamo militari, il Funzionario
    si occupava solo della direzione dei servizi operativi.
    La gestione del personale era completamente
    a carico delle Sezioni istituite presso ogni Ufficio.
    Le Sezioni erano comandate da un maresciallo anziano.
    Il più alto in grado di tutti.
    Poi non ti potevi permettere di contestargli minimamente
    quello che faceva, specie il servizio giornaliero.
    Una volta gli dissi che avevo fatto due servizi consecutivi
    con orario 19,00/24,00 -.
    Lui mi guardò dritto negli occhi.
    Brigadiere ?
    Vuole essere per caso rilievo questo ?
    Assolutamente no Maresciallo.
    Era solo una mia constatazione, ecco, ci sarà stato magari
    uino sbaglio, un malinteso.
    Lui neppure mi rispose.
    Ma mi mise a fare 19.00/24,00 per una settimana di fila.
    Avevo capito che con lui non si sgarrava.
    Ed il bello era che era pure sindacalista.
    Per cui non potevo fargli proprio nulla.
    E’ Permesso Cavaliere ?
    Dico aprendo pian pianino la porta.
    A Di Blasi !.
    Mi risponde lui scorgendomi.
    Entra pure, entra.
    Cavaliere la posso disturbare ?
    Dimmi pure Brigadiere.
    Premetto che inserito bene ti sei qui in Ufficio.
    Sento i ragazzi parlare bene di te.
    Complimenti ti faccio.
    La ringrazio Maresciallo.
    Le volevo chiedere, sempre se possibile, un po’ di licenza.
    Sa sono mesi ormai che faccio no stop e vorrei
    un po’ distrarmi.
    Esame all’Università fare devi ?
    Quello anche, Cavaliere, ma più avanti.
    Adesso devo andare a trovare la mia ragazza.
    Giù in Sicilia ?
    No Maresciallo, in Romania.
    Minchia Di Blasi ?
    Ma chi cazzo ti porta lì ??!.
    Sa Maresciallo, il destino alle volte è bizzarro.
    Capito ho.
    Se sei contento te, tutto bene va.
    Per me problemi non ci sono.
    Ma sai che devi chiedere nulla osta pure a Dottore
    Dirigente.
    A lui personalmente ?
    No, basta Vice Dirigente.
    Il Dottor Di Benedetti ?
    Si, proprio lui.
    Poi viene qui e la presenti.
    Ho capito Cavaliere.
    Ci vado subito.
    Infatti quando eravamo militari funzionava
    appunto che oltre alla firma del diretto
    Comandante di Sezione, occorreva correlato il nulla
    osta del Funzionario Dirigente dell’Ufficio.
    E in caso che la chiedevi per andare all’estero, anche
    Il Nulla Osta del Ministero.
    Una trafila casinosa al massimo livello.
    Altra porta.
    Stavolta e quella immediatamente prima
    di quella del Dirigente.
    Che per ovvi motivi è la prima porta dell’Ufficio.
    Quella del Vice Dirigente appunto.
    La seconda porta vuoi per l’ordine gerarchico,
    vuoi perché deve stare a contatto diretto
    con il grande capo supremo.
    I due Uffici hanno infatti una porta interna
    comunicante.
    Busso alla porta.
    Avanti !
    Mi sento rispondere.
    Disturbo Dottore ?
    Di Benedetti era una persona molto
    preparata.
    Si era laureato con il massimo dei voti alla Normale di Pisa
    Da buon Toscano che era.
    Questo era però il suo grande difetto.
    Credeva che tutti fossero giure condisti come lui.
    Una volta mi disse.
    Di Blasi ?
    Lei è solo vittima dell’istruzione obbligatoria !.
    Comunque era un pezzo di pane, una bravissima persona.
    Spesse volte veniva con noi a mangiare alla mensa
    e si sedeva con noi allo stesso tavolo.
    Avanti Brigadiere !
    Entri pure e si accomodi.
    Pochi minuti ed il nulla osta è firmato.
    Benissimo.
    Ottenuta la “sperata regia licenza”,
    adesso tocca fare le dovute telefonate di avviso.
    Ma questo stasera.
     
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    Seconda parte

    Via XX Settembre.
    E’ il cuore della città della Lanterna.
    Va da via Cadorna a Piazza De Ferrari
    Con la sua inconfondibile fontana centrale.
    Il salotto buono della città, insomma.
    Al centro della stessa all’epoca c’era
    il posto telefonico pubblico.
    Ricordo che allora le comunicazioni erano
    alquanto problematiche.
    Per chiamare la Romania, dovevo per forza
    di cose andare li.
    Infatti c’era una cabina apposita che consentiva
    di fare il numero diretto senza passare
    dall’operatore.
    Certo però che prendere la linea era un’impresa.
    Primo tentativo, quello dalle 40 iarde,
    fallito.
    Secondo, quello dalle trenta iarde, fallito pure.
    Terzo tentativo, quello dalle 20 iarde.
    Idem con patate.
    Al quarto tentativo, quello dalle 10 iarde
    finalmente lo sento suonare dall’altro lato.
    Mi risponde lei.
    Dopo un rapido scambio di convenevoli
    le dico che l’andrò a trovare a breve,
    La sento molto contenta della cosa.
    Poi le butto giù il carico da 11 punti.
    Porto i documenti per sposarci !
    Sento qualche secondo di silenzio.
    Bellissimo Gianni !.
    Io volere questo.
    Alla fine aveva deciso.
    O forse mi aveva visto troppo sicuro
    e questo le aveva dato la necessaria fiducia.
    Forse stavolta vengo in auto con un amico mio.
    Dobbiamo organizzarci.
    Io aspettare te !
    Va bene Vale, ti saluto adesso.
    Richiudo ed esco.
    Posso avere una cabina tradizionale adesso ?
    Chiedo all’operatrice.
    Questa infatti dove ero stato serviva solo
    Per le linee internazionali e c’era sempre un po’ di fila.
    La dovevo liberare.
    Lei mi indica una cabina libera.
    La due.
    Si può accomodare li.
    Grazie signora.
    Prefisso 090.
    Chiamiamo la famiglia.
    Ciao Madre..
    Gianfranco !.
    Come va il lavoro ?
    Mi chiede.
    Naturalmente le avevo come al solito spudoratamente
    imbrogliato che mi avevano assegnato all’Ufficio Stranieri
    e che stavo in ufficio a fare i fogli di soggiorno.
    Potevo dirle che tutte le mattine ero per strada
    a fermare macchine con la paletta e la pistola in mano ?
    Non ci avrebbe più dormito la notte.
    Tutto bene madre.
    Ma quando vieni qui giù a casa ??
    Non ti vediamo da una vita.
    Passerò presto madre.
    Prima devo andare in un posto.
    In Romania !.
    Mi urla lei.
    Da quando hai conosciuto a quella non ti
    ho più visto qui.
    Madre, stai tranquilla.
    E poi “quella” potrebbe diventare pure mia moglie.
    Naturalmente non le dico che presento i documenti
    Perché mi sarebbe svenuta al telefono.
    Figlio mio, ma sei pazzo, sei pazzo !
    Madre so quello che faccio stai tranquilla.
    E adesso passami a papà.
    Naturalmente lui sapeva esattamente cosa facevo.
    Stai attento al lavoro.
    Mi dice subito.
    Lassù si spara troppo facilmente.
    Padre stai tranquillo che va tutto bene.
    Ma sei sicuro di quello che vuoi fare ?
    Lui aveva capito le mie intenzioni.
    La conosci appena.
    Padre, sono sicurissimo.
    Stanne tranquillo..
    Allora fallo pure figliolo.
    Grazie della tua benedizione padre.
    Salutatemi Massimo.
    Come al solito non era in casa.
    Riattacco.
    Altro prefisso.
    Chiamate Napoli 081, diceva una famosa canzone
    dell’epoca.
    Mi risponde una donna.
    Cerco Andrea, sono un suo amico.
    Tu sei o Brigadiere, chillo
    chi fa o‘ Poliziotto a Genova ?
    Si signora, sono io.
    Glielo passo subito.
    Ehi brigadiere, come stai ?
    Bene grazie Andrea.
    Senti un po’ Andrea.
    Da dopodomani sono in licenza.
    Veramente me lo dici ?
    Sicuro.
    Allora partiamo per la Romania.
    Aggià comprato la macchia nuova.
    Una Fiàt Ritmo.
    Facimmo accussi.
    Tu vieni qui a Napoli e partiamo poi
    da qui.
    Ma tu la strada la sai ?
    Certamente Francè.
    Sono già andato altre volte con amici miei.
    Immo a Bari, pigliamo o vapore e sbarchiamo
    a Bar, in Montenegro.
    Poi puntiamo sulla Bulgaria passata quella
    sbuchiamo in Romania da Sud.
    Da li dritti fino a Bucarest.
    Vedo che hai le idee chiare.
    Allora io sarò a Napoli dopodomani in mattinata.
    Prenderò un treno che passa da qui proveniente da
    Torino.
    Va buono Francè.
    Se ci saressero novità fammi assapè.
    Non mancherò di farlo Andrea, se non chiamo più
    restiamo così.
    Ciao.
    Riattacco.
    Fine delle telefonate.
    E ora, andiamo a pagare.
    E sarà sostanziosa la pagata !.
    Napoli Centrale.
    Stazione di Napoli Centrale.
    Annuncia l’altoparlante
    Scendo da treno con il mio immancabile borsone
    Da viaggio.
    Siamo nel mese di giugno, per cui roba leggera
    Al seguito.
    Mentre percorro la banchina, osservo quella che è
    la stazione ferroviaria più incasinata d’Italia.
    Gli scugnizzi sono dappertutto a vendere la qualsiasi.
    Chi acqua verosimilmente minerale, chi un improbabile
    caffè espresso.
    Poi ci sono quelli più raffinanti.
    Falsissimi Rolex spacciati per autentici e così via.
    Scorgo Andrea in fondo al binario che mi aspetta.
    Ehi Brigadiere !
    Mi fa cenno con la mano.
    Mi ha visto anche lui.
    Ci abbracciamo.
    Come va Francè, tutto buono ?
    Diciamo di si, Andrea.
    Tengo tutto pronto.
    Dobbiamo solo passare dall’assicurazione
    o fare o foglio verde.
    Senza quello all’estero non ci si può
    ire.
    Mo ci passiamo subito.
    Come vuoi te, Andrea.
    Ti piace ?
    Mi indica una fiat Ritmo nuova fiammante.
    Bellissima Andrea.
    Laggiù ritirata la settimana scorsa.
    Usciti da Piazza Garibaldi, si dirige verso la zona del porto.
    O meglio, si vorrebbe dirigere.
    Non si cammina.
    Lui si butta improvvisamente in senso unico.
    Ma che fai ?
    Francè, lascia fare a me.
    Tu non lo sai come si usa accà..
    In effetti quella spericolata manovra
    ci consente di guadagnare molta strada.
    Poi un nuovo blocco del traffico.
    Lui sente una sirena di una ambulanza.
    Non appena passa a tutta velocità
    gli si mette subito dietro.
    Questo ci fa giungere rapidamente
    fino all’ingresso della zona del centro.
    Ma tu non impazzisci a guidare qui ?
    Gli chiedo.
    Je su pazzu !
    Mi risponde deciso, bruciano un semaforo color
    rosso fuoco.
    A Genova è pure così Francè ?
    Il traffico c’è ma i segnali li rispettano.
    Ma queli segnali e segnali.
    Chilli so messi solo per abbelire la via !.
    Poi vede il varco portuale.
    La tieni la tessera di Poliziotto ?
    Certo Andrea.
    Allora cacciala fuori.
    Giunti alla barriera della dogana si
    avvicina un collega Finanziere.
    Fagliela vedere, Francè.
    Siamo della Polizia collega.
    Gli dico esibendo la tessera.
    Prego passate pure.
    Questa mossa strategica ci permette di sbucare dal porto
    direttamente nella centralissima Piazza Plebiscito.
    Siamo arrivati Francè.
    Ecco l’assicurazione sta accà.
    Tu aspettami qui che siamo in divieto
    di sosta con zona rimozione.
    Se viene a guardia caccia fuori la tua tessera.
    Io faccio presto.
    D’accordo Andrea.
    Ma ci sarà qualcosa che fanno di legale qui ?
    Pensavo.
    In effetti tepo dieci minuti e ritorna
    Con un foglio verde in mano.
    Ora siamo proprio pronti Francè.
    Mo immo a casa mia, così ti dai una rinfrescata.
    Poi mangiammo e pomeriggio si parte.
    Teniamo la nave stasera alle otto.
    Vedo che hai già tutto calcolato.
    Francè ?
    Stai tranquillo che con me vai sul sicuro.
    Arrivare a casa sua è una avventura
    vera e propria.
    Lui gimcana a suo agio nell’infernale
    traffico cittadino.
    Ma qui è sempre cosi ?
    Gli chiedo.
    Lui è tutto teso alla guida
    Mentre sale sul marciapiede per saltare la consueta fila
    immobile davanti a noi.
    Pure peggio Francè.
    Accà è proprio nu casino da marronna.
    Me ne sono accorto.
    Ecco.
    Chillo è o carcere i Poggioreale.
    Siamo quasi arrivati.
    Non appena si ferma tiro un respiro
    di sollievo.
    Come se avessi finito una prova della Parigi – Dakar.
    Siamo arrivati Francè.
    La sua casa è piccola ma ordinata e carina.
    Sua madre sta sulla sedia a rotelle.
    Lui me la presenta.
    Piacere signora.
    Vedi guagliò.
    Due anni fa ebbi un terribile incidente
    d’auto.
    Io restai così, mio marito invece
    non c’è la fece.
    Mi dispiace molto.
    Le rispondo.
    Non me lo aveva mai detto che era orfano
    di padre.
    Francè ?
    Mo ti farò mangiare le nostre specialità Napulitane.
    Vieni pure, accomodati a tavola.
    In effetti mangiamo davvero bene.
    Ora se vuoi, ti riposi na poco.
    Mi dice alla fine del pranzo.
    Stasera ceniamo a bordo.
    Quando hai intenzione di partire ?
    Alle quattro.
    Tempo due ore e siamo a Bari.
    Tu si la strada.
    Mi affido a te.
    A differenza della città dove non
    si cammina neppure se ti metti a piangere,
    l’autostrada invece e dritta e scorrevole.
    Andrea pigia l’acceleratore quasi a tavoletta.
    Guida alla Niki Lauda.
    Visto che il viaggio e lungo, naturalmente
    ci alterniamo alla guida.
    Gli dico.
    Francè ?
    Per il lavoro che faccio, o rappresentante di commercio
    sono abituato a stare giornate sane a guidare.
    Non ti creare problemi.
    Andrea ?
    Come vuoi te, ma sappi che se ti senti stanco
    basta solo dirlo.
    Francè, mannaggia a morti.
    Se ti dico che posso guidare fino a Pechino
    senza fermarmi, tu ma già credere.
    D’accordo Andrea, come dici tu.
    Se Parigi avesse lu meri sarebbe proprio come a Beri !
    Dice non appena siamo alla città del Levante.
    Qui dicono così, sai ?
    Mi dice ridendo.
    Non lo sapevo, Andrea.
    Puntiamo dritti al porto.
    Il collega Finanziere della dogana ci ferma per il controllo.
    Tiro fuori la tessera e gliela faccio vedere.
    Passate pure colleghi.
    Ci dice lui.
    Francè ?
    Me la già procurare na tessera di queste pure a me !
    Andrea ?
    Questa tessera è buona si per passare avanti,
    ma ti assicuro che il suo contorno
    non è affatto conveniente.
    Meno male che ci sei te.
    Tengo sotto o sedile 10 stecche di
    sigarette i contrabbando.
    Andrea ?
    Ma se eri solo come avresti fatto ?
    Francè ?
    Ma o’ sapevo che c’eri te !.
    Immo appresso non facciamo supposizioni.
    La nostra nave si chiama Sveti Stefan.
    Più che una nave mi sembra un residuo di
    antiquariato dell’archivio navale.
    E’ molto vecchia infatti.
    Bandiera Jugoslava con la stessa rossa
    centrale che sventola a bella vista.
    Ci mettiamo in fila per l’imbarco.
    Scorgo dei ragazzi che si avvicinano.
    Fratelli Italiani.
    Noi chiedere voi un aiuto.
    Che tipo di aiuto ?
    Gli chiedo.
    Voi all’arrivo in Jugoslavia
    non controllati come noi.
    Se potere portarci questi sacchi di abbigliamento Jaens,
    noi ringraziare voi.
    Slavo ?
    Carica appresso !
    Gli risponde Andrea aprendo il bagagliaio.
    Grazie fratelli Italiani.
    Noi ci vedere sulla nave.
    Offrire noi da magiare.
    A disposizione, Slavo.
    Risponde Andrea.
    Era la solita storia che già avevo
    visto nel mio primo viaggio sul treno alla
    frontiera di Trieste.
    Bari essendo l’interfaccia naturale dall’altra
    parte dell’Adriatico era come Trieste
    Una meta per loro per comprare generi di consumo
    rari da trovare dalle loro parti, per poi rivenderli
    li al mercato nero.
    Vedo in fatti uno di loro che si imbarca
    appiedato portandosi a spalla una gigantesca
    televisione a colori.
    Altro controllo prima dell’imbarco.
    Stavolta è la Polizia.
    Passaporti, prego.
    Tiro fuori come al solito la tessera.
    Dove vai di bello collega Brigadiere ?
    Mi chiede l’Appuntato.
    In Romania.
    Allora fai buon viaggio.
    Grazie Appuntato.
    Fatti pure un buon lavoro.
    Saliti a bordo saliamo in coperta.
    Anche al suo interno, l’imbarcazione è molto
    vetusta.
    Ma c’è la farà questa carretta a fare la traversata ?
    Tranquillo Francè.
    E’ super collaudata.
    Sarà una vita che fa questa tratta.
    Beh Andrea, questo lo si vede dalla sua età.
    Tranquillo francè che domattina alle nove saremo
    A Bar.
    C’è ne mette però di tempo.
    Visto che partiamo alle otto.
    Ed alle otto in punto, salpiamo.
    La nave prende subito il largo.
    Il pilota portuale che ha fatto da guida
    per l’uscita dal porto, improvvisamente dopo aver salutato
    lo vedo saltare dal parapetto del ponte
    E lanciarsi sotto, come se si tuffasse a mare.
    Ma che fa quello ?
    Mi chiedo.
    Poi mi sporgo dal parapetto e lo vedo su una lancia
    che fa rotta indietro verso il porto.
    Ammazza che paura che mi ha fatto prendere quello.
    Che vuoi farci Francè.
    Sarà una vita che farà questo mestiere.
    Fratelli Italiani ?
    Sentiamo dirci alle spalle.
    Ci giriamo.
    Erano gli Slavi che ci avevano
    dato la loro roba per fargliela passare al
    controllo doganale allo sbarco in Jugoslavia.
    rano stati di parola.
    Ci dirigiamo verso il salone ristorante e
    prendiamo posto a tavola con loro.
    Hai visto Francè ?
    Stasera teniamo a cena pagata !.
    Buon appetito allora.
    Forza cameriere, porta na’ poco di schifezze ! che
    teniamo na poco di fame.
    Si attracca a Bar puntuali.
    Certo che da un lato dell’Adriatico
    C’è Bari e proprio di fronte dall’altra parte
    c’è Bar.
    Che coincidenza strana di nomi.
    Usciamo fuori dalla vecchia Sveti Stefan.
    Il controllo doganale lo superiamo presto.
    Vedo Andrea che di fretta si avvia verso l’uscita del porto.
    Andrea ?
    Ma non dobbiamo restituire la roba
    agli amici Slavi ?
    A quelli ?
    Ma quando mai.
    Mo c’è la filiamo via.
    Andrea, guarda che adesso giochiamo fuori casa qui.
    Francè ?
    Statti zitto.
    Ma non faccio in tempo a replicargli siccome
    vedo proprio i nostri amici schierati in linea
    di fronte all’uscita del porto.
    Ci aspettavano proprio “al varco”.
    Hai visto ?
    Ho visto.
    Li facevo più fessi.
    Si ferma accanto a loro.
    Apre il bagagliaio.
    Proprio a voi cercavo !.
    Ma dove vi eravate cacciati ?
    Gli dice mentendo spudoratamente.
    Grazie fratelli Italiani.
    Ci dice uno di loro.
    Si riprendono rapidamente tutta la roba
    che ci avevano dato a Bari.
    Ci salutano e se vanno via.
    Adesso si pone un problema.
    Mi dice Andrea.
    Possiamo provare a passare per l’Albania.
    In questo caso guadagniamo un sacco di strada.
    Altrimenti tocca girarci tutto intorno e
    poi risalire dalla macedonia sino in Bulgaria.
    Ma tu ti sei informato ?
    Gli chiedo.
    Si, aggiu telefonato o consolato loro
    a Roma.
    Mi dissero che le macchine così isolate
    non le fanno passare.
    Fanno passare solo comitive turistiche.
    che poi devono attraversare il Paese scortati da loro.
    Beh se ti hanno detto così, mi sembra inutile
    che tentiamo, ti pare ?
    Ma vedi, il confine è qui vicino.
    Non dobbiamo fare molta strada per arrivarci.
    Possiamo fare una prova.
    Tentar non nuoce.
    Male che dovesse andare c’è torniamo indietro.
    Come vuoi tu, Andrea.
    Proviamoci.
    La strada che porta al confine effettivamente è breve.
    ma è surreale.
    Praticamente ci siamo solo noi a percorrerla.
    E giunti alla barriera del confine è più surreale
    Ancora.
    La stessa infatti è totalmente deserta.
    L’unico poliziotto presente ci vede e ci
    viene incontro.
    Guarda la nostra macchina e vende la targa
    Napoli.
    Io cerco di pronunciare qualche parola nel mio
    malsicuro inglese.
    Parlate pure Italiano, che lo capisco.
    Taglia corto lui.
    Dove avete intenzione di andare ?
    Ci chiede.
    In Albania.
    Avete il visto d’ingresso ?
    No.
    Ma siete pazzi per caso ?
    Si dice tutto serio, togliendosi
    il cappello e grattandosi la testa.
    Da qui vi faccio passare, ma arrivati
    li tornereste subito indietro.
    E ci indica la barriera sita un centinaio
    di metri davanti dove sventola l’aquila rossa
    Albanese.
    Non c’è proprio modo per passare ?
    No.
    Ci guardiamo in faccia.
    Che ti avevo detto Andrea ?
    Abbiamo solo perso tempo.
    Pazienza Francè.
    Almeno ci abbiamo provato.
    Lui fa l’inversione di marcia.
    Ma il Poliziotto che non aveva mai
    smesso di guardare con ammirazione
    La nostra auto, ci fa cenno di fermarci.
    Cosa c’è ancora ?
    Chiedo.
    Bella questa macchina.
    Che marca è ?
    E’ na Fiàt !
    Si chiama Ritmo.
    Dice Andrea tutto orgoglioso.
    Me lo fareste fare un giro ?
    Vorrei proprio provarla.
    Ci guardiamo in faccia.
    Tipo, che si fa ?
    Andrea d’un tratto spegne il motore.
    Scendiamo giù Francè.
    Prego, si accomodi pure e tutta tua.
    Gli dice.
    Lui non crede ai suoi occhi.
    Sale subito e si mette al volante.
    Si fa un po’ di giri lungo il piazzale
    totalmente deserto.
    Poi alla fine si ferma e scende.
    Bella davvero.
    Complimenti.
    Ci dice ridandoci le chiavi.
    Grazie amici.
    Grazie a te.
    Gli rispondiamo.
    E fatti un buon lavoro.
    Glielo hai detto per scherzo vero ?
    Mi chiede Andrea ridendo.
    Certo che l’amico nostro di lavoro qui
    c’è ne ha davvero tanto !.
    Ci mettiamo a ridere.
    Dietro front, si torna indietro.
    Dobbiamo praticamente fare tutto il perimetro
    dell’Albania.
    Mannaggia a morti.
    Se solo questi fetenti ci facevano attraversare
    guadagnavamo oltre mezza giornata.
    Andrea ?
    Se non si può fare non si può fare.
    Basta.
    Il paesaggio del Montenegro
    è un paesaggio suggestivo.
    Superata l’allora Titograd, oggi Podgonica
    andiamo verso il suo interno.
    Facendo proprio il periplo dell’Albania.
    Passiamo praticamente vari canyon
    e passiamo ogni tanto pure per i
    vari villaggi.
    Sono immagini di povertà.
    Bambini che vanno in giro senza scarpe.
    Poi dopo un estenuante percorso
    si arriva a Pristina.
    Da li timone verso sud.
    Si entra in Macedonia, oggi stato indipendente
    Allora stato federato Jugoslavo.
    Giunti nella capitale, Skopie, il mio
    stomaco comincia ad avere le convulsioni.
    Guardo l’orologio.
    Infatti siamo in pieno orario di pranzo.
    E lui stava per proclamare lo sciopero ad
    oltranza.
    Ma Andrea, superata la città scorge
    una sorta di Motel.
    Facimmo tappa Francè ?
    Tengo na poco i fame.
    Mi hai tolto le parole di bocca.
    Gli rispondo entusiasta dell’idea.
    Entriamo dentro e parcheggiamo.
    Connesso al Motel c’è infatti
    Una sorta di ristorante.
    Ci sediamo.
    Francè ?
    Ti consiglio di prendere gli
    spiedini di carne mista.
    So proprio na delizia.
    In effetti seguo il suo consiglio
    E gli do ragione.
    Erano davvero molto buoni.
    Ripartiamo.
    Timone verso est stavolta.
    Si punta al confine Bulgaro.
    Andrea ?
    Se vuoi il cambio alla guida, dillo pure.
    Francè ?
    Quante volte te la già dire di non scassare
    o cazzo ?
    Come vuoi tu.
    E’ lunga da passare la Bulgaria ?
    Insomma.
    Quattro ore di strada piene.
    Chillo che fa incazzà è o limite di velocità
    80 Km all’ora.
    Non di più.
    E i tuoi colleghi sbirri so proprio dappertutto.
    Beh, pazienza.
    Arriviamo al confine.
    Scendiamo per il controllo.
    Italiani ?
    Ci chiedono.
    Non si vede ?!
    Rispondiamo
    Avete visto d’ingresso ?
    No.
    Allora voi non potere passare.
    Noi non stare in Bulgaria.
    Solo passare, transito, insomma.
    Cerco di far capire.
    Solo passare ?
    Esatto solo passare, niente soggiorno.
    Lui ci pensa su.
    10 dollari !.
    Ci dice secco.
    5 a testa.
    Mannaggia a chilla punchiacca i sorite !.
    Ma isso è proprio nu furto !!.
    Urla Andrea.
    Andrea, statti calmo.
    Già è tanto che ci stanno facendo passare.
    Lui prende i nostri passaporti.
    Vi appone una sorta di visto
    di transito.
    Niente sosta qui.
    Solo passare.
    Capito ?...
    Capito, amico, capito è compreso.
    Del resto non abbiamo proprio un cazzo
    da fare qui in Bulgaria.
    Era fatta.
    Ripresi i passaporti
    C’è ne scappiamo via di corsa.
    Prima che cambi idea.
    Non si sa mai.
    Il paesaggio adesso è cambiato.
    Ci appare davanti proprio una pianura sconfinata.
    Io ho sempre la cartina nelle mani.
    Lui aveva segnato a matita in rosso il percorso.
    Io dovevo solo seguire la traccia e passargli le indicazioni.
    A destra Andrea.
    E lui svoltava a destra.
    Qui sempre dritto.
    E lui filava dritto.
    Praticamente gli facevo da navigatore.
    Sulla segnaletica non ci si poteva contare.
    Era in carattere cirillici, quindi assolutamente incomprensibile.
    Guardo il contachilometri
    Centro trenta.
    Andrea ?
    Il limite.
    Francè ?
    Non scassa o cazzo.
    Vuoi fare o poliziotto pure con me ?!.
    No, no.
    Solo che…
    Francè statti accuorto.
    Che io i tuoi colleghi li fiuto a naso.
    Se solo sento l’odore rallento subito.
    D’accordo Andrea.
    Lo aveva appena finito di dire.
    Mentre andiamo sparati a tappo,
    scorgiamo una bella pattuglia di polizia
    seminascosta ai bordi della strada.
    Chiaramente ci vedono.
    Infatti uno di loro agita vistosamente le mani.
    Mannaggia a morti !
    Andrea ?
    Ma che hai il naso chiuso ?
    Francè.
    Chilli stavano nascosti.
    Così non vale però.
    Accà si gioca a nascondino.
    Che fai ?
    Gli chiedo vedendolo accelerare vistosamente
    Statti zitto Francè.
    Essi hanno due pattuglie.
    Chista acca ora comunica con un'altra pattuglia
    che sta più avanti e quella ci fermerà.
    Per cui cangiamo via e subito.
    Detto questo imbocca una svolta
    e prende un'altra strada.
    Guarda a cartina, Francè.
    Trova dove sfaccime porta sta via e vedi un punto
    dove si ricongiunge più avanti alla strada dove stavamo prima.
    Immo appresso, iamme dai !.
    Io guardo la cartina.
    Trovo un percorso alternativo e glielo
    indico.
    Li abbiamo fatti fessi a chisti fetenti !
    Andrea ?
    Ma adesso mi fai il piacere di correre i meno ?
    Francè ?
    Ma tu vuoi arrivare stasera a Bucarest ?
    O vuoi arrivare domani sera.
    Andrea ?
    Io voglio arrivare !.
    Così non ci arriviamo più.
    E statti zitto, mannaggia a chilla
    punchiacca i mammate.
    Andrea ?
    Ma che succedeva se ci fermavano ?
    Ti fanno a multa e poi ti ritirano
    la patente e la portano all’ambasciata.
    Cazzo !.
    Ma conviene rischiare cosi ?
    Va buono, ti faccio contento.
    Andiamo a cento.
    Ti va buono accussi ?
    Va un po’ meglio diciamo.
    Riprendiamo più avanti la strada maestra.
    La seconda pattuglia era stata elusa.
    Lui per come promesso rallenta un po’.
    Sofia ci appare in lontananza.
    E’ la capitale della Bulgaria.
    Ci passiamo dentro ?
    Gli chiedo.
    Ci dobbiamo passare per forza.
    Qui mica tengono a tangenziale.
    Beh, meglio, così facciamo un giro
    turistico della città.
    In effetti ci passiamo proprio per il suo centro.
    E’ molto bello.
    Si vedono le vestigia del passato ottomano.
    Un sacco di edifici dalla tipica guglia rotonda.
    La dominazione Turca qui era durata molti secoli.
    E pomeriggio avanzato.
    C’è molta gente in giro.
    Superata Sofia, timone a nord.
    Verso il confine con la Romania, ormai vicinissimo.
    Però nonostante tutto non ci abbiamo messo.
    Troppo tempo per attraversare la Bulgaria.
    Francè ?
    Se andavamo a 80 all’ora, ancora stavamo
    a metà strada. Percorso.
    Me la già scordato che accà la Polizia tiene a macchina e la
    divisa rossa.
    Non bianco azzurra come negli altri posti.
    Come mai ?
    Boh ?
    Forse perché accà sono troppo comunisti !.
    Ci mettiamo a ridere.
    Arriviamo a Ruse, ultima città
    della Bulgaria.
    O vedi alloco ?
    Li c’è o Danubio.
    E di fronte c’è Giurgiu.
    La Romania.
    C’eravamo quasi ormai.
    Dopo una sorta di Parigi Dakar era quasi fatta.
    Questo è il terzo mezzo di trasporto che uso per venire qui.
    Pensavo.
    Prima il treno, poi l’aereo ed ora l’ auto.
    La prossima volta come ci verrò ?
    Boh ?
    Pensiamo a questa volta comunque.
    Passato il varco Bulgaro, imbocchiamo
    Un lunghissimo ponte che attraversa lo sconfinato Danubio.
    Lui va molto piano.
    Come mai così adagio ?
    Gli chiedo.
    Francè ?
    Tu non li vedi.
    Ma qui stanno nascosti ed appostati nu sacco i militari
    armati di calascinkoff.
    Se solo fai mezza mossa falsa, ti fanno
    subito secco.
    Minchia !.
    Ma non sono comunisti tutte e due Stati ?
    Che ta gia dicere Francè.
    Apparentemente sono amici ma poi se
    si potrebbero scannare tra essi lo farebbero
    subito.
    O capito.
    O vedi sto ponte ?
    Si, ed è abbastanza lungo.
    Una volta me lo feci a piedi di ritorno.
    E come mai ?
    Ero con amici in auto.
    Loro passarono, io no.
    Tenevo o passaporto irregolare.
    Non mi fecero entrare.
    E sei tornato in Italia ?
    No, andai o nostro Consolato a Sofia.
    E li sanai la situazione.
    Andrea ?
    Ma sei sempre così casinista ?
    Francè…
    Te la già detto, chi sfaccimme.
    Non mi scassa o cazzo !
    Io so aggà fatto accussi.
    Va buono ?
    Va benissimo, Andrea.
    E ci mettiamo a ridere.
    Giurgiu.
    Siamo in Romania.
    Andrea superato l’interminabile ponte sul
    Danubio, si accosta alla barriera.
    Si ferma prima però.
    Tira fuori da sotto il sedile una stecca di sigarette.
    Che cosa vuoi fare ?
    Francè.
    Accà non voglio avere ulteriori complicazioni.
    E poi teniamo fretta.
    Infatti si era fatta già sera.
    Italianilor ?
    (Siete Italiani ?)
    Ci chiede un severo Poliziotto.
    Si.
    Unde mergere aiccia in Romania ?
    Hotelii ?
    (Dove andate qui in Romania ?
    Quali alberghi ?)
    Aggiù capito.
    Tieni acca.
    Andrea gli porge la stecca.
    Bine, bine.
    (Molto bene)
    Ci mette subito il visto sui nostri passaporti.
    Poi ci saluta militarmente.
    Francè ?
    Accà funziona così !.
    Me ne sono accorto.
    Chillo stronzo stava cominciando a
    fare questioni.
    Per cui occorrono i sistemi convincenti.
    Molto convincenti, Andrea.
    Ci mettiamo a ridere.
    Percorriamo la strada che porta a Bucarest.
    E’ completamente avvolta nell’oscurità.
    Lo vedo che ha inforcato sul naso
    Un paio di ray ban.
    Andrea ?
    Ma guarda che non ci sta mica il sole
    anzi non si vede proprio una mazza.
    Francè ?
    Come te la già dicere.
    Non ci scassa o cazzo !
    Mo capirai.
    Infatti le rare macchine che incrociamo
    nel senso opposto di marcia,
    hanno tutte gli abbaglianti messi a palla.
    Ma questi sono pazzi ?
    Chiedo.
    No Francè.
    Qua la sera camminano accussi.
    Mettono tutti gli abbaglianti.
    Hai capito ora perché mi misi gli occhiali
    da sole ?
    Credo proprio di si !.
    Ai bordi della strada scorgo molti viandanti
    che vanno verso nord come noi.
    Dove vanno tutti questi ?
    Vanno o mercato i Bucarest.
    A piedi ?
    Francè ?
    Qui pochissimi si possono permettere
    La dacia.
    La dacia era la macchina unica e tipica della Romania del tempo.
    E pochi di pagarsi i mezzi di trasporto.
    Per cui si cammina a piedi.
    Tutti in marcia per la via.
    Ehi ?
    Ma quanti chilometri sono fino a Bucarest ?
    Francè ?
    Ma tieni sfaccimme intra a capa tua ?
    Quanti sono sono, questi se li fanno !.
    Va bene Andrea.
    Ho capito.
    Non c’è bisogno che ti incazzi.
    Bucarest ci appare in lontananza
    con le sue luci che rompono le fitte tenebre
    che ci hanno accompagnato per tutto
    il percorso dalla frontiera fino a li.
    Ci siamo.
    Siamo quasi arrivati.
    Lo vedo contento.
    Si era fatto tutta una tirata, da Napoli
    sino a li.
    Non ne aveva voluto sapere di avere
    il cambio alla guida.
    Nonostante avessi più volte insistito.
    Da buon napoletano, deve avere il culo
    appoggiato sempre sul sedile della sua auto.
    E le mani incollate sempre sul volante.
    Pensavo.
    Entrati in città ci dirigiamo verso
    un quartiere sito in periferia della città.
    Bucarest era infatti molto grande come estensione.
    Tutti casermoni e tutti uguali tra di loro.
    Impossibile distinguerli.
    Edilizia di stato.
    La si tocca per mano.
    Lui si dirige verso uno di questi.
    Poi parcheggia.
    Capolinea Francè !
    Si scende.
    Dal portone di ingresso
    vedo sbucare una giovane donna.
    Andrei ?!!
    Grida.
    Eccomi acca Giuliana.
    Sono arrivato !.
    Lei gli si butta praticamente addosso.
    Dopo i baci che la circostanza richiede,
    lei guarda me.
    Questo è amico tuo ?
    Si Giuliana.
    Si chiama Franco.
    Io le porgo la mano.
    Piacere domnizza, serra muna.
    (Piacere signorina, bacio le mani.)
    Ma avimmo a’parla accà in mezzo alla via ?
    Venite, venite pure con me.
    La seguiamo dentro l’enorme palazzone.
    Borsoni e valigie alla mano.
    Abita in un appartamento al piano terra.
    Piccolo, ma molto ben arredato.
    Scopro che ha la madre ed un fratello.
    I suoi genitori sono separati.
    Mi dice Andrea.
    Ma mo penso che tocca cenare.
    Hai fatto da mangiare Giuliana ?
    Certo Andrei.
    Voi sedete pure a tavola.
    E’ tutto già pronto.
    La cena è tipica Romena.
    Ciorba, alias minestra e piatti
    tipici locali.
    Ben fatti comunque.
    Tu sei di Genova ?
    Mi chiede improvvisamente Giuliana.
    No.
    Lavoro a Genova, sono siciliano.
    Siciliano ?
    Mafioso !
    L’anticipo io.
    Tanto è la tipica risposta che danno
    di noi siciliani all’estero.
    Ma tu non sei Poliziotto ?
    Andrea dire a me di te.
    Certo che lo sono.
    Sono Brigadiere di polizia.
    Brigadiere ?
    Cosa sarebbe.
    Sergente.
    Ah, adesso io capire.
    E dove stare tua ragazza ?
    A Moreni.
    La Moreni ?
    Io conoscere il posto.
    Mio fratello ha fatto il militare li.
    Si, è una zona militare quella.
    Francè.
    Interviene Andrea.
    Il nostro programma è questo.
    Stanotte ci riposiamo.
    Domani mattina si parte.
    Passiamo da Moreni, prendiamo
    la tua ragazza e poi si va
    A Miercurea Ciuc.
    Dove ?
    E’ una città situata a nord
    della Romania.
    Vedi dopo che fai domanda per maritarti
    non puoi più stare a casa sua.
    Per questo noi due ogni volta che vengo
    io, c’è ne andiamo la.
    Così nessuno ci scassa o cazzo.
    Capisco.
    Non so cosa dirà lei.
    Ma lo sa che tu venivi acca ?
    Certo che lo sa..
    Ma non sa di questo fuori programma.
    Ma lavora ?
    No, per ora no.
    Allora che problemi tiene ?
    Dai, teniamo li un alberghetto che
    non è niente male.
    Beh.
    Facciamo così.
    Domani quando ci passiamo
    glielo chiedo.
    Se dice si partiamo in quattro.
    Se dice no partite solo voi.
    Poi quando torni mi passi
    a prendere per ripartire.
    Va bene ?
    Va buono Francè.
    Ma tu non ha già consegnare i documenti
    Per il matrimonio ?
    Quelli li lascio a lei.
    Ho già tutto pronto.
    Li deve solo presentare.
    Aggiu capito.
    Ma voi non essere stanchi ?
    Abbastanza Giuliana.
    Diciamo che ha da stamattina
    che siamo per strada.
    Io dare te stanza di mio fratello.
    Lui dorme da un amico suo.
    Ma non voglio disturbare.
    Se mi indichi un albergo, posso
    andarci tranquillamente.
    Albergo ?
    Quale albergo !
    Tu mio ospite, capito ?!.
    Come dici tu, Giuliana.
    L’indomani mattina Andrea
    Mi da la sveglia.
    Francè ?
    Vatti a preparare che si parte.
    D’accordo, dico sbadigliando.
    Era incredibile.
    Appena ieri Aveva guidato una giornata intera
    ed era più fresco di me.
    La strada la conosci ?
    Mi chiede.
    Più o meno si.
    Tu prendi la superstrada
    Per Ploiesti.
    Poi li dovremmo trovare
    Il bivio per Tirgoviste.
    Moreni si trova a mezza strada
    tra le due città.
    Aggiù capito.
    A Ploiesti intanto.
    Immo appresso via.
    Giuliana prende posto dietro.
    Ecco.
    Li c’è il bivio.
    L’aggiu visto.
    Percorrendo la strada mi riesco
    ad orientare.
    Ecco Moreni.
    Devi passare la città, continua
    Verso Tirgoviste, Andrea.
    Casa sua è a quattro chilometri da qui.
    Giunti in cima alla collina, riconosco
    La gigantesca torre petrolifera.
    Schiela mare.
    (La grande torre).
    Li, entra in quella stradina e vai fino
    in fondo.
    Stop !
    Scendo a volo ed apro il cancelletto del
    giardino.
    Non scorgo nessuno.
    Poi trovo però la porta di casa aperta.
    La apro ed entro.
    Me la trovo di fronte, intenta a cucinare.
    Buon giorno !
    Dico.
    Giani ?.....
    Che sorpresa mi fai !!.
     
