I racconti dell'Ispettore

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    Nottata di Capodanno.


    Da molti anni ormai sono solito trascorrere la prima notte
    del nuovo anno libero dal servizio.
    Ma la mia mente ritorna agli anni in cui non era così.
    Quando stavo al Commissariato, praticamente ne avevo l’appalto.
    Gara vinta con tanto di migliore offerta al ribasso presentata in busta chiusa.
    Giorno 31 dicembre, alias San Silvestro.
    Non mi chiedete di ricordare l’anno, siccome venti anni fa sono stato dieci anni li.
    Me ne stavo nel mio Ufficio a sfogliare la Gazzetta del Sud,
    Quotidiano di Messina e Provincia.
    “Ogni mattina in mille comuni” è titolato in alto della prima pagina in rosso.
    Sarà davvero così ?..
    Ma li hanno davvero contati tutti questi comuni ?
    Uno per uno ?...
    Mi salta subito un articolo in evidenza.
    “La Polizia come ogni fine anno si prepara a predisporre
    appositi servizi per garantire la sicurezza dei cittadini.”
    Leggevo.
    Suona il telefono.
    Chiamata interna.
    Squillo secco.
    Pronto ?..
    Ispettore !.
    Può salire su da me ?..
    Era il grande capo.
    Una volta che dicesse magari “per cortesia” !.
    Richiudo il giornale con l’articolo che stavo leggendo.
    Commento solo che io sicuramente come ogni anno avrei
    fatto parte di quei servizi.
    Arrivo Dottore !.
    Salgo le scale.
    Arrivato alla porta, vedo semaforo verde.
    Ormai avete capito che vuol dire si può entrare senza
    correre rischi.
    Toc toc…
    Entri pure !.
    Voce secca.
    Lui sta seduto sempre dietro alla sua scrivania simile al
    ponte di volo di una nave portaerei.
    Tanto è grande.
    Ed è sempre bella pulita.
    Ispettore, si accomodi pure.
    Lo faccio.
    Come sa, stanotte si prevede in città molto movimento.
    Certo Dottore.
    Per questo motivo, vorrei che lei venisse qui a controllare la
    situazione.
    Aveva calato il carico da undici, ampiamente previsto.
    Beh, veramente Dottore, il Sovrintendente Goti mi ha detto
    che stanotte c’è già la volante !.
    Era la solita storia di ogni fine anno.
    Io ci provavo come sempre a parare la palla.
    Ispettore ?...
    La volante lei sa meglio di me che da sola non basta.
    Voglio anche una persona qualificata che segua questa notte !.
    Io non ci sarò, siccome sono impegnato.
    Ma figurati !
    Pensavo.
    Per cui, visto che lei è il più alto in grado qui dopo di me,
    gradirei che mi sostituisca.
    Scientifico, grande come sempre !.
    Pensavo.
    Come al solito, hai fatto calcio di rigore, tiro in porta
    e sistematico gol !.
    Dottore, non c’è problema.
    Sono onoratissimo di poterla sostituire !.
    Gliela butto così, resa con onore delle armi.
    Benissimo Ispettore !.
    Gradirei che lei a mezzanotte fosse già qui.
    Quel “gradirei”, significava “è un ordine”.
    La differenza tra un Ufficiale dei Carabinieri è un nostro
    Funzionario era questa.
    L’Ufficiale diceva semplicemente…
    “Maresciallo faccia così è un ordine ! ”
    Il Funzionario nostro invece diceva…
    “ Ispettore gradirei che lei faccia come
    le dico io di fare !.
    Con sottinteso…
    “Ma è molto meglio per lei che lo faccia ! “.
    Questione di tatto.
    La sostanza però è perfettamente la stessa.
    Può andare adesso.
    Mi dice.
    Buon Anno Dottore.
    Grazie Ispettore e attenzione per stanotte, mi raccomando.
    Poteva almeno ricambiarmi gli auguri…
    E buon anno anche a lei !.
    Mi dice appena mi alzo.
    Come non detto.
    Stanotte pioverà a dirotto.
    Pensavo uscendo dopo avergli stretto la mano.
    Ma appena uscito sento il semaforo della sua porta
    suonare.
    Il verde lampeggia e suona.
    Questo tradotto, vuol dire, deve ritornare nel mio Ufficio.
    Dietro front !
    Dottore mi voleva dire qualcos’altro ?...
    Gli dico rientrando sul ponte di comando della sua porta aerei.
    Ispettore ?.
    Le volevo dire che a mezzanotte può brindare tranquillamente a casa sua.
    Poi con calma viene qui.
    Che ti pareva che uscivo di casa in mezzo alle bombe che volano
    da tutte le parti ?
    Mi viene di dirgli ma che trattengo a sforzo in mente.
    Lui intanto continua.
    L’importante mi raccomando è che allo ore 06 e 30 in punto
    mandi la segnalazione in Questura, quella sugli eventuali feriti.
    La ringrazio Dottore.
    Non mancherò di farlo !.
    Gli dico congedandomi.
    Uscendo mi fermo un attimo alla porta.
    Il semaforo non suona più.
    Mi allontano.
    Vengo placcato dal solito Mario.
    L’appuntato della Digos che sta nella stanzetta subito prima dell’Ufficio
    del supremo Ammiragliato.
    Ispettore ?
    Se ha bisogno stanotte, sa dove trovarmi !.
    Ti ringrazio Mario, ma non c’è problema.
    Ispettore…
    Mario ?
    Ti ho detto che non c’è problema !
    Il mio telefono lo conosce.
    D’accordo Mario, se c’è bisogno ti chiamerò.
    Tanto pensavo, mica ti organizzano uno sciopero proprio la notte di capodanno !.
    Che sapesse già le decisioni prese dal capo, non era una
    novità per me.
    Spesso era proprio lui stesso a consigliarlo.
    “Sapesse, in sua assenza, se ci fosse almeno presente l’Ispettore…
    lei avrebbe le spalle più che coperte da un cappotto di Kashmir ! “
    Più o meno gli aveva detto in questo modo.
    Mi immaginavo.
    Mario ti ringrazio comunque per la tua grande disponibilità !.
    Ritornato giù, Salvatore mi aspetta in Ufficio.
    Che farai stanotte Franco ?
    Mi chiede.
    Il Bacchettone !.
    Gli rispondo.
    Scusami ma non ti capisco.
    Gli spiego il tutto.
    Se vuoi posso venire anch’io a darti una mano.
    Mi dice con evidente comprensione.
    Salvatore ?..
    Goditi, tu che puoi, la famiglia !.
    Franco io mi posso sganciare ad un certo orario…
    Salvatore ?..
    Fai come ti dissi !.
    Come vuoi tu Franco.
    Passata mezzanotte, aspettando che la situazione si calmi.
    esco da casa dopo aver salutato moglie figli genitori e fratello.
    Rituale di ogni anno.
    Ancora qua e la scoppia qualcosa.
    Al parcheggio vedo un sacco di ragazzi che partono per i consueti veglioni.
    Beati voi, andatevene a divertire e buon anno !.
    Ore 00.20, arrivo al Commissariato.
    Il piantone ed i ragazzi di turno hanno una bottiglia di spumante ancora in mano.
    Ispettore ?!.
    E’ dei nostri ?
    Mi dicono vedendomi entrare.
    Sapete, sono così affezionato a questo posto che mi
    sembrava assurdo non frequentarlo anche in questa occasione di festa !.
    Mi mettono un bicchiere in mano e me lo riempiono.
    Brindiamo e ci abbracciamo tutti.
    Ci scappa anche una fetta di panettone a testa.
    Poi si sente un sordo rumore.
    Un rumore di fuochi di artificio.
    Ma sparati molto vicino.
    Mi viene istintivo affacciarmi alla finestra della guardiola.
    Quella che da su via Luigi Rizzo.
    Di fronte proprio a noi, vedo uno che ha piazzato una canna
    che spara fuochi di artificio proprio di fronte a noi.
    Cose da pazzi.
    Penso.
    Usciamo fuori !.
    Dico ai colleghi, che posati i bicchieri mi seguono subito a ruota.
    Ci mettiamo poco ad arrivare.
    Attraversata la strada, siamo proprio
    di fronte al Circolo Diana, all’inizio di Marina Garibaldi.
    Lui stava già mettendo in canna un altro artificio.
    Vedendoci arrivare però si ferma.
    Ma dico per caso è impazzito ?...
    Lui mi guarda sorpreso.
    Dietro di me vede i colleghi in divisa.
    Nonostante questo, caccio fuori la tessera e mi presento.
    Non si può ?...
    Mi chiede sorpreso.
    No !.
    Ma le sembra sensato che si mette a sparare gli artifici qui
    accanto alla gente che passeggia ?.