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    Parte terza.

    La sua sorpresa è evidente.
    Sapeva del mio arrivo, ma non sapeva
    quando sarei effettivamente arrivato a casa sua.
    Non le avevo telefonato da casa di Giuliana
    proprio per fargli una sorpresa.
    Ed era riuscita in pieno.
    Ci abbracciamo.
    Poi lei però si stacca e mi guarda.
    Ma come tu sei arrivato qui ?
    Mi chiede lei tutta seria.
    Sai, il capitano Kirk mi ha messo
    gentilmente a disposizione il
    suo teletrasporto.
    Tu…
    Tu sempre scherzare !
    Ma no Vale.
    Ti ricordi che ti avevo detto del mio amico
    che aveva l’automobile ?
    Andrea ?
    Si proprio lui.
    Sono venuto appunto con lui in auto.
    E’ permesso ?
    Si sente all’improvviso.
    Era Andrea seguito da Giuliana.
    Ecco.
    Lui è Andrea, e lei è la sua ragazza, Giuliana.
    Prego signori, prego entrare pure.
    Ci accomodiamo tutti.
    Le due ragazze per ovvi motivi si
    Mettono subito a conversare nella
    loro lingua.
    Andrea.
    Cosa ti posso offrire, Suika ?
    Sai bene che non bevo alcolici Fracè !
    Beh, almeno però il caffè te lo prendi ?
    Quello si.
    Prendo la caffettiera che avevo lasciato li
    Dalla mia ultima visita.
    Carino questo posto Francè.
    E ‘ proprio in miezzo alla campagna.
    Altro che quel formicaio di Bucarest dove
    astà Giuliana.
    Apposta quando vengo me ne scappo subito via.
    E’ proprio nu casino alloco.
    Mentre gustiamo il caffè, Giuliana
    Si volta verso di noi.
    Allora.
    Vale è d’accordo a venire con noi.
    Gli ho spiegato dove noi andare.
    Lei è libera da impegni, non ha problemi
    a venire.
    Buona notizia questa.
    In quattro ci si diverte meglio di due.
    Dice Andrea non nascondendo una certa
    soddisfazione.
    Però dice lei che vuole aspettare sua madre
    Perché la deve informare.
    E mi sembra pure giusto questo.
    Noi mangiare qui, poi partire.
    D’accordo Giuliana.
    E’ distante questo posto, come si chiama…
    Miercurea Ciuc.
    Ecco.
    Non me lo ricordavo.
    Insomma Francè.
    Tieni conto che acca non tengono
    Autostrade.
    Per cui quattro ore più o meno.
    Insomma.
    Ma ne varrà la pena, vedrai.
    E’ un posto tranquillo.
    E soprattutto niente sbirri tuoi colleghi
    a scassare o cazzo.
    Mi fido di te.
    Sua madre al suo rientro appresa la
    Notizia, aiuta lei a farsi una piccola
    valigia.
    Quanto giorni noi stare li ?
    Quattro giorni.
    Siccome Francè mi disse che il 29 deve rientrare a Genova.
    Giusto Francè ?
    Si Andrea.
    Tieni conto del viaggio di ritorno che dura almeno
    Due giorni.
    Per cui si riparte il 27 mattina.
    Poi restiamo da soli nella sua stanza.
    Apro la valigia e tiro fuori
    Una carpetta.
    Ecco qui.
    I documenti per sposarti.
    O Giani !.
    Io non pensare tu fare sul serio….
    Ma allora non mi conosci !
    Ti ho detto che io sono serio su queste cose.
    Te li lascio a te.
    Tu poi li presenterai con calma.
    E già tutto tradotto e controllato.
    Devi solo presentarli insieme alla domanda che farai tu.
    Lei mi abbraccia.
    La sua contentezza è evidente.
    Poi salutata sua madre, si riparte.
    Giuliana stavolta prende posto davanti.
    Io e lei ci sistemiamo dietro.
    Effettivamente la strada e lunga.
    Andrea come al solito è instancabile alla guida.
    Tira sempre tutto di un fiato.
    Tu lo conosci questa città ?
    Le chiedo.
    Da, si.
    Miercurea Ciuc.
    Ma cosa sarebbe questo Ciuc ?
    Ciucca.
    E’ il fiume che l’attraversa.
    Capisco.
    La strada è lunga e monotona.
    Ma alla fine arriviamo.
    L’Hotel è davvero carino.
    Piccolo ma accogliente.
    Prendiamo due matrimoniali.
    Sai Francè ?
    Qui non puoi stare nella stessa camera con una di loro
    Salvo che tieni a fede e sei maritato.
    Me lo immaginavo.
    Accà ci acconoscono e non ci fanno questioni..
    Apposta venite fino a qui ?
    Si Francè.
    Negli altri posti sono proprio rognosi.
    Qui non fanno problemi.
    Ma improvvisamente Andrea ha un sussulto.
    L’Hotel tiene la televisione.
    Davvero Andrea ?
    Si.
    C’è in corso o campionato Europeo e si
    gioca proprio in Italia.
    Si, ho seguito la prima partita, quella contro
    la Spagna, 0 a 0 a Milano.
    Ma mi sembra scarsetta come squadra.
    Rispetto al mondiale Argentino del 1978.
    Francè ?
    Ma c’è stato o calcio scommesse !
    Molti giocatori sono squalificati e radiati.
    Pure Pablito Rossi o nostro numero uno.
    I tuoi colleghi ci hanno messo i manette
    Poi a Bruno Giordano, o core e Napole.
    Andrea ?
    Ma gli hanno trovato in tasca l’assegno con il quale
    Si era venduts la partita !.
    Tieni ragione Francè.
    Chilli so proprio na masnada di marioli.
    Ma mo mi vado ad informarmi.
    Mentre noi eravamo per strada si giocavano
    le altre due partite.
    Lo vedo tornare tutto nero.
    Allora ?
    Mannaggia a morte !.
    Abbiamo perso ?
    Macchè.
    Abbiamo vinto a partita contro l’Inghilterra.
    Poi c’era a partita decisiva do girone
    chilla contro contro o Belgio.
    E l’abbiamo pareggiata.
    Così in finale ci va proprio o Belgio.
    Siccome tiene a migliore differenza reti.
    Mannaggia a chilla punchiacca i sorete.
    Poi questo Enzo Baerzot non mi convince
    come trainèr.
    Beh, pazienza Andrea.
    Vorrà dire che ci vinceremo
    I prossimi campionati mondiali, tra due anni
    in Spagna.
    Magari Francè.
    Ma mi sa che teniamo na squadra di signorinelle.
    Allora non potevo ancora saperlo,
    ma ero stato proprio profetico.
    I quattro giorni volano via proprio.
    Li abbiamo trascorsi girandoci tutta quella zona.
    Bacau, poi Tulcea, la foce del Danubio.
    Bellissimo posto.
    E’ tutto un parco naturale super protetto.
    La natura è davvero incontaminata.
    Il quarto giorno si ritorna.
    Quanto tu venire prossima volta ?
    Mi chiede lei.
    Non lo so Vale.
    In ogni caso quando vorrà l’illustre
    Cavaliere Lorongiu.
    Chi essere lui ?
    Il mio capo supremo.
    Il mio Dio.
    Allora io dire preghiere per te.
    Che fai adesso mi rubi le battute ?
    Gli dico ridendo.
    Di solito sono io che scherzo.
    Tu avere contagiato me.
    La lasciamo a casa sua, li dove l’avevamo
    presa.
    I saluti e gli addi li sorvolo, siccome
    sono struggenti.
    Però adesso avevamo la documentazione.
    Il passo ufficiale per il matrimonio
    Era stato fatto.
    Per cui ci siamo lasciati con un morale più
    alto delle altre volte passate.
    Facciamo ritorno in tre a Bucarest.
    Chissà che non abbia ragione mia madre.
    Pensavo.
    Sto facendo la cosa giusta ?
    In fondo ha ragione.
    Io che cosa ne so di lei ?
    Si mi aveva raccontato tutto, di lei, della
    Sua famiglia.
    Era molto sincera, le credevo a quello che diceva.
    Ma sarebbe bastato ?
    Si.
    Concludo alla fine.
    Io vado ad intuito e difficilmente mi sbaglio.
    Questa ragazza sin dalla prima volta che l’avevo
    vista mi aveva ispirato fiducia.
    E questo mi bastava.
    France ?
    Mi interrompe i pensieri Andrea.
    Domani mattina partiamo sul presto.
    Teniamo o Traghetto alle sette, sempre
    a Bar con direzione Bari.
    Meglio che arriviamo per tempo.
    Come vuoi tu.
    L’indomani mattina altri saluti
    Struggenti.
    Li vedo abbracciarsi a lungo.
    Discretamente mi allontano
    E carico il borsone in auto.
    Poi arriva Andrea, visibilmente commosso.
    Meglio che andiamo Francè.
    Se no mi si spezza o’ core.
    Metti in modo comandante che si ritorna in Italia.
    Si riparte, via.
    Giunti al confine con la Bulgaria,
    c’è la solita manfrina sul visto di transito.
    Non è possibile, poi è possibile pagando
    il solito pizzo di 10 dollari.
    Per il resto sino al Montenegro tutto procede
    lineare.
    Siamo in orario rispetto alla tabella di marcia
    prevista e pianificata a puntino.
    Ma superata l’allora Titograd notiamo
    ai bordi della strada una ragazza che fa l’autostop.
    Andrea si accosta.
    Ma dico, che intenzioni hai ?
    Francè ?
    Statti accuorto e fai silenzio.
    Dove devi andare ?
    Le chiede.
    Io andare a Bar.
    Pure noi !.
    Dai Sali su.
    Lei non se lo fa ripetere due volte.
    Grazie, amici Italiani, grazie.
    Ci mancava pure il passeggero anzi
    la passeggera.
    Lei è comunque una bella ragazza.
    Francè, ma o’ problema quale ?
    Facimmo la stessa via in fin dei conti.
    Come vuoi tu, la macchina è la tua.
    Lei porta al collo una catenina con
    un ciondolo contenete una fotografia.
    Andrea prende discorso con lei.
    A sua richiesta gli dice che la foto è di
    Suo marito, morto di recente e che lei è
    Vedova.
    Andrea comincia ad essere sempre più interessato.
    Alla ragazza e parlando parlando nasce un feeling tra loro due.
    Arriviamo a Bar.
    Ci fermiamo ad un motel.
    Lui e lei si allontanano.
    Dopo un po’ lui ritorna.
    Francè ?
    Tu aspetta accà.
    Io vado a ficcarmela.
    Andrea ?
    Mai sei matto ??
    Ma ti sembra il caso ??
    Ti ricordo che dobbiamo prendere la nave !.
    Francè ?
    Non scassà o cazzo !.
    Questa è una occasione da non perdere.
    Mi spiccio presto, aspetta acca, stai tranquillo e rilassati pure.
    Detto questo lo vedo partire con lei a tutta birra.
    Mi metto a sedere mi accendo la sigaretta ed aspetto.
    Arrivato alla quinta sigaretta, comincio ad innervosirmi.
    Poi all’improvviso lo vedo arrivare, ma non da solo.
    E’ accompagnato da un auto della Polizia.
    Che cazzo hai combinato ?
    Gli chiedo buttando via l’ennesima sigaretta.
    Francè ?
    Teniamo nu sacco i guai.
    Mi hanno fermato con l’autovelox per eccesso
    di velocità !.
    Ma cazzo Andrea, te lo avevo detto che non era
    il caso di fare fottute volanti.
    Francè ormai è cosa fatta.
    Io correvo per fare prima, capisci a me.
    Capisco si che capisco, capisco che siamo proprio nella merda
    sino al collo !.
    Francè ?
    Chilli fetenti mi hanno ritirato la patente !.
    O capisci ora che simmo proprio inguati ?
    Parlaci tu, digli che sei collega loro, fai
    qualcosa !.
    Mi avvicino piano piano a loro.
    Poi tiro fuori il tesserino.
    Uno di loro lo prende e lo guarda.
    Collega ?
    Mi chiede tutto serio.
    Si, sono un vostro collega italiano.
    Collega ?
    Mi fa lui, e mi mostra l’apparecchio radar.
    Tipo guarda qui.
    Segnava 130 k/h.
    Resta tutto serio ed impassibile.
    Tipo, non c’è nulla da fare.
    Intanto si avvicina un ragazzo.
    Siete Italiani ?
    Chiede.
    Si.
    Mia madre essere Italiana, io parlarlo bene.
    Se volete posso farvi da interprete.
    Sarebbe proprio il caso amico.
    Spiegagli che il mio amico correva siccome abbiamo
    fretta di prendere la nave.
    Ci scusiamo profondamente per l’accaduto.
    Lui traduce.
    I Poliziotti si guardano seri tra di loro.
    Poi cominciano uno scambio di battute per
    noi assolutamente incomprensibili.
    Alla fine uno di loro parla con il ragazzo che fa da interprete.
    Loro dire che voi avere violato legge.
    Questo lo sappiamo benissimo, però senza la patente
    non possiamo andare da nessuna parte.
    E dobbiamo tornare in Italia.
    Diglielo.
    Lui glielo dice.
    Il Poliziotto gli risponde.
    Lui traduce.
    Loro dire che va bene la patente ve la restituiscono per questa
    volta, visto anche che tu sei loro collega.
    Ma la multa però la dovete pagare.
    Digli che per la multa non c’è nessun problema.
    La paghiamo.
    Il Poliziotto prende dal borsone la patente e
    la restituisce ad Andrea.
    Grazie mille collega !.
    Gli dico porgendogli la mano.
    Lui me la stringe e pronuncia delle parole.
    Lui dire di non farlo comunque più.
    Digli che sarà così.
    Poi ci congediamo, salutando calorosamente l’amico che
    Ci aveva aiutati.
    Ripartiamo di fretta, rotta verso il porto.
    Andrea, ?
    Ma te la sei ficcata almeno ??.
    Macchè Francè !
    Teneva le mestruazioni, mannaggia a morti mannaggia.
    L’ho solo pomiciata a fondo.
    Tutto questo casino dunque poi per nulla ?!!
    Dico furibondo.
    Francè non ci pensare più.
    E andiamo che siamo in notevole ritardo.
    E ti credo che siamo in ritardo, dico ancora
    furibondo.
    Ho Sempre detto che la figa è la rovina dell’uomo !
    Francè, iamme, falla finita.
    A che ora era la nave ?
    Alle sette.
    E che ore sono ?
    Le sette e mezza passate.
    Addio allora.
    Può essere che tiene ritardo.
    Infatti troviamo il molo bello vuoto.
    Bellissimo !
    Mi scappa di dire.
    E ora che si fa ?
    C’è la facciamo a nuoto ?
    Aspetta Francè.
    Mi ero preparato all’emergenza che perdevamo
    o’ vapore.
    Davvero ?..
    Si.
    C’è un altro vapore che parte domani mattina da
    Dubrovnik.
    Da dove ?
    Ragusa insomma Francè.
    Ho capito adesso.
    Ed è distante da qui ?
    Un ora di strada.
    Immo appresso, iamme.
    Tu quando devi fare servizio ?
    Domani sera dovevo essere a Genova,
    devo fare la sera.
    Va buono se porti na poco di ritardo
    succede cosa ?
    Non lo so Andrea.
    Vediamo di poter telefonare da Dubrovnic.
    Già telefonare.
    Pure a casa dovevo telefonare.
    Saranno dieci giorni che non gli do notizie.
    Mi daranno per disperso in Libia.
    La costa dalmata è davvero incantevole.
    Molto più bella di quella adriatica italiana.
    Dubrovnik , la Ragusa di Venezia della Serenissima.
    Ci appare dall’alto del colle in discesa.
    E’ davvero bellissima.
    La città vecchia quella veneziana la domina.
    Dobbiamo cercarci un albergo.
    Quale albergo Francè ?
    Dobbiamo pure dormire stanotte.
    Ma quando mai, qui affittano i cammere.
    Risparmiamo nu sacco di soldi, sienti a a me.
    Tu ci sei già stato qui ?
    Si che ci sono stato.
    Conosco na signora, con 10,000 lire
    c’è la usciamo.
    Infatti troviamo due belle camerette con la
    modica cifra di 10.000 lire a cranio.
    Mo usciamo, immo a mangiare.
    Aspetta Andrea.
    Se conosci un posto telefonico, così
    provo a telefonare.
    Sai forse ancora trovo qualcuno
    in Ufficio.
    Percorriamo la via centrale della
    città vecchia.
    Sembra proprio che i veneziani non se siano
    Mai andati da qui.
    L’architettura è infatti quella tipica di Venezia.
    Ecco o telefono !.
    Mi indica un posto telefonico.
    Entri ?
    No Francè fai pure, aspetto fuori.
    Come vuoi.
    Primo prefisso, 010…..
    Questura di Genova , dica pure.
    Sono il brigadiere Di Blasi, della Digos,
    mi passa il comando sezione ?
    Subito brigadiere.
    Pronto ?
    Cavaliere Lorongiu.
    Non pensavo che trovassi proprio lei.
    Ah… Di Blasi !.
    Da fare ancora stasera avevo, faccio fuori orario.
    Ma dimmi pure.
    Cavaliere, ho avuto un contrattempo.
    Le volevo dire che non posso rientrare domani sera.
    Sa, abbiamo perso la nave e posso partire
    solo domattina.
    Uhm…
    Benedetto ragazzo.
    Cosa mi combini.
    Io servizio fatto avevo già per domani.
    Mi dispiace molto Cavaliere.
    Aspetta, vediamo se è disponibile
    Mangano.
    Qui ancora è, adesso chiedere a lui vado.
    Faccia pure Cavaliere, aspetto in linea.
    A Di Blasi ?
    Mi dica cavaliere.
    Tutto a posto è.
    Lo farà Mangano il tuo turno.
    Ma tu vedi di tornare per dopodomani.
    Non mancherò di esserci Cavaliere.
    La ringrazio moltissimo per la sua disponibilità.
    Va bene Di Blasi, buon divertimento.
    Grazie ancora Cavaliere Lorongiu.
    Riattacco.
    La prima è andata bene.
    Anche se ero consapevole che quel “favore” mi sarebbe costato minimo
    un mese di 19,00/01.00 di fila.
    Ma pazienza.
    Secondo prefisso, 090…
    Pronto ?
    Madre sono io.
    Gianfranco !
    Ma dove sei finito, sei ancora in Romania da quella
    vampira comunista ?
    Ma no madre, sono di ritorno, sono qui in Jugoslavia.
    Ma un colpo di telefono lo potevi pure fare !
    Mi hai fatto stare tanti giorni in ansia.
    Madre, non sono stato a Bucarest.
    Ti ho detto che solo da li si può
    chiamare l’Italia.
    Hai capito adesso ?
    Quando scendi qui a casa ?
    Non lo so madre.
    Vediamo, ve lo farò sapere.
    E stai attento a Genova con tutti quegli stranieri
    Nel tuo ufficio.
    Hanno un sacco di malattie e…
    Madre stai calma e tranquilla che siamo tutti
    Vaccinati.
    Passami papà, dai.
    Come va ?
    Bene padre, bene.
    Hai consegnato i documenti ?
    Si padre.
    Se lo era immaginato che li avrei portati con me
    i documenti per sposarmi.
    Quando vi daranno una risposta ?
    Non lo so padre.
    Cerca di dirgli tu la cosa alla mamma, con
    I dovuti modi e piano piano.
    Tranquillo che me la vvedo io con lei.
    Stai attento a Genova.
    Non ti preoccupare padre.
    Salutatemi Massimo.
    Fine della seconda.
    Anche questa tutto sommato è andata bene.
    Esco fuori.
    Tutto apposto Francè ?
    Tutto apposto Andrea.
    Per questa volta non mi considereranno disertore.
    Meglio così.
    Tutto buono laggiù in Sicilia ?
    Tutto bene.
    Mo’ vulimmo ire ora a mangià ?
    Si, andiamoci pure.
    Il locale era carino, come il posto dove
    ci trovavamo.
    Eravamo intenti a consumare il pasto, quando
    noto un giovanotto avvicinarsi a noi.
    Avevo già visto che ci osservava da un po’.
    Si piazza dritto davanti al nostro tavolo.
    Incomincia a rivolgersi parole nella sua
    lingua che hanno tutto il tono di
    essere comunque offese e di brutto anche.
    Infatti esordisce con Italiani ?
    Poi giù ad inveire in serbo croato.
    Noi restiamo zitti.
    Andrea mi sussurra.
    Mo gli salto addosso a sto fetente.
    Stai calmo.
    Ti ricordo che qui giochiamo fuori casa.
    Intanto scorgo un signore che si avvicina
    anche lui rapidamente verso di noi.
    Si pone davanti al giovanotto.
    Poi lo apostrofa di brutto sempre in
    serbo croato e lo invita brutalmente
    ad allontanarsi.
    L’altro evita di rispondergli.
    E dopo averci lanciato l’ultima parola che
    per come detta non suonava certo come
    complimento, tipo andatevebe affanculo,
    che si capisce universalmente nel lessico internazionale,
    gira i tacchi e se ne va via.
    Il nostro salvatore poi si mette a sua
    volta davanti a noi.
    Siete Italiani ?
    Si.
    Bene un po’ lo capisco e lo parlo.
    Sono il direttore del ristorante.
    Piacere signore, e grazie per il suo intervento.
    No, anzi mi volevo scusare con voi.
    Sapete non è un cattivo ragazzo.
    Ma odia gli Italiani.
    Sa ?
    Non c’è ne siamo accorti di questo !.
    Sapete signori.
    La guerra, qui ha lasciato
    Molti segni e brutti ricordi.
    Lui avuto molti lutti durante l’occupazione
    Italo tedesca.
    Fa niente signore.
    La ringraziamo ancora per essere intervenuto.
    Mo però ci ha già fa, come minimo o’ sconto !
    Gli dice Andrea.
    Quello capisce e si mette a ridere.
    Certo, certo signori e scusatemi ancora.
    Poi ci saluta e se ne va.
    L’indomani mattina ci imbarchiamo.
    La nave stavolta è Italiana.
    Un moderno traghetto di linea.
    A che ora saremo a Bari ?
    Se tutto va buono, oggi alle sei.
    Bene.
    Così alle otto siamo a Napoli e io
    ho il treno alle 21 e 15 da Napoli Centrale.
    C’è la faremo Francè tranquillo che domattina
    sarai a Genova.
    Si, tanto mi ha messo a fare il turno serale.
    Sistemata l’auto saliamo sul ponte passeggeri.
    Prendiamo posto su delle comode poltrone.
    Nulla a che vedere con la obsoleta Sveti Stefan.
    Qui è tutto moderno, tutto confortevole.
    Andrea attacca discorso con la ragazza del bar.
    Lui era fatto così, quando vedeva una ragazza carina attaccava
    subito discorso.
    Era più forte di lui.
    Questa corre seri rischi di trombatura.
    Pensavo tra di me.
    Infatti il loro discorso ben presto
    diventa un vero e proprio feeling.
    Adesso si farà dare il cambio e se la porta
    In qualche cabina.
    Tiro ad indovinare facendo una sorta di
    scommessa con me stesso.
    Infatti passa si e no meno di un ora
    e li vedo allontanarsi.
    Un ragazzo appena arrivato aveva
    preso il suo posto al bar.
    Lui mi fa un cenno mentre va via
    con lei.
    Tipo, torno dopo.
    Io gli rispondo con un altro gesto.
    Tipo, fai pure con calma e…
    dagli due trombate pure da parte mia.
    Intanto vedo che molta gente presente
    si era ammassata davanti al televisore del salone.
    Mi incuriosisco e mi avvicino anch’io.
    Ma cosa è successo ?
    Chiedo ad uno dei presenti.
    C’è una edizione straordinaria del telegiornale.
    Davvero ?
    Hanno rapito qualche altro ministro ?
    No, no.
    E’ precipitato a mare un aereo di linea.
    Un DC9.
    Cazzo.
    E dove ?
    Al largo di Palermo, vicino l’isola di Ustica.
    I soccorsi sono in corso ma sembra non si sia
    salvato nessuno.
    Minchia.
    Ma si sa perché è precipitato ?
    No, no.
    Sono ancora le prime notizie.
    Non si sa nulla di nulla.
    Si sa solo che è precipitato e basta.
    Mi siedo e guardo le drammatiche
    immagini che giungono dalla diretta.
    Mi colpisce un corpo che vedo galleggiare tra le onde.
    Numerose navi militari sono nella zona.
    si danno un gran da fare per cercare eventuali
    Superstiti.
    Poveracci.
    Pensavo.
    Intanto torna Andrea.
    Viene anche lui.
    Che successe Francè ?
    Un disastro aereo.
    Si siede accanto a me.
    Aveva anche questa le mestruazioni ?
    Gli chiedo, anche per sdrammatizzare le drammatiche
    immagini che vedevamo.
    No, questa no, stava in regola Francè.
    Effettuato o’ servizio completo, barba capelli e shampoo !
    Bravissimo.
    Ma tranquillo Francè l’ho fatto anche per te.
    Ti ringrazio per il tuo gentile pensiero.
    Ma le immagini erano troppo crude.
    Per cui non si poteva fare a meno di guardarle.
    Riprendiamo dunque a seguire la
    drammatica diretta televisiva.
    Francè ?
    Ma può un aereo cascare così giù al bascio ?
    Andrea ?
    In fin dei conti è sempre una macchina.
    E le macchine si possono guastare.
    Aggiu capito.
    Ma era dell’Alitalia ?
    No, dell’Itavia.
    E’ una compagnia privata.
    Ho capito.
    Poi sai come vanno qui le cose nell’Italia.
    Vedrai che questo diverrà uno dei nostri tanti
    misteri irrisolti.
    Anche in quella occasione, senza rendermene conto
    ero stato profetico.
    A Bari arriviamo con qual cosina di
    ritardo.
    Ritardo che Andrea però recupera alla grande
    sull’autostrada per Napoli.
    Passi da casa mia ?
    No Andrea.
    Mi saluti tu tua madre.
    Preferisco andare direttamente alla Stazione.
    Così mi faccio con calma il biglietto.
    Come vuoi tu Francè.
    Francè ?
    Quando vieni di nuovo ?
    Non lo so Andrea.
    Li a Genova si naviga a vista.
    Oggi non si sa cosa si
    farà domani.
    Poi la prossima licenza scendo
    giù in Sicilia.
    Se no i miei mi diseredano.
    Mi sembra pure giusto questo.
    Tanto c’è ne vorrà tempo per avere una risposta.
    Te lo dissi Francè.
    Almeno sei mesi.
    E la risposta sarà sicuramente No.
    Tieniti pronto della notizia.
    Non vi dovete demoralizzare.
    Fate subito ricorso e riparte
    il tutto.
    Loro lo fanno apposta.
    Cosi per far desistere
    la cosa.
    Che figli di cane che sono però.
    No Francè.
    Molti matrimoni sono di comodo.
    come tu ben sai.
    voro cercano di fare una preselezione.
    Vedere se la cosa è seria o meno.
    Capisco.
    Usciti dall’autostrada, ci accoglie
    il consueto traffico infernale
    di Napoli.
    Andrea con le sue solite
    gincane riesce in qualche modo a
    raggiungere la Stazione Centrale.
    Mi ferma proprio davanti all’ingresso.
    Francè ?
    Dentro la Stazione non posso entrare
    Taggiu lasciare qua.
    Fa niente Andrea, non pretendevo tanto.
    Apro il bagagliaio e tiro
    fuori il borsone.
    Ci guardiamo.
    Poi ci abbracciamo.
    Comunque ci sentiamo Francè.
    Tu il mio numero lo tieni.
    Fammi sapere se ci saranno novità.
    Non mancherò di farlo Andrea.
    Detto questo rimonta in macchina.
    Lo vedo subito sparire nel traffico.
    Borsone a tracolla entro dentro.
    Il solito casino di Napoli Centrale.
    Signò volete accattà roba rubata ?
    La prima cosa che sento dire entrando dentro.
    No grazie.
    Ma qui trovare uno onesto è come cercare l’ago nel pagliaio.
    Punto verso la biglietteria.
    Tutto sommato era stata una esperienza
    interessante.
    Ma pensandoci su per bene,
    non credo che la ripeterò più.
    troppo massacrante il viaggio
    in auto.
    fortuna che ha voluto guidare
    sempre solo lui.
    Con l’aereo si fa prima.
    Poi però penso all’aereo precipitato.
    O meglio si dovrebbe fare prima.
    Mi correggo.
    Ma adesso pensiamo a Genova.
    Si ritorna alla base.
    Alla corte di sua mestà Lorongiu.
    mi aspetta minimo un mese di fila
    di pattuglione 19,00/01,00 -.
    Ma la colpa era la mia.
    Per cui dovevo accettare il suo
    duro verdetto.
    Qualunque esso fosse stato.
    Alla prossima, !
    Dico saltando sul treno.

    Fine della storia.
     