    Infatti nonostante l’orario, essendo pure una bella serata
    molte persone erano presenti in Marina Garibaldi che per
    chi non lo sa somiglia molto a Margellina di Napoli.
    Ispettore !.
    Lo so, sto sbagliando.
    Ma mi deve capire.
    Capire cosa ?...
    Mi scusi !.
    Ecco…
    Io ho speso un sacco di soldi per comprarla !.
    Ora che farete …
    Me la prendete ?.
    Ci penso, poi lo guardo e gli dico.
    Facciamo così.
    Raccolga tutta la sua “roba”.
    Se la carichi in macchina e poi se ne vada sulla spiaggia
    di ponente.
    Si cerchi un bel posto isolato in fondo alla stessa e se li spara li.
    Facciamo finta che noi non abbiamo visto nulla !.
    Ispettore ?.
    La ringrazio infinitamente !
    Tanti auguri di buon anno a lei ed alla sua famiglia !
    Fa come per abbracciarmi ma io allargo il braccio e taglio corto.
    Tanti auguri anche a lei !.
    Gli rispondo.
    Però adesso sparisca subito, prima che cambi idea. !.
    Non se lo fa ripetere due volte.
    Tempo trenta secondi e già non c’era più.
    Facciamo dietro front e torniamo al Commissariato.
    Non faccio in tempo ad entrare che il piantone
    tutto agitato mi urla letteralmente…
    Ispettore !.
    Che c’è Mansell ?..
    Mansell in realtà si chiama Aldo. (nome inventato comunque)
    Però data la sua dote di distruggere le sue auto e quelle altrui
    Essendo molto spericolato alla guida, lo avevo soprannominato
    Nigel Mansell, dal nome di un noto pilota di formula uno
    del tempo che una corsa si ed una pure soleva fracassare la sua monoposto.
    Qui c’è una situazione.
    Quale situazione Mansell ?
    Ha telefonato ora ora il signor Catanzaro.
    E chi sarebbe ?
    Il Collega finanziere di mare che ora è in pensione !.
    Aspetta…
    Gli rispondo pensandoci.
    Adesso mi ricordo di lui !.
    E che voleva ?..
    Disse che il vicino sotto di lui aveva sparato con la pistola
    sul balcone di casa.
    Non è una novità questa.
    Dovessimo acchiappare tutti quelli che lo fanno in questa ricorrenza, dovremmo
    costruire un nuovo carcere apposta per accoglierli.
    Ispettore ?..
    Non mi disse solo questo.
    Mansell ?.
    Ma mi racconti le cose a puntate ?..
    Fammi una storia unica.
    E dimmi tutto quello che ti ha detto Catanzaro !.
    Va bene Ispettore.
    Mi scusi.
    Era ancora agitato.
    Mansell ?
    Calmati un attimo e poi me lo dici, ok ?
    Abbiamo una nottata disposizione.
    Non c’è problema.
    Lui si siede e prende fiato.
    Ispettore ?..
    Dimmi.
    Mi disse pure che un colpo sparato lo aveva sentito fischiare davanti alla sua
    faccia essendo lo stesso Catanzaro affacciato al suo balcone al piano sopra al suo !
    Ho capito !.
    Ti ha dato il suo indirizzo ?..
    Certo !.
    Lo scrissi qui !.
    Prende un pizzino di carta e me lo porge.
    Guardo i colleghi della volante.
    Andiamo sul posto.
    Il collega Catanzaro ci aspettava già sul portone
    d’ingresso.
    Siete arrivati subito !.
    Ci dice vedendoci.
    Che cosa è successo ?
    Gli chiedo.
    Questo è pazzo !
    Non è la prima volta che lo fa.
    E’ storia di ogni anno.
    Ma questa volta vi giuro,
    ho sentito il fischio delle sue pallottole davanti a me !.
    Dicci come si chiama e a che piano sta.
    Non se lo lascia ripetere due volte.
    Tu vattene a casa tua.
    Domani mattina passa dal Commissariato per sporgere la denuncia.
    Gli dico.
    Non mancherò di farlo !
    Detto questo si allontana..
    Suoniamo.
    Ci apre un tipo sulla trentina.
    Vedendoci resta sorpreso.
    A che cosa devo la vostra visita ?....
    Dice molto impacciato.
    Possiamo entrare ?...
    Gli chiedo presentandomi.
    Ma prego !.
    Mi risponde.
    Giriamo la porta d’ingresso.
    Lei detiene una pistola ?..
    Gli chiedo a bruciapelo.
    Si !.
    Risponde secco.
    Ma non capisco cosa….
    C’è la faccia vedere !.
    Taglio corto.
    Ma guardi Ispettore che io ho regolare
    permesso per la detenzione !.
    Prenda anche quello.
    Il collega gli va dietro.
    Ritorna con una pistola semiautomatica.
    Eccola qui !
    Ed ecco il permesso di detenerla.
    Prendo la pistola.
    La canna è ancora calda.
    Ed è bella sporca di polvere da sparo.
    Lo guardo severo.
    Lui ammutolisce.
    Ho sparato !.
    E’ vero, lo ammetto.
    Ma in assoluta condizione di sicurezza….
    Davvero ?.
    Lo interrompo brusco.
    Sa, quello che sta al piano sopra al suo non la pensa
    assolutamente così !.
    Ispettore!.
    Io sono iscritto al circolo di tiro Diana.
    So maneggiare bene le armi.
    Guardi, qui ho la tessera di..
    Signor come si chiama lei ?...
    Inutile che continui la manfrina.
    C’è una denuncia sporta contro di lei !.
    A questo punto la moglie che fino a qual
    momento se ne era stata tutta zitta, esplode !.
    Hai visto ?..
    Sei contento ora !.
    Ispettore !.
    Glielo dico ogni anno di non farlo !.
    Ma è più forte di lui.
    Sei contento ora che ti hanno denunziato ?
    Ben ti sta !.
    Non risulta avere nessun precedente.
    Decido solo di denunciarlo a piede libero.
    Del resto portarlo in carcere proprio la notte di Capodanno
    mi sembrava esagerato.
    Anche se se lo sarebbe davvero meritato.
    Questa la prendiamo noi !.
    Gli dico uscendo di casa e mettendo la sua pistola in tasca.
    E buon anno !.
    Buon anno Ispettore !.
    Mi grida la moglie.
    Riposta la pistola del tizio nell’armadio blindato
    del mio Ufficio stavo andando a sedermi
    per fare il verbale di sequestro.
    Poi però ci ripenso.
    Guardo l’orologio.
    Già sé fatta l’una !.
    E’ l’orario delle discoteche.
    Dico.
    Infatti il rituale di ogni notte di San Silvestro
    prevede cenone in casa con brindisi finale di mezzanotte e poi tutti
    i giovani e quasi tali, salutano ed escono per andare a fare
    quattro salti in discoteca.
    Qui a Milazzo la discoteca per eccellenza è La Silvanetta.
    Vuoi anche perché è la più grande che ci sia.
    Tre sale enormi sono pronte ad accogliere la flotta
    in arrivo un po’ da tutta la provincia.
    L’alternativa sarebbe Taormina.
    I più audaci si dirigono verso la Perla dello Ionio.
    Ma La Silvanetta viene molto più vicina ai più da raggiungere.
    Ragazzi, si riesce.
    Dico arrivando all’ingresso ai colleghi della volante.
    A disposizione Ispettore !.
    Mi rispondono quasi in coro.
    Giunti al passaggio a livello del Parco Nuovo, già
    si snoda una lunga fila di persone che fremono
    per entrare nel locale.
    Dico.
    Ma io la gente non la capisco !.
    E’ già l’una.
    Mezzora come minimo ci metteranno per entrarvi.
    Alle quattro già quasi tutti andranno via.
    Pagare quaranta mila lire per trascorrere
    si e no appena due orette !.
    Sa Ispettore, gli usi sono sacri.
    Non hanno prezzo !.
    Mi risponde un collega.
    Sarà !.
    Superiamo la fila ed arriviamo all’ingresso.
    Si entra rigorosamente a due a due.
    I metronotte posti davanti alla porta sono inflessibili.
    Tutto a posto ?
    Gli chiedo.
    Si Ispettore !.
    Sa ogni tanto c’è qualcuno più nervoso del solito
    che dice che ha fretta, ma niente di particolare.
    Volete entrare dentro ?.
    Mi chiede.
    No.
    Gli rispondo.
    Mi immagino già la scena.
    Un carnaio di gente che ha a disposizione un metro quadrato
    per ballare e che a stento riesce a muoversi per tentare
    di farlo, il tutto con una musica assordante che ti spacca le
    orecchie.
    Se mi dite che tutto è a posto anche dentro…?
    Può stare tranquillo Ispettore !.
    Ci sono i colleghi all’interno che sorvegliano.
    Ci teniamo in stretto contatto radio.
    E mi mostra un portatile che ha appeso alla giaccone della giubba.