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    Prima parte

    Per chi si ricorda l’ultimo racconto,
    mi aspettavo una condanna esemplare
    da parte di Lorongiu.
    Invece clamorosamente l’indomani mattina del mio
    ritorno a Genova, mi manda a chiamare.
    Busso alla sua porta.
    Ah… Di Blasi.
    Entra pure e seduto metteti.
    Cazziatone in arrivo, mi aspetto io.
    Bene o male me la ero comunque cercata.
    Un giorno di ritardo e sempre un giorno
    di ritardo.
    Me ne sto zitto, pronto all’invettiva.
    Brigadiere, lei fino a ora è stato
    impiegato solo a fare servizio esterno.
    Però notato ho che lei scrivere bene sa.
    Del resto frequenta pure l’università.
    Io lo ascolto sconvolto.
    Che cosa mi voleva dire ?
    Cazziatone non era di sicuro, mi ero smentito.
    Suo collega Brigadiere Marras via andrà.
    Trasferito al Commissariato di Chiavari.
    A si ?
    E come mai.
    Lui voluto questo ha.
    Dice che li può fare orari degni di godersi
    la famiglia, siccome spostato da poco è.
    Lo capisco.
    Marrasa si occupava di trattare pratiche
    d’Ufficio, oltre che naturalmente
    a eseguire i normali servizi in caso di esigenza.
    Andando via lui, qualcuno il suo lavoro
    fare deve.
    Io ho pensato a lei, vista la preparazione sua superiore agli
    altri.
    La ringrazio per la fiducia, Cavaliere.
    Ma ciò però non comporta
    che tu altri servizi esterni più non farai.
    Sai che qui esigenze continue ci sono.
    Lo so Cavaliere, non c’è problema.
    Farò tutto quello che lei comanderà di farmi fare.
    Avevo buttato giù volgarmente la ruffianata.
    Grazie Brigadiere.
    E quando dovrei uhm…incominciare
    questo mio nuovo lavoro ?
    Anche subito !.
    Adesso tu vai nell’Ufficio di Marras
    E le consegna passare fatti.
    Ci vado subito Maresciallo.
    Dico alzandomi.
    Aspetta Di Blasi.
    Un ultima cosa dire ti devo.
    Il giorno che in più hai fatto
    te lo prendo dal prossimo riposo
    festivo che lei salterai.
    E ti pareva che non mi accennava al mio
    sbaglio.
    Non c’è problema Cavaliere.
    Posso andare adesso ?
    Vai pure Brigadiere.
    Altro che cazziatone.
    Mi ha pure promosso di categoria.
    Finalmente avevo un ufficio tutto
    Avevo pure una scrivania tutta per me.
    Sino ad allora mi ero dovuto accontentare
    solo di un cassetto messomi a disposizione dal
    collega Antonio.
    E la scrivania di Marras sembrava la torre di babele.
    Due altissime file di fascicoli si elevavano
    dalla sua base verso l’alto.
    Non dico che arrivassero al soffitto, ma ci
    mancava proprio poco.
    Adesso cominciavo a capire meglio la cosa.
    Diavolo di un Maresciallo.
    Mi hai messo ai lavori forzati.
    Qui c’è minimo tre anni di lavoro per
    smaltire il tutto, e pochi sono.
    Ecco in che consisteva la sua “punizione”.
    Altro che “promozione”.
    Di Blasi ?
    Mi dice Marras alzandosi dalla scrivania.
    Con tutta quella mole di fascicoli non mi ero
    neppure acconto che stava seduto.
    Era praticamente nascosto dagli stessi.
    Marras ?
    Ma tutta sta roba tieni da trattare ??
    Di Blasi ?
    Guarda e ascoltami.
    Io cerco si smaltire, ma oggi c’è esigenza e mi mette
    al posto di blocco, domani c’è di nuovo esigenza
    e mi mette a fare la scorta straordinaria.
    Dopodomani c’è l’Ordine Pubblico a Piazza De Ferrari .
    Così io mai lavorare posso.
    Rotto la minchia mi sono !
    Toh !.
    Tutta roba tua adesso è.
    Auguri collega !.
    Mazza che inculata che mi aveva dato.
    Pensavo.
    Ma se consiglio vuoi, tu come me fai.
    Fai quello che puoi e fregatene.
    Ora ti spiego come fare devi.
    Ci sono tre tipi di richieste che qui arrivano.
    La prima quella più importante viene dal
    Ministero Sicurezza interno 224.
    A questo subito rispondere devi.
    Giorno stesso che richiesta perviene.
    Ne prendo nota., Marras.
    Poi ci sono le richieste delle Questure.
    Queste sono di serie A e serie B.
    Serie A sono, Milano, Torino, Roma ed
    Equiparate.
    A queste pure entro un mese rispondere puoi.
    Poi ci sono quelle di Serie B, tipo Latina ad esempio.
    A queste pure dopo due mesi rispondere puoi.
    Poi ci sono i Commissariati.
    A quelli non rispondere mai.
    Non li prendiamo neppure in considerazione.
    O perlomeno dopo ventesimo loro sollecito
    scrivici che quanto prima risponderai.
    Capito tutto hai ?
    Marras ?
    Sei stato davvero chiarissimo !.
    Benissimo.
    Io ti saluto, tutto tuo adesso è.
    Mi metto le mani ai capelli e mi siedo.
    Beh, l’emozione di avere almeno una scrivania è forte.
    Tutto il resto lo è moltissimo di meno.
    Con il passare del tempo mi rendevo
    Conto di quanto il collega Marras avesse ragione.
    Se in una settimana riuscivo a sedermi
    un giorno a trattare le pratiche era già una festa
    grande.
    Del resto le esigenze c’era davvero.
    La situazione in città era davvero preoccupante.
    Le Br colpivano all’improvviso.
    E adesso non azzoppavano ma uccidevano.
    Per primo era toccato a due colleghi Carabinieri
    uccisi a raffiche di mitra alchè erano
    a prendersi un caffè in un bar di San Pier d’Arena.
    Poi al nostro Commissario Esposito,
    ucciso in un autobus urbano mentre si recava
    al lavoro presso il Commissariato di Nervi
    che dirigeva.
    Poi al Colonnello dell’Arma Tuttobene e all’appuntato
    Caso che gli faceva d’autista.
    E ogni volta era la stessa storia.
    Si usciva tutti di gran corsa.
    Si formavano tante pattuglie tutte a girare
    a cercare qualsiasi indizio.
    Ma ogni volta tutto era inutile.
    Non si trovava niente di niente.
    O meglio, si trovava l’auto che usavano.
    Una fiat 128, sempre quella.
    Tanto che ormai dopo ogni delitto si cercava
    sempre e solo una fiat 128.
    Ma dei terroristi niente.
    Svanivano nel nulla.
    Ma da qualche parte dovevano pur essere.
    O erano dei fantasmi ?
    Per cui data la situazione l’ultima
    preoccupazione era rispondere alle richieste.
    Si rispondeva solo al Ministero o a qualche
    Questura se si riteneva importante la richiesta.
    Nulla di più.
    Poi sempre in giro a caccia di spettri.
    Il Dirigente saltò presto.
    Data la drammaticità degli eventi
    e la mancanza di risultati, venne
    sostituito.
    Ci lasciò con grande rammarico.
    Volevo riuscire a trovare questi criminali.
    Non ci sono riuscito.
    Ho fallito.
    Ma voi non vi arrendete.
    Continuate a cercare, continuate a lavorare.
    Vedrete che alla fine i risultati arriveranno.
    Queste le sue ultime parole il giorno del suo addio.
    Aveva le lacrime agli occhi.
    Era una bravissima persona.
    Molto preparata.
    Ma i più lo giudicavano troppo debole.
    Poco grintoso.
    Per cui se ne era decisa la sua fine.
    Infatti il nuovo arrivato era tutto grinta e con
    la fama da duro.
    Veniva da Firenze, si era distinto alla Squadra Mobile
    per ingenti sequestri di stupefacenti.
    In effetti cambiò modo di operare.
    Dopo l’ennesimo striscione attaccato
    a Molassana dalla brigata Buranello,
    mi chiama.
    Era di domenica ed ero di turno.
    Brigadiere ?
    Vada sul posto e senta tutti.
    Proprio tutti gli abitanti dei palazzi
    limitrofi a dove è stato attaccato lo striscione.
    Possibile che nessuno abbia visto niente ?
    Questa omertà deve finire !.
    Urlò sbattendo il pugno sul tavolo.
    Ci vado subito Dottore.
    Bruno e Giovanni, con me.
    Dove si va ?
    A caccia di fantasmi.
    Cominciamo con il primo palazzo.
    Si passa piano per piano.
    Niente di niente,
    Nessuno ha visto nulla.
    Poi una porta non apre alla nostra richiesta.
    Siamo su al quarto piano.
    Signore ?
    Polizia, apra cortesemente.
    Niente.
    Anche se sentivano dall’interno dei rumori.
    Segno che qualcuno in casa c’era.
    Signore ?
    Per cortesia apra la porta.
    Guardi dallo spioncino, ecco il
    Mio tesserino.
    Siamo della Questura centrale.
    Può telefonare al 113 per averne conferma.
    Niente da fare.
    Si va avanti per qualche minuto.
    Poi sentiamo salire le scale a passo svelto.
    Improvvisamente dal piano inferiore
    Sbucano tre uomini con armi alla mano.
    Il mio intuito ha salvato la situazione.
    Polizia !
    Siamo della Polizia !!.
    Ed alzo in alto il tesserino con la placca
    in evidenza.
    Loro si fermano.
    Siamo Carabinieri.
    Me lo sono immaginato subito.
    Gli rispondo.
    Si abbassano le armi.
    Collega, mi dice uno di loro presentandosi.
    Li dentro ci abita un nostro
    Appuntato in pensione.
    E’ stato lui a telefonarci.
    Era terrorizzato che aveva gente sospetta
    dietro la sua porta di casa.
    Che se ne andasse a fare in culo !
    Mi scappa di dire.
    Non sapevo più in che lingua fargli capire chi eravamo.
    Per poco non ci ha fatto sparare tra di noi.
    Vallo tu a tranquillizzare.
    Bruno ?..Giovanni ?..
    Via, andiamo via da qui !.
    Subito Brigadiere.
    Via XX Settembre.
    Posto telefonico pubblico che ben conoscete.
    Primo prefisso 040… Romania.
    Come al solito dopo i soliti tentativi
    dalle 40, 30, 20 ed infine 10 iarde,
    il telefono finalmente suona dall’altro lato.
    Ciao, sono io.
    Giani !.
    Come tu stare ?
    Bene grazie.
    Novità c’è ne sono ?
    Niente Giani, loro dire però che a breve
    dare noi risposta.
    Loro chi ?
    La Policia.
    Il Sergente Garcia ?
    Mi riferivo all’amico pancione che ci faceva visita
    in bicicletta ogni volta che io andavo li.
    Da, si.
    Ho capito.
    Quando tu venire di nuovo ?
    Non so Vale.
    Spero presto, vediamo se qui la situazione
    si calma un poco.
    Loro dire a noi che Italia este vicina a guerra civila.
    Non esageriamo adesso.
    Diciamo che c’è un gran brutto clima.
    Tu stare attento !.
    Stai tranquilla.
    Adesso ti saluto, ti richiamo quando posso.
    La revedere Giani.
    La prima è andata.
    Esco come al solito fuori dalla cabina
    E faccio segno alla centralinista tipo “cambio”.
    La nr. 4 mi dice lei.
    Secondo prefisso 081…..Napoli.
    Pronto ?
    Signora, c’è Andrea ?
    Sono un suo amico.
    O’ Brigadiere poliziotto che sta a Genova ?
    Si signora, proprio io.
    Lei come sta ?
    Tutto buono Grazie.
    Andrea è fuori Napule.
    Sta a Castellabate.
    Sa o lavoro suo, sta sempre in giro.
    E si, lo so signora.
    Ma le voleva dire cosa ?
    Se vuole può lasciare a me l’ambasciata.
    Ah no, niente signora.
    Volevo solo salutarlo.
    Va buono allora.
    Gli porterò io i saluti suoi.
    Gli dica che lo richiamerò in qualche
    altro momento.
    Sarà servito.
    La ringrazio signora e la saluto.
    Ed anche questa era fatta.
    Ora viene quella che come sempre è più
    difficile.
    Prefisso 090……Barcellona Pozzo di Gotto..Messina.
    Pronto ?
    Sono io madre.
    Gianfranco ?
    Sono preoccupatissima !.
    Le cose che si sentono nel telegiornale.
    Poi a Genova li dove stai tu !
    Madre stai tranquilla.
    Io sto in Ufficio alla Questura, tutto a posto.
    Dico questo sempre tenendo le dita
    incrociate siccome sapevo di mentire
    spudoratamente.
    Gianfranco ?
    E se mettono una bomba dentro la Questura ??!!.
    Madre ?
    Ma cosa vai a pensare.
    Ti ho detto che devi stare tranquilla.
    Se solo le raccontavo cosa veramente facevo
    sarebbe svenuta sul colpo.
    Non può succedere la cosa.
    La Questura è sorvegliatissima.
    Ma questi qui sono capaci di tutto.
    E torna !.
    Ti ho detto che non può succedere,
    stai calma e tranquilla.
    Ma quale calma e tranquilla !
    Io non lo sono affatto.
    Appena finisci l’Università
    vattene subito via dalla Polizia.
    Tanto il servizio militare ormai lo hai
    fatto.
    Tu volevi fare il giornalista ti ricordi ?
    Parliamo con il Senatore, vediamo
    se ti fa entrare alla Gazzetta e…
    Madre ?
    Non mi tormentare.
    So quello che faccio, ed adesso passami a papà.
    Lui che chiaramente
    sapeva benissimo cosa facevo è come al
    solito molto pratico.
    Cerca di tenere gli occhi aperti.
    E guardati sempre alle spalle.
    Questi sono vigliacchi uccidono
    a tradimento.
    Lo so padre, lo so.
    Stai tranquillo.
    Prendo tutte le precauzioni del caso.
    Novità su quell’altra storia ?
    No padre.
    Aspettiamo una risposta.
    Hai detto qualcosa alla mamma ?
    No.
    Già è in ansia per te e non dorme la notte.
    Se solo gli dico che ti vuoi
    sposare una che lei chiama vampira comunista
    la devo portare in ospedale.
    Cercherò il momento opportuno.
    Ti ringrazio padre.
    Massimo ?
    E in giro con i suoi amici.
    Cosa che mai !.
    Va bene me lo saluti tu.
    Chiudo.
    Anche l’ultima era fatta.
    Pregasi fornire urgenti notizie sul
    nominato…raccomando cortese
    mMassima sollecitudine nell’evasione.
    Ministero Interni sicurezza 224.
    Minchia.
    A questa occorre rispondere subito.
    Dicevo mentre il solito giorno
    della settimana cercavo di far
    diminuire in altezza le torri di babele.
    Avevo scoperto che esisteva oltre
    l’archivio generale, anche l’archivio
    così detto di “gabinetto” o meglio “politico.”
    Qui a differenza di quello generale
    non ci poteva entrare nessuno.
    Solo il personale strettamente autorizzato.
    E si trovava all’interno della Digos stessa.
    Dietro uno stanzone, pressoché
    nascosto alla vista.
    Cat.A1, informazioni generali, si richiedono
    informazioni generiche su di una persona.
    Se è iscritto a partiti, movimenti vari etc.
    chi frequenta che abitudini ha e tutte
    camurrie annesse e connesse.
    Cat.A7., Persona pericolosa in sede.
    Persona cioè che potrebbe avere la
    potenzialità dì mettere in pericolo la
    sicurezza nazionale che sia residente
    in loco.
    Cat.A8, persona pericolosa non residente
    in sede.
    Tutti quelli che hanno i requisiti di cui prima
    che però abitano in altri posti d’Italia.
    E spulciando tra queste carte si trovano molte sorprese
    che neppure ti immagini.
    Nella cat.A8 ci trovi niente meno di che Dario Fo
    futuro premio nobel in dolce compagnia della
    moglie Franca Rame.
    Questo significa che quando vengono qui in città vanno
    sorvegliati con discrezione.
    E i loro movimenti e spostamenti segnalati all’Interno
    Sicurezza.
    Avevo sentito parlare che si sorvegliasse mezza Italia.
    Ma adesso ne avevo conferma.
    Sarà comunque per il particolare clima teso che c’e.
    Mi dicevo tra di me cercando una giustificazione..
    E c’erano tanti altri nomi abbastanza “clamorosi”.
    Ecco perché l’archivio è off limits.
    Pensavo.
    E intanto sfogliavo i fascicoli.
    A Di Bla’ ?
    Di Blà, ci stai ?
    Sento dall’altro lato delle “torri”
    Mi alzo dalla sedia.
    Infatti data la barriera cartacea se stavo
    seduto non mi si poteva vedere.
    Cosentino !.
    Era un appuntato dell’Ufficio.
    Di Blà.
    Lascia fottere ‘e pratiche che o Capo tiene
    una riunione.
    Viene anche tu, che ci vuole a tutti.
    Iamme dai.
    Agli ordini.
    Arrivo subito.
    La Digos aveva un ampio salone
    che oltre per le conferenze stampa
    veniva usato anche per le riunioni interne.
    Il Dirigente se ne stava in fondo alla stessa.
    Subito dietro di lui con lo sguardo marziale
    stava Lorongiu.
    Da buon comandante di Sezione veniva prima di tutti
    gli altri, persino dei Funzionari.
    Ci siete tutti ?
    Chiede il capo.
    Si Dottò.
    Tutti quelli presenti siamo qua.
    Certo siccome gli assenti non ci possono
    essere !.
    Risponde lui ridendo.
    Alle volte mi chiedo perché fanno le
    barzellette solo sui Carabinieri.
    Risatina generale.
    Poi diventa di colpo serio.
    Vi ho riunito qui per dirvi questo.
    Domani mattina sul presto, verranno
    qui dei rinforzi.
    Si tratta di personale di tutte le Digos dell’Italia
    Settentrionale che sta facendo un corse di aggiornamento
    alla scuola di Alessandria.
    Praticamente approfittiamo della loro presenza
    per effettuare un rastrellamento a tappeto
    dell’intero quartiere del Carmine.
    Si proprio quello sopra la Stazione Principe.
    Dove ci abitano tutti gli estremisti di sinistra.
    Locali e quelli fuori sede che studiano all’Università
    di via Balbi.
    Passeremo porta per porta, perquisizioni meticolose.
    Vediamo di riuscire a trovare finalmente
    qualcosa.
    Non mi aspetto che troviamo terroristi
    o bombe varie.
    Ma almeno individuare qualche loro
    Fiancheggiatore.
    Che li di certo non mancherà.
    E magari qualche arma.
    Domande ?
    Dottore.
    Ma quanti sono questi rinforzi ?
    Non so il loro numero preciso, ma sono abbastanza.
    Loro chiaramente non essendo del posto
    non lo conoscono.
    Il nostro compito sarà quindi quello di accompagnarli
    Sui luoghi.
    Capito ?
    Si Dottò.
    Mi raccomando a voi.
    Voglio dei risultati finalmente.
    Il Ministero ci sta addosso.
    A Torino grazie al pentito Patrizio Peci
    stanno operando.
    A Milano lo stesso.
    La colonna Walter Alasia ha subito duri colpi.
    Qui a Genova invece nulla di nulla.
    Diamoci da fare !.
    E’ tutto.
    Potete andare.
    L’indomani mattina sveglia sul presto.
    Ore 5 e 30 precise.
    Il servizio era per le 6 e 30.
    Solito caffè veloce al bar di Bacci
    alias Bacicalupo ma tutti noi
    familiarmente lo abbreviavamo in Bacci.
    Poi alla fermata del Bus a prendere
    Il numero 15 o il 31.
    Il collega di piantone all’ingresso
    della porta carraia mi guarda
    Arrivare.
    Ma dove dovete andare voi stamattina ?
    Hanno fatto già tutto i Carabinieri !.
    Cosa ?
    Spiegati meglio collega.
    Stanotte c’è stata una sparatoria.
    In via Fracchia.
    I nostri cugini ne hanno fatti fuori
    ben quattro di brigatisti.
    Ma dici sul serio ?
    Abbastanza Brigadiere.
    Qui non si parla d’altro.
    Intanto alla spicciolata arrivano tutti gli altri.
    pure i colleghi aggregati di rinforzo.
    Noto un collega delle volanti
    che sta incollato a sentire le comunicazioni
    radio.
    Ma che cosa si sa ?
    Ah, non lo so, Brigadiere.
    Nulla di preciso.
    Si sa solo che stanotte i Carabinieri sono andati a fare
    una perquisizione in via Fracchia appunto.
    Sembra che al loro arrivo
    I terroristi che stavano dentro un appartamento
    Abbiano sparato al loro indirizzo.
    Un maresciallo è stato colpito in faccia.
    A questo punto hanno reagito ed hanno
    sparato pure loro.
    Ne hanno uccisi quattro.
    Tre uomini ed una donna.
    Di più non si riesce a sapere.
    Ma le nostre auto non sono sul
    Posto ?
    Le volanti non le fanno passare.
    Tutta la zona è completamente circondata
    da una muraglia umana di Carabinieri.
    Brigadiere Di Blasi ?
    Mi sento chiamare.
    Era l’auto blindata del nostro Dirigente.
    Era da solo con l’autista.
    Salga su, venga con me.
    Ma Dottore ma il sevizio di rastrellamento
    del Carmine ?
    Lei e Mangano lasciatelo perdere.
    Disimpegnatevi.
    Lo dirò io al Funzionario capo servizio.
    Voi venite con me, andiamo sul posto.
    Vediamo di sapere cosa cazzo è successo.
    Agli ordini Dottore.
    Io e Gaetano saliamo e prendiamo
    Posto dietro.
    Ma neppure lei ne sa nulla ?
    Gli chiedo timidamente.
    Ragazzi, so solo questo.
    A quanto pare il pentito Torinese,
    Patrizio Peci ha fatto importanti
    rivelazioni.
    E in queste ha segnalato un covo caldo delle
    Brigate rosse qui in città.
    Questo lo so siccome le rivelazioni
    le ha fatte alla nostra Digos di Torino.
    Me ne ha parlato il mio collega.
    Poi però è intervenuto subito il nostro
    baldo Generale Dalla Chiesa.
    Che da capo dell’antiterrorismo
    di tutto il Nord Italia ha preso
    lui tutto in mano.
    Del resto non so nulla.
    Accidenti !
    Commento quasi sottovoce.
    Dottore, ci siamo quasi.
    Dice l’autista.
    Il collega delle Volanti aveva ragione.
    C’era davvero un muro umano di Carabinieri.
    Avranno mobilitato tutti i loro Battaglioni del
    Nord Italia.
    Mi scappa di dire.
    Ci fermano.
    Chi siete ?
    Chiede un giovane sottufficiale.
    Sono il Dottor Giuseppe Ioele.
    Il Dirigente della Digos.
    Mi dispiace Dottore, ma non la posso fare
    passare.
    Ma sta scherzando per caso ?
    Mi chiami subito un Uffciale.
    No Dottore.
    Il Colonnello ci ha dato preciso
    Ordine che dobbiamo fare passare
    Solo il Procuratore della Repubblica.
    Nessun altro.
    Chiunque esso sia.
    E se chiamo il nostro Capitano non potrà che confermale
    questo che le sto dicendo.
    Ci guardiamo nella faccia stupiti.
    Ma io sono il Dirigente della Digos !
    E nell’occasione rappresento anche il Questore !!
    Non può passare neppure lui se viene qui.
    I nostri ordini prevedono questo.
    Ripete il sottufficiale con tono fermo.
    Intanto lo attorniano un nugolo di Militari
    Tipo, da qui non si passa ne oggi ne domani
    ne mai.
    Ho capito.
    Torniamocene indietro.
    Urla all’autista.
    Agli ordini Dottore.
    Aveva la faccia nera come la pece.
    Noi c’è ne stiamo in silenzio.
    La sua incazzatura sprigionava da
    tutti i suoi pori.
    Era una vaporiera pronta ad esplodere.
    Ve lo giuro.
    Urla all’improvviso.
    Semmai faremo noi una operazione,
    i Carabinieri in Questura non ci metteranno
    piede !.
    Non ci metteranno piede !!!.
    E lancia una sonora imprecazione.
     