    Se ci dovessero essere novità, chiamateci subito.
    Gli dico congedandomi.
    Lo faremo senz’altro Ispettore.
    Buon anno !.
    Mi dice appena mi vede allontanare.
    Buon anno anche a voi.
    E buon lavoro !.
    Gli rispondo.
    Adesso dove andiamo ?..
    Mi chiede il collega.
    Facciamo un giro in città.
    Sai, può darsi che c’è ancora qualche
    residuo festeggiamento.
    Le strade in effetti adesso sono davvero deserte.
    Qui adesso sino alla quattro c’è calma piatta.
    Poi ci sarà l’uscita dalle discoteche e per ultimo
    Il rituale primo cappuccino dell’anno.
    Tutti ai bar del porto per degustarselo.
    Poi ancora ?
    Mi chiede il collega.
    Poi se ne andranno finalmente a dormire.
    E lo faremo con grande sollievo anche noi !.
    Rispondo al collega.
    Nell’attesa di tutto questo, andiamo al Diana a pigliarci un caffè.
    Il Diana era all’epoca il più noto bar della città.
    Ed era anche una miniera di informazioni.
    Bastava solo stare al banco qualche minuto e venivi
    Aggiornato in tempo reale di tutto quello che era successo
    a Milazzo e dintorni.
    Ora questo caffè non è a “caso”.
    Dico al collega.
    Lui mi guarda e mi chiede…
    In che senso Ispettore ?
    Ricordi che stamattina alle 06,30 dobbiamo fare
    la segnalazione in Questura ?
    Quella su eventuali feriti ?
    Esatto bravo !.
    Ma non passiamo prima dal Pronto Soccorso ?
    Questo anche.
    Però stanne sicuro che se a Milazzo e zone collegate
    C’è stato anche un solo ferito, al Diana lo veniamo
    A sapere subito !.
    Lui annuisce e si mette a ridere.
    In effetti poi il caffè c’è lo pigliamo anche per tenerci svegli !.
    Concludo.
    Uniamo come si suole dire l’utile al dilettevole.
    In effetti per tutta la durata del caffè non apprendiamo
    di incidenti gravi accaduti.
    Questo vuol dire che la visita al pronto soccorso
    sarà pura formalità.
    Ne è sicuro Ispettore ?.
    Sicurissimo !.
    Anche se ad un ragazzino fosse scoppiata
    una bombetta tra le mani, qui la notizia
    non sarebbe sfuggita.
    Ed era vero.
    Per cui vuol dire che la notte era passata tranquilla.
    Finito il caffè ci rimettiamo in giro.
    Strade sempre rigorosamente deserte.
    Solo alla zona del porto c’è un po’ di movimento.
    Già ci si prepara per le attività consuete.
    Anche se è giornata di festa, il porto non si ferma mai.
    Sia per i traghetti e gli aliscafi per le Eolie
    che di li a poco avrebbero ripreso le loro corse
    ma anche per le navi cargo che attendevano pazientemente
    di essere scaricate o caricate.
    Secondo i casi.
    Incrociamo la Radiomobile.
    Ci lampeggia.
    Ci fermiamo.
    Il collega Maresciallo scende.
    Io faccio altrettanto.
    Buon anno !.
    Mi dice.
    Buon anno anche a te.
    Ci abbracciamo.
    Novità ?.
    No, tutto fortunatamente tranquillo.
    Prendiamo il caffè ?.
    Mi chiede.
    No ti ringrazio.
    L’ho preso proprio adesso.
    Se permetti allora, io ci vado.
    Siccome non l’ho ancora fatto.
    Fai pure collega.
    Co congediamo.
    Loro si dirigono verso il Tropical bar.
    Noi verso la periferia.
    Milazzo infatti ha una vasta piana.
    Guardo ancora l’orologio.
    Caspita.
    Già sono le quattro passate.
    L’orario dell’uscita delle discoteche.
    Però al contrario dell’entrata, l’uscita avviene
    in modo molto più ordinato.
    Nel senso che alla spicciolata nel giro di un’oretta tutti sono
    fuori.
    Per cui la cosa non crea nessun problema.
    Fatta anche questa.
    Dico al collega.
    Ora ci resta la solita visita al Pronto Soccorso.
    L’ospedale si trova sulla piana.
    Lo raggiungiamo.
    Entrato dentro alla sala del Pronto Soccorso,
    trovo il dottore Lo Mascio.
    Ero più che sicuro di trovarvi lui.
    Siccome io e lui abbiamo l’appalto della notte
    di capodanno.
    Lui mi guarda avvolto nel suo camice verde.
    Ispettore !
    Carissimo dottore Lo Mascio !.
    Anche quest’anno c’è lei ?..
    Mi chiede.
    La stessa cosa potrei dirgli anch’io.
    Però mi viene di dirgli.
    Buon Anno Dottore !.
    Buon anno anche a lei.
    Mi risponde.
    Immagino che vuol sapere il bollettino dei feriti
    di stanotte.
    Si immagina giusto.
    Niente di particolare.
    Qualcuno si è scottato con la fiaccoletta, qualche
    altro è cascato dalle scale, ma nulla di grave.
    Nessun ricovero.
    Prendo nota.
    Poi ci sono i soliti incidenti stradali.
    Quelli non mancano mai.
    Dopo una serata e nottata di brindisi vari, succede
    Che si vanno poi a rompere le corna con la loro auto.
    Tanti ?.
    Due.
    Tutti dovuti a cause autonome.
    Feriti gravi ?
    No, gravi no.
    Qualche botta e contusione ma nulla di più.
    Tutto sommato bilancio positivo.
    Meglio così.
    Gli dico salutandolo.
    Collega.
    C’è rimasto il giro dei cappuccini.
    Forza e coraggio che quasi ci siamo.
    Lui mi guarda serio e fa un lungo sbadiglio.
    La lunga notte ormai volge al termine.
    Ma tranne il solito traffico al porto, tutto ormai
    tace.
    La stanchezza ormai ha vinto anche i nottambuli più tenaci.
    Tutti sotto le coperte.
    Per cui facciamo rientro.
    Alle sei e trenta in punto, invio la segnalazione
    In Questura.
    Adesso è finita davvero.
    C’è ne andiamo ?.
    Mi chiede il collega.
    Se ti vuoi fermare per pranzo, sei libero di farlo !.
    Lui non se lo fa ripetere.
    Buon Anno Ispettore !.
    Mi dice scappandosene via.
    Io mi fermo ancora un po’.
    C’è da fare il verbale di sequestro della pistola.
    Quando finalmente esco fuori per andarmene,
    mi accorgo che già ci sono le prime luci dell’alba.
    Il primo giorno del nuovo anno stava per iniziare.
    Al prossimo capodanno !.
    Dico salendo in macchina.

    Fine.
     
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    Abuso edilizio

    Procura della Repubblica Circondariale.
    Così era chiamata la Procura della Repubblica istituita
    presso la Pretura dopo la riforma del codice di procedura penale
    del 1989.
    Questo per distinguerla dalla Procura della Repubblica presso
    Il Tribunale.
    Me ne sto seduto a leggere i fascicoli processuali.
    Il Procuratore in alto agli stessi mette un appunto di suo pugno.
    “Convocare Sindaco”…..
    Leggo.
    Voleva dire minimo “cazziatone” in arrivo.
    Eravamo in piena “tangentopoli”.
    Primi anni novanta.
    La Magistratura dopo la riforma della procedura penale
    era improvvisamente cambiata.
    Niente più sottomissione alla politica.
    Questo nuovo “verbo” oltre che in campo nazionale, trovava
    ampio concetto in campo locale.
    Niente più tolleranza.
    Effettivamente il buon primo cittadino di uno dei nostri 24 paesi
    del circondario aveva rilasciato una licenza un po’ troppo sospetta.
    E puntuale come una cambiale, arrivava l’esposto del solito “cittadino
    amante della giustizia” che lo accusava di aver apertamente favorito
    con il rilascio della stessa, un amico di un amico di un suo parente.
    Cose che ante 1989 erano normali.
    Nessuno vedeva niente, nessuno sapeva niente.
    Poi, dopo la riforma, sembrava che il nuovo codice avesse messo
    Una pistola Colt ai Pubblici Ministeri.
    E i cittadini gliela caricavano.
    Ora erano loro i diretti titolari delle indagini.
    E dirigevano e coordinavano direttamente la Polizia Giudiziaria.
    Anche con personale distaccato alle sue dirette dipendenze.
    Le Sezioni di Polizia Giudiziaria.
    Io dopo 8 lunghi anni di profondo nord di guerra
    al terrorismo ed allegati vari, tornato in Sicilia avevo fatto dopo
    una breve esperienza alla Squadra Mobile di Messina, come ben
    sa chi mi legge abitualmente, otto lunghi anni al Commissariato di Milazzo.