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    Seconda parte

    Tutti ci aspettavamo immediati sviluppi
    dopo il blitz di via Fracchia.
    Invece nulla.
    I giorni passavano e la cosa non ebbe
    nessun seguito.
    Che cosa avessero trovato nel covo
    nessuno lo sapeva.
    Siccome a nessuno era stato permesso
    l’accesso.
    Si sapeva solo che i Carabinieri erano usciti fuori
    con grossi scatoloni di materiale sequestrato.
    E che gli stessi erano stati spediti tutti a Milano
    alla divisione Pastrengo consegnati a Dalla Chiesa
    In persona.
    Loro sono sempre così.
    Molto centralizzati.
    L’iniziativa singola non viene ammessa.
    Tutto avviene su ordine gerarchico.
    Un effetto però la sparatoria
    l’aveva sortita.
    Erano cessati gli attentati.
    Da quel giorno la città sembrava
    essersi normalizzata.
    Niente più sparatorie e azzoppamenti vari.
    Del resto uno degli uccisi, Riccardo Dura
    era ritenuto il più pericoloso killer brigatista.
    Si sospettava che fosse stato lui
    a commettere tutti i recenti omicidi.
    Ma sapevamo che non potevano essere solo quei
    quattro in tutto.
    Sicuramente erano molti di più.
    Se ne stavano nascosti.
    Staranno cercando di far calmare
    le acque.
    Poi ricominceranno alla grande.
    Ne eravamo convinti di questo.
    Per cui occorreva continuare a cercarli.
    Il lavoro da fare era ancora tanto.
    Diciamo che era stata un’azione comunque
    che aveva risollevato il nostro morale
    Che era molto basso.
    Finalmente si era riusciti colpirli.
    Non erano più dei samurai invincibili.
    Lo sentivamo anche dai commenti
    della gente comune.
    “Era ora che vi svegliavate voi !”
    Mi dice Bacci da dietro il banco del suo
    Bar, mentre mi porge il solito caffè mattutino.
    E come lui erano in tanti a pensarla così.
    Era come se i brigatisti avessero perso
    quel senso di invincibilità assoluta
    di cui sino ad allora avevano goduto.
    Beh, ora che la situazione è calma,
    dico al collega Gaetano, prima che
    ricominciano le danze a base di piombo
    tocca farsi una bella licenza.
    Vai in Romania o in Sicilia ?
    Mi chiede lui.
    In Romania.
    In Sicilia ci sono stato poco tempo fa per dare un esame
    all’Università.
    Non sai ancora niente per il matrimonio ?
    No.
    Vado anche per questo.
    Chiederemo udienza al Coniglio di Stato.
    Vediamo di riuscire ad avere notizie.
    Certo che vi fanno patire per bene.
    Ma chi ti porta a te laggiù ?
    Gaetano.
    Ti ci metti pure tu adesso ?
    Basta mia madre !.
    Gaetano era originario di Brolo.
    Cittadina del messinese vicino a Barcellona.
    Era stato alla Digos a Milano.
    Si era pregiato di scortare l’on. Bettino Craxi.
    Era sposato ed aveva una bambina.
    Aveva fatto domanda di trasferimento
    per tornare giù al sud e lo avevano mandato
    a Sud si, ma a sud di Milano.
    Qui a Genova, ritenuta per il superiore
    Ministero città già meridionale.
    Lorongiu è già arrivato ?
    Chiedo.
    Diciamo che non se né mai andato da ieri.
    Il Maresciallo dorme ormai qui.
    Mi risponde lui ridendo.
    Bene.
    Allora mi faccio coraggio e ci vado.
    Buona fortuna.
    Grazie Gaetano.
    Busso alla sua porta.
    Avanti !
    Entro.
    Ah…. Di Blasi !
    Mi dice come al solito vedendomi.
    La riverisco Cavaliere.
    Gli dico molto ruffianamente.
    Lui capisce subito
    il motivo della mia visita.
    Di Blasi, licenza vuoi ?
    Mi aveva letto nel pensiero.
    Beh Maresciallo, veramente…si !.
    Sempre se possibile.
    Lui apre il registro del servizio
    che ha sempre davanti a se sulla sua
    scrivania.
    Come fosse il Santo Vangelo.
    Lo scorre di fretta.
    Va bene.
    Dare te la posso.
    Per ora personale tutto presente è.
    Se manca uno niente ci fa.
    Fai pure domanda.
    Cavaliere la ringrazio immensamente !.
    Ma domani turno 19 /,00 ventiquattro fare devi.
    Poi puoi andare.
    Non c’è problema Maresciallo.
    Esco fuori tutto raggiante.
    Gaetano mi guarda.
    Vista la mia gioia, capisce subito tutto.
    Quando parti ?
    Domani sera, dopo il 19/24.
    Turno del quale non so perchè ma ci avevo
    preso proprio l’appalto.
    Ore 24,00.
    I colleghi del pattuglione mi accompagnano
    alla stazione Brignole.
    Apro il bagagliaio e prendo il solito
    borsone da viaggio.
    Buon viaggio brigadiere.
    Grazie Bruno.
    Il tempo di entrare in stazione
    e prendo al “volo” l’espresso
    per Roma.
    A Roma Fiumicino
    arrivo in largo anticipo.
    Ho il tempo di sistemarmi un po’.
    Vado dai colleghi dell’Ufficio
    di frontiera.
    Posso usufruire del vostro bagno ?
    Accomodati pure collega.
    Grazie.
    Poi il check – in e l’imbarco.
    Solito scalo a Belgrado
    Poi atterraggio preciso a Bucarest Otopeni
    con consueto applauso al pilota.
    Lei la scorgo come al solito
    Ii lontananza nella sala di attesa
    degli arrivi.
    Soliti pacchetti di sigarette Kent elargiti
    generosamente al poliziotto
    che fa il controllo passaporti
    che chiude un occhio e pure l’altro.
    Poi ritiro il bagaglio e vado all’uscita.
    Lei è da sola.
    Dopo gli abbracci di rito
    ci avviamo all’uscita.
    Noi stavolta restare qui a Bucuresti.
    Come mai ?
    Le chiedo.
    Per telefono non mi aveva detto nulla.
    Ma poi mi ricordo che per telefono tante
    cose è bene non dirle.
    Perché noi adesso fatta domanda
    per matrimonio.
    Tu non potere stare più a casa mia.
    loro adesso sapere di noi.
    Il Poliziotto Georgescu mi ha detto
    di non farti venire più li a Moreni.
    Chi il Sergente Garcia ?
    Da, si.
    Tu potere venire adesso solo dopo che noi sposati.
    Ho capito.
    Posto che vai, usi che trovi.
    E dove andiamo adesso ?
    In città a cercare Hotelul . ( Un albergo)
    Il primo albergo che consultiamo
    Ci dice in poche parole “ci dispiace”
    ma non abbiamo posto.
    Stesso dicasi per il secondo e pure
    per il terzo.
    Comincio a sospettare che questi lo fanno apposta.
    Le dico.
    Possibile che in questo periodo di bassa stagione
    non abbiano stanze libere ?
    Pensare pure io Giani.
    Loro non potere dare noi una camera
    Iisieme, ma potere dare però a
    noi due camere separate.
    Si, ma per non sbagliare appena
    ci vedono dicono che non ne hanno
    E risolvono la cosa.
    Finiamo nella zona della stazione.
    La Gara du Nord.
    Vedo lateralmente un alberghetto.
    Niente lusso comunque.
    Hotel Bugegi.
    Leggo l’insegna.
    Proviamo qui.
    Le dico.
    Dentro alla recezione c’è un ragazzotto
    alto e baffuto.
    Ci guarda.
    Italiano ?
    Mi chiede.
    Si.
    Bine !,
    Mio nonno era Italiano.
    Lui stare qui durante guerra e sposarsi.
    Poi è morto durante la stessa, il tempo di fare
    nascere mio padre però lo ha avuto.
    Davvero ?
    Si, mi chiamo Paolo, mi dice porgendomi
    La mano.
    Piacere Francesco.
    Cosa avete di bisogno ?
    Vogliamo una camera.
    Visto che non la troviamo da nessuna parte.
    Lui ci guarda serio.
    Nessun albergo della Capitale vi darà
    mai delle camere.
    C’è ne siamo accorti, Paolo.
    Gli dico allargando le mani.
    Lui si guarda attorno.
    Tipo non ci sia nessuno che ascolti.
    Qui non è problema !
    Dice alla fine quasi sottovoce.
    Ve ne darò due molto vicine.
    Però mi raccomando.
    Fate attenzione.
    Ti ringrazio Paolo !
    Fumi ?
    Da, si.
    Tieni, te la sei meritata.
    Gli porgo una stecca intera di Kent
    Che tiro fuori dal borsone.
    Multumesck !!!...Grazie !!!!...
    Dice lui tutto contento.
    Adesso facciamo così.
    Prima registro te.
    Tra un quarto d’ora registrerò lei.
    Così non si capisce che siete insieme.
    Sapete.
    Qui la Polizia passa spesso a guardare il registro.
    Paolo ?
    Fai pure come credi tu, per noi non c’è problema
    Lo sai che io sono stato in Italia ?
    Mi dice lui mentre mi registra il passaporto.
    Davvero ?
    Si Francesco.
    Io facevo parte del gruppo sportivo Romeno di spada,
    sono stato a Roma a gareggiare più volte.
    Bellissima città.
    Beh l’albergo non era di certo
    a cinque stelle e neppure a tre.
    Nessun lusso.
    Però era pulito ordinato e tenuto bene.
    Le nostre stanze in effetti erano vicine,
    non troppo aveva detto l’amico Paolo
    per non destare troppo l’attenzione.
    Diciamo nello stesso piano.
    Chiaramente la notte lei se ne
    veniva a dormire da me.
    Dopo aver scrutato l’orizzonte.
    Adesso che abbiamo risolto
    Il problema dell’alloggio
    Dobbiamo risolvere la vicenda del Consiglio
    Di Stato.
    Quando abbiamo l’udienza ?
    Le chiedo.
    Divinaza. (Domani)
    Ho capito.
    Il Consiglio di Stato era
    il classico palazzo di regime.
    Molto sontuoso e marziale nel centro
    della città.
    Entriamo dentro.
    C’è una grande sala.
    Vediamo parecchie coppie che aspettano.
    Saranno tutte persone come noi
    In attesa di avere una risposta.
    Mi scappa di dire.
    Infatti lo erano.
    Noto anche che alcune coppie
    hanno pure dei bambini.
    E qualcuno ha già un sua età.
    Il che non fa presupporre certamente
    all’ottimismo.
    Scusi ?
    Chiedo ad uno di loro.
    Italiano ?
    Si.
    Ah, io sono Americano.
    Complimenti, parla bene la mia lingua.
    Grazie.
    Doveva essere Messicano o giù di li
    A giudicare dal suo aspetto vistosamente latino.
    E dal suo accento tipico di cadenza spagnola.
    Ma quanti anni ha suo figlio ?
    A Miguel ?
    Dieci anni.
    Caspita.
    Si vedeva che era già grandicello.
    Ma scusi ancora se lo chiedo, ma da
    quanti anni aspettate voi ?
    Dieci anni !.
    Però.
    Loro ci dicono sempre di no.
    E noi sempre a fare ricorso.
    Problemi, sempre problemi pongono.
    Mi dispiace.
    Vi faccio gli auguri che stavolta vada bene.
    Grazie.
    C’è lo auguriamo pure noi.
    E voi da quanto tempo aspettate ?
    Mi chiede a sua volta.
    Noi da poco.
    Diciamo che siamo ancora agli inizi.
    Corason amigo !.
    Mi augura lui.
    E come loro, parlando ne troviamo
    Parecchi.
    Chi aspettava da cinque anni chi da tre.
    Insomma facevano penare per dare il
    fatidico consenso.
    Io dire a te questo.
    Mi dice lei vedendomi un po’
    Scoraggiato.
    Loro non volere che ragazze lasciare
    Il nostro paese.
    Così fare di tutto per fare stancare.
    Molti infatti rinunciare dopo
    tanta inutile attesa.
    Ma io non mollo.
    Le dico riprendendo coraggio.
    Dovessi aspettare pure tutta la vita.
    Intanto ad una ad una, le coppie
    vengono chiamate all’interno
    per l’udienza.
    Noi aspettiamo il nostro turno con pazienza.
    Finalmente arriva un tipo dalla faccia di mastino
    Napoletano che ci fa segno di seguirlo.
    Lo seguiamo.
    Entriamo dentro un’ampia sala.
    Di fronte a noi seduti dietro una sorta
    di barriera tipo corte marziale, sono schierati
    coloro i quali davano udienza.
    I signori della Corte, insomma.
    Il mastino ci fa segno di fermarci proprio di fronte
    a loro.
    Poi lui esce e va via.
    Noi ci poniamo proprio davanti a loro
    In piedi, quasi sugli attenti.
    Come ti chiami ?
    Chiede uno di loro a lei.
    La lingua ormai la cominciavo ad afferrare.
    Lei glielo dice.
    Lui prende una sorta di registro e lo consulta.
    L’operazione dura qualche minuto.
    “A breve, avrete una risposta.”
    E tutto quello che ha da dirci.
    Poi lo richiude.
    Un tipo molto loquace.
    Penso.
    Ore di attesa solo per sentirci dire questo.
    Potevano farci una telefonatina.
    Sarebbe stata la stessa cosa con molto
    meno tempo perso.
    Ma forse fa parte della loro tattica
    di scoraggiamento.
    Ci fanno segno che possiamo andare.
    E noi dopo aver salutato rigorosamente
    quasi in forma militare, c’è ne andiamo.
    Dove andare ora ?
    Mi chiede lei fuori dal palazzo.
    Andiamo a mangiare, siccome mi è venuta fame.
    Dove volere tu magiare ?
    All’Intercontinental.
    Infatti ne scorgevo l’alta sagoma in lontananza.
    Era come il Pirellone a Milano.
    Lo si notava da tutte le parti.
    Li hanno almeno la cucina internazionale.
    Non mi va di mangiare schifezze.
    Noi andare allora.
    Al nostro ritorno in albergo,
    troviamo novità.
    Infatti era giunta una consistente
    comitiva di Polacchi.
    Quelli erano i giorni di Solidarnosc
    Il famoso sindacato ideato da un oscuro
    elettricista di Danzica, tale Lech Walesa,
    nato come movimento anti regime
    con la benedizione del primo Papa
    Polacco della storia.
    E c’era molto fermento.
    E questi Polacchi a vederli erano tutti
    appartenenti a questo movimento.
    Cantavano, tenevano al collo le sciarpe
    Inneggianti alla “solidarietà”,
    nelle loro camere, mettevano la radio a
    tutto volume sintonizzata rigorosamente
    sui canali Polacchi per vere notizie
    aggiornate sulla situazione.
    Il regime comunista di Jaruzelsky
    Alla fine aveva tollerato la nascita
    del primo sindacato veramente libero,
    sulla forte pressione del Vaticano
    e dell’Occidente.
    Ma è chiaro che la cosa non era
    assolutamente gradita e ne tantomeno
    lo era per gli altri paesi del Patto di Varsavia
    e del blocco comista.
    Noi c’è ne stavamo in camera.
    Questa storia non mi piace.
    Osservo io.
    Qui finisce male con questi.
    Succederà qualcosa.
    Me lo sento.
    Stavolta la mia profezia era diciamo
    come data per scontata.
    Quella notte sento bussare violentemente
    Alla porta della camera.
    Lei stava come al solito con me.
    Mi alzo.
    Apro la porta e mi trovo
    Due poliziotti con gli Ak spianati.
    Ehi ?!
    Andiamoci adagio ragazzi.
    Non sono mica Al Capone io.
    Passaport !
    Urla uno di loro.
    E stai calmo, ecco tieni.
    Lui lo guarda.
    Italiano ?
    Così c’è scritto.
    Questo lo tranquillizza un po’.
    Abbassano le armi.
    Ma uno di loro allunga la testa.
    E guarda dentro la camera.
    Scorge lei nel letto.
    Cine este ?
    (Chi è ?)
    E la mia fidanzata.
    Lui arretra di colpo.
    Urla qualcosa in direzione
    del corridoio.
    Arrivano due, in borghese stavolta.
    Uno di loro entra dentro la stanza.
    Tu alzati subito.
    Le dice.
    Tu vieni con noi.
    Riesco a capire almeno io.
    Tu aspettare qui.
    Mi dice poi. In Italiano.
    Lei si alza, abbastanza spaventata e li
    Segue.
    Uno dei Poliziotti resta di guardia alla
    Porta.
    Mitra alla mano.
    Mi sento piantonato.
    Passano degli interminabili minuti.
    Do uno sguardo dalla finestra.
    Tutto l’albergo è circondato dalla polizia.
    Vedo i Polacchi rastrellati dalle loro stanze
    salire in fila su dei pulmini.
    Se li portano tutti via.
    C’era da aspettarsela proprio questa visita.
    Poi ritorna lei, accompagnata
    da uno di loro in borghese.
    Fai vedere la tessera.
    Quale ?
    Quella che tu lavori nella Polizia.
    Mi dice lei.
    Io la tiro fuori e la do
    a quello in borghese.
    Lui la guarda molto attentamente.
    Poi ha uno scatto.
    Ehi ?
    Dice ad alta voce con tono ironico.
    Lo sapete ?
    Abbiamo trovato la Polizia Italiana !.
    Poi mi guarda.
    Tu venire con me.
    Mi metto qualcosa addosso, siccome
    Stavo con i soli slip, e lo seguo.
    Ci conduce in una stanza.
    Qui c’è seduto uno sempre in borghese, ma più anzianotto.
    Questo deve essere il loro Boss.
    Penso subito.
    Quello che ci ha accompagnato
    Ci fa cenno di sederci proprio di fonte a lui.
    Ci guarda scrutandoci come se ci passasse ai raggi
    Ics.
    Perché stavi con lui nella sua camera ?
    Le dice d’un tratto.
    Non la sai la nostra regola ? (legge)
    Riesco a capire cosa le chiede.
    Lei risponde pacatamente,
    ma visibilmente impaurita.
    Signore ?
    E’ il mio fidanzato.
    Dobbiamo sposarci.
    Abbiamo la pratica in corso al Consiglio
    Di Stato.
    Non faceva mano nulla contro nostra legge.
    Lui la ascolta in silenzio.
    Poi mi guarda a me.
    Tu saresti Poliziotto ?.
    Si, signore.
    Sei così giovane.
    E sei pure già sottufficiale.
    Signore ?
    Noi ci scusiamo profondamente.
    Io non sapevo questo.
    Pensavo potessimo stare insieme e …
    Quando sarete sposati !
    Solo allora.
    Mi interrompe bruscamente lui.
    Poi ci pensa un po’ in silenzio.
    Potete andare.
    Dice all’improvviso.
    Però, aggiunge rivolto a lei,
    “tu vattene nella tua stanza e resta li !.”
    Da, da….multumesc (grazie)
    Tiriamo un grosso respiro di sollievo.
    La ringrazio molto signore.
    Gli dico alzandomi e porgendogli la mano.
    Lui me la stringe.
    Collega ?
    Mi dice.
    Stai attento, questo albergo non è proprio il migliore
    Della città.
    Poi mi porge il mio passaporto, tipo, puoi andare.
    Non me lo faccio ripetere due volte.
    Ritorno di corsa nella mia stanza.
    Pian piano di rumori dal corridoio
    non se ne sentono più.
    Si staranno ritirando.
    Suppongo.
    Mi affaccio alla finestra.
    Infatti li vedo uscire tutti
    fuori.
    I pulman ripartono.
    Esco fuori dalla stanza.
    Tutto il corridoio del piano
    che prima era pieno adesso
    è desolatamente vuoto.
    Sono rimaste infatti
    le camere tutte vuote
    con le porte lasciate aperte.
    E’ finita la solidarietà !
    Pensavo ironicamente riferendomi
    alla traduzione italiana del noto sindacato Polacco.
    Girando vedo una sola stanza rimasta
    ancora occupata.
    Dentro c’erano ricordo tre ragazzi arabi.
    Questi li hanno risparmiati.
    Evidentemente gli interessavano solo
    i Polacchi.
    Il resto della notte lo passo da solo.
    Lei non verrà.
    Meglio non correre ulteriori rischi.
    L’avevamo già scampata bella.
    L’indomani le busso alla porta.
    Lei è ancora visibilmente
    impaurita.
    Dai, usciamo.
    Facciamo due passi, così ti distrai.
    Poi devo fare la solita telefonata.
    Per tranquillizzare la famiglia.
    Come volere tu Giani.
    Ma di un po’.
    Tu la sbirraglia di qua la conosci bene.
    Chi era quella sorta di squadrone
    che ci ha fatto visita stanotte ?
    Queli in divisa erano Militia.
    Polizia locala.
    Quelli in borghese era Securitate,
    Sicurezza Nazionala.
    Ah.
    Me lo immaginavo.
    Era così tanto per avere conferma.
    Così ho fatto ufficialmente la loro
    conoscenza.
    Ne sentivo davvero la necessità.
    Vieni in Romania e non incontri la famosissima Securitate ?
    Non esiste la cosa.
    Quello più anziano, quello che comandava chi
    era ?
    Non sapere.
    Penso un colonnell, come si dice…
    Colonnello ?
    Ecco, Da, si !.
    Della Sicurezza chiaramente ?
    Da, si.
    Be tutto sommato poi non ci hanno
    maltrattato poi.
    Tu essere salvato da tua tessera di poliziotto.
    Se no loro portare anche te via.
    Buono a sapersi.
    Gente molto suscettibile.
    Che gli faranno a tutti quei Polacchi ?
    Mandare loro via al loro paese.
    Espellere loro.
    Beh, pensavo peggio.
    Magari che li internassero in qualche gulag.
    Lei si mette a ridere.
    Gli autobus di Bucarest erano una
    sorta di ferraglia che marciava per strada.
    Porte aperte, vetri mancanti e cose del genere.
    Un vero lusso insomma.
    Ed era la capitale.
    Timisoara e Brasov già erano molto più moderne
    e funzionali come città.
    Ma forse perché li si sentiva l’influenza
    Asburgica.
    Qui si sente quella Turca e la si tocca per mano.
    Arriviamo alla posta centrale.
    Posto telefonico.
    Entro dentro.
    Prefisso 090…Barcellona….
    Pronto ?
    Madre, sono io.
    Gianfranco !
    Ma che cosa è questa storia ??!!
    Quale storia..?
    Quella che ti vuoi sposare quella comunista !
    Ahi.
    Mio padre deve avere trovato il modo per dirglielo.
    Pensavo.
    E mo’ come si fa ?
    Mi faccio coraggio.
    Figlio ??
    Ma sei impazzito ?
    E poi si dice mogli e buoi dei paesi tuoi !.
    Madre ?
    Non siamo più nell’ottocento siciliano
    del gattopardo, aggiorna il tuo calendario.
    Figlio !
    Ma qui un sacco di ragazze farebbero
    carte false per sposarti.
    C’è Santina la figlia di… che mi
    chiede tutti i giorni di te.
    Poi c’è Giuseppina e …..
    Madre ?
    Quelle non mi piacciono !
    Non ci posso fare nulla io.
    Ma sono figlie di buona famiglia !
    Ed hanno anche una buona dote !!
    Quella li che cosa ti porterà ?
    Nulla !!!.
    Madre ?
    Non siamo più nell’epoca dei
    matrimoni combinati.
    Ma come cavolo te lo devo dire ?!.
    Poi a me dei soldi non mi interessa nulla.
    L’ho detto io.
    Tu sei pazzo, sei proprio un pazzo !.
    Senti, la moglie me la scelgo io.
    E basta !.
    Fai pure la tua pazzia.
    Poi te ne pentirai.
    Ricordati queste parole di tua madre.
    Oh…che stress che sei.
    Passami a papà che è meglio.
    Mi risponde mio padre.
    Ho trovato il modo per dirglielo.
    Ma non l’ha presa bene.
    Me ne sono accorto padre.
    Ma io ho deciso e non torno indietro.
    Lo so figlio, ti conosco.
    Spero solo che tu sappia cosa stai facendo.
    Lo so, padre, lo so.
    Va bene, d’accordo.
    Piuttosto siete stati all’udienza ?
    Si, l’altro giorno.
    Come è andata ?
    Niente, nessuna novità ancora.
    Ti sei andato a cercare proprio
    i guai te.
    In questo mi trovo d’accordo con tua madre.
    Sai padre ?
    E’ la mia specialità.
    E non ti ci mettere pure te adesso.
    Massimo ?
    E’ in giro con gli amici.
    Tanto per cambiare.
    Ma a casa non ci sta mai ?
    Ah ?
    Si.
    Viene per mangiare e per dormire.
    Tipo che la casa sia una specie di albergo.
    Ho capito.
    Me lo salutate voi.
    Quando torni ?
    Domani parto da qui.
    Scenderò comunque qualche giorni li da voi.
    Il mio maresciallo è stato magnanime,
    mi ha dato due settimane.
    Una l’ho fatta qui, l’altra la farò li.
    Ah ?
    Bene !.
    Ti aspettiamo allora.
    Ripongo la cornetta ed esco fuori.
    Lei non la vedo.
    Mi guardo intorno.
    La vedo a sua volta intenta a telefonare
    in una cabina.
    Starà chiamando sua madre.
    Penso.
    Mi siedo ed aspetto.
    La vedo uscire.
    Ma la vedo abbastanza turbata.
    Cosa è successo ?
    Giani.
    La vedo con le lacrime agli occhi.
    Dimmi cos’è successo !
    Insisto.
    Tu sai, essere arrivata risposta
    Del Consiglio di Stato.
    Portarla a casa Georgescu il poliziotto che tu sai.
    Ebbene ?
    Risposta dire “parere negativo”.
    Mi abbraccia piangendo.
    Suvvia Vale.
    C’è lo si aspettava questo.
    Via.
    Non ci scoraggiamo adesso.
    Lo si sapeva già che la prima volta
    dicono sempre di no.
    Faremo subito ricorso.
    Da, da, si.
    Risponde lei calmandosi un po’.
    Vedrai che la prossima volta sarà si.
    Me lo sento.
    Tu ottimista.
    Io dire te che è cosa difficile.
    Hai visto ad udienza quanta gente aspetta
    da anni e con copili (figli) già grandi.
    Ah.
    L’udienza.
    Quegli infami già la sapevano la risposta.
    Potevano pure dircelo chiaro nella faccia.
    Invece di prenderci per i fondelli.
    Tu sapere…
    Burocrazia essere così.
    Loro dare solo risposta formale.
    Posto che vai, stessa burocrazia che trovi !
    Ma via su.
    Andiamo a prenderci un bel drink
    all’Intercontinentale
    tanto per risollevarci il morale.
    Ho fatto pure la rima.
    Lei sorride.
    Tornati in albergo,
    lei viene in camera da me.
    Tu domani partire, vero ?
    Si, Vale.
    Vorrei andare a trovare i miei in Sicilia.
    Sai ha tanto tempo che non ci vado.
    Tu fare bene.
    Non le dico nulla di mia madre.
    Già la vedevo abbattuta abbastanza.
    Se le dicevo anche il pensiero di mia
    madre su di noi, sarebbe scoppiata
    A piangere.
    Beh, adesso è meglio che tu torni alla tua
    camera.
    Non vorrei un'altra irruzione della squadra speciale
    anti polacca e stranieri a caccia di fauna femminile locale.
    Lei ride.
    No, no.
    Io restare qui.
    Essere ultima nostra notte.
    Io rischiare.
    Tu sei coraggiosa.
    Come vuoi.
    Quando tornare tu prossima volta ?
    Ni stai facendo una domanda da
    Un milione e passa di dollari.
    Te l’ho detto.
    Li a Genova di vive alla giornata.
    Oggi non sai quello che farai domani.
    Ma farò di tutto per tornare appena potrò.
    Tu intanto presenta subito il ricorso.
    Da, si, lo farò domani stesso.
    Ti aspetterò Giani.

    Fine della storia.
     
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    Prima parte

    Pregasi fornire cortese urgenza le
    Informazioni di rito confronti….
    Leggo da una pratica che tiro
    Fuori dalla torre di babele.
    Chi fa la richiesta ?
    Mi chiedo tra di me.
    Commissariato di P.S. di Chiavari.
    A questa non rispondiamo mai.
    La prendo e la sposto nella pila
    “resteranno qui per sempre”.
    Altra pratica tirata fuori….
    Solita solfa di richiesta…
    Fatta da…
    Questura di Bologna.
    Ci penso su.
    Bologna a quale serie appartiene ?
    A non di sicuro.
    B può darsi.
    A questa rispondo tra un mese.
    La metto nella pila “si faranno quando
    sarà possibile farle”!.
    Sento aprire la porta.
    Francesco ?
    Ehi Antonio !.
    Entra pure.
    Ma che diamine hai tra le mani ?
    Hai intenzione di dare la caccia
    agli elefanti per caso ?
    Dico questo siccome gli vedo
    portare al seguito una grossa carabina da tiro.
    No Francesco.
    Vado a fare il pattuglione.
    Questo, mi dice mostrandomi l’arma
    è il mio “porta fortuna”.
    Beh, in questo caso la fortuna
    di certo non ti mancherà.
    Ti saluto Francesco.
    E non sforzarti troppo su quelle
    cartacce.
    Buon servizio Antonio.
    Antonio era il nostro armiere.
    Lui era oltre che esperto maestro di armi
    Anche un grosso appassionato
    Delle stesse.
    Ogni tanto mi apriva
    Il suo armadio e me ne mostrava
    qualcuna.
    L’M12, il nostro mitragliatore,
    quando usciva lui di pattuglia
    non se lo portava mai.
    In compenso
    Si portava tutti i tipi di armi
    più strane possibili.
    Chissà dove ha trovato
    quella specie di cannoncino.
    Pensavo.
    Poi riprendo l’esame delle carte.
    Francesco ?
    Altra chiamata.
    Ehi ?
    Ma qui non si può lavorare oggi.
    Era Gaetano.
    Che fai Francesco, vuoi eliminare
    di colpo tutto l’arretrato ?
    Mi chiede ridendo.
    Ridici pure Gaetano.
    Ogni morte di papa mi danno un
    giorno per guardarle ed allora
    me le guardo.
    Tutto qui.
    Solo guardarle pero…
    Vero Francè ?
    Certo Gaetano.
    Vorresti che avessi anche
    il tempo per evaderle ?
    Ci mettiamo a ridere.
    Che si dice dalla Romania ?
    Mi chiede diventando serio.
    Niente Gaetano.
    La prima risposta c’è l’hanno
    data.
    A si ?
    E che vi hanno detto ?
    Hanno detto no !.
    Mi dispiace Francesco.
    Grazie Gaetano.
    Ma era messa in conto questa.
    Abbiamo fatto ricorso.
    Avete delle speranze ?
    Gaetano.
    Se non avessimo delle speranze
    sarebbe la fine, non ti pare ?
    Hai ragione.
    Che si dice giù in Sicilia ?
    Al solito.
    Mi sono sorbito una settimana di cazziatoni
    da parte di mia madre.
    Me lo immagino Francè.
    Eh, ma dovrà accettare la cosa.
    Vuole o non vuole.
    Capirà alla fine Francè, capirà, vedrai.
    Lo voglio credere.
    Francè ?
    Ti sei preso il caffè…
    No Gaetano.
    Neppure io.
    Andiamoci pure allora.
    Qui solo a vedere tutte ste montagne
    Russe viene solo solo il mal di testa !.
    Ed il buon Antonio quel giorno fece
    il colpo grosso della sua vita.
    Ma andiamo per ordine.
    Quel giorno, cosa che mai, il Cavaliere
    Lorongiu per concessione regia mi aveva
    messo di riposo.
    Ne approfitto per andare a Milano,
    per trovare un collega mio pari corso
    che era finito al Reparto Celere.
    Caserma Antonio Annaruma.
    In memoria del collega ucciso in via Larga
    nella città della Madonnina.
    Torno a Genova a sera inoltrata.
    Caserma Sturla, corpo di guardia.
    Entro per fare il buono pasto per andare a mangiare.
    Il collega alla guardiola mi guarda.
    Lei è il Brigadiere della Digos ?
    Si.
    Penso che stasera non consumerà il secondo ordinario.
    Così in gergo veniva chiamata la cena in caserma.
    Il primo ordinario era il pranzo.
    E per quale motivo non dovrei mangiare ?
    Gli chiedo.
    E’ solo la quarta volta che chiamano dal
    suo Ufficio.
    Deve recarsi subito li.
    E’ come mai ?
    Brigadiere.
    Lei che ci sta saprà che la Digos non da
    a noi semplici piantoni del nucleo servizi
    nessuna informazione al riguardo.
    Mi hanno detto di dirle quando sarebbe
    tornato di recarsi immediatamente
    In Ufficio.
    Questo mi hanno detto e questo le dico.
    Ambasciator non porta pena.
    Pena o pene ?
    Gli dico ridendo.
    Pena Brigadiere pena, il pene grazie al
    Cielo c’è l’ho e funziona benissimo.
    Mi fa piacere questo.
    Comunque…
    Ho capito !.
    Ci vado subito.
    Scusami collega.
    Di nulla Brigadiere.
    Risalgo in macchina e faccio rotta
    verso la Questura, via Armando Diaz.
    Faccio in tempo ad aprire
    La porta del secondo piano
    che da accesso alla Digos.
    Trovo Gaetano proprio li nel corridoio.
    Francè ?
    Ma dov’eri ?...
    A Milano, Gaetano.
    Ma piuttosto mi spieghi che diamine sta
    succedendo qui ?
    Vieni, andiamo dentro l’Ufficio.
    Mi dice serio.
    Ci andiamo.
    Mettiti a sedere.
    Lo faccio.
    Stamattina Antonio faceva il pattuglione.
    Mentre stava transitando per la via
    dove è ubicata la casa del Sindaco
    che tu sai rientra tra gli obbiettivi da sorvegliare
    ha notato una Fiat 127 ferma con tre
    persone a bordo.
    Lui si è insospettito.
    Ha ordinato a Raffaele di rallentare.
    Quello lo conosco !.
    Ha detto.
    E’ uno dei sospetti Br.
    Ferma.
    Identifichiamoli tutti.
    Raffaele e Bruno sono andati
    alla 127.
    Li hanno fatti scendere tutti e tre.
    Antonio comunicava per radio la targa
    dell’auto per una verifica immediata.
    Loro, i fermati non battono ciglio.
    tirano fuori i documenti e li esibiscono.
    Arriva la risposta per radio.
    Delta 77…??
    Delta 77 dalla centrale….
    Avanti Centrale !.
    risponde Antonio.
    Attenzione !
    Prestate la massima attenzione !!
    La targa dell’auto che ci avete segnalato è falsa.
    ripeto è falsa !!.
    Antonio ha riposto subito il ricevitore.
    Poi ha preso il solito “cannone” che tu sai
    porta sempre con se e si è diretto verso
    i fermati.
    E’ stato un attimo.
    Quelli improvvisamente
    scappano in tre direzioni diverse.
    A Raffaele resta solo in mano la carta d’identità
    di uno di loro.
    Li hanno subito inseguiti.
    Due sono riusciti a dileguarsi.
    Il terzo però era messo in trappola.
    Impossibilitati a raggiungere gli altri due
    Antonio e i suoi hanno optato per quello
    più facile da prendere.
    Si era fermato infatti proprio sul ciglio della strada
    che dava sulla scarpata sottostante.
    Vistosi perso si è buttato giù di sotto.
    Saranno una decina di metri.
    E’ cascato preciso in uno spiazzale sottostante
    dove è ubicata una Stazione dei Carabinieri.
    Che vistolo cadere dentro lo hanno preso è portato dentro.
    Poi il nostro Dottore Salvatore Genova saputa la cosa
    si è recato subito sul posto.
    Non so come abbia fatto ma è riuscito a farselo
    consegnare dai Carabinieri.
    Gli ha impallato che dovevamo contestargli
    un provvedimento urgentissimo
    e che per questo doveva venire in Questura.
    Quelli se la sono bevuta e glielo hanno dato.
    Adesso è qui, chiuso di la.
    Mi indica la porta che separa la terza sezione
    della Digos, quella dell’antiterrorismo.
    Pare che stia….. parlando !.
    Caspita Gaetano ??!!
    Tutto questo è successo in un solo giorno
    in cui sono mancato da qui ??!!.
    Gaetano ?
    Quello che mi stai raccontando
    Ha solo dell’incredibile.
    Per anni li si è cercati
    E adesso li si trova così..
    quasi per caso
    Ma…siamo sicuri che poi sia
    un brigatista ?
    Francè ?
    La prima cosa che ha detto
    quando lo hanno portato qui
    èstata “Sono un prigioniero
    d guerra e per tale voglio
    essere trattato.”.
    Caspita !.
    Poi siccome è sicuro
    Che sconterà un lunga condanna
    ha chiesto se può dare il
    divorzio a sua moglie.
    Il Dottore Genova lo ha guardato serio.
    Ha capito in quel momento
    il suo punto debole.
    L’amore per sua moglie.
    E’ sposato da poco.
    Vieni con me.
    Mi porta al di fuori della sala
    di attesa sita a metà corridoio.
    La vedi quella li ?
    Mi indica una giovane donna
    seduta accanto a due colleghi.
    Era una bellissima donna.
    Lei non sapeva niente
    di lui, come brigatista
    Intendo.
    Lui è un professore di filosofia
    Qui a Genova.
    E’ originario delle nostre parti però.
    Ma va ?
    Si Francè è di un paesino
    In provincia di Agrigento.
    Si chiama Caragliano.
    Effettivamente è un cognome della nostra zona.
    Ma tornando a noi.
    Il Dottore ci ha chiamati.
    Ci ha detto di andare a prenderla
    E di portarla qui.
    Cosa che abbiamo fatto.
    Poi gliela ha fatta incontrare.
    Ma dai !.
    Si Francè.
    Dopo l’incontro hanno ripreso
    il discorso.
    Genova gli ha citato la nuova legge
    sui collaboratori di giustizia.
    Poi gli ha detto che si avvale di questo
    non è affatto detto addirittura
    che finisca in carcere e che anzi
    sarà protetto d a noi.
    Lui ha chiesto del tempo
    per pensarci su.
    Il Dottore Genova è uscito
    di nuovo fuori ed è venuto qui.
    Ci ha ordinato di portare qui
    subito il nostro medico
    con gli infermieri dell’Ufficio Sanitario.
    E come mai, Gaetano ?
    Sai, la caduta che ha fatto.
    Sempre 10 metri sono.
    E gli è andata pure bene.
    Ha una spalla lesionata.
    Genova gli ha poi promesso
    mentre il medico nostro
    lo curava che lo avrebbe
    fatto ricoverare in caso si decidesse
    a parlare presso l’Istituto Ortopedico
    di Albaro.
    Addirittura.
    Si, si.
    Lui poi sai non si aspettava
    questo trattamento da noi.
    Pensava che magari lo sottoponessimo
    a tortura.
    E’ rimasto molto sorpreso.
    “Mi aspettavo che voi della Digos
    foste dei nazisti.”
    Questa voce girava nel loro ambiente.
    Poi si è deciso.
    Collaborerà.
    Il Dirigente ha dato subito ordine
    di rintracciarci tutti.
    Per questo ti abbiamo cercato.
    Qui da un momento all’altro
    potremmo cominciare
    la caccia a questi fantasmi.
    Accidenti Gaetano.
    Per come erano messe le cose
    Stento a credere a quello che mi
    Stai dicendo.
    Io mi aspettavo che questo lo facessero
    i Carabinieri, dopo il blitz di via Fracchia.
    Invece non hanno fatto nulla.
    Ne ha parlato di questo sai ?
    Davvero ?
    Si Francè.
    Ha detto che loro se ne stavano
    nascosti e temevano il peggio.
    Ma dalla Chiesa si è fatto portare
    tutto a Milano per studiarlo lui
    personalmente.
    Così hanno perso tempo prezioso.
    Tempo che loro hanno abilmete
    sfruttato per sparire di nuovo.
    Avevano la chiave di tutti i loro
    covi, hanno bruciato una ghiotta occasione.
    Adesso si spera che quella chiave
    l’abbiamo noi.
    Fantastico Gaetano.
    Si Francè questo è molto
    informato sull’Organizzazione,
    così chiama lui le brigate Rosse.
    Sa tutto di loro.
    E sembra sia un fiume in piena.
    Si apre la porta della Sezione
    Anti terrorismo.
    Ne escono fuori il Dottore Genova
    Accompagnato dai suoi fedelissimi.
    E va deciso verso la porta del Dirigente.
    Si siamo Gaetano.
    Penso proprio di si, Francè.
    Infatti di li a poco, riunione
    Di tutto il personale nel salone convegni.
    Il Dirigente prende subito la parola.
    Signori.
    Adesso sarete divisi in squadre.
    Per ogni squadra ci sarà un componente
    della sezione antiterrorismo
    che saprà tutto su quello che
    dovete fare.
    E ve lo spiegherà per strada.
    Siccome non c’è assolutamente
    tempo da perdere.
    Bisogna agire subito.
    Non dobbiamo ripetere
    l’errore che hanno fatto
    I Carabinieri.
    Adesso formiamo le squadre
    E non appena pronti partite subito.
    Il ballo comincia.
    Da quel momento andammo avanti
    per una settimana di fila.
    Senza nessuna interruzione.
    Per i particolari rimando al
    Racconto “la fine della colonna”
    Dove ho già spiegato tutto.
    Alla fine vengono scoperti
    ben otto covi ed arrestate una
    quarantina di persone.
    La nostra azione sembrava un valanga,
    che si abbatte violentemente a valle.
    Era una sorta di scatole cinesi.
    Scoperto un covo li dentro
    si trovava materiale che faceva risalire
    ad un altro covo.
    E senza perdere tempo ci si andava subito li.
    Poi alcuni degli arrestati, tutti dichiaratisi
    “prigionieri Politici”, sottoposti al
    trattamento psicologico del Dottore
    Genova, avevano subito cominciato
    a collaborare.
    I “pentiti” divennero nel giro di
    pochissimo tempo, due poi tre ed
    infine quattro.
    A loro volta facevano i nomi degli
    altri membri dell’Organizzazione
    Tutta gente insospettabile.
    E li si andava a fargli visita portandosi
    le manette al seguito.
    Da quanto tempo non dormiamo Brigadiere ?
    Mi chiede Bruno.
    Boh ?!.
    Mi sono scordato l’ultima volta che
    l’ho fatto.
    Gli rispondo.
    Eravamo stanchi e sfiniti, ma molto
    soddisfatti.
    L’unica nota stonata era una nostra
    stanza occupata da una squadra di Carabinieri.
    Ma quelli che ci fanno li ?
    Ci chiedevamo un po’ tutti.
    Dottore Ioele ?
    Chiede un collega al Dirigente prendendosi
    di coraggio.
    Ma non aveva detto che se facevamo noi
    una operazione i Carabinieri qui dentro
    non vi avrebbero messo piede ?
    Lui allarga le braccia.
    Ragazzi.
    Ci dice serio in viso.
    Non è che io abbia cambiato idea.
    Dalla Chiesa.
    Il bravo Generale capo dell’Antiterrorismo
    ha telefonato personalmente
    Al Procuratore della Repubblica.
    Ha preteso che i suoi carabinieri dovessero
    partecipare alle operazioni.
    Il buon Procuratore ha dato subito
    il suo consenso.
    Insomma, siamo sorvegliati dai Carabinieri ?
    Chiede ancora il collega con aria di sdegno.
    Ragazzi ?
    Insiste il Dirigente.
    Non vi ci mette anche voi adesso.
    Vi ho spiegato come stanno le cose.
    Via su.
    Non posso farci nulla.
    Fate il vostro lavoro e fregatevene di loro.
    Poi si richiude nel suo Ufficio
    Gremito di giornalisti a caccia
    dei particolari della gigantesca
    operazione in atto.
    In effetti i Carabinieri non partecipavano
    affatto all’operazione.
    Il Capitano e i suoi tre sottufficiali
    si limitavano solo ad osservare
    cosa facevamo noi.
    E non appena partiva una nostra auto
    loro gli si mettevano subito dietro
    e la seguivano.
    E qui aguzzammo l’ingegno.
    Praticamente partiva una nostra auto
    con direzione fasulla, tanto per portarli
    fuori pista.
    Loro la seguivano subito.
    Poi partiva quella invece diretta
    nella direzione giusta, senza nessuno che
    la seguisse.
    Sicchè depistati gli amici Carramba
    ci dirigiamo a Righi, un altura
    che sovrasta la città di Genova.
    E da dove si gode un incantevole
    panorama.
    Ma noi non eravamo andati
    di certo lassù a goderci questo
    singolare spettacolo.
    Gianluigi Cristiani, quarto pentito
    della serie nel giro di una
    sola settimana, era stato chiaro.
    C’è una casetta isolata a Righi.
    Li andavamo ad addestrarci
    all’uso delle armi.
    Era il nostro poligono di tiro.
    Lo si raggiungeva a piedi, arrampicandoci
    su proprio da quella casetta.
    Inoltre se scavate li intorno troverete
    i mitra che abbiamo sottratto ai due
    Carabinieri della Radiomobile
    uccisi da Riccardo Dura al bar di Sampierdarena mentre
    si prendevano il caffè.
    Più chiaro di così, non poteva essere.
    Troviamo la casa.
    La circondiamo.
    Bussiamo alla porta, armi in pugno.
    E qui arriva la sorpresa.
    Ci apre la porta una vecchietta.
    che Gianluigi ci abbia raccontato solo
    delle balle ?
    E’ la prima cosa che ci chiediamo.
    Cosa volete ?
    Ci dice lei guadando le nostre armi.
    Siamo della Polizia signora.
    dobbiamo fare una perquisizione.
    Ci lasci entrare !
    Lei per tutta risposta alza in alto le mani.
    Mi dichiaro prigioniera politica !.
    Urla.
    Noi ci guardiamo in faccia sbigottiti.
    Possibile che quella vecchietta fosse
    una brigatista ?
    Sarà la nonna di qualcuno di loro !
    Urla Onofrio, collega della terza Sezione.
    Signora ?
    Ma si rende conto di che cosa
    ci sta dicendo ?
    Gli dice il Commissario Parolisi.
    Oh !.
    Uh Belin !
    Mia, lo so bene cosa dico signore
    Io sa sono una vecchia partigiana !
    Sono abituata a stare per i monti.
    Voi siete della Gestapo, vero ?
    Signora non dica fesserie !
    Piuttosto, c’è qualcuno in casa ?
    No, no.
    Sono da sola.
    I ragazzi da qualche giorno non vengono qui.
    Lo credo bene signora.
    Sono stati tutti arrestati !.
    Cosa gli avete fatto ai miei ragazzi ?!.
    Arresterete adesso anche me ?...
    Signora questo lo vedremo.
    Adesso ci lasci passare.
    Effettivamente dentro non c’era nessuno.
    Era come si dice in gergo, un covo freddo.
    Nel senso che era stato abbandonato.
    C’erano si le tracce della presenza
    di persone.
    Alcune brandine, residui di cibo.
    Gianluigi non ci aveva imbrogliato.
    Cominciate a scavare qui intorno !
    Ordina perentorio il Commissario.
    Poi si siede accanto alla vecchietta.
    Come si chiama signora ?
    Io mi chiamo Caterina Picasso.
    Quanti anni ha ?
    Io ne ho ottantasette !
    Signora …
    Ma si rende conto di che cosa ha fatto almeno ?
    Che cosa avrei fatto io…Signor ?..
    Sono un Funzionario della Digos, un Commissario
    di Polizia.
    Commissario ?
    Io non ho fatto nulla !
    Nulla ?
    Ma ha dato ospitalità a dei terroristi !.
    Lo capisce almeno questo ?
    Io…
    Adesso la sua voce si fa confusa.
    Loro mi dicevano che erano rivoluzionari !
    Non mi parlavano di che cosa facevano.
    Mi hanno chiesto solo di ospitarli qui
    di tanto in tanto.
    Erano così bravi con me…..
    E’ vietato fare questo ?..
    Il Commissario si porta la mano in testa
    e se la gratta.
    Signora ?
    Deve seguirci in Questura.
    Non potete arrestarmi !
    E chi ha detto che la stiamo arrestando.
    Ho detto solo ci deve seguire in Questura.
    Tutto qui.
    Ah ?!.
    Mia, belin !.
    Mi sembrate i Nazi !!.
    Forza signora si prepari e ci segua.
    Dottore ?
    Si sente un urlo dalla porta d’ingresso.
    Venga subito.
    Lui si alza e ci va.
    Avevano trovato una cassetta metallica.
    Dentro due pistole mitragliatrici M12.
    No, Gianluigi ci aveva detto il vero.
    Erano i mitra dei carabinieri uccisi.
    Che ne facciamo di lei ?
    Chiede al Commissario il collega Onofrio.
    Non lo so.
    Per ora portiamola in Questura.
    Vediamo cosa dice il Dirigente e soprattutto
    Il Procuratore della Repubblica.
    Da quel momento Caterina venne
    soprannominata “ La nonnina delle
    Brigate Rosse “.
    Sei

    I mitra.
    Mi dice Gaetano.
    Quelli che abbiamo ritrovato a Righi.
    Allora ?
    Dobbiamo consegnarli ai Carabinieri !.
    Cosa ???
    Ha telefonato il Generale al Procuratore.
    Tanto per cambiare.
    Siccome sono stati usati per uccidere quattro
    di loro, si è convenuto che devono
    essere loro a fare il ritrovamento.
    Poi il Colonnello è venuto a farsi
    una lunga chiacchierata con il Questore.
    Il Questore ha poi chiamato
    il nostro Dirigente e…
    Ed ho capito Gaetano !.
    Obbedisco.
    A chi facciamo la consegna
    A quella squadra di spioni che abbiamo qui ?
    Francè ?
    Quale riconsegna ?!.
    Non hai capito bene allora.
    Glieli dobbiamo proprio dare.
    E’ come se li avessero trovati loro.
    Ho capito Gaetano.
    Ma non c’è Antonio l’armiere ?
    No oggi non c’è.
    D’accordo, chiama il loro Maresciallo
    E glieli diamo.
    Francè…..la gerarchia.
    Va bene glieli diamo al Capitano.
    La consegna avvenne così in sordina.
    Avesse detto grazie almeno, l’Ufficiale.
    Neppure quello.
    Se li è presi tipo..dammeli e basta !.
    Sporco poliziotto ed inchinati davanti a noi dell’Arma.
    Ma loro sono fatti così.
    Non si facevo più caso.
    Ormai sembrava che l’operazione fosse
    finalmente conclusa.
    Non saltavano più nuovi nomi ne nuovi covi
    da cercare.
    Così, finalmente ci prendiamo una pausa.
    Del resto continuare sui quei ritmi
    Sarebbe stato davvero disumano.
    Così me ne vado al solito posto telefonico di
    via XX Settembre che sapete.
    Primo prefisso, 040…..
    Stavolta prendo la linea al primo tentativo,
    quello delle 40 iarde.
    Mai successo !
    Chissà, penso, Ceausescu è impazzito ed ha
    aperto le frontiere.
    Come stai ?
    Bene grazie.
    Quando tu venire qui ?
    Vale, adesso vediamo.
    Devo parlare con il mio re, il Cavaliere Lorongiu.
    Ti faccio sapere.
    Li da te pittosto…
    Ne abbiamo novità ?
    Mi ha chiamato la Securitate.
    Resto impietrito.
    E come mai me lo dice così per telefono ?
    Questi mi vogliono fare parlare.
    Penso subito.
    Saranno di sicuro che ascoltano.
    Come mai Vale ?
    Loro dire me che tra breve noi avere altra
    risposta.
    E basta ?
    Chiedere a me un sacco di cose , poi io dire a te.
    Capisco, ne parliamo quando verrò.
    Ti farò sapere quando.
    Ciao.
    Chiudo.
    Cambio di cabina, si passa alle nazionali.
    Altro prefisso 081…..
    Pronto ?
    Signora ???
    Ah tu sei….
    L’amico brigadiere di Andrea !.
    Esatto signora, la saluto.
    Glielo passo subito, sta qua.
    Cosa che mai, penso.
    Andrea ?
    Ehi Francè !
    La sai la novità ?
    No, quale novita ?
    Mi sposo !
    Ci hanno dato o’ permesso !.
    La prossima settimana a Bucarest.
    Complimenti, auguri Andrea.
    Ti mando la partecipazione.
    Ti ringrazio Andrea, ma
    non penso di poter venire così a
    tempi brevi.
    La tua ragazza almeno la posso
    Invitare ?
    Ah, certo.
    Sarà contenta di esserci.
    Lo farò allora.
    Ti ringrazio Andrea.
    Ma ti pare ?
    E voi ?
    Ancora niente.
    Ma è successo una cosa strana.
    Cosa succedette Francè ?..
    L’ha chiamata la Sicurezza.
    Ahi !
    Statti accorto Francè.
    Chilla è gente che non scherza.
    Lo so Andrea.
    E che cosa voleva da lei ?
    Per telefono è meglio non parlarne
    così non me lo ha detto
    Mi ha solo accennato che le hanno chiesto
    un sacco di cose.
    E ci credo !.
    Chissi su sbirri infamoni e fetentissimi.
    Ti ripeto, statti accorto Francè..
    Lo farò Andrea, lo faro.
    Ti saluto adesso.
    Ciao Francè e stammi buono !.
     
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    Seconda parte

    Beh almeno a lui era andata bene.
    Ne ero contento di questo.
    Verrà anche il nostro turno.
    Penso con tono ottimistico.
    Adesso facciamo il prefisso
    più impegnativo.
    090……39° parallelo…
    Pronto ?
    Gianfranco !.
    Sono preoccupatissima.
    E perché madre ?
    Sento il giornale radio.
    Così lei chiamava il telegiornale.
    Era una sorta di abitudine della loro generazione.
    Abituati per anni ad ascoltare la radio, anche
    il Tg televisivo diventava appunto
    il “giornale radio”.
    Li a Genova stanno arrestando
    un sacco di persone.
    Non è che ti hanno impiegato pure a te ?
    Ma quando mai madre !.
    Lo dico come al solito incrociando le
    dita, consapevole della mia spudorata menzogna.
    Ma sento che sono impegnati decine e decine
    di uomini !.
    Madre ?
    Io sto qui all’Ufficio Stranieri.
    A noi non ci impegnano.
    Siamo troppo occupati a fare i soggiorni
    ai marocchini e beduini vari.
    Meno male.
    Ti sei trovato un buon posto.
    Che dice quella comunista ?
    Quella, ha un nome madre.
    Ma chi ti porta a te a cercartela li ?!!..
    Madre ?
    Ma perché mi devi dire sempre le stesse cose.
    Passami a papà che è meglio.
    Avete fatto un ottima operazione.
    Grazie padre.
    Papà ?
    Era ora che vi daste da fare.
    Meglio tardi che mai.
    Ah, certo, questo si.
    Ma erano davvero così tanti questi bastardi ?
    Si, padre.
    E ancora non è mica finita qui.
    Sappiamo che c’è ne sono ancora degli altri.
    Quanti ?
    Non lo sappiamo.
    Uno di loro che si è pentito
    ci ha detto che se non prendiamo i capi,
    i cervelli dell’organizzazione, questi
    a reclutare nuove leve ci mettono poco.
    Ed è così difficile trovarli ?
    Si e no.
    Diciamo che sino a poco tempo fa non sapevamo
    nulla di loro.
    Adesso sappiamo un casino di cose.
    Sappiamo almeno dove andarli a cercare.
    Ci siamo fatti un idea chiara.
    Bravi.
    Ma questi pentiti, sono davvero pentiti ?
    Padre.
    Sai la galera non la vuole fare nessuno.
    Cercano di evitarla sfruttando questa nuova
    legge che consente loro appunto di evitare
    il carcere se decidono di collaborare con noi.
    Io li impiccherei a tutti lo stesso !
    Sempre farabutti sono.
    Padre ?
    Senza il loro supporto non avremmo fatto nulla.
    Purtroppo ci sono utili.
    Ma se non li portate in carcere dove li tenete ?
    Stanno qui con noi in Questura.
    Dormono nelle nostre camerate insieme a noi.
    e gli portiamo da mangiare direttamente
    dalla nostra mensa.
    Addirittura.
    Ci manca poco che li mandiate in albergo !
    Padre.
    Ma perché non vuoi capire.
    Non possiamo rischiare che li uccidano.
    Sanno chi sono, sono segnati
    a morte dai loro ex compagni..
    Non sarebbe una grave perdita la loro.
    Inutile che continuavo a
    spiegargli.
    La sua vecchia mentalità di ex marina militare
    gli impediva di capire.
    Lui era un giustizialista puro.
    Favorevole alla tortura ed alla pena
    di morte.
    Va bene padre, lasciamo perdere.
    Avete notizie della vostra situazione?
    Quella del matrimonio intendo.
    Così so quando ordinare le bomboniere.
    Ma quali bomboniere padre.
    Il matrimonio lo dobbiamo fare per forza li.
    Te l’ho spiegato.
    Poi quando la porto qui in Italia faremo magari il rito
    religioso.
    Che cosa complicata.
    Padre ?
    Non ti ci mettere pure tu adesso.
    Basta la madre.
    Ma allora, novità ne avete ?
    Ah, si.
    Ci dovrebbero dare a breve
    una seconda risposta.
    Bene.
    Faci sapere.
    Non mancherò di farlo.
    Adesso ti saluto e salutami Massimo.
    Massimo ?
    Ma sta qui a casa.
    Davvero ?
    E che cosa è successo di grazia ?..
    Sta male è a letto con la febbre.
    Ah !
    Ora tutto si spiega.
    Salutatemelo voi comunque, devo chiudere
    se non qui oggi ci lascio mezzo
    stipendio.
    Ciao.
    Entro nel sacro Ufficio di Lorongiu.
    Lui non c’era quel giorno.
    Cosa più unica che rara siccome l’Ufficio
    era per lui una sorta di seconda casa.
    dove trascorrere le vacanze.
    C’era Sandro, il maresciallo suo sostituto.
    Sandro era un simpatico piemontese.
    molto alla mano.
    Era richiamato nel senso che si era congedato.
    Poi si era pentito di essersi congedato ed
    era rientrato in Polizia.
    Però veniva richiamato di anno in anno.
    Per lui era una sorta di spada di Damocle questa.
    Bastava che combinasse qualsiasi sciocchezza
    perché non lo richiamassero più.
    Per cui era molto accorto e scrupoloso su
    quello che faceva, attento a non sbagliare.
    Ciao Sandro.
    Ciao Franesco.
    Non c’è il Cavaliere ?
    Gli chiedo.
    No.
    Si è preso dieci giorni di ferie, sta facendo
    il trasloco.
    Capisco, Sandro.
    Allora posso chiedere a te ?
    Puoi chiedermi cosa ?
    Una licenza !.
    Quando la vorresti ?
    Pure subito.
    Questa settimana no.
    Domani arriva Berlinguer.
    Dobbiamo fargli la scorta.
    La prossima settimana ti andrebbe bene ?
    Mi va benissimo.
    Ma intanto ti metto come capo scorta
    dell’Onorevole Berlinguer.
    Ti sta bene ?
    Non c’è problema Sandro.
    Ah, grazie. !.
    Ormai finita la retata dei brigatisti,
    si stava tornando ai servizi
    di routine.
    In Primis le scorte.
    Quando si comincia ?
    Stasera.
    Andate all’Hotel Plaza.
    Lui arriva da Roma ed alloggerà li.
    Benissimo, solito 19,00/24,00.
    Lorongiu deve avergli passato le consegne.
    Penso.
    Non c’è neppure bisogno di guardare
    Il servizio.
    Per cui saluto ed esco.
    L’Hotel Plaza è sito proprio nel centro
    della Città.
    Non è proprio un albergo di superlusso
    ma è abbastanza dignitoso.
    Era quello preferito dai comunisti.
    Tipo Luciano Lama.
    I Democristiano invece se ne andavano a
    Piazza Principe in un albergo a cinque stelle.
    Beh, deve tenere alta la tradizione operaia.
    Dico a Bruno mentre scendiamo dall’auto.
    Lui ride, prendendo la pistola e mettendosela
    a portata di mano.
    Ma il compagno Enrico non dovrebbe correre rischi.
    Mi dice.
    A lui i suoi compagni brigatisti non lo toccano di
    sicuro.
    Mi dice ridendo.
    Non lo credere Bruno.
    Dopo che hanno ucciso Guido Rossa che
    era un operaio sindacalista della Cgil dell’Italsider
    questi sono capaci di tutto.
    Per cui meglio sempre tenere gli occhi
    ben aperti.
    D’accordo Brigadiere.
    Lasciato il collega del Commissariato
    Nella Hall a sorvegliare l’ingresso,
    saliamo al piano dove è sita la
    camera presso cui alloggia.
    Notiamo due persone sedute dietro
    la sua porta.
    Polizia.
    Dico subito esibendo la tessera.
    Voi siete ?
    Uno di loro si alza subito.
    Ci scusi signore.
    Noi siamo qui a sorvegliare
    il compagno Enrico.
    Siete…colleghi ?
    No, no.
    Siamo operai dell’Ansaldo
    iscritti al partito.
    Facciamo parte della sezione
    di Genova.
    Siamo qui a carattere volontario.
    Ci alterniamo a turno.
    A mezzanotte verranno a darci
    il cambio.
    E’ quella cos’è ?
    Gli chiede Bruno notando un
    evidente rigonfiamento al fianco
    dell’uomo.
    Scusateci ancora signori.
    Ve lo stavo per dire appunto.
    Siamo armati.
    Ma abbiamo il porto d’armi, adesso
    ve lo esibiamo.
    Effettivamente erano autorizzati a portare
    l’arma.
    D’accordo.
    Gli dico.
    Comunque mi raccomando non prendete nessuna iniziativa.
    Qualsiasi cosa la riferite a noi.
    Siamo qui apposta, siamo di scorta.
    Sarà nostra premura farlo…signor…?
    Sono un Brigadiere della Digos.
    Mi scusi allora signor Brigadiere.
    qualsiasi cosa notiamo si insolito ve la
    riferiamo subito.
    D’accordo.
    B’è visto che ha gli angeli custodi,
    scendiamo giù al bar a prenderci qualcosa.
    Mi dice Bruno.
    Mi sembra una buona idea.
    Saliamo ogni tanto e gli amici
    ci aggiornano sulle novità.
    Saliamo su.
    Si sa cosa farà l’onorevole ?
    Chiedo ai due seduti dietro la sua porta.
    Stasera non esce, siccome è stanco.
    Domani mattina deve andare
    a fare un giro per visitare le sezioni
    dell’entroterra ligure.
    Benissimo.
    Così ci possiamo organizzare per tempo.
    Ma c’è anche un altro vostro collega
    con lui.
    Chi ?
    Un vostro collega.
    Lui lo segue sempre nei suoi spostamenti.
    Viene da Roma.
    E dove sarebbe ?
    Ha detto che si assentava un po’.
    Tanto qui ci siamo noi.
    Tornerà tra poco.
    Ho capito.
    Scendiamo giù nella Hall.
    Si avvicina un tizio.
    Sono l’Appuntato di scorta.
    Ci presentiamo a nostra volta.
    Mi scuso per non essere stato
    presente al vostro arrivo.
    Ma sapete, ne ho approfittato per andare
    a trovare un parente qui in città.
    Non c’è problema Appuntato.
    Lo avevo lasciato comunque detto
    ai due che gli piantonano la porta.
    C’è l’hanno riferito.
    Domani mattina ci siete voi ?
    Ci chiede.
    Si.
    Si va a fare un bel giretto.
    Ci è stato riferito anche questo.
    Bene allora.
    A domani.
    L’indomani infatti si parte sul presto.
    Si toccano alcune località
    interne del Genovese.
    Berlinguer era un tipo molto semplice.
    Non appena si arrivava sul posto
    scendeva giù scamiciato.
    Giacca gettata sulle spalle.
    E camminava a piedi per il paese.
    Accanto a lui l’Appuntato e subito dietro noi.
    La gente lo riconosceva subito.
    Ciao compagno Enrico !
    Gli grida qualcuno.
    Lui ricambia volentieri il saluto.
    Si ntratteneva per strada a parlare con le persone.
    Alla terza località visitata si era fatta
    l’ora di pranzo.
    Infatti gli iscritti della sezione del posto
    avevano organizzato un pranzo in suo onore.
    Ci dirigiamo però non verso un
    ristorante di lusso, ma verso una
    normale trattoria alla casalinga.
    La classe operaia !
    Mormorava Bruno.
    Si vede che sono compagni.
    Odiano il lusso.
    A noi ci riservano un tavolo all’interno..
    L’Appuntato ci raggiunge,
    Posso sedermi con voi ?
    Ma certo collega.
    Bruno gli tira fuori la sedia.
    Accomodati pure.
    Berlinguer prende posto in un tavolino posto
    al centro del locale.
    Dentro ci sono un po’ tutti gli
    iscritti della sezione paesana del partito.
    Lui ogni tanto si alza, parla
    un po’ con tutti loro.
    Stringe molte mani.
    Mi viene un idea.
    Collega ?
    Chiedo all’Appuntato.
    Dimmi Brigadiere.
    Ma che tipo è lui ?
    Ci si può parlare ??
    Avrei un mio problema personale da esporgli.
    Lui mi guarda serio.
    Vieni con me.
    Si alza e mi fa cenno di seguirlo.
    Giunti proprio accanto al suo
    Tavolo, mi presenta a lui.
    C’è un “compagno” della Polizia che le
    Vuole esporre un suo problema.
    Sa lui fa parte del movimento per la nostra riforma.
    Davvero ?....
    Mi fa piacere questo.
    Dimmi pure.
    Mi fa subito Berlinguer.
    Sa Onorevole…
    Chiamami pure Enrico come fanno tutti.
    Sa io mi devo sposare in Romania
    E aspetto la risposta da parte delle loro autorità.
    Lei che dirige il partito comunista più forte dell’occidente
    magari può fare qualcosa ?...
    Gliela butto così.
    Lui mi guarda molto serio.
    Romania ?
    Ma quelli sono dei pazzi !.
    Un compagno di Roma sono anni che aspetta come te.
    Beh, la ringrazio lo stesso.
    Aspetta dammi il tuo nominativo e quello della tua ragazza.
    Vedrò di parlare con il compagno che lavora alla nostra
    Ambasciata a Bucarest.
    Lui conosce molte persone importanti locali li.
    La ringrazio molto.
    Non ti prometto nulla comunque.
    Lo so , ma la ringrazio lo stesso.
    Gli porgo la mano.
    Lui me la stringe.
    Poi lo saluto e insieme all’appuntato
    ritorniamo al nostro tavolo.
    Grazie collega.
    Ma ti pare ?
    Per così poco.
    Tu che lo conosci, farà qualcosa ?
    Guarda è un tipo molto testardo.
    Qualcosa la farà di sicuro.
    Speriamo.
    Tutto avrei pensato di fare nella vita.
    Ma quella di farmi raccomandare per sposarmi
    Quello no.
    Non lo avevo mai pensato.
    Veramente avevo interessato
    anche l’allora Ministro per il Commercio
    con l’estero Nicola Capria.
    Mio zio di Messina, vecchio socialista
    lo conosceva bene.
    Si davano pure del tu.
    Se vuoi gli parlo.
    Mi aveva chiesto.
    Parlaci pure zio.
    Gli avevo risposto.
    E lui lo aveva puntualmente fatto.
    Anche Capria aveva la fama di essere
    molto cocciuto.
    E così adesso le raccomandazioni vanno a due.
    Pensavo mentre le telefonavo.
    040…
    La linea stranamente la prendo di nuovo a prima botta.
    Halo ? (Pronto ?)
    Pronto ?...
    Sono io.
    Giani !.
    Quando tu venire da me ?
    La prossima settimana.
    Bellissimo !.
    Sai telefonare me vostra
    Ambasciata.
    Cosa ?
    Da, si Ambasciata Italiena della Bucaresti.
    E che cosa volevano ?
    Loro chiedere di me, dire me
    che loro possono assistermi.
    Loro dire pure che quando tu venire
    noi andare li da loro.
    Loro volere conoscere noi.
    Fantastico.
    Gli Onorevoli si sono dunque davvero
    mossi.
    Non me lo sarei aspettato.
    Di solito dicono si e poi se ne strafregano.
    Che dire tu Giani ?
    D’accordo Vale.
    La prossima settimana quando
    sarò li oltre la cortina di ferro
    ci andremo.
    Ti hanno chiamato ancora gli amici ?
    Tu hai capito quali.
    Ah ?..
    Da, da, si.
    Poi io dire te quando sarai qui.
    D’accordo.
    Per telefono sempre meglio
    stare muti.
    Poi sta storia che la linea adesso
    si prende a primo colpo non mi piace molto.
    D’accordo allora ci vediamo presto.
    A presto.
    Che novità e questa ?
    Chiedo alla Hostess di terra dell’Ufficio Alitalia.
    Come avete sospeso il volo per Bucarest ?
    Si signore.
    Non facciamo più quella linea.
    O bella questa !
    Ed io come ci vado ?
    Noi le facciamo il biglietto con la
    compagnia Tarom.
    Ta....che cosa ?
    E’ la compagnia aerea di bandiera della
    Romania.
    Noi siamo convenzionati con loro.
    Ho capito.
    La Tarom fa il volo diretto Roma Bucarest
    Senza scalo a Belgrado.
    Meglio.
    Così si arriva prima.
    E l‘aereo Tarom
    Lo vedo in pista a Fiumicino.
    Mentre il bus navetta ci porta
    all’imbarco.
    Tupolev.
    Mi sembra si chiami questo aereo.
    Roba sovietica, bandiera rossa e falce e martello.
    Salgo su.
    Il lusso dell’Alitalia qui è solo
    un lontano ricordo.
    Il tutto è molto spartano
    Però almeno le Hostess sono carine.
    Sull’Alitalia almeno mi sentivo
    di essere in casa sino all’arrivo.
    Siccome l’aeromobile batte bandiera
    tricolore che ti da quel senso
    di Patria.
    Qui, appena mi siedo e si
    avvicina l’Hostess che mi dice
    Vulez Cafea ?..Apa minerala ?
    Spunez !
    (Vuole caffè ? Acqua minerale ?
    Dica pure ! )
    Mi sento già bruscamente
    di essere in terra straniera.
    E siamo ancora a Roma.
    Sono Italiano.
    Gli dicco secco e deciso.
    Ah !
    Tu scusare me, io parlo tua lingua.
    Si, ma ho capito cosa mi
    ha chiesto.
    Un po’ il Romeno lo mastico.
    Ah ?
    Da, bine. ( Si, bene)
    Cortesemente mi porti un caffè grazie.
    Mi porta la sorta di brodaglia
    Turca che usano loro.
    Altro che espresso nostrano.
    Lascia un fondo tutto nero
    Quando lo finisci.
    Ti senti la gola amara come il veleno.
    Non avete caffè espresso ?
    Chiedo timidamente mentre lo guardo storto.
    No, mi dispiace, niente caffè Italieno.
    Insomma.
    O ti magi la minestra o ti butti dalla finestra.
    Ma qui non conviene farlo.
    Mi immagino pure cosa ci daranno da mangiare.
    Ciorba e brodaglia.
    Ma pazienza.
    L’aereo comincia a rullare.
    Si muove, trema tutto quanto.
    Mizzichina.
    Qui se si arriverà dobbiamo recitare
    dieci Pater Noster e cinque
    Gloria al Padre.
    in segno di gratitudine, dico facendomi il segno
    della croce.
    Forza pilota.
    Porta su in alto questo farfallone.
    Mi scappa di dire mentre
    mi tengo al sedile che traballa.
    Bucarest Otopeni.
    Nonostante tutto riusciamo ad arrivarci.
    Guardo al solito la sala attesa.
    La vedo in fondo.
    Lancio uno sguardo tutto intorno.
    Come al solito se ci sorvegliano
    lo fanno abbastanza bene.
    Siccome non noto nessuno in particolare.
    Dopo gli abbracci di rito
    usciamo fuori dall’aeroporto.
    L’albergo di Paolo è sempre uguale.
    Lui anche.
    Ehi Franesco, come va ?
    Bene Paolo grazie.
    Voi fate come al solito e mi raccomando.
    Prestate attenzione.
    Stai tranquillo Paolo.
    Comè questa storia della sicurezza ?
    Le chiedo secco in camera.
    Lei ci pensa un po’ seria.
    Poi comincia a spiegare.
    Loro chiamare me.
    Dire me che uno di loro da quel
    momento si occuperà di me.
    O bella questa.
    E chi è costui ?
    Un tenente.
    Lui essere molto giovane.
    Se chiama Alexandru.
    Alessandro ?
    Da, si.
    Continua.
    Lui ogni tanto chiamare me e chiedere
    di te.
    E che cosa vuole sapere di me ?
    Cosa tu fare in Italia, dove tu vivere e lavorare.
    Ma non lo sanno già chi sono e cosa
    Faccio ?
    Non sapere Giani.
    Loro dire me di farti parlare al telefono.
    Loro volere sapere chi essere Ministro Capria.
    O bella questa.
    E che cosa gliene frega ?
    Non sapere, loro dire me fallo parlare.
    E per la nostra situazione ?
    Alexandru dire me che lui si interesserà a noi.
    Lui dire che suo parere su di noi sarà favorevole.
    Questa almeno è una bella notizia.
    Lui dire che io però devo firmare dichiarazione.
    che non voglio lasciare mio Paese per motivi
    politici.
    Firmagliela.
    In fin dei conti poi è la verità.
    E per quanto riguarda l’Ambasciata ?
    Loro telefonare a casa mia.
    Chiedere mie generalità.
    Poi dire me che noi dovere andare li a parlare con loro.
    da un certo Console Morandini.
    Adesso mi do una bella lavata
    Poi mi cambio ed andiamo all’Ambasciata.
    Meglio farlo subito.
    Da, si.
    Io avere qui indirizzo.
    Loro darlo a me.
    Vediamo cosa vogliono.
    L’Ambasciata Italiana è sita nel centro
    della capitale in quartiere molto elegante.
    E’ un sorta di villa.
    Entriamo.
    Il Console Morandini ci accoglie subito.
    E una persona di mezza età, molto gentile.
    Facciamo le dovute presentazioni.
    Da quanto tempo aspettate ?
    Ci chiede.
    Sarà quasi un anno.
    Quante risposte avete avuto fino ad ora ?
    Una, negativa.
    E’ normale questo.
    Vedete, noi purtroppo non possiamo
    interferire nei loro affari interni.
    Però cercheremo di dare alla signora
    tutta la nostra assistenza possibile.
    Ecco, qui c’è il mio telefono.
    Qualsiasi cosa dovesse avere di bisogno
    mi chiami pure.
    La ringrazio signore.
    Beh, se non altro abbiamo almeno
    l’assistenza ufficiale.
    Le dico uscendo fuori dalla villa.
    Adesso andiamo a pranzare.
    Mi devo togliere dallo stomaco
    i residui delle schifezze che ci hanno
    servito sulla vostra baracca di aereo.
    Tu volare con Tarom ?
    Si, purtroppo.
    Jolanda volare con Tarom, quando lei
    andare in Algeria.
    Dire che aerei essere molto
    strani.
    Me ne sono accorto.
    Ma non c’è altro mezzo purtroppo.
    Tocca adeguarsi.
    Se no dovrei fare l’autostop.
    Lei si mette a ridere.
    Quanto tu restare qui ?
    Non molto purtroppo.
    Più che altro sono venuto per sapere queste
    ultime novità, visto che per
    telefono non possiamo parlare.
    Da, si.
    Ma loro volere che tu parli.
    L’ho capito.
    Vorrà dire che ti racconterò un sacco
    di fesserie.
    Visto che voglio che parli qualcosa gliela dobbiamo
    pur far sapere.
    Lei continua a ridere.
    E quello spione della Sicurezza non ti ha
    chiesto altro ?
    Veramente lui dire me
    Che quando io in Italia loro avere bisogno
    di me.
    In che senso ?
    Devi fare la spia ?
    No, no Giani.
    Non di voi.
    Loro sapere già tutto.
    A loro interessare i Romeni che vivono in Italia.
    Sapere cosa loro fare.
    Se parlare bene del loro Paese o fare propaganda
    contro.
    La dissidenza insomma.
    Da, si.
    A posto siamo.
    Comunque prima pensiamo ad arrivarci
    In Italia.
    Poi si vedrà ed adesso non ci pensiamo
    Più e godiamoci questi pochi giorni che
    Possiamo stare insieme.
    Da, si.


    Fine della storia.
     
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    Questi due racconti riguardano la parte finale della mia carriera.
    Quanti anni sono passati, tutti in un solo volo.
    Cominciamo con il primo.
    Questi li ho scritti quando andavo tempo fa a trovare mio figlio anche lui Poliziotto a Lecco dove faceva servizio.

    Zulu.
    Ore 09, 45.
    Lecco, lungolago Isonzo.
    Me ne sto seduto tranquillo in panchina a prendermi un po' di salubre aria di lago.
    Suona il telefono.
    Cinzia, Cinzia, dice la chiamata vocale.
    La mia collega dell'Ufficio, unica superstite di quella che fu un tempo la Sezione di Polizia Giudiziaria.
    Ispettore ?
    Dimmi.
    Si trova lontando dall'Ufficio ??
    Direi un po' si, soli 1500 km circa, metro più centimetro meno.
    Mannaggia !
    Cosa è successo Cinzia ?
    E' scoppiato il Vulcano Stromboli ??
    No, no.
    Niente, ma la devo disturbare, mi dispiace.
    Dimmmi tutto allora.
    Ha chiamato il Dirigente della Divisione Personale.
    Personalmente di persona.
    Ah si ??
    E che cosa voleva.
    Quella notifica al collega, si ricorda ?
    Si, mi ricordo.
    Bisogna farla atutti i costi.
    Anche se sta in malattia.
    Mi hanno detto di andarci a casa anche con i Carabinieri e farcela.
    Siccome il Ministero è furibondo per il ritardo.
    Ma non ci possono andare loro della Questura ?
    Gli viene anche molto più vicino rispetto a noi.
    Visto che poi interessa a loro.
    No, no.
    Dice che tocca a noi farla.
    Uhm.....
    E tu fai come dicono loro !
    La devo fare ?
    Si.
    Prenditi i Carabinieri, i Finanzieri, i Vigili Urbani quelli del Fuoco i i Metronotte i guardia caccia ,tutti quelli che i vuoi tu e vacci a farla.
    Avessi il teletrasporto verrei io, ma ancora lo devono inventare.
    Ed il Capitano Kirk è impegnato in un altro sistema stellare.
    Va bene Ispettore.
    La farò allora.
    Bene Cinzia allora ti saluto...
    Ispettore ??....
    Veramente ci sarebbero altre cosette...
    Quante ?
    La Contabilità non l'hanno ricevuta, io non la trovo, il Cancelliere chiede di quella traduzzione,
    il Procuratore è arrabbiato siccome dice che siamo fuori tempo e...
    Calma, Cinzia.
    Calma e gesso.
    Ricominciamo daccapo.
    Dimmele tutte per ordine, una alla volta però, se no si intasa il telefonino
    e poi scoppia.
    Tranquillità del lago ?...
    Cos'è ??
    Roba che si mangia ??....

    Zulu.
    Lecco, lungolago Isonzo, ore 10,20 ca.
    Il telefono suona...Cinzia...Cinzia...
    Pronto.
    Ispettore ?
    Mi dispiace dissturbarla tutti i giorni, ma...
    Cosa è suuccesso oggi ?
    Allora.
    La notifica l'ho fatta.
    Brava.
    Con l'Ufficio contabile ho risolto, ho fatto tutto quello che mi ha detto lei.
    Bravissima.
    Ma resta il problema della traduzione, il Cancellere continua ad insistere, il mese sta scadendo.
    Oggi non c'è, mi ha detto di chiamarlo urgentemente domani.
    Domani lo chiamo, tranquilla.
    Grazie, sa mi pressa sempre.
    E tu, smarcati.
    Che cosa ?
    Non capisco..
    Niente è solo un termine calicistico.
    Domani lo chiamo io, tu stai tranquilla.
    Allora ti saluto e...
    Veramente.... ci sarebbe altro.
    Tipo ?...
    Il lMaresciallo dei Carabinieri, suo omonimo, Franco, ha difficoltà a compilare il foglio di uscita dell'Alfa 156
    e non capisce come dare i buoni benzina al rifornimento.
    Magilla ??
    Il maresciallo Gorilla ??...
    Si !.
    Propio lui.
    Ma se glielo avrò spiegato solo mille volte come si fa, andiamo, si vede
    che è Carabiniere, non ècolpa sua.
    Ispettore ???
    Dice che deve andare subito a Messina con il Magistrato e deve fare benzina.
    Se lo può chiamare...
    Lo chiamo io, tu stai tranquilla.
    Chiudo adesso.
    Ma cosa è la tranquillità?..
    Roba che si mangia ??
    O che si beve ???.
     
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    Scrissi questo racconto all'indomani dell'alluvione che colpì la mia cittadina
    il 22 novembre 2011.

    Alluvione.
    Vissuta in diretta, minuto per minuto, come tutto il calcio.

    Ore 07,00.
    E’ ora di alzarsi, E’ ora di alzarsi !!
    Urla il telefono.
    Mi sveglio di soprassalto.
    Sento fuori, al di la della serranda abbassata uno scroscio
    di pioggia tipo che nostro Signore dal Cielo ci buttasse giù
    dei copiosi secchi d’acqua a ripetizione automatica.
    Prendo la caffettiera, e la metto su.
    Poi, timidamente tiro su la serranda.
    Ho conferma che una sorta di uragano Carmelina, lo chiamo
    così, alla siciliana si sia abbattuto su di noi.
    Come si fa a raggiungere l’Ufficio ?
    Mi chiedo.
    La strada sotto, vista dal 4° piano è una sorta di torrente
    che scorre in piena.
    Preso il caffè, mi vesto.
    Tiro fuori i vecchi anfibi di lontana memoria e li indosso.
    Meglio aspettare, vediamo se smorza almeno un po’.
    Mia moglie mi dice.
    Ma dove diavolo vorresti andare ?
    Indovina.
    Le rispondo.
    Tu devi essere matto.
    Ma apposta ho deciso di fare il poliziotto !.
    Alle otto e trenta c’è una sorta di occhio del ciclone.
    Ne approfitto a volo e scendo giù.
    La strada la percorro in fretta con l’auto che di solito non prendo
    Mai per andare a lavorare, siccome è vicino, ma per strada ci sono solo io.
    Arrivo in Ufficio ed anche li ci sono solo io.
    Riprende a piovere alla grande, appena in tempo, l’occhio
    del ciclone è passato.
    La violenza della precipitazione è davvero spaventosa.
    Non si vede nulla.
    Vado all’ingresso.
    Li ci stanno gli amici della Municipale.
    Hanno la radio accesa.
    La ascoltiamo con attenzione.
    Per il momento ancora la situazione va, però il torrente
    si sta ingrossando a vista d’occhio.
    Sento.
    Paolo, se ci sono novità, chiamami subito.
    Torno in Ufficio, il telefono suona.
    Sono Cinzia.
    Dimmi pure.
    Io non so se venire li, qui a Villafranca ci hanno telefonato
    a casa a tutti.
    Hanno chiuso le scuole, hanno detto di stare chiusi dentro,
    di non uscire.
    Ti hanno detto bene.
    Stattene li e non muoverti, è un ordine !
    D’accordo, ma lei come ha fatto ad arrivare all’Ufficio ?
    Sai, ho preso l’aliscafo.
    Se tutto va bene, ci vediamo domani.
    Speriamo.
    Ore 11,00 e qualche cosa.
    La radio di Paolo urla….
    Sta per straripare il torrente !
    Fate sgomberare tutto e tutti, subito, subito !!!
    Ore 12 e 00.
    Il Torrente è straripato !
    Al ponte del Tribunale !!!
    Urla la radio.
    La via Roma è invasa, tutto il centro è invaso.
    Anche la via Don Bosco, un fiume di acqua e fango viene giù.
    Passano interminabili minuti.
    Si hanno notizie di vittime ??
    No, no.
    Solo auto portate via e tanti allagamenti.
    Tiriamo un respiro di sollievo.
    Arriva il collega Maresciallo della Finanza, Carmelo.
    Francesco ?
    Che cosa c’è, gli chiedo.
    Il Sostituto Procuratore dice che dovremmo portargli un fascicolo
    urgente al Tribunale e…
    E lui sta qui, oppure in Giappone ?
    Cerca di spiegargli che probabilmente se c’è
    ancora il Tribunale è un miracolo Divino.
    Cercherò di farlo.
    Mi risponde sorridendo.
    Arriva il pomeriggio.
    Mi chiama mia moglie.
    Tutto bene li ?
    Si si.
    Qui siamo stati risparmiati dalla piena.
    San Giovanni e tutta la zona ovest è illesa.
    Tutto il resto è sotto il fango.
    Tu non ti muovere di casa.
    No, no.
    Benissimo.
    Carmelo è preoccupato.
    Come farò a tornarmene a Milazzo ?
    Tutte le strade sono bloccate.
    Aspetta che chiamo la Stradale.
    Forse verso le 19,00 riaprono l’autostrada.
    Speriamo.
    Se no a casa mia, un letto c’è ed anche una
    ciotola di minestra, stai tranquillo.
    Ti ringrazio Ispettore, ma sai vorrei tornare
    dalla mia famiglia, dalle mie bambine.
    Milazzo è messa pure male, anche se non come qui.
    Tranquillo Carmelo, ci tornerai.
    Il collega era ottimista sulla riapertura.
    E’ crollato il ponte di Calderà.
    lato mare è impossibile arrivarci.
    L’unica via è l’autostrada.
    Ore 17,00 ca. smette si piovere.
    Finalmente.
    Si vedono le stelle.
    Ritorno a casa.
    Poso l’auto, fortuna che sto su un colle, penso.
    Esco fuori a piedi, provo ad andare
    verso il centro.
    La mia zona è illesa, ma già
    Andando avanti per il Corso Garibaldi
    Il fango sommerge tutto.
    L’Amico Salvatore è con la pala in mano
    cerca di ripulire come può la sua pizzeria
    da asporto.
    Tanti ragazzi e ragazze con stivaloni di gomma
    a spalare.
    L’atmosfera è surreale, sembra una sorta di immediato
    dopo guerra.
    I ragazzi del battaglione Aosta sono appena arrivati con le loro
    camionette e danno una mano anche loro.
    Chissà quanto tempo ci vorrà penso.
    Ma c’è la faremo !.