    Ora mi ritrovavo qui, ex convento dei Basiliani, dal nome dell’ordine
    Dei monaci che lo avevano istituito nel lontano mille e seicento e qualche cosa.
    Sede della Procura Circondariale.
    Davanti a me, c’è seduto Angelo.
    Angelo è un Appuntato dei Carabinieri.
    La novità delle nuove istituite Sezioni era proprio questa.
    Polizia, Carabinieri, Finanza, ma anche specie nelle Procure Circondariali,
    Polizia Municipale, Vigili sanitari, ed anche in alcune realtà Guardia Forestale
    e Capitaneria di Porto, tutti insieme.
    Angelo ?..
    Gli dico.
    Dimmi Franco.
    Questo è tutto tuo.
    E gli porgo il fascicolo processuale.
    Lui se lo sbrana di getto.
    Alza il telefono.
    Compone di scatto il numero.
    Poi gli sento dire.
    Sono L’Appuntato, come si chiama lui, della Procura della Repubblica !
    All’epoca questa parola terrorizzava letteralmente chi la sentiva.
    Specie se era un centralinista di un Municipio.
    Mi passi subito il Sindaco !.
    Gli sento urlare.
    Un attimo di pausa.
    Sindaco ?..
    Mi ascolti bene.
    Deve presentarsi domani mattina qui, ore 09,00 in punto.
    L’altro probabilmente gli sta rispondendo.
    Lui però incalza.
    Domani ho detto !.
    Se vuole un invito scritto, glielo faccio avere subito.
    E se non si presenterà sarà denunciato !.
    Dopo altri pochi secondi, lo vedo chiudere il telefono.
    Franco ?
    Dimmi Angelo.
    Questo domani alle nove sarà qui !.
    Te la spassi a cazziare, vero ?..
    Ma hai letto la denuncia ?
    Certo.
    Adesso te ne passo un altro.
    Guarda, qui c’è scritto in alto, convocare l’Ingegnere capo
    del Comune di….
    Me lo prende letteralmente dalle mani.
    Se lo sbrana anche quello.
    Poi alza il telefono.
    Angelo ?
    Gli dico prima che faccia il numero.
    Questo fallo venire alle 10,00.
    Scaglioniamo !.
    Come dici tu Ispettore !.
    Poi compone il numero e si scatena.
    Comune di…..
    Pausa.
    Questi centralinisti !
    Gli sento dire mentre aspetta impaziente con la cornetta tra le mani.
    Poi gli sento urlare.
    Ma dove stava lei ?..
    A mezzora che aspetto la risposta.
    Mi passi subito il Dirigente dell’Ufficio Tecnico !.
    Qualche secondo di attesa.
    Poi riprende.
    Ingegnere ?
    Sono l’Appuntato come si chiamava lui, della Procura della Repubblica !
    Altri secondi di attesa.
    Domani alle dieci in punto deve venire qui !.
    Lo vedo che chiude la cornetta.
    Franco ?..
    Mi immagino che questo verrà domani alle dieci.
    Dico giusto ?
    Dici giustissimo Ispettore !
    Ne hai altri da convocare ?..
    Mi chiede.
    Si.
    Gli porgo i relativi fascicoli, dicendogli.
    Mi raccomando.
    Uno ogni ora e massimo cinque al giorno.
    Non c’è problema Ispettore !.
    Mi risponde lui.
    E cerca di essere meno Carabiniere quando convochi le persone !
    Dovrei essere Poliziotto per caso ?..
    Mi ribatte lui.
    Angelo, lasciamo perdere.
    Fai come ti viene meglio a te di fare e chiudiamola così !.
    Suona il mio telefono.
    Ispettore ?..
    Sono il Dottor Calabrese.
    Mi dica signor Procuratore !.
    Può gentilmente passare qui da me ?.
    Arrivo subito.
    Mi alzo mentre sento Angelo urlare con qualcuno
    al suo telefono.
    Quest’altro verrà alle undici di domani !..
    Pensavo.
    “Gentilmente”.
    Parola magica che nei nostri Uffici di Polizia era ignorata
    dai nostri dirigenti.
    “Ispettore ?
    Venga subito da me “ !
    Quante volte me lo avevo sentito dire.
    Qui almeno ti trattavano da essere umano.
    Intanto arrivo davanti alla porta del Procuratore.
    Porta che stava sempre aperta.
    Niente semafori verdi gialli o rossi, che vuol si dire,
    attaccati alla stessa.
    Si può entrare come e quando si vuole.
    Ma era un suo chiaro concetto.
    La mia porta deve stare sempre aperta.
    Mi diceva.
    Siamo Uffici Pubblici.
    Io sono un uomo pubblico.
    Chiunque venga a parlarmi, io lo devo ricevere.
    Sia esso un Avvocato, sia esso uno di voi delle Forze dell’Ordine,
    sia esso l’ultimo dei cittadini che ha un suo problema da espormi.
    Per questo vedere la mia porta aperta è per loro buon segno.
    Segno di disponibilità che inculca fiducia nelle Istituzioni che rappresentiamo.
    Ma Consigliere ?
    Gli dicevo io.
    Ma la sua sicurezza ?
    Giovanni Falcone era stato assassinato da pochi mesi.
    Non ci siete voi accanto alla mia porta ?.
    Mi rispondeva lui.
    Certamente Consigliere !.
    Benissimo Ispettore.
    Voi due siete la mia sicurezza !.
    Pensando tutto questo, varco la soglia ed entro.
    Chiaramente per rispetto mi fermo davanti alla soglia.
    La stanza era davvero enorme.
    In fondo alla stessa, si vedeva una grandissima scrivania
    con lui seduto dietro.
    Accanto alla stessa, una doppia asta con due enormi bandiere.
    Una tricolore e l’altra di fianco della Unione Europea con le undici
    stelle sullo sfondo azzurro.
    Era intento a studiarsi una montagna di fascicoli processuali che
    aveva sulla sua scrivania.
    Nemmeno si accorge di me.
    Consigliere ?...
    Dico con voce “media.”
    Lui finalmente alza la testa e mi vede.
    Mi ha chiamato ?
    Gli chiedo.
    Si !.
    Ispettore…
    Venga, si accomodi pure.
    Percorro l’ampia stanza e mi siedo di fronte a lui.
    Prende uno dei tanti fascicoli che ha sul tavolo.
    Guardi questo processo.
    Lo guardo.
    Copertina bianca, con già stampigliato il capo
    di imputazione.
    Contravvenzione edilizia ?..
    Chiedo.
    Esatto ispettore.
    Leggo che tratta l’isola di Panarea.
    Panarea.
    Una delle sette isole Eolie, dette anche le sette sorelle.
    Isole bellissime, ma piene di problemi per una neonata Procura della
    Repubblica.
    Vuoi per l’alta litigiosità degli abitanti, non c’è ne uno di loro
    che non abbia almeno stampato un esposto o una denuncia verso qualche
    altro, e vuoi anche perché essendo zona a rigido vincolo ambientale,
    praticamente non puoi spostare neppure una pietra senza avere
    una marea di permessi vari.
    Ispettore, lei sa che avere una licenza edilizia alle Isole è davvero
    una avventura.
    Ne sono ampiamente a conoscenza.
    E quelle poche che vengono rilasciate, sono rilasciate…
    In modo molto arbitrario !
    Lo interrompo.
    Esatto.
    Quindi questo comporta, Ispettore, che gli abitanti si autorizzano
    da soli.
    O si mettono a lavorare la notte, oppure escogitano tanti bei sistemi
    per aggirare l’ostacolo.
    Sa, d’estate le richieste di alloggi sulle isole sono davvero tantissime.
    Eccome !.
    Osservo.
    E i locali che ci sono non bastano certo a soddisfarle.
    Di farne di nuove non se ne parla proprio, tranne che dare
    dovute “mazzette” a destra ed a manca, per cui ‘ingegnosità
    degli isolani si mette in moto.
    Non capisco.
    Legga qui.
    Mi porge un altro fascicolo.
    Questo ha copertina grigia.
    C’è scritto “Anonimi”.
    “Vi consiglio di controllare le “cisterne” di come si chiama lui
    siccome le troverete molto interessanti”.
    Firmato…
    “Un amico della giustizia.”
    Anonimo appunto.
    Che ne pensa ?
    Sa Procuratore, se dobbiamo dare voci a tutte le
    segnalazione anonime però….
    Lo so !.
    Lo so Ispettore.
    Stavolta mi interrompe lui.
    Anche se non rappresentano una notizia di reato, possono
    essere però uno spunto per avviare una nostra indagine.
    Nulla c’è lo vieta.
    Certo signor Procuratore !.
    Per cui ho pensato di fare un sopralluogo sul posto.
    Ho pensato di chiamare un nostro consulente della materia.