    Fine

    Beh, adesso posso dire che:
    C'è l'abbiamo fatta !.
    E senza aiuti di sorta.
    Quelli vanno solo per il "ricco" Nord.
     
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    Prima parte


    Strade urbane di Genova.
    Una mattina dell’anno del Signore 1981.
    Siamo in giro per la città, io seduto davanti,
    Bruno seduto dietro, Sandro invece è alla guida.
    Servizio di pattuglione in città.
    “Sorveglianza dei noti obiettivi. Sensibili che
    Insistono sul territorio”.
    c’era scritto sul sacro registro del servizio
    del buon Cavaliere Lorongiu.
    E noi sorvegliamo.
    “Delta 77, Delta 77 da centrale !!”.
    Gracchia improvvisamente la radio.
    “Delta 77, Delta 77, mi sentite ??”.
    Qui Delta 77, centrale.
    Avanti….
    siamo in ascolto.
    Brigadiere, deve rientrare subito
    in caserma a Sturla.
    Motivo ?
    Ha telefonato qui un nostro Tenente.
    L’aspetta li al suo alloggio che lei ha in caserma.
    Ha detto di andarci immediatamente !.
    Kappa ricevuto, centrale.
    Che si fa ?
    Chiede Sandro.
    E che cosa volete che si faccia ?
    Si va li.
    Ma Brigadiere Franco, e i servizi di sorveglianza ?
    Che facciamo, li abbandoniamo ??
    Bruno.
    Quando un superiore da un ordine, allo stesso va dato
    Immediato riscontro.
    Recita il regolamento di servizio.
    Ma Franco…
    Anche la sorveglianza è un ordine.
    E poi, cosa vorrà da te quel Tenente ?
    Bruno ?
    L’ordine sopravvenuto annulla quello
    precedente.
    E poi, sembrerà banale come risposta,
    ma se non vado li, come a faccio a sapere cosa l’ufficiale
    voglia da me ?!-
    Per cui Sandro, fai subito rotta verso Sturla.
    Come lei Comanda Brigadiere.
    Lo trovo proprio accanto alla porta del mio alloggio.
    Veste la divisa, sembra un ufficiale tedesco delle SS.
    Ma come avrà fatto ad entrarci dentro ?
    Pensavo tra di me.
    La porta era chiusa a chiave.
    E lei il Brigadiere che alloggia qui ?
    Mi chiede perentorio.
    Si, signor Tenente.
    Le sembra questo il modo di tenerlo ?
    In che senso, signore.
    E me lo chiede anche ?
    Qui c’è di tutto !
    PER DIANA !!!!!!
    Cucina, frigorifero, televisore, impianto stereo !!
    Mi scusi, ma è tutta roba mia.
    Non le contesto questo !
    Le contesto che non può tenere tutta questa roba
    in una caserma !!
    La cucina poi !!!
    E PURE LE PATATE CI SONO !!!
    Lei deve magiare alla mensa !!
    Ma…Signore ?
    Io sono alla Digos.
    I miei orari spesso sono incompatibili con gli orari della mensa.
    Non è una giustificazione !
    E tutto il resto poi ?
    Ma Signore ??
    Io devo pur vivere.
    Non posso andare sempre al cinema.
    La Tv me la guardo per passarmi il tempo la sera.
    Stesso dicasi per l’impianto Stereo….
    Brigadiere ?....
    Forse non ci stiamo capendo.
    Lei qui consuma corrente elettrica dell’Amministrazione.
    E questo è un vero abuso, !!.
    Tenente ?
    Se il problema è solo questo, sono disposto a pagarla
    La corrente.
    Mandatemi pure la bolletta ch la pago io.
    Brigadierè ?
    LA FINISCA !!
    Le consento solo di usare al limite solo il Fon per asciugarsi
    i capelli dopo la doccia !.
    Grazie Signore.
    Lei è davvero…”umano”.Scendo giù piuttosto sconsolato.
    I miei due colleghi mi aspettavano in macchina.
    Beh ?
    Che voleva l’ufficiale ??
    Mi chiede Sandro.
    Sandro ??
    Lasciamo perdere che è meglio.
    Poi gli racconto l’amichevole colloquio intercorso.
    Brigadiere ?
    Se ero io al tuo posto lo prendevo a pugni.
    A costo di finire al Tribunale Militare.
    Ma io morirò appuntato.
    Tu devi farti la carriera.
    Ti capisco.
    Vedete ragazzi.
    Non è colpa sua.
    Questi escono dall’Accademia con le briglie
    davanti agli occhi come i cavalli.
    E con la testa completamente lavata a secco.
    Ma questo animale !
    Urla Bruno.
    Ma non avesse altro di meglio da fare che
    andarsene in giro a rompere le balle alla truppa ??!!.
    Vedi Bruno.
    Loro non fanno servizio come noi.
    Loro fanno solo ispezioni.
    Il loro compito è proprio di rompere i santissimi
    a quelli che lavorano.
    Li addestrano apposta.
    Delta 77 ??...Delta 77 da centrale !!.
    In ascolto centrale.
    Delta 77 ?!.
    Dovete rientrare subito in Ufficio.
    Brigadiere vada dal suo Comandante di Sezione.
    Kappa ricevuto.
    Metti in moto Sandro.
    Oggi è la mattinata delle convocazioni.
    Abbiamo sentito che voleva il Tenentino.
    Sentiamo mo’ cosa vuole il Maresciallone.
    Toc Toc….
    Busso alla sua porta, sempre rigorosamente chiusa.
    Posso Cavaliere ?
    Ah Di Blasi !.
    Avanti Brigadiere, entri e si accomodi pure.
    Grazie Comandante.
    Per radio cercato vi avevo.
    Ma sala operativa detto mi ha
    che siete andati in Caserma.
    Come mai ?
    Ora le spiego.
    E gli racconto il tutto.
    E solo per questo abbandonato il servizio avete ??
    Guardate che cosa grave questa è !!.
    Cavaliere ?
    Quello è un Tenente, che cosa potevo fare ??
    Mi ha fatto chiamare dalla Sala Operativa.
    Mi ha ordinato di rientrare in Caserma.
    Gli rispondo allargando le braccia.
    Davvero dalla Sala Operativa chiamare vi ha fatto ??
    Si Cavaliere.
    Lo può chiedere a loro.
    Le confermeranno la chiamata.
    Vengono registrate tutte.
    Lui mi guarda serio.
    Molto serio.
    Poi alza il telefono.
    Centralino ??
    Passare mi può il Tenente Frigio del Reggruppamento ?
    Si sente un assenso e “resti in linea”.
    Tenente ??
    Lorongiu sono.
    Comandante di Sezione della Digos.
    Come permesso si è di chiamare i miei
    uomini senza chiedere qui il permesso ?!!.
    No, non importare a me cosa lei sia
    e che compiti avesse che abbia !!
    Lei ha distolto ha una auto di importante servizio
    di quest’Ufficio, e per motivi assolutamente
    inutili poi !!!!
    Permesso si è e non si permetta mai più
    di fare cosa del genere !!!!...
    Ora io a parlare con il Dirigente vado.
    Farò fare nota ufficiale di richiamo a
    Colonnello Comandante il Raggruppamento.
    E sappia che i miei uomini la vita rischiano.
    E siccome questo fanno, possono tenere in camerata quello che
    vogliono !!
    Spiegato mi sono ?!!
    La saluto Tenente.
    Abbassa il telefono ancora infuriato
    Come un toro a cui avessero mostrato un
    drappo di colore rosso vivo.
    Ora capivo perché lo chiamavano comandante
    di ferro.
    La ringrazio Cavaliere.
    Ah Di Blasi.
    Ascoltare mi deve.
    Se in futuro qualche altro Ufficiale perditempo
    Cosa del genere permettesse di fare, chiamare subito
    mi deve !!.
    Lo farò !.
    Grazie ancora Cavaliere.
    Va bene, riprendete pure servizio adesso.
    Torno in camerata.
    La guardo.
    Vi siete salvati in calcio d’angolo !.
    Mi scappa di dire guardando il frigo,
    la cucina e…lo stereo e….le patate.
    E visto che la musica è salva,
    ascoltiamocela pure.
    Prendo un disco, Led Zeppelin IV°.
    Lo metto sul piatto.
    Poi però mi fermo un attimo.
    Esco in corridoio.
    Ehi gentaglia ???
    C’è qualcuno che ha fatto o deve fare la notte ???
    Nessuna risposta.
    Chi tace acconsente.
    Penso.
    E se c’è qualcuno che dorme, dorme così bene
    che non sente neppure le cannonate.
    Per cui…. Musica !.
    Poi mi sdraio sul letto.
    Toc, Toc.
    Sento bussare.
    Avanti !.
    Ciccio ?
    Posso….???
    Era Salvo il collega che faceva
    le intercettazioni telefoniche.
    Era un collega di lunga data.
    Sin dai tempi del corso di Trieste,
    poi alla Polgai di Brescia, ed adesso
    qui a Genova.
    Per cui era più un amico che collega.
    Uscivamo spesso insieme, quando eravamo
    liberi.
    Cinema o solenni mangiate da Remo
    o alla trattoria dall’Emiliano.
    Era diplomato ragioniere.
    Sardo di origine ma nato e cresciuto
    in quel di Torino.
    E tifoso del Torino, appunto.
    Oltre che per ovvi motivi del Cagliari.
    Il suo sogno era quello di entrare in banca.
    Entra pure Salvo.
    Ciccio, ascolti roba forte..sento.
    Lo sai che hanno corso un bel rischio ??
    Chi, Ciccio ?.
    Tutti gli aggeggi che tengo qua.
    Gli racconto la storia del Tenentino.
    Cose da pazzi.
    Commenta lui.
    Per fortuna che abbiamo Lorongiu.
    E già.
    Ma…la sai la novità ?
    Quale novità Salvo ?
    Ieri mattina al Palazzo di Giustizia,
    il Procuratore della Repubblica non aveva
    nulla da fare.
    Per cui ha deciso di farsi un giro per l’ottavo
    piano del palazzo.
    Dove abbiamo le sale intercettazioni.
    Ha bussato a quella della Squadra Mobile.
    E gli ha aperto un Agente.
    Lei chi è ?
    Gli ha chiesto.
    Sono l’Agente Iacoi.
    Gli risponde il collega.
    Agente ??
    E il sottuffciale, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria
    dove sta ?
    Me lo chiami subito !.
    Veramente…ci sono solo io.
    Gli replica il collega.
    E’ successo l’ultimo casino.
    Il Procuratore ha cazziato di brutto
    il Questore.
    Il Questore a sua volta a cazziato
    i Dirigenti di Squadra Mobile ed il nostro
    della Digos.
    Per cui da domani in poi, solo gli Ufficiali
    di P.G., così come previsto dalla legge,
    faranno il servizio alla sala intercettazioni.
    Davvero…Salvo ??
    E’ già stato fatto l’ordine di servizio.
    Solo che…
    Solo che cosa, Salvo ?
    Solo che come tu ben sai i tuoi colleghi sottufficiali
    Non ci vogliono andare li.
    Apposta c’eravamo noi Agenti.
    Ma ci vado io !
    Urlo sprizzando grande gioia.
    A me conveniva fare quel servizio.
    Uno, si accumulavano i riposi ed a me conveniva.
    Così mi facevo una bella licenza extra.
    Due, stavi da solo e nessuno ti scassava le balle.
    Tre, finalmente mi toglievo da mezzo alla strada.
    Ciccio ?
    Se glielo vai a dire subito, ti arruoleranno immediatamente.
    Devi parlare con il Comandante della Terza Sezione,
    quella che fa l’Antiterrorismo.
    Il Maresciallo Sangri.
    Mi metto su in fretta e furia.
    Spengo lo stereo.
    Ci vado subito.
    Vieni con me ?
    Volentieri, Ciccio.
    Il tragitto Sturla – Questura centrale
    lo faccio a velocità curvatura sei.
    Il maresciallo Sangri era del salernitano.
    Era una bravissima persona.
    Non faccio in tempo a dargli la mia disponibilità,
    che salta dalla sedia.
    Davvero vuoi andarci ??
    Sei subito assoldato !
    Quello che ci avevo messo domani mi ha già
    marcato visita !
    Cominci domani stesso.
    Grazie Sangri.
    Grazie ??
    Grazie a te !.
    Mi hai tolto una grossa patata bollente dal
    fuoco !!.
    Era fatta.
     
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    Seconda parte

    L’indomani mattina, finalmente
    Mi alzo ad un orario decente.
    Le levatacce, sono finite.
    Penso.
    Siccome questi servizi di intercettazione
    Sono “no stop”, ne finisce uno ne comincia
    Subito un altro.
    Poi si fanno due soli turni.
    La mattina, dalle 8,00 alle due
    Ed il pomeriggio, dalle due alle otto di sera.
    Difficilmente si fa la sera o la notte.
    Solo in caso che ci sia il blocco della telefonata.
    Tecnicamente si spostava una levetta
    e la conversazione veniva interrotta.
    Poi si chiamava l’allora Sip per richiedere
    da che numero e soprattutto da che luogo provenisse
    la telefonata in entrata al numero intercettato.
    Ma erano servizi rarissimi.
    Almeno per noi della Digos.
    Siccome si rischiava di sputtanare il servizio
    E si preferiva non farlo.
    Per cui l’orario c’è lo gestivamo noi.
    In postazione si era da soli.
    La chiave per aprire e chiudere la saletta
    c’è l’ho già in tasca.
    Alla fine di ogni turno, si passa dalla
    Questura e si portano le relazioni
    delle telefonate trascritte.
    Ma se ci passi a portarle mezz’ora
    prima nessuno ti dice nulla.
    In virtù del fatto che è un servizio
    considerato dai più una vera rogna,
    per questo trovarci qualcuno che
    lo voleva fare, era una sorta di
    Pasqua.
    E’ una volta che lo trovavano se lo
    tenevano buono.
    Nel senso che gli permettevano qualsiasi
    trasgressione, senza esagerare comunque.
    L’importante era comunque che consegnavi
    le telefonate trascritte.
    E si trascrivevano solo quelle che avevano
    una sorta di valore.
    Spesso cioè, erano conversazioni su argomenti
    futili, tipo “ho il cane che sta male”, “ Lo porto
    dal veterinario”, o roba di conversazioni
    tra donne che durano delle ore a parlare
    dei loro amori o dello loro cose mondane.
    Li si scrivevano due parole.
    Lunga conversazione tra due donne assolutamente
    Inutile per le indagini attualmente in corso.
    Certo, la seccatura era che dovevi sentirle
    comunque tutte.
    Siccome nella conversazione, apparentemente
    frivola, ci poteva scappare all’improvviso
    la frase che interessava, qualche appuntamento
    o qualche frase sibillina a doppio senso
    da interpretare nel modo giusto.
    Una cosa comunque era sicura.
    Non parlavano assolutamente in modo chiaro.
    Come se molti di loro sospettassero di essere controllati,
    sorvegliati.
    E te lo facevano pure capire.
    Una volta una donna che parlava
    con una sua amica, nel mezzo dei pettegolezzi
    che stavano facendo, di botto dice…
    “Tanto carissima, stai tranquilla.
    che a quel pancione dell’appuntato che ci sta
    ascoltando, non importa un belin di quello che
    ci diciamo”.
    Tipo che ci prendevano pure in giro.
    Ma io ero ben organizzato.
    Come la criminalità organizzata.
    Siccome spesso andavo a trovare Salvo
    li in saletta, per fargli compagnia,
    lui mi aveva insegnato tutti i trucchi
    del mestiere.
    Come maneggiare al meglio i registratori,
    come cambiare a volo i nastri che finivano,
    ed era brutto se questo accadeva mentre la telefonata
    era in corso, dovevi essere velocissimo,
    come al pit stop del gran premio di formula uno,
    quando in pochi secondi si cambiano le ruote.
    Per capirci.
    Per cui ero già preparato per fare questo lavoro.
    Dopo aver fatto la consueta colazione
    Al bar dell’amico Bacci, accanito tifoso
    Genoano, prendo il nr.15 alla fermata.
    Il Palazzo di Giustizia è sito nel centro
    Della città.
    Si sale dalla centralissima via XX Settembre e
    Ci si arriva subito.
    Una struttura modernissima, costruita su di un'altra
    Molto più vecchia, chiamiamola storica.
    Si entra dentro, mischiandosi agli avvocati
    Che fanno via vai entrando ed uscendo con le loro
    toghe tra le mani o in spalla.
    Si prende l’ascensore
    Si schiaccia ottavo piano.
    Li c’è il corridoio più off limits
    di tutto il palazzo.
    Tutto dedicato alle sale intercettazione.
    Nel centro dello stesso c’è l’Ufficio
    Del buon Cancelliere Ruggerini, quello
    che distribuisce i nastri, previa
    esibizione del decreto del Magistrato
    che dispone il servizio.
    Era di Messina, come me.
    Per cui ci permettiamo ogni tanto un veloce
    scambio di battute alla Puddace,
    alias Messinese verace.
    Mannaia…manaia…cai a fari cu tia ?
    (mannaggia, mannaggia, come devo fare con te?)
    Mi consumasti già tutti i nastri chi ti desi ?
    (Mi hai consumato già tutti nastri che ti ho dato ? )
    Mi chiedeva alchè andavo a chiedergli dei nuovi
    Nastri.
    Giovanni?..Ie chi è cuppa mei ?
    Diccillo a di buttanazzi chi parrunu sempri !
    (Dillo a quelle puttanacce che parlano sempre !)
    La mia solita risposta.
    Ogni Ufficio aveva la sua saletta riservata.
    La Squadra Mobile, noi della Digos,
    ma c’erano anche i Carabinieri del Reparto
    Investigativo ed i Finanzieri della Tributaria e
    Dell’anti Droga.
    Ovviamente ci si conosceva, però per ovvi
    motivi non si parlava assolutamente
    di quello che si stava facendo nelle sale.
    Bastava che scappasse un nome o un numero
    e si sputtanava tutto il servizio.
    Una sorta di compartimenti “stagni” insomma.
    Molto stagni.
    Si apriva infine la porta della propria
    sala e ci si entrava chiudendosi dentro.
    Da quel momento il mondo esterno non aveva
    più nessuna importanza.
    Importava solo le conversazioni.
    Cominciando con quelle che erano arrivate la notte.
    Quando non c’era nessuno a sentirle.
    Per sapere quante fossero bastava dare una rapida
    occhiata ai contagiri.
    Questo stanotte ha dormito. Bene !.
    Questa soffre d’insonnia e si va a sfogare
    con sua madre che soffre peggio di lei, lamentandosi che
    Il marito non gliela ficca..
    E così via.
    Li mi portavo i libri e mi mettevo a studiare.
    Poi dalla finestra la mattina si godeva
    Un bellissimo panorama.
    Si vedeva il cortile sottostante dove
    erano ubicate le aule d’udienza.
    Tante bellissime avvocatesse vestite
    all’ultima moda.
    Spettacolo davvero da non perdere.
    Tra una telefonata e l’altra.
    Avevo nostalgia dell’Ufficio ?
    Mi chiedevo.
    Assolutamente no.
    Quando passavo a portarci le relazioni,
    lo facevo di corsa, senza soffermarmi.
    Franco ?
    Mi sento chiamare alchè sono nel corrodio
    del secondo piano.
    Mi volto e vedo Bruno.
    Mio vecchio compagno di pattuglioni e posti
    di blocco.
    Franco ?..
    Mia, belin, ci hai abbandonato !
    Come va Bruno ?
    Male Brigadiere Francuzzo.
    Va male.
    Senza di te a bordo i pattuglioni in città
    sono davvero un interminabile strazio.
    Ci mancano le tue barzellette, le tue
    battute.
    Ci facevi crepare dalle risate.
    Perché ora non vi parlate più ?
    No, no.
    Stefano, il Brigadiere che ha preso il tuo
    posto è un bravo ragazzo,
    Ma in servizio per sei ore di fila
    non spiccica neppure mezza parola,
    Sai che spettacolo stare li.
    Mi dispiace ragazzi.
    Ma ho trovato di meglio.
    Sappiamo, sappiamo Brigadiere.
    Ci hanno detto che adesso sei
    passato nella “difficilissima”, la Terza
    Sezione, a fare lo “spione”.
    Te la spassi a sentire le fesserie che
    dicono le Genovesi, vero ?
    Bruno ?
    Se sapessi cosa dicono…. !
    Me lo immagino, Franco.
    Sono tutte delle baldraccone le mia concittadine.
    Non proprio tutte, Bruno, non proprio.
    Diciamo il 99,9 %.
    Ci mettiamo a ridere.
    Ma adesso ti saluto.
    Devo andare.
    Non ci vuoi stare proprio più qui, vero ?
    Sai, vedendo il posto mi vengono
    In mente tanti brutti ricordi.
    Quando ti stancherai di fare il “Guardone
    Telefonico”, torna tra di noi.
    (Era un termine che si usava in gergo nostro.
    Per coloro che facevano le intercettazioni.)
    Ti aspettiamo.
    Aspettatemi pure, ma non credo che sarà tanto presto.
    Esco fuori e salgo sulla mia cinquecento rossa fiammante.
    Salvo la definiva, la Ferrari in miniatura, quella dei
    poveracci, per capirci..
    Ma per le mie esigenze mi bastava.
    Che strada faccio ?
    Pensavo.
    Per andare a Sturla, mare o monte ?
    Mare !.
    Scendo giù per il viale, giro suù
    Piazzale Kennedy ed imbocco
    Corso Italia, lungomare della città.
    Giunto a metà dello stesso, freno di botto.
    Siccome appare all’improvviso una paletta rossa.
    Scorgo un Carabiniere che la agita vistosamente.
    L’altro sua collega se ne sta dietro la gazzella.
    Mitra alla mano.
    Piano, piano…
    Mi fermo.
    Ed accosto a destra.
    Mi ricordo un episodio che mi era accaduto
    Quando ero in licenza giù sull’isola.
    Mentre eravamo a diporto con degli amici,
    ci fermano i Carabinieri di Furnari.
    Scendo giù dall’auto e mostro orgoglioso
    il tesserino.
    Sono un collega della Polizia !
    Il Maresciallo che comanda si avvicina.
    Mi chiama in disparte.
    Hai fatto bene a presentarti.
    Mi dice.
    Ma se accetti un mio consiglio….
    Mi dica pure Maresciallo.
    La prossima volta, non ti presentare subito.
    Fatti fare tutto il controllo ed alla
    fine quando tutto risulta in regola, ti presenti.
    Faresti una bellissima figura.
    Uhm..
    Ne terrò conto maresciallo.
    La volta successiva era appunto arrivata.
    Seguiamo i “consigli” del Maresciallo.
    Patente e libretto !
    Mi ordina perentorio il Militare.
    Eccoli qui.
    Glieli do.
    Posso scendere giù ?
    Chiedo timidamente.
    Si !.
    Ma non si allontani.
    No, no, mi vado a sedere se permettete li.
    E gli indico una panchina sul Viale.
    Vada pure !.
    Mentre me ne sto seduto, li vedo confabulare
    alla loro radio.
    Passano i minuti.
    Li vedo sempre più agitati.
    Finalmente uno di loro si avvicina a me,
    Mi scusi ?
    Mi chiede pensoso.
    Prego, mi dica pure.
    Ma lei…per caso….
    Lei…è un Brigadiere della Questura ?
    Della Digos ??.
    Risposta esatta Appuntato.
    Evidentemente alla loro radio, risultava questo.
    Appunto si stavono scimmunendo.
    Si chiedevano perché diamine non mi fossi presentato loro.
    Infatti, il capo pattuglia urla nei miei confronti.
    Ma perché non si è presentato subito ??!.
    Gli spiego cosa mi aveva consigliato
    Il loro Maresciallo.
    Ma quel Maresciallo deve essere una gran testa
    Di C…zzo !.
    Urla l’Appuntato.
    Tu lo hai detto.
    Collega.
    Posso andare adesso ?
    Si, si.
    Mi dice riconsegnandomi i documenti.
    Però tutto è in regola vero ?
    Ho fatto bella figura, vero ??
    Collega ?
    Vattene pure a fare in cu….lo !!!!
    Mi dice stizzato l’Appuntato.
    Metto in modo e mi allontano ridendo.
    Me ne stavo seduto a leggere
    Il diritto pubblico.
    Con un occhio.
    Con l’altro tenevo d’occhio i registratori.
    Se si accendeva la lucetta e faceva il classico Bip,
    voleva dire che il telefono controllato
    era in attività.
    Se chiamava, sul display appariva
    il numero che stava componendo.
    Se era invece una chiamata “in entrata”
    si sentiva il rumore del telefono che
    Suonava.
    Tutto tace.
    Bene, si può studiare.
    Quanto è complicato questo esame.
    Ora capisco perché quando
    vado giù, i colleghi universitari
    Mi dicono che lo danno addirittura a
    puntate.
    In due o tre parti.
    Ma io non ho tempo da perdere.
    Non posso scendere giù quando mi pare.
    Per cui lo devo dare per forza di cose
    in un'unica sezione d’esame.
    Forza e coraggio.
    Mi ripeto sfogliando il voluminoso
    testo.
    D’un tratto squilla il telefono.
    Il mio dell’Ufficio.
    Telefono “intelligente”.
    Disabilitato per le chiamate in
    teleselezione.
    Troppi abusi erano stati fatti in passato.
    Mi spiegava Salvo.
    Colleghi che chiamavano perfino parenti all’estero.
    Per cui niente più teleselezione, nazionale o internazionale.
    Solo chiamate urbane.
    Pazienza.
    Quando dovevo telefonare a casa o in Romania,
    la centrale Sip era li a due passi.
    Bastava uscire dal Palazzo dell’Ingiustizia,
    così lo si chiamava scherzosamente
    e via Venti Settembre era li vicino.
    Pronto chi è ?
    Chiedo anche se sapevo che li al 99,9%
    Potevano solo chiamarmi dall’Ufficio
    della Digos.
    Di Blà ?
    Ci sei tu li stamattina ??
    Penso proprio di essere qui.
    Il Maresciallo Falcone sono !.
    Falcone era un giovanissimo
    Maresciallo della Terza Sezione.
    Era riuscito, essendo diplomato, a vincere
    il concorso da Brigadiere, guadagnando
    così un sacco di tempo nel ruolino di marcia.
    Concorso che aspettavo pure io.
    Era lui che coordinava il servizio
    della sala ascolto.
    E faceva da tramite con i Commissari
    che seguivano le indagini.
    Loro, i Dottori, un registratore non sapevano
    neppure come fosse fatto.
    Se cioè fosse fatto di ferro, di gomma o di coccio.
    Dimmi Falco.
    Di Blà.
    Ascoltami bene.
    Ieri sera abbiamo attivato una nuova
    utenza.
    Me ne sono accorto Falco.
    Ha fatto telefonate ?
    No Falco.
    Nessuna chiamata da ieri.
    Tienila particolarmente d’occhio.
    E’ la moglie del “Professore”.
    Il professore era Enrico Fenzi, il teorico
    delle Brigate Rosse.
    Colui il quale scriveva i famosi bollettini.
    Tipo la “Campagna d’Autunno.”
    Era davvero un professore universitario.
    Arrestato la prima volta dagli uomini del
    Reparto Speciale del generale Dalla Chiesa,
    era stato roccambolescamente assolto
    al relativo processo.
    “Indizi di colpevolezza insufficienti.”
    Aveva sentenziato la Corte d’Assise.
    Poi arrivarono i pentiti.
    E stavolta le prove saltarono fuori.
    Da qui il suo nuovo arresto.
    Poi il professore, che mal digeriva
    Il carcere, si era buttato a sua volta pentito.
    E lui era una persona informatissima
    sull’Organizzazione di cui era considerato l’ideologo.
    Stai tranquillo Maresciallo.
    Ok allora Di Bla.
    Buon lavoro.
    Grazie Falco.
    Tu sei raccomandata !
    Dico rivolgendomi alla new entry.
    E riprendo a studiare.
    Sempre col sistema occhio per occhio.
    E d’un tratto l’occhio che guardava i registratori
    con particolare riguardo a
    quello segnalato dal collega, vede
    la luce dello stesso accendersi.
    Qua siamo !.
    Penso subito.
    Metto il segnalibri, poso il tomo e mi sposto
    subito alla postazione e metto
    in testa le cuffie.
    Il volume lo alzo.
    Infatti le telefonate se ascoltate senza cuffia
    si sentivano sin dal corridoio e non
    era il caso di fare pubblicità su quello a cui
    si stava lavorando.
    Vedo sul display apparire uno alla volta
    i numeri che l’utente stava componendo.
    Uhm…chiamata urbana.
    Penso non appena il numero finisce
    la sua composizione.
    Suona.
    Il telefono chiamato suona.
    Qualche secondo di attesa, con la penna
    in mano pronto subito a scrivere.
    Studio legale Parodi.
    Dite pure.
    Sento dire ad una signorina che risponde.
    Sono Alida Velli.
    Mi passi subito l’Avvocato.
    E’ una cosa urgentissima.
    Ahi, ucci ucci qui sento odor
    di guaiucci.
    Penso ancora.
    Subito signora !
    Risponde la segretaria.
    Pronto ?
    Sono l’Avvocato Parodi.
    Mi dica pure signora Valli.
    Avvocato ???
    Ho i Carabinieri in casa !!.
    Può venire subito da me ?|!!.
    Arrivo subito !.
    Sento poi staccare.
    Per la zammara di mio nonno !.
    Esclamo.
    Questa intercettazione comincia subito con il “botto” !.
    Mi tolgo la cuffia.
    Mi alzo di scatto e vado alla scrivania.
    Prendo subito il telefono.
    Questura di Genova
    Dite pure.
    Sono un collega.
    Passami subito il Maresciallo Falcone.
    Provvedo.
    Collega ?....
    Il Maresciallo ha l’interno occupato.
    Digli che sono quello della sala
    “Guardoni Telefonici.”
    Digli testualmente così.
    Un istante, e la linea si libera.
    Dimmi pure Di Bla.
    Ci sono importantissime novità.
    Quali ?
    Gliele dico.
    Porco cane !.
    Questa non ci voleva.
    La stavamo per arrestare noi !.
    Suo marito ha confessato che lei faceva
    Parte dell’organizzazione.
    Avevamo già richiesto il mandato di cattura.
    La solita “concorrenza” !!.
    Giocano sleali, come sempre.
    Falco ?
    Non è detto che l’abbiano arrestata.
    Lei ha detto “Ho i Carabinieri in casa”.
    Probabile che le stiano facendo
    solo una perquisizione.
    Per questo ha chiamato l’avvocato.
    Per farsi assistere alla stessa.
    Uhm…
    Può essere anche questo.
    Facciamo così.
    Tu tienimi informato subito sulle novità.
    Mi hai capito Di Bla ?
    Perfettamente Falco.
    Diciamo che, se trattasi di perquisizione
    chiamerà subito gli amici per commentare
    la cosa.
    Come normalmente avvie in questi casi.
    Se invece non chiamerà nessuno, questo sarà
    un gran brutto segno.
    Concordo con te Di Bla.
    Fammi sapere, mi raccomando.
    Non mancherò di farlo.
    Infatti passano ben due giorni.
    e quel telefono se ne sta muto come un pesce.
    Mi suona il telefono.
    Di Bla ?
    Falcone sono.
    Niente, Falco.
    L’amica nostra non da segni di vita.
    Azz…!!.
    Ma noi dobbiamo sapere cosa è successo.
    E come facciamo Falco ?
    Questo non lo so….Di Bla.
    Aspetta Falco.
    Mi è venuta un idea.
    Quale ?
    Poi ti richiamo io.
    Uhm…
    Ma cosa hai in mente di fare ?
    Lo vado a chiedere al Carabiniere
    della difficile dell’Arma che sta nella sala
    accanto alla nostra.
    Ma sei sicuro di quello che vuoi fare ?
    Falco ?
    Tu vuoi urgenti notizie.
    Giusto ?
    Giusto Di Bla.
    Allora lascia fare a me.
    Chiudo il telefono e mi alzo.
    Apro la porta ed esco, richiudendola a chiave.
    Poi mi dirigo alla porta accanto.
    Mi prendo di coraggio, faccio un sospiro
    e busso alla porta.
    Mi apre il collega dell’Arma.
    Era anche lui un brigadiere.
    Un po’ strano comunque.
    E balbettava vistosamente.
    Mi chiedevo sempre come lo avessero preso.
    Mariano ?
    Gli dico.
    Di.dimmi co.collega de.degli sbra.sbracati.
    Così ci chiamavano loro.
    Posso entrare un attimo ?
    Lui mi guarda serio.
    E..entra pu.pure.
    Tranquillo che non guardo nulla di
    quello che c’è qua dentro.
    Parola di giovane marmotta.
    Tanto loro a differenza nostra non segnavano
    neppure i numeri delle utenze intercettate
    alle loro postazioni.
    Per cui era impossibile capire cosa stessero facendo.
    Mariano.
    Ti parlo chiaro e a carte scoperte.
    Noi abbiamo sotto controllo il telefono della
    Valli.
    E da due giorni questa non parla più.
    Ma io…io che co..cosa ne..po..posso sa.sapere ?
    Ti dico questo siccome l’unica ed ultima volta
    che ha parlato, c’erano a casa sua
    i tuoi colleghi.
    E non certo per farle una visita di cortesia.
    Voglio sapere se l’avete arresta o meno.
    Inutile che teniamo per altri 13 giorni
    l’utenza sotto controllo.
    Facciamo risparmiare lo Stato.
    Ma…io..io…che che ne so !.
    Se ti puoi informare, appunto.
    Mi devi dire solo “si” o “no”.
    Non mi interessano i particolari.
    Lui mi guarda tutto serio.
    Si siede.
    E ci pensa su.
    Poi rompe gli indugi ed alza
    il suo telefono.
    C’è..c’è il co.collega dela Po..polizia.
    Vuole sa.sapere se a.abbiamo a.arrestato
    la..la Va.valli.
    Che co.cosa gli de.devo di.dire ?!.
    Non finisce dirlo, che sento
    urlare letteralmente dall’altra parte del
    telefono.
    Lui ascolta quella che aveva l’aria di
    Essere un robusto cazziatone.
    Poi chiude il telefono.
    Si..si.
    Mi risponde.
    Lo avevo già capito dal tono di come
    ti rispondevano.
    Comunque grazie Mariano.
    Ciao e stammi bene, buon lavoro.
    Cia..ciao !.
    Era fatta.
    Mo’ avviso Falcone.
    Un telefono in meno da controllare.Prima mattina.
    Palazzo dell’Ingiustizia,
    ottavo piano.
    Apro la porta della sala “Guardoni Telefonici”
    Guardo tutte le postazioni.
    Tutte belle tranquille.
    Stanotte avete dormito.
    Bravi.
    Bravissimi ragazzi che siete.
    Dico soddisfatto.
    E visto che non ci sono telefonate
    da ascoltare, si può uscire a
    telefonare a mia volta.
    Richiudo la porta a chiave.
    Esco dirigendomi verso l’ascensore.
    Paesano ?
    Paesanuzzo biddazzu ?
    (paesano bellino ?)
    Mi sento chiamare dal Cancelliere.
    Dimmi Nicola.
    Ta pozzu dumannari na cosa ?
    (Te la posso chiedere una cosa ?)
    Cuntimmilla puru.
    (Dimmela pure)
    Scadiu l’utenza chidda chi sai tu.
    Chi fati, a prorogati ?
    (E’ scaduta l’utenza che sai tu.
    Che fate la prorogate ?)
    No Nicola.
    Sceppa puru tutti cosi.
    (Stacca pure tutte cose.)
    Comi dici tu.
    Allura sceppu ?
    (Come dici te.
    Allora stacco ?)
    Sceppa !.
    (Stacca)
    Ora ti saluto Nicola,
    stammi bonu. (stammi bene)
    A unni vai ?
    (Dove vai ?)
    Ca vicinu.
    Ora vegnu.
    (Qui vicino
    Ora torno.)
    Bona passiata !.
    (Buona passeggiata !)
    Grazie Nicola.
    Con lui era uno spasso parlare
    In lingua madre.
    Ogni tanto così si faceva un ripasso.
    Il cortile è pieno zeppo di gente
    che aspetta l’udienza.
    Con i relativi avvocati.
    Esco fuori e scendo giù.
    Via XX Settembre, posto telefonico Sip.
    Chiamata internazionale ?
    Mi chiede la signora che mi riconosce.
    Si, Grazie.
    Cabina due.
    Entro dentro.
    Prefisso…040…
    Romania…
    Linea presa a prima botta, suona subito.
    Da quando è seguita dalla Sicurezza,
    telefonarle è diventato un gioco da
    ragazzi.
    Pensavo.
    Halo ?
    Pronto ?
    Giani !
    Ti devo dare bellisima notizia.
    Davvero ?
    Da, si Giani.
    Loro dare permesso !
    Noi potere sposarci !.
    Per l’emozione resto senza fiato.
    Giani..ci sei ?
    Ah !.
    Scusami Vale.
    Ma è troppo bella come notizia.
    Essere contenta Giani.
    E tu lo sei ?
    Certo !
    Ma dimmi, quando possiamo
    farlo ?
    Quando noi volere, Giani.
    Loro dare approvatio.
    Approvazione, vuoi dire ?
    Da, si.
    E allora tocca farlo a tempi brevi.
    Prima che cambino idea.
    Vediamo se posso prendermi subito
    una licenza.
    Ti faccio sapere.
    Io aspettare te.
    Bene.
    Adesso devo chiudere.
    Poso la cornetta.
    Ma non c’è la faccio ad uscire.
    La notizia mi aveva fatto salire
    l’andrenalina a mille e uno sommato cento.
    Poi tiro un respiro ed esco.
    Fa adesso la chiamata nazionale ?
    Mi chiede la signora, conoscendo ormai
    le mie abitudini.
    Non subito signora.
    Esco un attimo.
    Adesso torno.
    Come vuole lei.
    Penso ancora che finalmente era
    fatta.
    Non ci potevo credere.
    Ma prima di chiamare a casa e bene
    andarsi a prendere qualcosa di forte.
    Il bar era li accanto.
    Desidera ?
    Mi chiede il distinto barman al banco,
    con tanto di cappellino bianco in testa.
    Lui mi conosce, visto che li ci vado spesso.
    Cosa le posso servire Brigadiere ?
    Un Chivas Regal Aldo.
    Grazie.
    Belin !
    Ma mia, deve festeggiare qualcosa ?
    Eccome Aldo.
    Mi devo andare a sposare.
    Eh ?!.
    Tantissimi auguri allora !.
    Grazie.
    Glielo servo subito.
    Lo butto giù tutto d’un fiato.
    Poi esco e torno alla Sip.
    La signora mi vede.
    Posso ?
    Mi chiede.
    Le faccio un cenno di si con la testa.
    Cabina dieci, vada pure.
    Grazie signora.
    Ora viene la telefonata più difficile.
    Dare la notizia alla madre.
    Sperando che non mi svenga.
    Prefisso 090…..
     