    Non uno qualsiasi però.
    Visto il posto qui ci vuole un “mastino.”
    L’Architetto Canastà !.
    La sua idea mi sembra ottima ed anche il nome del perito
    che ha pensato.
    Ci pensa lei a convocarlo per l’incarico ?.
    Certamente signor Procuratore !.
    Mi porge un foglio di carta.
    Qui ci sono i quesiti da porre sull’incarico.
    Va bene Consigliere.
    Faccio per alzarmi.
    Lui con le braccia mi fa cenno di restare seduto.
    Abbia pazienza Ispettore, le volevo dire un’altra cosa…
    Ma prego signor Procuratore !.
    Mi dica pure.
    E mi risedo.
    Avrei piacere se ci andasse lei ad accompagnare
    l’Architetto Canastà a fare la consulenza.
    Non c’è problema Consigliere.
    Sa Ispettore, le chiedo questo per un motivo.
    Me lo dica pure dottore.
    Nelle isole come ben sa certe volte eccedono in reazioni.
    In che senso eccedono ?
    Tempo fa il collega dirigente della Pretura Civile,
    mi raccontava di un suo consulente tecnico mentre stava
    effettuando una misurazione è stato colpito
    alle spalle da una violenta randellata.
    E’ finito dritto all’ospedale !.
    Capisco.
    Gli devo fare da scorta.
    Non mi fraintenda Ispettore.
    Vorrei che anche uno della nostra polizia giudiziaria
    fosse sul posto a seguire la situazione.
    Come lei ben sa, in questo periodo dell’anno la Stazione
    dei Carabinieri di Panarea è chiusa.
    Se no avrei parlato con loro.
    Quella di Lipari, ho parlato con il Comandante Chillari,
    può solo mandare il suo collega Trinitera.
    Trinitera lo conoscevo abbastanza per fama.
    Era quello che soleva parlare ai turisti stranieri
    in esclusivo dialetto catanese.
    Per non parlare poi dei rapporti che ci inviava.
    Vinceva sempre il premio da me indetto, selezionando tutti i verbali che
    pervenivano in Procura, come miglior verbalizzante dell’anno.
    Memorabile il suo “si trasmette ora per allora, o “non so
    chi ma circa quattrocento persone sono sbarcate sull’isola
    attrezzati con impianti musicali assordanti, attraversando
    la mia proprietà, provenienti dal mare.”
    E cose del genere.
    D’accordo Consigliere.
    Convoco l’architetto gli conferisco l’incarico
    con i quesiti che lei mi ha scritto e poi mi metto
    d’accordo con lui su quando andare insieme a fare
    la consulenza.
    Detto questo mi alzo e ritorno nella stanza accanto.
    Appena entro, sento Angelo che al telefono stava
    Cazziando l’ennesimo convocato per domani.
    Franco ?..
    Mi dice vedendomi.
    Questo viene domani alle undici !.
    E’ il quinto ?.
    Gli chiedo.
    Si Ispettore.
    Benissimo,
    Basta così per domani.
    Siamo al “completo”.
    Piuttosto, chiama l’architetto Canastà.
    Chiedigli quando può venire qui da noi per il conferimento
    di un incarico.
    Di che cosa si tratta ?..
    Gli spiego il tutto.
    Franco ?..
    Ti andrai a fare una bella gita !.
    E l’unica cosa che mi sa dire alla fine.
    Angelo ?..
    Sapessi che delizia !.
    Siamo in periodo invernale.
    Niente bikini o seni al vento di avvenenti turiste.
    Solo mare mosso, aliscafo che traballa se solo riesce a partire,
    e solo brutte facciazze di minchia di isolani locali !
    Via Ispettore.
    Del resto è questo il periodo in cui loro preparano
    la loro estate !.
    Come sai in tre mesi d’estate devono guadagnare per un anno
    intero.
    Per cui se non s organizzano ora a fare cose abusive, poi
    si ritrovano scoperti.
    Ricordo che quando mi mandarono a fare il Comandante della
    Stazione di Filicudi…
    Angelo ?..
    Me l’hai già raccontata cento volte questa tua esperienza !.
    Va bene Ispettore, non ti arrabbiare adesso.
    Alza il telefono.
    Architetto Canastà ?
    Gli sento dire.
    Poi si presenta tutto pomposo.
    Per lui dire sono l’Appuntato come si chiamava lui della Polizia
    della Procura della Repubblica, equivaleva a dire,
    “Sono il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri” !.
    Deve venire subito qui da noi per il conferimento dei una perizia.
    Domani a mezzogiorno ?.
    Mi guarda con il telefono abbassato.
    Io abbasso la testa in segno di assenso.
    D’accordo, domani a mezzogiorno, architetto !.
    Così chiudiamo in bellezza la giornata.
    Concludo.
    Queste isole Eolie !.
    Pensavo
    Troppo belle ma anche troppo “rognose”.
    Mi tornava in mente un fatto che mi era accaduto
    qualche anno prima.
    Allora, ero ancora al Commissariato.
    Isola di Vulcano.
    Località “Gelso”.
    Praticamente dalla parte dell’isola che guarda la costa Siciliana.
    Arrivammo dopo aver preso un taxi al porto, siccome
    sono ben 18 chilometri di strada.
    Si sale inerpicandosi verso il cratere,
    che fuma se pur lievemente.
    Si avverte infatti la puzza intensa dello zolfo.
    Come se stareste passeggiando per l’inferno.
    Poi si attraversa la località Pianoconte,
    ed infine si scende giù di nuovo verso il mare.
    Spettacolo davvero da cartolina.
    Poi finalmente io e l’Assistente che era con me,
    scorgiamo la fine della strada.
    Nel senso proprio che finivà li.
    Cartello con su scritto “Gelso”.
    Una piazzetta che da sul mare e tre case in tutto.
    Una a destra, una a sinistra ed un’altra dietro le due.
    Tre case, due ristoranti, ed una casa.
    Perché eravamo li ?.
    Perché quelli della prima faceva continui esposti
    contro quelli della seconda.
    Quelli della seconda facevano altrettanto con la prima,
    Quelli della terza faceva esposti sia contro quelli della
    prima che contro quelli della seconda.
    Questa era la situazione al suolo.
    E fortuna che c’erano solo tre case !.
    La Questura era stata categorica.
    Il Dirigente dell’Amministrativa della Questura aveva scritto,
    in termini certo diplomatici ma che tradotti volevano significare
    andando a stringere :
    “Mi sono rotto i santissimi con questi qui !”.
    Andate sul posto è vedete di persona com’è la situazione.
    Cosa che avevamo fatto.
    L’Assistente era quello che si occupava della Polizia
    Amministrativa al Commissariato.
    Era molto preparato in materia.
    Il Tassista si ferma e ci guarda.
    Signori ?...
    Siamo arrivati.
    Questo lo avevamo capito !
    Gli rispondo.
    Intendevo dire, vi devo aspettare ?
    Ci chiede ancora.
    Vuole che c’è ne torniamo a piedi ?
    Gli rispondo secco.
    Lui capisce e spegne il motore.
    Apre la copia del giornale “La Gazzetta del Sud”
    e si mette a leggerla.
    Fate pure con calma.
    Ci dice.
    E guarda molto allegro il tassametro scattare di continuo.
    Alla fine la situazione era che non era in regola nessuno dei tre.
    I due ristoranti presentava entrambi gravi irregolarità.
    La casa che c’era alle loro spalle, era praticamente
    un’ affittacamere completamente abusivo.
    Stangata per tutti e palla al centro.
    Franco, che cosa pensi ?..
    Mi chiede Angelo.
    Questo mi fa tornare improvvisamente
    alla realtà.
    Ah ?..
    Nulla Angelo.
    Nulla ?...
    Mi sembravi davvero molto assorto.
    Angelo ?.
    Che ore sono ?.
    Le dieci Franco.
    Andiamoci allora a prendere un caffè !.
    Franco ?
    Volentieri.
    Vedo che tu nei hai proprio di bisogno !.
    L’indomani.
    Ora Mezzogiorno e mezzo.
    Il verbale di “nomina del consulente tecnico
    e di conferimento dell’incarico”, così si chiama tecnicamente,
    è ultimato.
    L’Architetto Canastà era un uomo di mezza età.
    Il Procuratore aveva ragione a definirlo un mastino.
    Ricordavo le sue consulenze fatte dopo il crollo del tetto
    della chiesa di San Vito.
    Era stata una mera fortuna che quando quel tetto decise
    di crollare la chiesa fosse deserta.
    Sarebbe stata una strage.
    Il Procuratore allora gli conferì un incarico per verificare
    lo stato delle condizioni di tutti i tetti delle chiese
    del nostro circondario.
    “Ne è crollato uno, e ci è andata bene.
    Dobbiamo aspettare che ne crolli qualche altro e faccia
    una strage di fedeli ?..”