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    Parte terza

    Tu..tuuu..tuuu..
    Suona.
    Pronto ?
    Ciao mamma.
    Gianfranco .
    A ogni morte di Papa di fai vivo !.
    Scusami madre, ma non ho molto
    tempo ultimamente.
    Come mai ?
    Beh sai, gli stranieri sono in aumento
    all’Ufficio ci fanno fare gli straordinari.
    Attento a loro !
    Ho sentito al “giornale radio” che portano
    Malattie.
    Tranquilla madre.
    Siamo vaccinati.
    Quando vieni qui ?
    Non lo so.
    Intanto prima mi devo andare a sposare.
    Sai, ci hanno dato il permesso.
    Attimi di silenzio dall’altre
    parte.
    Lo sapevo che sveniva, lo sapevo…
    Glielo buttata troppo bruscamente.
    Dovevo avere più tatto.
    Gianfranco !!!!!
    Ma tu sei pazzo.
    Sei pazzo !!!!!.
    Ma sei convinto veramente
    a volerti sposare una comunista ?
    Una poi che conosci così, a malapena ???
    Madre ??
    Si !!.
    Altro attimo di silenzio.
    Va bene.
    Se proprio lo vuoi, io approvo la cosa.
    Poi non dire che siamo “all’antica” !.
    Madre ?
    Ma quale antica….
    Ma tu sei modernissima !.
    Grazie.
    Era questo che volevo sentirti dire.
    Figlio mio.
    Se questa cosa davvero ti fa felice,
    io non posso impedirtelo.
    Ma dimmi, quando lo farai ?
    Al più presto possibile.
    Prima che i comunisti che dice tu,
    cambino idea e ci ripensino.
    Io e tuo padre, non possiamo venire allora.
    Sai, visto che hai tutta questa urgenza
    Non facciamo in tempo ad organizzarci.
    Non c’è problema madre.
    Sarete presenti, diciamo, “moralmente”.
    Ci devi capire !
    Lo capisco, lo capisco.
    Ti ho detto che non c’è problema.
    E quando la porterai qui ?
    Non lo so.
    Come non lo sai ?!.
    Vedi, dopo che ci sposiamo, le devono
    Dare il passaporto.
    Dipende se c’è lo danno subito o meno.
    Io, con questi comunisti non ci capisco
    Niente !.
    Non ci fa niente mamma.
    Ma noi la vogliamo conoscere !
    La conoscerete, stai tranquilla.
    Tanto la devo portare prima li da voi.
    Che cosa ?
    Li da voi.
    Il tempo di trovare casa qui, poi la porto su a Genova.
    Pure questa ci mancava !
    Madre ?
    Prima hai detto che eri contenta.
    Scusami.
    Portala pure qui.
    Così va meglio.
    Passami a papà adesso.
    Padre ?
    Ho saputo la notizia.
    Complimenti.
    Grazie padre.
    Non stare a sentire a tua madre.
    Portela qui, tranquillo.
    Padre, il tempo di trovare casa,
    poi la porto con me.
    Ma fai pure con calma.
    Non ti creare problemi.
    Questo volevo dirti.
    D’accordo.
    Mi dispiace che non ci potremmo essere.
    Non fa nulla.
    Tranquillo padre.
    Tanto li facciamo solo quello civile.
    Poi li organizziamo quello in chiesa.
    Ah..certo !
    Fammi sapere quando parti.
    Non mancherò di farlo.
    Chiudo adesso.
    Salutami Massimo.
    Non mancherò.
    Era andata.
    Adesso, tiriamo dritti fino alla
    Questura.
    Tocca convincere Sangri
    Che mi occorre una licenza urgente.
    Di Bla ?
    Come mai stai acca ??
    Mi chiede Lui vedendomi.
    Sai Maresciallo, mi servirebbe subito una
    Licenza.
    Una che cosa ?
    Licenza, Sangri.
    Hai sentito bene.
    Sangri, non aveva il carisma di Lorongiu.
    Lorongiu, se diceva si era si e se diceva no
    Era no.
    Non c’erano margini di trattativa.
    Con Sangri invece si poteva negoziare.
    Come quando si acquista dagli extra.
    Di Bla.
    Maggià capì.
    Se te ne vai te, io a chi ci metto li alla sala ?
    Maresciallo.
    Mettiamola così.
    Io avanzo già due mesi di riposo che devo recuperare.
    E poi, se ti dicessi che da questo momento
    Me ne vado proprio e che ti devi cercare un altro,
    che faresti ?
    No, no !.
    Ma dimmi, e così urgente sta licenza ?
    Si, mi devo andare a sposare.
    Mannaggia a morti !
    Ma la potevi dire subito a’ cosa !!!.
    Ma quanto ti servirebbe ?
    Dieci giorni vanno bene.
    Sono otto riposi che avanzo più due di ferie.
    Concessa guagliò !
    Ci mandero a Salvo, o tuo collega la.
    Ca speranza che a o’ Procuratore non ci
    Venisse in testa di farsi un'altra passeggiata
    Nelle nostre sale ascolto.
    Siccome salvo è Agente.
    Tocca ferro Sangri….
    E Grazie !
    Niente parenti al seguito dunque.
    Tocca partire da solo.
    Pazienza.
    Non mi sarei mai immaginato
    solo qualche anno prima, che
    avrei fatto un matrimonio così.
    Tutto solo e in terra straniera.
    Ma tocca appunto affrettarsi,
    prima che davvero cambino idea.
    Lunatici come sono laggiù, tutto
    è possibile.
    Prenoto il primo volo utile.
    Sempre rigorosamente Tarom.
    Roba da farsi tre volte il segno
    della croce quando ci sali su.
    Altro sintomo che preoccupa
    sono le spiegazioni che lo Steward da
    prima del decollo.
    Di solito le stesse si fanno in modo molto veloce.
    Ti dice le uscite di emergenza sono li,
    le cinture di salvataggio sono sotto il sedile,
    tre mosse per farti capire come fare e finisce li.
    Qui no.
    Le spiegazioni sono molto dettagliate.
    Lo Steward non si limita a dirti la cintura
    è sotto il sedile, ma addirittura la prende
    e la indossa.
    E la gonfia pure materialmente.
    Tipo , ascoltatemi bene che qui il
    rischio di finire a mare è concreto.
    Per cui durante la sua meticolosa spiegazione,
    io me ne sto con entrambi le mani
    sotto il sedie, toccandomi fisso
    le mie cose rotonde che ho in messo alle gambe.
    Ma perché l’Alitalia ha sospeso i voli ?
    Mi chiedevo semi terrorizzato da tante precise
    spiegazioni su come salvarsi in caso
    di disastro aereo.
    Finalmente finisce e si decolla.
    Un progresso lo hanno fatto comunque.
    Niente Tupolev, adesso siamo su un più
    moderno Yliushin.
    Sempre roba sovietica.
    Quello della volta passata, aveva fatto la prima guerra mondiale.
    Questo almeno ha fatto la seconda.
    Pensavo mentre staccavamo dal suolo.
    Tutto sommato infine il volo è molto tranquillo.
    Le male augurate previsioni della premessa
    fortuna che non si sono avverate.
    Bucarest Otopeni.
    Due ore dopo, circa.
    Nel salone controllo passaporti,
    come al solito mentre sono in fila, butto lo sguardo
    in fondo, dove sostano i visitatori
    che attendono gli arrivati.
    Come sempre, la scorgo in lontananza.
    Alzo vistosamente la mano.
    Lei mi vede e lo fa a sua volta.
    Arriva il mio turno alla cabina di controllo.
    Il Poliziotto, faccia da buldog, mi guarda
    con faccia da uno che vuole fare il “terzo grado”.
    Italiano ?
    Così c’è scritto sul passaporto.
    Unde Mergere ?
    (Deve deve andare ?)
    Avez Hoteli ?
    (Ha già un albergo ?)
    Collega Rumeno ?
    Lo interrompo mostrandogli il tesserino di riconoscimento
    Con la patacca Polizia bella in vista al centro dello stesso.
    E facciamola finalmente finita mo’.
    Mi vado a sposare !.
    Lui mi guarda tutto serio e ci pensa
    qualche secondo.
    Domniza este Roman ?
    (E’ una donna Rumena ?)
    Da, si.
    Lui si alza ed esce fuori dalla cabina.
    Mi porge sorridendo la sua mano.
    Multa Traiasca Collega !.
    (Tantissimi auguri Collega !)
    Grazie.
    Gli rispondo, porgendogli la mia.
    Poi rientra dentro e appone il visto
    d’ingresso sul passaporto.
    La multi Ami !
    Mi dice infine porgendomelo.
    Era fatta.
    Uscendo, lei mi viene incontro.
    Dopo un lungo abbraccio le chiedo.
    Hai già prenotato le camere da Paolo ?
    Nu, no, Giani.
    Non este bisogno.
    Tu adesso soziul meu.
    (Tu adesso sei mio marito)
    Tu potere abitare con me la Moreni.
    A casa mia.
    Grande !.
    Rispondo palesando soddisfazione
    per la bella notizia.
    Usciamo fuori.
    Dobbiamo prendere la corriera ?
    Alias la diligenza per El Paso ?
    Le chiedo ancora.
    Nu, no.
    Este amico cu machina.
    (C’è l’amico con l’auto).
    Infatti, scorgo l’amico che solitamente
    ci accompagnava nei viaggi precedenti.
    Abbiamo ripreso le vecchie abitudini !.
    Penso.
    Vedendolo, gli lancio il solito pacchetto
    di sigarette Kent che lui acchiappa a volo.
    La Multi Ami !
    (Tanti auguri !)
    Mi dice salutandomi.
    Grazie amico.
    Noi come al solito prendiamo posto dietro.
    Lui, immancabile sigaretta in bocca, avvia l’auto.
    Io già parlare con Municpiul.
    (La Casa Comunale)
    Matrimonio este già fissato.
    Hai fatto bene.
    Meglio non perdere tempo.
    Che dice l’amico nostro ?
    Chi ?
    L’Ufficiale che ti seguiva.
    Ah !
    Alexandru ?
    Si, lui.
    Non ricordavo il suo nome,
    Este contento.
    Lui dare parere favorevole.
    E questo essere stato decisivo per Cosigliul de Stat.
    (Consiglio di Stato)
    Lo devo ringraziare allora.
    Peccato che da me non si sia mai fatto
    Vedere.
    Lui non potere farlo.
    Lo capisco.
    Pazienza, me lo ringrazierai tu da parte mia.
    Da, si.
    Mi risponde tenendomi abbracciato.
    Beh, se non altro abbiamo
    sfatato il detto Manzoniano
    “Questo matrimonio non sa da fare.
    Ne oggi, ne domani ne mai” !.
    Così si erano espressi i “bravi” con quel
    poveraccio di un terrorizzato Don Abbondio.
    Cosa tu dire, Giani ?
    A niente !.
    Pensavo ad un romanzo che ci facevano
    studiare a scuola.
    I Promessi Sposi o roba del genere.
    Lei sorride.
    Mi dispiace Vale, ma non è potuto
    venire nessuno dei miei.
    Sai, la distanza e troppa, loro hanno poi
    paura dell’aereo e….
    Non importare.
    Importante è che esserci tu !.
    Ah, certo.
    Questo sicuramente si.
    Schiela Mare, Moreni.
    Scorgo dal finestrino l’alta torre
    petrolifera che sovrasta la zona.
    Schiela mare, del resto vuol dire appunto
    Grande Torre.
    Ci fermiamo davanti al cancelletto della
    sua villetta.
    Il nostro autista solertemente
    scende a volo e ci apre gli sportelli.
    Giustamente prima il suo, poi il mio.
    Tieni amico, te lo sei meritato.
    Gli lancio stavolta un intero pacchetto
    di sigarette Kent.
    Multumesck !
    (Grazie)
    Mi dice prendendo come al solito al volo.
    Entriamo dentro.
    Casa sua non era cambiata.
    Aveva oltre un anno che non ci entravo.
    Sua madre ci viene incontro.
    Mi abbraccia a lungo,
    Mi dice un sacco di parole visibilmente
    emozionata.
    Mami dire, mi traduce lei, che è molto
    contenta di rivederti.
    Poi è ancora più contenta che tu diventare
    soziul meu (mio marito).
    Dire che tu sei un bravo ragazzo.
    Se lo dice lei…!.
    Sai, molti non la pensano affatto così.
    Mi scappa di dirle ridendo.
    Nel frattempo arriva anche sua nonna.
    Mi accompagna nella sua stanza, che come
    ricorderete, all’atto del mio arrivo, diveniva
    la mia.
    Poso la valigia e la apro.
    Le porgo il solito regalo, accolto
    con un lungo abbraccio.
    Poi tiro fuori la caffettiera.
    Scusami ma devo fare un caffè come si deve.
    Ho ancora in gola quella brodaglia
    che mi hanno servito sull’aereo.
    Fare pure, Giani.
    Ci sediamo nella sala.
    Sai Giani ?
    Per matrimonio, io invitare solo miei più cari amici.
    Nessuno dei parenti.
    Tranne Mami e Giovani.
    Loro venire dopo a fare noi gli auguri.
    Solo Tatiana, Iolanda con loro fidanzati
    E altre mie amiche che fare Liceul (il liceo) con me.
    Tu essere d’accordo ?
    Come vuoi te Vale.
    Tu hai licenza di organizzarlo come
    meglio credi.
    Poi, visto che non c’e nessuno
    dei miei parenti, questo bilancia la cosa.
    Però, a saperlo glielo dicevo ai miei amici
    di vinedda (vicolo).
    Avrei portato loro.
    Compare Raffaello in primis.
    Amico mio d’infanzia e di tante battaglie.
    Era stato lui in un certo senso a farmi entrare in Polizia.
    Gli avevo espresso tale mio proposito.
    Tanto per fare il servizio militare in un corpo
    si militare ma dai contorni almeno civili.
    Stare a fare la naia in una caserma militare
    a grattarmi le cose rotonde, non tanto
    mi andava.
    A me piaceva l’azione.
    E poi li almeno pagavano.
    Aspetto da non sottovalutare per uno sempre
    in “bolletta” come me quando andavo a scuola.
    Se !
    Mi aveva risposto lui in tono sarcastico.
    Non ti prenderanno mai.
    Uno.
    Perché sei “comunista”.
    Due.
    Se anche di prendono ti diranno appena arrivi.
    Figlio mio, questa vita non fa per te.
    Qui è troppo dura.
    Tornate a casa tua a fare lo studentello !.
    Davvero ?
    Allora vado subito al Commissariato a compilare la
    domanda di arruolamento.
    Vedremo così se hai ragione tu.
    Gli avevo risposto deciso.
    Cosa che infatti avevo subito fatto.
    Il maresciallo che tra l’altro era
    Il padre di un altro grande amico mio,
    aveva poggiato la domanda proprio davanti a me.
    Se sei convinto di quello che fai, firma.
    Mi disse.
    io la presi, la lessi e poi senza
    esitare presi una penna che c’era accanto alla stessa.
    No !
    Urla il Maresciallo.
    Questa è una penna rossa !.
    Non si può con questa ?
    No !.
    E mi porge una penna stavolta di colore nero.
    Tieni, prova con questa.
    Presi la domanda, presi la penna
    e firmai.
    E firmai con il mio nome e il mio nome
    era Bufalo Bill.
    Recitava una famosa canzone di De Gregori.
    A questo pensavo mentre la firmavo.
    Tutto era cominciato così.
    Una bella mattina d’autunno del 1976.
    Giani ?
    Essere uscito il caffè !.
    Le sento improvvisamente dire.
    Questo mi riporta alla realtà.
    Chissà perché ma ogni volta che
    andavo a casa sua, mi assalivano i pensieri.
    Ah, scusami Vale.
    Vado subito, prepara le tazzine.
    Mentre sorseggio il caffè, buono questo,
    altro che brodaglia turca,
    scorgo dalla finestra l’amico poliziotto locale
    che pedalando con il solito pancione, arriva al cancelletto
    a bordo della sua inseparabile bicicletta.
    Il comitato di accoglienza non ha perso tempo.
    Osservo guardandolo.
    Posata la bici, bussa alla porta.
    Cine este ?
    (Chi è ?)
    Sento dire a sua madre.
    Stai tranquilla.
    E’ l’amico Sergente Garcia.
    Ah..Petrescu !
    Lo fa accomodare.
    Lui si asciuga il sudore della fronte.
    Veniva da giù, dal paese.
    e la strada per Schiela Mare da Moreni
    È tutta in salita.
    Si era fatta una sorta di tappa alpina
    Del Tour de Fdance.
    La scalata du col du Turmalet !.
    Pensavo ridendo.
    Vedendomi mi porge la mano.
    A mia volta faccio lo stesso e c’è la stringiamo.
    Collega ?
    Io sono in regola adesso !.
    Gli dico subito.
    Da, da. (si.)
    Mi risponde lui.
    Poi si rivolge a lei.
    Le spiega delle cose nella loro lingua.
    Devi firmare dichiarazione
    che tu abitare qui.
    Mi traduce infine lei.
    Una sorta di foglio di soggiorno
    Insomma.
    Da, si.
    Anche se mi sento un po’ “extra “ comunitario
    alla fine lo firmo.
    Dopo essersi tirato giù d’un fiato
    il bicchiere di suika offerto dalla casa,
    Garcia saluta e se ne va.
    Tu stanco ?
    Volere riposare ??
    Mi chiede lei.
    Magari si.
    Le rispondo.
    In effetti era dal giorno prima
    che non riposavo.
    Nottata sul treno, poi l’aereo di
    prima mattina da Fiumicino.
    La stanchezza cominciava a farsi
    sentire.
    Io chiamare te appena pronto da mangiare.
    D’accordo.
    Mi butto sul letto.
    Stavolta posso dormire.
    Lei non verrà, è impegnata con
    sua madre a preparare il pranzo.
    Come diamine sarà il matrimonio qui ?
    Sarà come da noi ?
    Mi chiedevo girandomi nel letto.
    Ma poi, perché mi sto a pormi tutte ste domande ??
    L’importante è alla fine farlo.
    Inutile preoccuparsi.
    Mi ricordavo il collega Appuntato
    Giacomarra.
    Lui quando mi vedeva arrabbiato o preoccupato,
    mi guardava fisso.
    Poi mi si poneva davanti.
    Brigadiere Ciccio ?
    Tu devi fare come me.
    E tu come fai Giacomo ?
    Semplice Brigadiere.
    Io la mattina quando mi alzo
    mi prendo una pillola di “futtitinni”. (me ne fotto)
    E’ davvero micidiale.
    Ti fa scordare tutto ed il suo
    effetto dura per tutta la giornata.
    Beh, conviene allora prendersi la pillola.
    Dettomi questo infatti, prendo sonno rapidamente.
    Il metodo Giacomarra era praticamente infallibile.
    Giani ?
    Sento all’improvviso nel sonno.
    Essere pronto da mangiare !
    Uhm…
    Arrivo subito, arrivo.
    Il tempo di una solenne lavata ed arrivo.
    Io pensare, noi dopo matrimonio, mangiare
    tutti qui in casa.
    Noi essere pochi.
    Non valere pena andare la ristorante.
    Le sento dire mentre gusto la classica ciorba locale,
    Ti ho detto che hai licenza di organizzare
    il tutto come meglio credi.
    Ma tu essere d’accordo ?
    Si, non c’è problema.
    Il tempo passa presto.
    E la mattina del grande giorno arriva.
    Come arrivano le sue amiche sul presto.
    La prima è Iolanda.
    Lei stava praticamente due villette accanto.
    Con lei il suo Victor, il “lampione” (faro) del Mar Nero.
    Vista la sua altezza e che lavorava al porto di Costanza.
    Poi arriva anche Tatiana, con la corriera da
    Tirgoviste.
    Anche lei accompagnata dal ragazzo.
    Arrivano anche le altre.
    Alcune accompagnate dai mariti, altre
    da sole.
    Ma non siamo poi alla fine in tanti.
    Aveva ragione lei.
    Entriamo benissimo in quattro macchine.
    Matrimonio proprio ristretto.
    Pensavo.
    E dire che mia madre stava già organizzando
    quello religioso al nostro arrivo.
    Ben altra sarà quello.
    Pensavo rabbrividendo.
    Poi tutti eravamo vestiti
    in modo davvero semplice.
    Quasi alla giornata.
    Niente lacchè e pizzi o merletti.
    Sembrava dovessimo uscire
    per farci una tranquilla passeggiata.
    Meglio così.
    Mi sentivo davvero a mio agio.
    Odio lo sfarzo e la confusione.
    Usciamo fuori.
    Noi davanti a braccetto,
    sua madre e suo fratello subito dietro.
    Ed a seguire gli altri.
    Al cancello noto l’amico
    Autista.
    Presumo che noi dobbiamo andare con lui ?
    Le chiedo.
    Da, si.
    Mi sembra pure giusto.
    Lui è ormai il nostro tassista di fiducia.
    Lo saluto e gli tiro l’immancabile
    pacchetto di sigarette Kent.
    Lui come al solito lo acchiappa al volo.
    Mergiamo ?
    Chiedo.
    Da, si, noi mergere. (andare)
    Mergiamo allora !.
    Il Palazzo Comunale di Moreni
    È piccolino.
    Del resto la città non è certo
    Una metropoli.
    Farà si e no ventimila abitanti.
    Davanti allo stesso c’è una piccola folla che ci
    Guarda arrivare.
    Che ci fa questa gente qua ?
    Le chiedo.
    Sai Giani.
    Qui essere prima volta che avvenire
    Matrimonio tra straniero e Romena.
    Come dire…. sono curiosi.
    Ah, capisco.
    Entrati dentro, ci accompagnano
    nella sala dei ricevimenti.
    Ci attende un tipo, che dalla sciarpa
    che indossa con i colori della
    Romania, sembra proprio
    essere il sindaco del villaggio.
    Lui vedendoci le dice di avvicinarsi
    a lui.
    Gli parla per un po’.
    Poi lei viene da me.
    Il Sindaco dire che tu devi
    capire cosa lui dirà durante
    la cerimonia.
    Per questo motivo ha fatto
    venire qui apposta una…come si dice…
    una che tradurre in Italiano.
    Una interprete ?
    Da, si.
    Ma che gentile !.
    Ringrazialo da parte mia.
    Lui dire che è importante che
    tu capire le regole che lui dirà.
    Mi sembra anche giusto.
    Infatti, cominciando il rito,
    una solerte ragazza, mi traduce proprio
    parola per parole, tutto quello che il Primo
    Cittadino dice.
    In effetto, il rito non è che sia
    poi molto diverso da quello Italiano
    Sostanzialmente dopo una piccola premessa
    dove dice che lo Stato Rumeno riconosce
    e tutela la famiglia e manfrine varie
    comincia a enunciare le loro norme
    del codice civile che regolano il matrimonio.
    Che poi sono più o meno le stesse delle
    nostre.
    Tutto il mondo è paese.
    Penso.
    Mentre ascolto le sue parole, prontamente
    tradotte, mi guardo intorno.
    Non che adesso sul più bello, fa irruzione
    la Securitate con tanto di akka kappa
    Spianati, tipo, fermi tutti !.
    Questo matrimonio non sa da fare,
    ne oggi ne domani ne mai !.
    Siete tutti in arresto.
    Ma no.
    Non accadrà.
    In effetti senza il loro benestare non saremmo
    oggi di certo qui.
    Per quale motivo abbiano poi dato
    l’approvazione così presto poi, non lo
    riuscivo a capire.
    Certo la prima volta avevano detto di no.
    Ma quello era il tentativo dalle quaranta iarde.
    Lo si sapeva che non andava in porto.
    Però è bastato il secondo tentativo,
    quello dalle trenta iarde.
    Su questo non tanto ci speravo.
    Ma era andato a buon fine, linea di meta raggiunta
    e superata con l’ovale tra le mani.
    Magari gli avrò fatto simpatia.
    Ma poi, chissà.
    Del resto poco importa ormai la cosa.
    La cerimonia scorre veloce.
    Proprio come avviene in Italia per i riti
    civili.
    Di solito una quindicina di minuti
    cronometrati.
    Alla fine lui ci fa gli auguri e ci
    stringe la mano.
    Multa Traiasca.
    (Tanti Auguri)
    Parte quindi l’applauso dei presenti.
    Che intonano una sorta di coro
    da Curva Sud dello stadio.
    Multa Trasiasca, Multa Traiasca, la
    Multa !!….ripetuto più volte ritmato
    con applausi cadenziati.
    A questo punto mi scende un po’
    D’emozione.
    Era fatta.
    Non ci avrei mai creduto, solo
    qualche anno prima ad una cosa del genere.
    Non dico che mi sarei mai sposato,
    da celibazzo incallito che ero
    ma che soprattutto mi sarei poi sposato
    così.
    In terra straniera con una straniera
    e tutto solo soletto.
    Usciamo fuori io e lei
    Davanti a braccetto e tutti gli altri dietro.
    La folla che aspettava è intanto aumentata.
    Appena ci scorgono uscire, parte
    un lungo applauso con tanto di
    lancio di riso.
    Beh, gli usi poi sono da tutte le parti
    gli stessi.
    Ci fermiamo un po’ per ringraziare.
    Stringiamo molte mani.
    Ci sono di tutti i tipi.
    Giovani, anziani, bambini.
    Poi alla fine riprendiamo
    posto sulle auto con le quali eravamo arrivati.
    Mazza.
    Siamo stati per un po’ l’attrazione della
    tua città.
    Le dico ridendo.
    Tu contento ?
    Ah..Abbastanza !.
    Mergiamo. (andiamo), mergere !.
    Dico al nostro autista, con l’immancabile sigaretta
    Sempre alla bocca.
    Da, da.
    E mette in moto.
    La sua idea di festeggiare a casa sua,
    si è rivelata ottima.
    In un ristorante di certo non avremmo mai
    potuto fare il casino che abbiamo fatto li.
    A parte il fatto che i ristoranti
    del posto erano assurdi.
    Nel senso che c’era quasi sempre
    un orchestrina che suonava musica
    a tutto volume.
    Amplificatori messi sparati a palla
    Che proprio distorcevano il suono.
    Per cui, gli avventori, non riuscivano neppure
    a parlare tra di loro.
    Tanto era il frastuono emanato.
    A casa sua invece, ci siamo
    autogestiti un artigianale impianto stereo.
    Quando abbiamo mangiato, lo abbiamo
    posizionato con musica di sottofondo,
    per poi alzarla decisamente per le
    successive danze.
    Buona era stata anche l’idea di
    invitare solo i suoi amici.
    Eravamo tutti giovani, un ambiente
    ideale e cordiale.
    Prima il pranzo e poi il casino.
    Danze gitane ultra scatenate.
    Che loro ballavano in un modo
    tutto particolare.
    Saltando con le mani levate in aria.
    Poi la sera tardi, stanchissimi
    cominciano le partenze.
    finchè alla fine, restiamo
    Da soli.
    Mi butto sul letto più morto che vivo.
    Lei dopo un po’ viene, come sempre.
    Il tempo di sistemare la casa
    dopo la tempesta che aveva subito.
    La mattina dopo, mi sveglio
    con un forte mal di testa.
    Il tuo vicino lavora ?
    Le chiedo siccome non sentivo la consueta
    musica che solitamente ci assordava
    a quell’ora.
    Da, si.
    Lui lavorare.
    Meno male.
    Così c’è ne possiamo
    stare tranquilli a letto ancora
    per un po’.
    Evitando una levataccia che
    mal ci stava, visto che mi sentivo
    Ancora tutti i muscoli sballati.
    E nello stomaco mi nuotava ancora
    Quello che avevo mangiato la sera prima.
    Quanto tempo passerà adesso
    perché ti diano il passaporto ?
    Le chiedo.
    Io non sapere.
    Loro dire, ci volere tempo.
    Tipo ?
    Una settimana, un mese, un anno..
    O forse mai ?
    Non sapere.
    Loro dire tu aspettare.
    Beh, questo è già buon segno.
    Vuol dire che lasciano capire almeno
    che te lo daranno.
    Da, si.
    Loro dare per forza.
    Solo che prendere tempo per farlo.
    Insomma, ci devono fare penare
    sino alla fine.
    Ma c’è un termine minimo almeno e…
    Nu, nu este. (No, non c’è.)
    Ma una luna (un mese) almeno passare.
    Ho capito.
    Io non posso stare tanto.
    Devo riprendere servizio.
    Se no Sangri si suicida.
    Chi essere questo Sangri ?
    Il mio nuovo padrone, il maresciallo
    che mi comanda.
    Tu non avere più quello che mi dire
    prima, quello della Sardegna ?
    No, no.
    Quello c’è sempre.
    Ma il Cavaliere Lorongiu comanda tutta la baracca.
    Sangri invece comanda il settore specifico
    Dove adesso mi trovo io.
    Da, io capire.
    Adesso al mio posto c’è un Agente semplice,
    e li non ci potrebbe stare.
    Per cui se rifanno un controllo
    Questa volta ci frustano a sangue.
    Per cui mi ha dato i giorni
    necessari per sposarmi.
    Devo ritornare presto.
    Per rimettere le cose in regola.
    Da, io capire.
    Ma tranquilla.
    Ti chiamo spesso.
    Non appena ti daranno questo benedetto passaporto,
    non perdere tempo.
    Parti subito e viene da me.
    Io ti prenderò a Roma.
    Da, si.
    Sarà difficile per me lasciare mio Paese.
    Lo capisco.
    Dove abitare in Italia ?
    Per ora ti porterò a casa mia.
    Ma sto cercando casa a Genova.
    Sai trovare casa li è difficile.
    Come mai ?
    Beh, è difficile da spiegare.
    Prima le case si trovavano.
    Poi hanno fatto una legge, che
    si chiama Equo Canone.
    E da quando hanno fatto questa legge
    di case non se ne trovano più.
    Perché Giani ?
    Perché dovrebbero farli pagare, gli affitti
    a prezzi equi.
    Per cui i proprietari non ne affittano più.
    Io non capire, ma perché fare questa legge ?
    Boh !.
    Vallo a chiedere agli scienziati che le fanno, le leggi.
    Lei si mette a ridere.
    Tralascio come al solito la partenza
    Siccome sapete che non mi va di raccontare i saluti strazianti.
    Me ne tornai comunque da solo, salutandola
    a casa sua.
    Mi accompagnava il nostro tassista, sigaretta
    Kent sempre rigorosamente in bocca.
    Per strada mi guardavo l’anulare.
    C’era sullo stesso adesso un anello d’oro.

    Fine della storia.
     
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    Incendio in alto mare.

    Parte prima

    Quel giorno ero tornato a casa dal Commissariato
    Guardo il calendario.
    11 giugno, anno 1986 -.
    Beh, sarà perché c’è caldo, ma mi sento stanco.
    E’ stata una brutta mattinata.
    Solo a prendere denunce in una stanza a 1500 gradi
    Fahrenheit.
    Per cui subito dopo pranzo me ne andrò a riposare.
    Avevo pensato…male.
    Infatti nel bel mezzo della mia siesta,
    mi sento scuotere violentemente.
    Mi sveglio di soprassalto.
    Ehi ?
    Gianfranco ??
    Mi senti finalmente ??
    Apro gli occhi.
    Vedo mia moglie.
    Mi guarda come una che ha destato un tizio dal coma di primo grado.
    Ed è meravigliata che questi dia ancora segni di vita.
    E vedo mio padre accanto a lei.
    Ma cosa diamine è successo ?
    Chiedo.
    Guarda che mi hanno appena telefonato dal Commissariato.
    Un aliscafo sé incendiato in mare al largo di Capo Milazzo.
    Ci sono dei morti e dei dispersi.
    Uhm…
    Aspetta.
    Mi vado a dare una lavata in faccia.
    Mi alzo di soprassalto.
    L’acqua fresca in viso fa subito effetto.
    Ma quando ti metteranno questo benedetto telefono ?
    Che ne so, padre.
    La domanda ha una vita che l’ho fatta.
    Mi dicono che non hanno linee i questa zona.
    Intanto i tuoi colleghi rompono sempre a me.
    Di giorno, di sera, di notte !
    Lo so padre, lo so.
    Abbi pazienza.
    Domani stesso chiamerò quel funzionario della Sip
    che ho conosciuto alle cure termali.
    Vediamo di sollecitare la cosa.
    Ma…
    Ripetimi cosa è successo .
    Mi ha chiamato il piantone del Commissariato.
    Li c’è un casino del diavolo.
    Mi ha detto che devi andare subito li.
    Tutto il personale disponibile deve essere presente.
    Va bene.
    Il tempo di vestirmi e ci vado subito.
    Mia moglie mi guarda.
    Ma i bambini volevano andare più tardi a mare.
    Dove ?
    Guarda che qui siamo già a mare.
    Esci con loro, fatevi una passeggiata.
    Compratevi il gelato.
    Io vado.
    Quando torni ?
    Boh !.
    In questi casi si sa quando si esce ma non si sa
    quando si torna.
    Andiamo a vedere cosa è successo.
    Ti lascio da mangiare qualcosa per stasera ?
    Lasciami pure la parmigiana nel forno.
    Salgo in auto.
    Mi metto in marcia.
    Acceleratore a tavoletta.
    Via Mattetotti, via S. Andrea, Via Spiaggia
    Di Ponente di Milazzo.
    Giro dalla via San Giovanni.
    Ma giunto alla zona del porto,
    vedo davanti la transenna che blocca la strada.
    Scendo giù.
    Il collega Vigile mi vede e mi viene incontro.
    Ah !.
    Ispettore…
    E’ lei….
    Non finisce di dirlo.
    Una ambulanza passa a sirene spiegate.
    Qui è un manicomio dottore !
    Ci sono molti feriti.
    Tutta la zona del porto è chiusa al traffico.
    Devo andare al Commissariato.
    L’unica strada è questa.
    Capisco.
    Aspetti.
    Le apro la strada e la faccio passare.
    Ma stia attento.
    Tranquillo collega.
    Il tempo di svoltare in via Luigi Rizzo
    E sono già li.
    Parcheggiata l’auto, entro di corsa nel portone
    del Commissariato.
    Faccio le scale di corsa.
    Ah !
    Sei arrivato finalmente ?
    Pippo !.
    Lo sai bene che non ho telefono a casa.
    Mi ha chiamato mio padre.
    Va bene, Franco, va bene.
    Il Dirigente sta arrivando da Messina.
    Ha detto di andare subito in ospedale e fare il punto della
    situazione.
    Mimmo c’è ?
    E sceso giù a preparare la macchina.
    Benissimo.
    Andiamoci subito allora.
    Intanto arriva il piantone che fa il turno serale.
    Tutto serio, ci guarda.
    Per arrivare qui ho dovuto fare un macello.
    Strade chiuse, ambulanze continue a sirene spiegate.
    Ma cosa è successo ?
    Chiede ingenuamente.
    C’è stato un incidente navale al largo del Capo.
    Ci sono morti, feriti e dispersi.
    Lui si fa tutto serio.
    E’ solo questo è successo ?
    Antonio !
    Ma che cosa volevi, che succedesse ??
    Che cadesse magari un asteroide ??
    Lui ci guarda grattandosi il mento.
    Sentiamo suonare dalla strada.
    Mimmo è già fuori.
    Andiamo.
    Antonio ?
    Se chiama il Dirigente digli che stiamo
    Andando all’ospedale.
    Lui ci guarda ancora non convinto.
    Hai capito ?
    Si, si.
    Digli solo questo.
    Ometti i particolari.
    Con certuni non si sa mai come comportarsi.
    Antonio era una brava persona.
    Solo che era con la testa per aria.
    Specie se assaggiava il suo vinello fresco.
    E qualcosa ci lasciava capire, che quella sera
    lo aveva già fatto.
    Ci precipitiamo per le scale.
    Mimmo ci aspettava con l’auto in moto.
    Saliamo su.
    Io prendo posto davanti.
    Pippo indietro.
    Mimmo avvia subito l’auto.
    Direzione contrada Grazia, l’ospedale.
    Pippo ?
    Ma esattamente si sa cosa sia successo ?
    Ma quando mai.
    Si sa che l’aliscafo, Freccia di Messina è partito
    oggi pomeriggio diretto a Lipari.
    Superato il Capo di Milazzo, sembra, ma è ancora tutto
    da verificare, sia scoppiato un incendio a bordo.
    C’è stato panico.
    Alcuni passeggeri si sono lanciati in mare.
    Ed alcuni sono annegati.
    Quanti ?
    Non lo sappiamo.
    Lo Presti del Circomare mi parlava di almeno tre persone.
    Appena hanno avuto la richiesta di soccorso, hanno subito
    dirottato il traghetto per le Eolie sul posto.
    Insieme alle loro motovedette.
    Ma solo grazie al traghetto che ha abbassato il ponte
    si è riusciti a recuperare i passeggeri.
    Infatti domato l’incendio, se ne stavano tutti a poppa
    ormai completamente scoperta.
    Non si sa ancora quanti si siano lanciati in mare.
    Se ci sono o meno dispersi.
    Loro sospettano di si.
    Anche se le ricerche al momento hanno dato esito
    negativo.
    Che guaio !
    Lo puoi dire forte Ispettore.
    Non mi ricordo a memoria di un incidente di questo genere
    occorso ad un aliscafo.
    Beh…
    C’è sempre una prima volta.
    Osserva Mimmo.
    Entriamo in ospedale.
    Parcheggiamo alla bene peggio.
    Tanto Mimmo resta in auto.
    Eventualmente la sposta.
    Di ambulanze ormai non è arrivano
    più.
    All’ingresso troviamo due Carabinieri di guardia.
    Uno ci riconosce.
    Ah !.
    La Polizia.
    Ci dice vedendoci entrare.
    Il maresciallo sta sopra ad interrogare.
    Dove ?
    Al secondo piano.
    Reparto medicina, i feriti li hanno portati tutti li.
    Saliamo subito le scale.
    Nino, maresciallo comandante del Norm, era infatti li.
    Lo scorgiamo sul corridoio.
    Benvenuti.
    Ci dice vedendoci.
    Io sto cominciando già ad interrogare i testimoni.
    Se mi date una mano, collaboriamo.
    Sono in tanti.
    Io ho fatto venire qui tutti i miei comandanti di stazione.
    Ma voi…
    Siete solo voi due ?
    Vedi Nino.
    Noi non abbiamo ne stazioni ne tantomeno scali merci !
    Ma la Questura, la Squadra Mobile…
    Loro delegano noi.
    Uhm…?
    Ma siete davvero inguaiati nella Polizia !.
    Lo puoi dire forte.
    Comunque, oltre ai miei, due in più come voi
    fanno sempre comodo.
    Diamoci una mano.
    A disposizione Nino.
    I miei marescialli sono tutti impegnati con i testimoni
    ricoverati o medicati al pronto soccorso.
    Ma direi piuttosto, che Noi fosse il caso di sentire direttamente
    il comandante dell’aliscafo.
    Che ne pensate ?
    Mi sembra un’ottima idea, Nino.
    Dov’è ?
    Ah !
    Sta pure lui ricoverato, siccome ferito.
    Qui, vi faccio strada.
    Andiamo.
    Il Comandante Lomeo è a letto.
    Ci presentiamo.
    Siamo della Polizia Giudiziaria.
    Possiamo farle delle domande ?
    Lui si alza a mezzo busto.
    Prende un bicchiere d’acqua.
    Ma certo signori !
    Prende l’iniziativa Nino.
    Noi lo lasciamo fare.
    Comandante.
    Sono dei Carabinieri e questi colleghi della Polizia del Commissariato.
    Ci può spiegare cosa sia successo ?
    Maresciallo.
    E’ quello che vorrei sapere anch’io !
    La navigazione procedeva tranquilla.
    Poi d’improvviso abbiamo sentito
    gridare dalla sala passeggeri.
    C’è del fumo…..
    C’è del fumo che esce !
    Di scatto il mio secondo si è precipitato
    li a vedere.
    Effettivamente del fumo usciva fuori
    da sotto la plancia.
    Continui.
    Subito dopo al fumo sono seguite le fiamme.
    I passeggeri sono andati in preda al panico.
    I miei uomini hanno cercato invano di riportare
    la calma.
    A fuoco !
    Stiamo andando a fuoco !
    Gridavano.
    Dobbiamo salvarci, uscire fuori da qui !
    Sono andato io personalmente.
    State calmi.
    Signori ?
    State calmi per favore !
    Ho annunciato all’altoparlante.
    C’è un problema tecnico.
    C’è un principio d’incendio in atto.
    Cercheremo di risolverlo.
    Ma state calmi !.
    Ma loro nulla.
    Qualcuno ha aperto il portello.
    Non so quanti, ma si sono lanciati
    in mare.
    Così, senza nessuna protezione di sicurezza ?
    Non avevo dato ordine di abbandonare.
    Per cui non era stato loro ordinato ancora
    di indossare nulla.
    Stavamo cercando di capire cosa fosse successo.
    Ma comandante…
    Ma era chiaro che si sarebbe scatenato il panico.
    Qualche precauzione in più non guastava.
    Maresciallo ?
    In venti anni di servizio, non mi era mai successa
    Una cosa del genere.
    Uno dei miei uomini ha chiuso subito il portellone
    ponendosi davanti allo stesso.
    Gli altri hanno preso gli estintori.
    Ci siamo dati tutti da fare.
    Ho dato ordine di radunarsi tutti a poppa.
    E di stare fermi li.
    Siccome le fiamme erano a prua.
    Per cui quella zona era ancora in sicurezza.
    Ha lanciato la richiesta di aiuto ?
    Subito !
    Infatti i soccorsi non sono tardati.
    Noi abbiamo provveduto a spegnere
    le fiamme dall’interno.
    Due motovedette di mare sicuro lo hanno
    Fatto dall’esterno.
    Continui.
    Non appena è giunto il grosso traghetto della
    Siremar, lo stesso si è posizionato davanti
    alla nostra poppa.
    Ha abbassato il portellone.
    Abbiamo aperto il portellone di poppa.
    Piano piano, tutti i passeggeri
    Sono riusciti a salirci su ed a andare in salvo
    sul traghetto.
    Ma quanti passeggeri c’erano a bordo ?
    Quanti si sono lanciati in mare ??
    L’elenco è disponibile in agenzia.
    In quel momento arriva un maresciallo.
    Eccolo l’elenco.
    Lo porge a Nino.
    Abbiamo verificato.
    Ne mancano solo tre.
    Due uomini ed una donna.
    Per cui, non ci dovrebbero essere altri dispersi ?
    Sembra proprio di no.
    Del resto sono stati recuperati solo tre corpi.
    Sono qui giù, in obitorio.
    Uhm..
    Il Magistrato disporrà di sicuro l’autopsia.
    Mettici un carabiniere a sorvegliare.
    Agli ordini !
    Comandante.
    Ma tornado a prima.
    Ha parlato di fumo e poi fiamme.
    Chiedo stavolta io.
    Ma non avete avuto nessuna avvisaglia ?
    Intendo, nella vostra strumentazione di bordo.
    Sulla consolle.
    No, no.
    Se avremmo avuto una segnalazione del genere
    saremmo subito intervenuti.
    Per questo non mi spiego la cosa.
    Nino mi guarda.
    Mi fa un segno, di andare.
    D’accordo Comandante.
    Concludo.
    Per ora abbiamo finito.
    Ma con molta probabilità torneremo
    a farle della ulteriori domande.
    Sono a vostra disposizione.
    Usciamo fuori.
    Nino pensa un po’ perplesso.
    Pippo lo capisce.
    Certo che bel tipo, però.
    Gli ha detto praticamente..
    Signori ?
    State tranquilli, non sta succedendo niente.
    Sta solo incendiandosi l’aliscafo !.
    E quelli se ne dovevano stare a senso suo tranquilli.
    Più o meno…
    Osservo io.
    Nino ci guarda.
    Vado a telefonare al Procuratore Vaccara.
    Lo metto al corrente di tutto.
    Poi vi faccio sapere.
    D’accordo Nino.
    Noi aspettiamo qui.
    Ci sono tantissimi altri testi da risentire.
    Che idea ti sei fatta ?
    Chiedo a Pippo.
    Ancora nessuna.
    Almeno chiara.
    E tu ?
    Mi chiede a sua volta.
    Non so.
    Vediamo cosa dicono gli altri testi.
    Il comandante non è che ci abbia detto poi molto.
    Intanto, Nino ritorna.
    Allora Nino.
    Come procediamo adesso.
    Continuiamo insieme l’esame dei testi.
    Ho c’è li dividiamo ?
    Dicci un po’ te.
    Gli chiedo.
    Lui si fa tutto buio in viso.
    Ho parlato con il Magistrato.
    Ha detto che l’indagine la dobbiamo condurre noi.
    Abbiamo la sua pienissima delega.
    Sentite queste parole, vedo Pippo farsi serio in viso.
    Ah si ?
    Gli risponde secco.
    Allora noi c’è ne andiamo !.
    Buon lavoro collega.
    Ehi ?..
    Ma che fate.
    Mi lasciate così….
    qui tutto da solo ??
    Ci sono ancora tanti testi da sentire !.
    Ciao Nino.
    Visto che l’indagine è tutta tua, fattela
    pure comodamente.
    Taglia corto Pippo.
    Poi mi guarda.
    Ispettore ?
    Andiamo ??
    Andiamo !
    Gli rispondo.
    Giriamo i tacchi e lasciamo un Nino
    molto perplesso con le mani al mento.
    Già di ritorno ?
    Ci chiede Mimmo vedendoci
    ritornare in auto.
    Si.
    Sai, li ci sono già abbastanza investigatori.
    Noi siamo di troppo.
    Mimmo ci guarda e sorride.
    Aveva capito senza che neppure glielo avessimo spiegato.
    Dove si va ?
    Ci chiede.
    Rientriamo in Ufficio.
    In Commissariato troviamo il Dirigente.
    Era appena arrivato.
    Vedendoci entrare nel suo Ufficio, ci guarda
    perplesso.
    Ma come mai siete già tornati ?
    Dottore.
    L’indagine la Procura l’ha affidata ai Carabinieri.
    E questi nella persona del loro Comandante del Norm,
    della locale Compagnia,
    c’è l’hanno detto brutalmente.
    Per cui, siamo rientrati.
    Lui mi guarda serio.
    Cos’è questa storia ?
    Dice guardando Pippo.
    E’ proprio come dice l’Ispettore.
    Sedetevi.
    Chi è il Sostituto che conduce l’indagine ?
    Ci chiede facendosi scurissimo in viso.
    Il dr. Vaccara.
    Ci sembra di aver capito.
    Rispondiamo quasi in coro io e Pippo.
    Lui alza il telefono.
    Ci fa segno di uscire.
    Noi lo facciamo subito.
    Richiudiamo la porta del suo ufficio.
    Dopo alcuni minuti, la porta si riapre
    dall’interno.
    Il Dirigente ci guarda.
    Accomodatevi.
    Lo seguiamo.
    Ho parlato con il Magistrato.
    Il fatto che procedano i Carabinieri, dipende
    solo dal fatto che sono intervenuti loro prima di noi.
    Che come al solito non abbiamo una caspita di volante
    di zona.
    Ma ciò non vuol dire che non possiamo parteciparvi
    pure noi.
    Anzi ne ha grande piacere se lo facciamo.
    Visto che per diamine, siamo anche Commissariato
    Polmare e di Scalo marittimo !.
    Detto questo sbatte un violento pugno sul tavolo.
    L’Ufficio Circondariale Marittimo farà l’inchiesta
    Amministrativa.
    Ma le indagini di polizia giudiziaria, saranno fatte
    Dai Carabinieri ed anche da Noi !.
    Congiuntamente !!.
    Sbatte un altro pugno violento sul tavolo.
    Adesso voi ritornate subito li.
    E parteciperete attivamente all’inchiesta.
    Dite che vi mando io.
    Il Dirigente del Commissariato di Milazzo !!.
    E se qualcuno ha cosa da ridire, che mi chiami.
    Mi sono spiegato ?
    Abbastanza, Dottore.
    E fatemi sapere tutti gli sviluppi che ci sono.
    Il Questore ed il Prefetto mi chiedono continuamente
    notizie in merito.
    Ed io non so cosa dire !
    Lo faremo Dottore.
    Stia tranquillo.
    Ci congediamo ed usciamo dalla sua stanza.
    Mimmo ci vede.
    Torniamo in ospedale.
    Gli dico secco.
    Ma Franco ?
    Ma che si fa qui, la trottola ?
    Mimmo ?
    Non ti ci mettere pure tu.
    Dai, prendi le chiavi della macchina ed andiamo.
    Agli ordini vostri, signori Ispettore e Maresciallo,
    anzi, Sovrintendente Capo ?
    Si chiama così adesso,
    Giusto ?
    Giustissimo !
    Gli risponde Pippo a tono.
     
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    Seconda parte

    In effetti Nino rivedendoci, tira un respiro
    di sollievo.
    Mi sono espresso male.
    Scusatemi.
    Ci dice rivedendoci.
    E’ vero che abbiamo noi la delega d’indagine.
    Ma la vostra collaborazione è molto utile.
    Questa è una vicenda assai complicata.
    Nino ?
    Non c’è problema.
    Gli rispondo stringendogli la mano.
    Ammetti che non ci stai capendo nulla neppure tu.
    Così, in questi casi, la benemerita Arma, quando
    non ci capisce nulla, cerca l’aiuto dei cugini
    Sbracati della Polizia !
    Tanto se non capiamo niente noi, non ci capiranno niente
    neppure loro.
    Ci mettiamo a ridere.
    Lui poi si riprende.
    Si tocca il pizzetto al mento.
    Comunque alla fine il rapporto se volete
    lo scriviamo a firma congiunta.
    D’accordo Nino.
    Ma adesso facciamo un po’ il punto
    della situazione.
    Si, venite con me.
    Qui in questa saletta dei Dottori non ci disturba nessuno.
    Ecco.
    Questi sono i verbali redatti dai miei sottufficiali.
    Ci sediamo e li leggiamo tutti con calma.
    Nino ?
    Dimmi Ispettore.
    Mi devi perdonare, ma i tuoi sottufficiali devono
    capire che qui non siamo alla Stazioncina.
    Cioè, hanno redatto i verbali dei testi, come se
    prendessero denuncie di furto ad opera di ignoti.
    Ve ne siete accorti, Vero ?
    Ci dice lui tutto serio.
    Infatti.
    Facciamo così.
    Adesso rifacciamo noi tutto il giro dei testi.
    Vediamo cosa ne esce fuori.
    Con certosina pazienza, corsia per corsia, risentiamo
    Tutti i ricoverati del naufragio.
    Alla fine, torniamo nella solita saletta.
    Ci guardiamo molto sconsolati.
    Non si capisce molto.
    Testimoni che dicono che i soccorsi sono stati solerti,
    altri che dicono che invece hanno tardato molto.
    Chi dice di aver visto il fumo da una parte.
    Chi invece dice tutto l’esatto contrario.
    Non si capisce chi abbia avuto l’idea di aprire il portellone.
    L’equipaggio, comunque, in linea di massima, per ovvi
    motivi, conferma quanto dichiaratoci
    dal comandante Lomeo.
    Una bella palla questa.
    Dice Nino.
    Bellissima.
    Gli rispondo.
    Siamo pure stanchi.
    Meglio stasera ci andiamo a riposare un po’.
    Tanto, si è appurato che dispersi non c’è ne sono.
    Me lo ha confermato il Comandante del Circomare.
    Per cui, ci vediamo domani mattina.
    Ci vediamo qui ?
    No, no.
    Tanto qui abbiamo sentito già tutti.
    Ci rileggiamo con calma tutti i verbali.
    Al Commissariato o in Compagnia ?
    Uhm…
    Facciamo così.
    Fatevi fare le copie.
    Voi li leggete al vostro Commissariato.
    Con il vostro Dirigente.
    Io li leggo alla compagnia con il Capitano ed
    Il Colonnello.
    Ha telefonato, verrà domani mattina dalla Legione.
    Non sono solo i vostri superiori a chiedere notizie.
    Sapeste i miei !.
    C’è lo immaginiamo Nino.
    D’accordo allora.
    Restiamo così.
    Poi magari in mattinata ci sentiamo.
    Mi sembra un’ottima idea, Nino.
    Mimmo ci vede ritornare.
    Tutto a posto ?
    Magari, Mimmo.
    Qui non si ci capisce nulla.
    Mentre percorriamo la strada del ritorno,
    gli spieghiamo meglio il tutto.
    Ma forse, la spiegazione è semplice.
    Ci dice.
    In che senso, scusaci ?
    Io ho la patente nautica oltre le sei miglia.
    Porto mezzi veloci da anni.
    Sapete, un incendio alla fine, può scoppiare
    per tanti motivi.
    Un avaria all’impianto elettrico, ad esempio.
    Non che poi ci sia da cercare chissà che cosa.
    Si.
    Ma il fatto è che ci sono stati tre morti.
    Per lo meno, sapere quale sia stata la causa,
    sarebbe il caso di farlo.
    Ho interrogato una ragazza la cui madre è morta
    Lanciandosi in mare.
    Non sapeva nuotare.
    Eppure si è lanciata in mare lo stesso.
    In preda al panico.
    Lei mi chiedeva notizie della stessa.
    Non sapeva ancora nulla.
    L’infermiere che assisteva mi ha fatto un cenno con la mano.
    Tradotto significava, sua madre è qui sotto.
    Nell’Obitorio.
    Io non le ho detto nulla.
    Ma quella si agitava e voleva sapere il perché era
    successo tutto questo.
    E dove fosse sua madre, se stava bene.
    Le ho buttato giù una scusa banale.
    Che probabilmente era ricoverata e che
    le avremmo fatto sapere sue notizie.
    Ma non ci ha creduto.
    E’ scoppiata in lacrime.
    E’ proprio una brutta storia questa.
    Trascorriamo il resto del viaggio in silenzio.
    L’indomani mattina, puntuale come al
    Solito sono in Ufficio.
    Ore 07,45 circa.
    Passo all’ingresso dal piantone per chiedere novità.
    Niente di particolare, oltre al casaccio già in atto.
    Salgo su al primo piano.
    Mario mi guarda.
    Ispettore ?
    Venga.
    Vado nella sua stanzetta.
    Legga qui.
    La può interessare forse.
    Mario, come sa chi legge i miei racconti era l’Assistente capo della
    Digos del Commissariato.
    Lui ogni mattina, prima di venire in ufficio
    Soleva fornirsi dei maggiori giornali quotidiani sia
    locali che nazionali.
    Legga questo.
    Mi dice porgendomi un noto quotidiano nazionale.
    Il Mistero dell’incendio dell’Aliscafo Freccia
    di Messina è stato risolto.
    Leggo il titolone a tutta pagina.
    Il comandante Lomeo, ci spiega come si
    è sviluppato l’incendio che ha distrutto
    l’aliscafo causando tre vittime.
    Caspita !.
    Leggo tutto l’articolo tutto d’un fiato.
    Quindi l’incendio si è sviluppato
    in una turbina interna del motore.
    Leggo alla fine.
    Disturbiamo ?
    Mi giro di scatto.
    Vedo Pippo e Mimmo alla porta.
    Con tutto il lavoro che abbiamo da fare,
    il nostro Ispettore si legge il giornale !.
    Dice un ironico Pippo.
    Ah si ?
    Per la serie il giornale non lo legge solo l’Ispettore
    tieni e leggi pure te.
    Guarda un po’ cosa dice il nostro grande comandante.
    Pippo afferra il giornale al volo.
    Ma questo che cos’è ?
    Mi chiede tutto sorpreso.
    Ma come…
    A noi ieri ha detto che non sapeva nulla sulla
    causa dell’incidente ed oggi salta fuori questa sua intervista
    esclusiva ? !!.
    Questo stronzo che cosa fa ?
    Ci prende in giro per caso ?
    C’è un solo modo di saperlo.
    Quale ?
    Andare a sentirlo di nuovo in ospedale.
    E per subito anche.
    Ma tu guarda….
    Che figlio di cane.
    Mimmo ?
    Franco, non ti agitare.
    Vado subito a preparare la macchina.
    Nino non l’ho avvisiamo ?
    Aspetta.
    Hai ragione Pippo.
    Faccio il numero suo diretto.
    Pronto ?
    Ispettore !
    Nino !
    Non mi dire che ti sei letto pure te il giornale…
    Quello famoso nazionale, intendo.
    Di questo ti volevo parlare, Nino.
    Noi stiamo andando in ospedale a chiedergli
    spiegazioni.
    Se ci vuoi raggiungere ti aspettiamo.
    No, non posso.
    Sta arrivando il Colonnello.
    Andateci voi.
    Facciamo così.
    Passo io dal Commissariato appena mi libero.
    e mi fate sapere.
    D’accordo Nino.
    Noi andiamo.
    Scendiamo le scale di corsa.
    Il comandante è tutto tranquillo
    a letto.
    Appena ci vede, si alza a mezzo busto.
    Lo sapevo che sareste tornati.
    Ci dice subito.
    Io prendo il giornale e glielo porgo.
    Legga.
    Lui si mette gli occhiali.
    Se lo sbrana tutto in un colpo.
    Ma io non so.
    Io non ho parlato con nessuno !.
    Ma come fanno a scrivere queste cose ?
    Non è venuto ad intervistarla nessun giornalista ?
    Ribatto io.
    Ma quale giornalista !
    Intanto il medico del reparto ha dato disposizioni
    che nessuno può entrare qui, eccetto voi e i nostri
    familiari.
    Alzo la testa.
    L’amico infermiere dritto davanti a lui
    Mi fa cenno di si con il capo.
    Ispettore ?
    Questi si sono inventati tutto !
    Mi creda.
    Io ho parlato ieri e solo con voi.
    Se sapessi la causa ve l’avrei detta.
    Io e Pippo ci guardiamo dritti negli occhi.
    Sembrava sincero.
    Faccio un cenno all’Infermiere.
    Tipo esci fuori che dobbiamo parlare.
    Lui lo capisce e lo fa.
    No Ispettore.
    Non è venuto nessuno qui.
    Lo posso assicurare.
    Il dottore Nastasi primario del reparto
    Ha dato effettivamente disposizioni tassative.
    Possono entrarvi solo Carabinieri, Polizia, Marina Militare
    ed i familiari.
    Nessun altro.
    Ne può stare tranquillo di questo.
    Nessun giornalista, dunque ?
    No, no.
    Lo assicuro.
    Ritorno dentro.
    Va bene Comandante.
    Ci scusi per il disturbo.
    Ma figuratevi.
    Potete venire quando volete.
    Faccio cenno a Pippo di andarcene.
    Saliti in macchina, siamo sulla strada del ritorno.
    Caspita di giornalisti.
    Si inventano davvero proprio
    Tutto pur di vendere.
    Va be, Pippo.
    Ma posso capire un giornale locale.
    Ma che un giornale nazionale la spari così grossa
    Questa no, non la posso capire.
    Franco ?
    Hai detto già tutto tu.
    Pur di vendere.
    Sarà, Pippo, sarà così.
    Ma voi non mi volete sentire.
    In che senso Mimmo ?
    Nel senso che secondo me alla fine
    È stato solo un banale corto circuito.
    Ma ne sei convinto di questo ?
    Convintissimo.
    Voi andate per mare ?
    No.
    Io invece si.
    Tornando, percorriamo via Tonnara.
    Proprio la strada che costeggia il lato sud
    Del porto.
    Guardalo.
    Eccolo li.
    Dice Mimmo mostrandoci la sagoma
    Dell’aliscafo trainato da un rimorchiatore.
    Però.
    A vederlo così.
    E’ tutto devastato dall’incendio.
    Che ci siano stati solo tre morti,
    a dirla breve, sembra solo una fortuna.
    Arrivati in Commissariato, notiamo la
    Macchina di Nino parcheggiata davanti.
    Entriamo decisi e saliamo le scale.
    Il piantone ci fa segno di andare dal Dirigente.
    Infatti, li troviamo Nino seduto di fronte al Dirigente.
    C’è anche il Capitano.
    Che bella combriccola.
    Osserva Mimmo.
    Dai, falla finita.
    Entriamo.
    Entrate !
    Ribatte lui.
    Io da semplice assistente non posso sedere tra pesci grossi come
    Voi !
    Io e Pippo ci guardiamo un attimo.
    Va bene, Mimmo.
    Come vuoi.
    Ma se vuoi entrare un posto per terra te lo troviamo !
    Non mi rompete i…..
    Basta Mimmo.
    Entriamo.
    Lui resta fuori.
    Nino si tocca come al solito il suo pizzetto.
    Com’è andata all’ospedale ?
    Ci chiede il Dirigente vedendoci.
    Niente.
    E stata una solenne bufala di un giornalista.
    Il Comandante non ha parlato con nessuno
    Eccetto che con noi ed i suoi parenti.
    Sicuro ?
    Sicurissimo Dottore.
    Questi giornali !
    Ma adesso sedete pure.
    Lui si alza dal suo “trono” e ci raggiunge
    Nel salottino del suo ufficio.
    Messa da parte questa notizia, esaminiamo
    Il tutto.
    Nico ?
    Chiede al Capitano.
    Il Colonnello è perplesso.
    Vedi Giuseppe, qui non si riesce a capire
    Il nocciolo della questione.
    In effetti, leggendo e rileggendo i verbali
    Dei testimoni, non si capisce da nessuno
    Degli stessi cosa sia realmente successo.
    Nico.
    Noi ci occupiamo dell’inchiesta giudiziaria.
    Se cioè ci siano responsabilità penali.
    Ma io mi chiedo.
    Parallelamente l’Ufficio Circondariale Marittimo
    E la Capitaneria di Porto di Messina, stanno facendo
    Una inchiesta amministrativa.
    Sarebbe il caso accertare come la stessa stia andando
    Avanti.
    Hai ragione Giuseppe.
    Anche perché noi siamo fermi.
    Detto questo il Capitano guarda Nino.
    Sarebbe il caso che lei andasse al Circomare.
    Agli ordini signor Capitano.
    Ribatte prontamente lui.
    Sarebbe bene che ci andiate anche voi con lui.
    Ci dice deciso il Dirigente.
    A disposizione, Dottore.
    Bene.
    Allora andate.
    Andiamo.
    Aperta la porta, Mimmo ci vede uscire.
    Daccordo.
    Vado a prendere la macchina.
    Ci dice subito.
    Ma che cosa sei, un profeta ?
    Gli dice Pippo.
    No.
    Solo uno che ha visto aprire una porta dove
    Era riunito il golgota della pubblica sicurezza
    Della zona mamertina.
    E che capisce che si è deciso
    Di andare sicuramente da qualche parte.
    Magari all’Ufficio Marittimo…
    L’ho detto che sei un profeta !
    Il Comandante del Circomare
    ci riceve subito.
    Prego accomodatevi.
    Grazie.
    A che punto siete ?
    Chiede subito Nino.
    Con la vostra inchiesta amministrativa,
    intendo.
    Uhm…
    Stiamo attendendo l’esito della perizia
    da parte dell’Ingegnere Rossi.
    Abbiamo visto il relitto in porto.
    E’ davvero ridotto ad uno scheletro,
    quello che era l’aliscafo più imponente
    della flotta.
    Osservo io.
    Si è vero.
    Ma nonostante le sue condizioni,
    l’ingegnere si è subito messo al lavoro.
    Certo che ci vorrà tempo.
    Ma mi ha assicurato che a tempi brevissimi
    Mi farà sapere le sue prime anticipazioni.
    E voi ?
    Ci chiede a sua volta.
    Penalmente non sta venendo fuori nulla.
    Non possiamo attribuire responsabilità singole.
    Certo un po’ di confusione c’è stata a bordo.
    Il personale di bordo non è stato impeccabile.
    Però non possiamo dire per questo che ci siano
    state delle omissioni da parte loro.
    Spiega Nino.
    Mi sono fatto pure io quest’idea.
    In fin dei conti non si era mai verificato
    un evento del genere.
    Poi i morti sono stati dovuti ad una iniziativa
    personale assolutamente imprevedibile.
    L’apertura del portellone di poppa.
    Si, i testimoni c’è lo hanno detto.
    E chi l’ha fatta l’azione è morto tuffandosi
    in mare.
    Per cui non è più imputabile.
    Del resto l’intervento del personale di bordo
    è stato immediato.
    Hanno scongiurato che altri si lanciassero
    in mare.
    Verissimo questo.
    Suona il telefono del Comandante.
    Ah !.
    Mi dica pure Ingegnere Rossi.
    Uhm…
    Lo ascolta molto attentamente.
    Poi alla fine conclude ringraziandolo
    e richiude.
    Avete capito chi era ?
    Certo Comandante.
    Allora.
    Intanto dice che come avevo preannunciato
    ci vorrà del tempo.
    Ma una conclusione l’ha già avuta.
    Quale ?
    La sua prima opinione che si è fatta
    è stata quella di un corto circuito
    sviluppatosi in una turbina dell’aliscafo.
    Caspita .
    Quel cavolo di giornalista aveva ragione !
    Ma se il Comandante Lomeo non ha parlato
    con lui, come avrà fatto ad avere
    la notizia ?
    Interrompo io.
    Si.
    L’articolo in effetti era troppo dettagliato
    per essere frutto di sola fantasia.
    Poi sai Ispettore, i giornalisti hanno le
    loro buone fonti.
    Che come ben sai non intendono rivelare.
    Un po’ come facciamo noi con i nostri
    informatori.
    Anzi, penso che il fatto che abbia citato
    Lomeo come suo informatore, sia stato
    proprio un voluto depistaggio, per coprire
    cioè la sua vera fonte.
    E quale può essere Nino ?
    Tutti e nessuno, Ispettore.
    Dal primo ufficiale al mozzo di bordo.
    Ma anche a saperlo chi sia, alla fine poi,
    ci importa poco.
    Se la causa è come sembra accidentale,
    non abbiamo uno specifico colpevole.
    Tranne che la società non abbia fatto
    Le dovute manutenzioni di routine sul mezzo.
    Su questo posso intervenire io.
    Osserva il Comandante del Circomare.
    Abbiamo verificato sui registri navali.
    L’Aliscafo era stato completamente revisionato
    appena un anno fa.
    E rientra perfettamente nei tempi previsti.
    Comunque.
    Attendiamo ormai le conclusioni finali
    Dell’ingegnere Rossi.
    Penso che sia l’unica cosa da fare.
    Osserva Nino.
    Andiamo Ispettore ?
    Si, Nino.
    Concordo con te.
    Salutiamo e usciamo fuori.
    Io redigerò un rapporto negativo.
    Concordi ?
    Mi chiede Nino.
    Concordo !.
    Te lo controfirmo.
    Il tempo di andare in Compagnia
    e lo preparo.
    Ci vediamo al Commissariato più tardi.
    D’accordo Nino.
    Lui sale sulla sua alfa, io sulla nostra ben
    Più modesta Fiat Ritmo.
    Allora ?
    Ci chiede Mimmo.
    A quanto pare è stato un evento dovuto
    ad un corto circuito.
    Ed io cosa vi avevo detto ?
    Ci dice lui tutto serio.
    L’ho detto che tu sei un profeta Mimmo !.
    Ti dovremmo ascoltare più spesso.
    Taglia corto Pippo.
    Su andiamo adesso, vai.

    Epilogo.
    In effetti la perizia di Rossi fece luce
    Che la causa dell’incendio era dovuta
    Proprio ad un corto circuito di una turbina.
    Il tutto quindi si concluse così, senza
    Nessun colpevole.
    Ma fatto sta che da allora di aliscafi in mare
    Non se ne incendiarono più.

    Fine.
     
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