    Questo ci aveva detto allora.
    Le sue consulenze fatte, erano state determinati
    ad evitare altri crolli.
    Per questo, si era duramente scontrato con la
    Sovrintendenza ai Beni Culturali Ambientali.
    “Si deve tutelare lo stato dei luoghi e conservarli intatti.”
    Scriveva la Sovrintendenza.
    “Si deve però parimenti tutelare la vita delle persone
    che vi accedono” !.
    Scriveva l’Architetto nelle sue conclusioni alla relazione peritale.
    Infatti la chiesa di San Vito era stata restaurata di recente.
    Eppure era crollata tutta in una botta.
    L’architetto era riuscito a dimostrare scientificamente il fatto.
    I chiodi.
    Questi erano il punto debole del restauro.
    Quelli sostituiti dal restauro non erano in grado,
    calcoli fatti, a reggere il perso del tetto.
    Architetto ?.
    Mi dica pure Ispettore.
    Io la dovrei accompagnare, quando farà questa perizia.
    Davvero Ispettore ?.
    Si.
    Il Procuratore ha deciso così.
    E come mai ?
    Mi chiede.
    Gli spiego la cosa.
    Guardi Ispettore che la cosa a me solo fa immenso piacere.
    Sa, anche se io ho un occhio nascosto dietro la mia testa
    e quindi mi è difficile prendere randellate !
    Però sapere che lei viene con me, mi da una
    sicurezza in più.
    Ma non è che lei è il Procuratore vi siete fatti una sorta di discorsetto privato ?..
    Mi viene di chiedergli.
    Siccome so che sono buoni amici.
    Architetto ?
    Mi dica Ispettore.
    Se lei è d’accordo, mi dice quando si va sul posto ?
    Ispettore.
    Devo guardare la mia agenda.
    Prego architetto, faccia con comodo.
    Lui apre l’agenda e guarda inforcando un paio di occhiali
    molto spessi.
    Alla fine della sua consultazione la chiude.
    Ispettore ..
    Le va bene per dopodomani ?
    Aspetti un attimo architetto !
    Gli rispondo.
    Devo adesso anch’io guardare la mia agenda !.
    Apro e guardo.
    Dopodomani… foglio bianco, come il latte.
    Va bene per dopodomani !.
    Gli rispondo.
    D’accordo allora Ispettore.
    Non c’è il Procuratore ?
    Lo vorrei salutare.
    Mi chiede.
    No Architetto.
    Oggi è giovedì, e di Commissione Tributaria.
    Ah, capisco !.
    A Dopodomani Ispettore.
    Franco…?..
    Dimmi Angelo.
    C’è il Tecnico comunale di Tripi.
    Embè ?
    Doveva venire domani, però sai si trovava a passare
    di qui per altri motivi…
    Angelo ?.
    Cinque al giorno ti ho detto.
    Nessuno di più.
    Che venisse domani.
    E non convocare nessuno per dopodomani !,
    D’accordo Franco.
    Il giorno stabilito arrivo di prima mattina a Milazzo.
    Casino consueto di traffico in entrata in città e una volta
    che riesci a farlo, dopo una pazientissima fila, parcheggi zero.
    Il Commissariato !.
    Penso.
    Mio ultimo rifugio di salvezza.
    Infatti davanti allo stesso in via Luigi Rizzo, che è quello che affondò
    nella prima grande guerra mondiale nel 1918
    la corazzata Austriaca “Szent Istvàn” che tradotto
    in Italiano vuol dire “Santo Stefano” con semplice barchetta armata
    di siluri, chiamata Mas.
    Il suo monumento era di fronte al Commissariato.
    Era nativo di Milazzo, ed a lui era dedicata la via principale
    Che porta alla famosa Marina Garibaldi, passeggiata a mare della città.
    Però tante volte mi ero chiesto.
    Santo Stefano era il nome della corazzata.
    Santo Stefano è il Santo patrono della città di Milazzo.
    Non gli avrà creato imbarazzo la cosa al nostro grande Ammiraglio ?.
    Domanda rimasta sempre senza risposta.
    Non appena parcheggio, noto che il
    il Piantone si affaccia dalla finestra.
    Signor lei ?..
    Guardi che li non si può parcheggiare !
    Urla letteralmente.
    Lo so Carmelo !.
    Ma io sono della famiglia.
    Lui mi vede scendere dall’auto.
    Ispettore ?
    Mi scusi tanto.
    Non l’avevo riconosciuta.
    Però sa, anche se lei è della famiglia,
    il Dirigente dispose che solo le macchine
    di servizio possono stare qui.
    Niente macchine private !.
    Carmelo ?.
    Gli dico tirando fuori la paletta di ordinanza e mettendola
    in evidenza.
    Questa secondo te, ora che cos’è ?.
    Lui mi guarda pensandoci.
    Una macchina personale trasformata in macchina di servizio !
    Dice alla fine del suo tormentato pensiero.
    Carmelo ?...
    Alla Procura Circondariale non abbiamo auto di servizio ancora.
    Per cui le nostre auto personali sono equiparate alle stesse.
    Disposizioni del Procuratore.
    Se il Dottore ha problemi, digli pure di fargli una telefonata !.
    Lo vedo sempre perplesso.
    Poi alla fine si rasserena.
    D’accordo Ispettore !.
    Mi risponde
    Per questa volta non penso che chiameremo il carro attrezzi.
    Carmelo ?
    Guarda che la rimozione la pagherete voi !.
    Lui si mette a ridere.
    Dove va Ispettore ?.
    Mi chiede.
    Alle Isole. !.
    A fare che ?
    A farmi il bagno, Carmelo !
    Ma Ispettore….
    siamo in pieno inverno !.
    Sai Carmelo, io sono come i Tedeschi.
    Piace farmi il bagno freddo !.
    Lui si mette ancora a ridere.
    Ora fammi andare che vado di fretta.
    Buon viaggio Ispettore.
    Buon lavoro a te Carmelo, e cerca di fare meno minchiate possibili !.
    Gli dico le tante mie esperienze passate sul posto.
    Stia sicuro di questo Ispettore.
    Ed ogni tanto venga a ritrovarci che ci fa tanto piacere !.
    Non mancherò, Carmelo, non mancherò di farlo.
    Certo che otto anni passati li erano stati davvero tanti.
    Ma ora, vado di fretta, il porto è praticamente accanto.
    L’Architetto mi aspetta già all’imbarcadero.
    Bontà sua, lui era così.
    Arrivava sempre puntuale e per primo.
    E a quanto pare non aveva avuto problemi di parcheggio !.
    Starà qui dalle due di stanotte.
    Pensavo.
    Ispettore !.
    Mi fa scorgendomi.
    Eccomi Architetto.
    Gli rispondo.
    Ah !.
    Devo andare a fare il biglietto !.
    Stia tranquillo, mi dice.
    Ho fatto il biglietto io anche per lei, tenga.
    La ringrazio.
    Quanto ha pagato ?....
    Gli do subito…
    Ispettore ?.
    Poi ne riparliamo.
    Adesso dobbiamo andare, fanno cenno che è cominciato l’imbarco.
    Andiamo allora.
    Il viaggio tutto sommato non va male.
    Mare calmo, nonostante il periodo invernale.
    Il mare che sembra “una tavola”, bello tutto piatto.
    L’Aliscafo proprio se lo divora.
    Venti minuti appena di viaggio.
    Prima tappa Isola di Vulcano.
    Con in evidenza all’imbarcadero un noto Hotel al centro del panorama.
    Il buon Remigio, pensavo al titolare dell’Hotel.
    Breve sosta si sbarca si sale poi subito si riparte.
    Seconda tappa Isola di Lipari.
    Vicino, non appena partiti si arriva quasi subito.
    Poi si riprende il mare largo.
    Finalmente diretti a Panarea.
    L’Isola dei Vip.
    Oggi si chiamerebbe magari “dei famosi”, siccome
    Non che sia un posto selvaggio dove ambientare una
    pseudo esperienza estrema televisiva, ma siccome
    Vulcano e Lipari sono un po’ le isole del turismo
    di massa.
    Quello del gratta e fuggi.
    Un giorno stesi sulle spiagge a prendere il sole.
    Si parte da Milazzo la mattina.
    Al seguito si ha solo uno zainetto o un borsone contenete panini e bevande
    veloci.
    Poi non appena il tramonto comincia ad essere una concreta
    prospettiva, già si ci reimbarca per il ritorno.
    Gli isolani odiavano questo tipo di turismo.
    Non “ porta picciuli !” (soldi)
    Meglio coloro i quali avevano il portafoglio pieno.
    E magari anche un bellissimo ed elegante yacth
    ancorato in rada.
    O meglio ancora oltre questi vip che tanto con le loro
    cronache rosa fanno pubblicità all’arcipelago, se poi
    ne vengono degli altri di forestieri che magari
    decidono di affittarsi o comprarsi una casa in zona,
    sono i benvenutissimi.
    Poi ci sono coloro che non potendo permettersi cifre
    astronomiche preferiscono anche venire a stare una settimana
    in albergo.
    Anche loro sono i benvenuti.
    Ma coloro i quali vanno la a godere le bellezze naturali
    solo mangiandosi un panino al prosciutto tirato fuori dallo
    zaino, quelli proprio non li sopportano.
    A Panarea difficilmente si vedono arrivare turisti mordi e fuggi.
    Data la distanza dell’isola, questi turisti preferiscono
    in genere la più vicina Vulcano.
    Poi la tradizione impone che Panarea, sia proprio
    qualcosa di esclusivo.
    Riservato a pochi eletti.
    Mentre dall’oblò dell’aliscafo Andrea Mantegna, che mi sembra
    di ricordare sia stato un noto pittore del quattrocento, faccio
    nella mia mente tutte queste belle considerazioni, osservo
    accanto a me, il buon Architetto Canastà intento a leggersi
    un libro.
    Ognuno ha infatti il suo modo di distrarsi nel viaggiare.
    Io di solito penso osservando i posti che vedo alle mie
    esperienza trascorse.
    Altri, come il buon professionista si godono la
    lettura di un buon libro.
    Il suo si intitolava, “Il Genio e l’estasi”.
    Autore, Michelangelo Buonarroti.
    Pensavo se la cosa fosse occasionale o fosse voluta,
    visto come se lo sbranava.
    In fin dei conti il genio toscano era stato architetto e dei migliori
    se non quello in assoluto.
    Suona la sirena.
    Il Comandante avverte che stiamo per attraccare all’isola di Panarea.
    L’architetto chiude il suo libro.
    Io chiudo i miei pensieri.
    Ci guardiamo.
    Architetto si sbarca !.
    Gli dico.
    O vuole proseguire fino a Stromboli ?..
    Stromboli era l’isoala successiva, l’ultima andando verso oriente.
    Ispettore ?.
    Sono pronto allo sbarco .
    Il nostro lavoro è qui, mica a Stromboli !.
    Mi risponde.
    Certo architetto, la mia era solo una battuta.
    Dicevo così per dire !.
    Allora andiamo !
    Dice prendendo la sua borsa e portandosela alla mano.
    Lo sbarco è tranquillo.
    Ci avviamo sul piazzale del porto.
    Che si fa Architetto ?
    Gli chiedo.
    Andiamo sul posto Ispettore !
    Mi risponde.
    Prima si comincia, prima si finisce.
    Questo è pura verità !
    Prendiamo il taxi.
    Arriviamo presto.
    D’inverno, si contano le macchine che circolano
    sulle isole.
    Vi Aspetto signori ?..
    Ci chiede il conducente.
    Certo.
    Gli rispondo.
    Anche lui si apre la copia del giornale la Gazzetta
    del Sud,
    Con un occhio guarda quella e con l’altro
    guarda il tassametro scattare allegramente.
    Sarà una usanza locale.
    Penso allontanandomi.
    Ci diamo uno sguardo intorno a noi.
    Siamo di fronte ad una villa.
    Un bello spiazzo tutt’attorno.
    C’è un cancello.
    Suono.
    Dopo qualche secondo arriva uno.
    Desiderate ?
    Vogliamo parlare con il signor..come si chiama lui.
    Voi siete ?
    Ci presentiamo.
    Adesso vado a chiedere.
    Attendete.
    Attendiamo.
    Dopo un po’, arriva uno sulla mezza età.
    Io sono…come si chiama lui.
    Ci ripresentiamo.
    Qual è il motivo della vostra, chiamiamola così,
    visita ?
    Ci chiede.
    Siamo della Procura della Repubblica.
    Dobbiamo fare una consulenza tecnica.
    Questo è il mandato del magistrato.
    Se per cortesia ci può fare entrare.
    Gli dico secco.
    Ma quale consulenza e consulenza !
    Risponde lui perdendo un po’ le staffe.
    Io sono in regola !
    Anzi in straregola !.
    Ho tutte le autorizzazioni e concessioni
    Possibili ed immaginabili in un Comune come a questo !.
    Egregio signore ?
    Gli rispondo.
    Noi le crediamo.
    Però noi dobbiamo svolgere questo accertamento, quindi
    se adesso per cortesia se ci lascia accedere…
    Ma chi è stato questa volta ?
    Quale infame e cornuto mi ha fatto l’esposto ?
    Si mette ad inveire.
    Sanno solo buttare del fango sulla mia persona !
    Io non ho nulla da nascondere alla giustizia.
    Signore ?
    Gli faccio pacatamente.
    Appunto.
    Se lei non ha nulla da nascondere. Che ne
    dice allora di farci entrare ?..
    Io devo prima chiamare il mio avvocato !.
    Grida.
    Se vuole lo può fare tranquillamente.
    E’ un suo diritto.
    Gli ribatto.
    Ma questo non cambia per niente la cosa.
    O ci fa entrare oppure entriamo con la forza !.
    Un momento.
    Ci ferma.
    Avete detto che lo posso chiamare…
    Vero ?.
    Le ho detto di si !.
    E gli spieghi bene la cosa.
    Lui si allontana.
    Il cancello resta sempre chiuso.
    Dopo un po’ ritorna.
    Potete accomodarvi !.
    Ci dice aprendo il cancello.
    Beh, sa, ci eravamo davvero stancati a stare qua fuori.
    Finalmente varchiamo la soglia d’ingresso
    ed entriamo.
    Lui ci guarda.
    In cosa consiste questo vostro accertamento tecnico ?
    Prende la parola l’Architetto.
    Signor..come si chiama lui..
    Consiste nel dover accertare la sua cisterna.
    La mia cisterna di acqua ?
    Risponde lui smarrito.
    Si.
    Proprio quella.
    Ma voi siete della Procura della Repubblica o
    dell’Ufficio Acquedotto del Comune ?
    Ci chiede ancora.
    Della Procura della Repubblica.
    Gli rispondo io secco.
    Signori miei carissimi.
    Come sapete qui sulle isole non c’è un impianto idrico.
    E non c’è neppure molta acqua nel sottosuolo.
    Per cui ognuno di noi è costretto ad immagazzinare
    al massimo l’acqua potabile che periodicamente
    ci porta la nave cisterna.
    Per cui, occorrono delle cisterne.
    E la mia è questa !
    Una cisterna per raccogliere la poca acqua potabile
    che ci passa il Comune di Lipari.
    Egregio signore.
    La storia la sappiamo bene.
    Gli rispondo.
    Ma adesso la possiamo andare a vedere questa
    Benedetta cisterna ?..
    Lui si ferma un attimo.
    Poi deciso ci dice.
    Siete padroni di farlo !.
    Seguitemi.
    E noi lo seguiamo.
    Arriviamo alla villa.
    Questa è a posto !.
    Dice con orgoglio, mostrandocela con le mani.
    Davvero non volete controllarla ?
    No.
    Gli risponde l’Architetto.
    Sappiamo bene la sua storia.
    Costruita abusivamente, poi è intervenuta la sanatoria…
    Ed io ho pagato !.
    Ci dice con impeto.
    Lo sappiamo !.
    Ma questa cisterna dove sta ?
    Gli rispondo io.
    Seguitemi.
    Fa lui.
    Va dritto.
    Passa la villa.
    Va sul retro della stessa.
    Poi ci mostra un tombino abbastanza grande.
    Qui sotto.
    Sta qui sotto la cisterna.
    Siete contenti adesso ?.
    Ma è interrata ?
    Gli chiede l’Architetto.
    Certamente che lo è !.
    Risponde lui.
    E come mai non l’avete messa fuori ?
    Lei è un Ingegnere…vero ?
    Fa lui.
    Veramente sono un Architetto.
    Architetto ?
    I “cristiani” (le persone) vengono qui d’estate.
    Se la cisterna io la metto all’esterno, sotto il sole
    che sviluppa quaranta gradi all’ombra, lei pensa
    che sarebbero contenti di avere acqua bollita ?
    Certo che no !.
    Ed allora apposta la interro.
    Così almeno il sole non ci batte sopra !.
    E’ contento ora ?.
    L’Architetto ci pensa su un attimo.
    La potrebbe aprire ?..
    Gli chiede.
    Lui diventa serio.
    In che senso, Architetto, la dovessi aprire ?
    Aprire, apra il suo coperchio.
    Ma Architetto mi scusasse tanto.
    Ma cosa vuole vedere ?.
    L’acqua che contiene ?
    Le ho chiesto se me lo può aprire.
    Lo può gentilmente fare ?
    Gli ribatte Canastà.
    Lui si ferma e ci pensa.
    Poi, alla fine si lancia.
    Va bene, ora gli apro il coperchio !.
    Il coperchio lo apre.
    Ma c’è una bella grata inferriata che lo ricopre.
    Grata a rete, però bella dritta dritta.
    Mi scusi signore…
    Si può togliere la grata ?
    Gli chiede Canastà.
    Perché mi chiede questo ?
    Gli risponde.
    Perché vorremmo scendere giù a guardarci dentro !.
    Ma mi scusi lei, Architetto !.
    Ma che cosa volete guardare ?
    Ma si può togliere o no questa grata ?
    No !
    In che senso non la si può togliere ?
    Nel senso che ci vorrebbe Bartolo il fabbro
    per farlo.
    Lo si può chiamare questo Bartolo ?
    No.
    No sta qui ?
    Bartolo oggi è a Lipari.
    E nessun altro fabbro è disponibile qui sul posto ?
    No.
    Ho capito, signore.
    Canastà, ci pensa un attimo.
    Poi raccoglie un sasso da terra.
    Fatto questo, lo getta giù tra le maglie della grata.
    Immaginavamo di sentire il classico tonfo.
    Il sasso che casca in acqua fa tale rumore.
    Invece sentiamo un rumore sordo.
    Del sasso che sbatte per terra.
    Ma lei ha detto che contiene acqua !.
    Gli dice Canastà.
    Ma di acqua li dentro, non ci sembra che c’è
    ne sia…
    Lui ci guarda stupito.
    Signori ?..
    L’acqua serve d’estate !.
    Quando la darò in affitto.
    Adesso a che servirebbe riempirla ?.
    Visto che è disabitata.
    Per cui, adesso chiaramente la cisterna è vuota.
    Sa, per quanto c’è la fanno poi pagare questo
    prezioso liquido qui a Lipari.
    Chi viene ad affittarsela poi , se la pagherà poi lui !.
    L’importante è però che la villa abbia già da ora
    Una cisterna per l’acqua bella e disponibile.
    Giusta osservazione !
    Gli ribatte l’Architetto.
    Quindi non si può scendere li dentro.
    No.
    Canastà si fa tutto serio.
    Apre la sua borsa e tira fuori una macchinetta
    fotografica.
    La imbraca per bene con una cordicella
    che teneva anche nella stessa borsa.
    Poi vedo che mette in selezione l’autoscatto.
    Con calma si inginocchia davanti alla grata.
    Scende giù piano piano la macchinetta fotografica,
    attraverso le maglie metalliche della stessa.
    L’interessato si sta letteralmente scimmunendo.
    Io comincio ad intuire.
    Visto che non si può scendere giù a vedere,
    Si usa un sistema che ritrae lo stato dei luoghi.
    Ingegnoso davvero.
    L’Architetto, confermava in pieno la sua fama di “mastino”.
    Pensato questo, mi inginocchio pure io.
    Osservando la grata in profondità, vedo
    i lampi del flash della macchina fotografica
    che scatta in automatico.
    L’Architetto ripete l’operazione più volte.
    Posizionando, ogni volta che la scende giù,
    la macchinetta fotografica in posizione diverse.
    Chiaramente all’epoca non erano disponibili ancora quelle
    attuali digitali.
    Alla fine la tira su.
    Benissimo.
    Adesso andiamo a sviluppare queste foto.
    Lui ci guarda sbigottiti.
    Ci vediamo tra un po’.
    Gli dice Canastà.
    Ispettore ?
    Mi dica Architetto.
    Sbarcando al porto, ho visto un negozio che sviluppa foto
    in venti minuti.
    Che ne dice di andarci ?.
    Andiamoci pure Architetto !.
    Effettivamente l’occhio clinico dell’Architetto
    ci aveva visto giusto.
    Arrivati al porto, un bel negozio con l’insegna
    “Foto e sviluppo foto in pronta consegna.
    sviluppo in soli venti minuti”.
    Il Tassista non ci chiede più se ci deve aspettare o meno.
    Ormai l’ha capita la cosa.
    Si apre il suo giornale e se lo mette a leggere.
    Stasera suppongo lo saprà a memoria.
    Penso.
    Entriamo dentro.
    Buon giorno signori.
    In che cosa posso servirvi ?
    Ci chiede uno al banco.
    L’Architetto tira fuori la macchinetta dalla borsa.
    Ci servirebbero subito.
    Gli fa.
    Sviluppo ?
    Chiede lui.
    Si.
    Ma sono davvero venti minuti ?
    Chiedo io.
    Anche prima.
    Mi risponde lui.
    Adesso accendo la macchina e comincio subito lo sviluppo.
    Ma accomodatevi pure.
    Ci dice prendendo il rullino dalla macchina fotografica.
    Poi, sparisce dietro una porta.
    Lo prendiamo in parola.
    Ci sediamo ed attendiamo.
    Effettivamente in meno di venti minuti,
    lo vediamo riuscire dalla porta.
    Eccole qua.
    Ci dice mostrandocele.
    Ma scusate, voi siete turisti ?...
    Ci chiede.
    In un certo senso si.
    Risponde l’Architetto.
    Ma che cosa andate a fotografare ?
    Pensavo aveste fotografato panorami della nostra isola..
    Noi diciamo che siamo turisti particolari.
    Gli dico io.
    Cerchiamo le cose nascoste in profondità !.
    Lui ci guarda tutto serio.
    In fin dei conti, i gusti sono gusti !
    Ci dice sfoggiando un bel sorriso.
    Faccia la fattura che ci serve.
    Gli dico.
    Lui non se lo fa ripetere due volte.
    Usciamo fuori.
    L’Architetto le guarda attentamente.
    Poi me le mostra.
    Sta minchiazza !
    Mi scappa di dire vedendole.
    Ma questa è una cisterna ?...
    Oppure è un mini appartamento !.
    Infatti le foto sono chiarissime.
    L’interno è predisposto proprio non per ricevere
    acqua potabile, ma per ospitare persone vere e proprie.
    Con tanto di arredamento !.
    Vede Ispettore.
    Mi risponde Canastà.
    E’ recente consuetudine che gli isolani
    usino trasformare delle comuni cisterne
    in veri e propri mini residence.
    Questo per ovviare alla carenza di alloggi turistici.
    O di richiedere lunghe e tortuose concessioni edilizie.
    Ma è davvero ingegnoso !.
    Osservo.
    Gli Isolani sono tutti dei piccoli geni.
    Mi risponde.
    Intendevo è stata ingegnosa la sua “trovata”.
    La camera fotografica che scende giù con l’autoscatto !.
    Sa Ispettore, a furia di bazzicarli, mi è sviluppato
    un poco di genio pure a me !.
    Ma adesso, Ispèttore, se lei è daccordo
    possiamo pure tornare sul posto.
    Daccordissimo Architetto !.
    Saliti sul taxi, tiro fuori dalla mia borsa
    un modello di verbale di sequestro.
    Lo compilo con calma lungo il tragitto per arrivare.
    Arriviamo sul posto.
    Come al solito il tassista ci chiede se ci deve
    aspettare.
    Certo.
    E’ la nostra risposta comune.
    Non appena scendiamo lo vedo aprire il giornale.
    Ma non è più “La gazzetta del sud”.
    E’ il “Corriere dello Sport”.
    Lo credo bene che lo ha cambiato.
    L’altro lo sapeva ormai a memoria !
    Dico mentre ci allontaniamo da lui.
    Non che nel frattempo l’amico abbia smontato
    già tutto ?
    Continuo.
    Non credo Ispettore.
    Anche se sono ingegnosi di tempo non ne aveva.
    E poi, ci sono sempre le nostre foto per inchiodarlo.
    Arrivati al cancello, lo vediamo già che ci aspetta
    proprio li davanti.
    Stavolta ci apre subito.
    Non c’è bisogno di insistere.
    Lui ci guarda.
    Noi lo guardiamo.
    L’architetto tira fuori dalla sua borsa le foto.
    Ma non c’è bisogno di mostrarle.
    La sua faccia già dice tutto.
    Ci guarda infatti come uno che sta per scoppiare
    da un momento all’altro.
    Ed infatti tutto d’un tratto esplode.
    “Egregissimi e stimatissimi signori miei !.
    Gli Amministratori di questo Comune sono tutti
    degli emeriti cornuti !
    Io ha bene due anni che ho avanzato regolare richiesta
    per ottenere concessione edilizia !.
    Due anni che combatto.
    Due anni che pago avvocati e due anni
    che loro se ne fottono !.
    Noi lo guardiamo ma lo lasciamo sfogare.
    Sapete ?..
    Continua.
    Prima me la menavano che ci voleva il nulla osta
    Della Soprintendenza di Messina.
    Che loro senza di quella non potevano rilasciare proprio
    una minchia di niente !
    Ho richiesto pure questa autorizzazione, ma la risposta
    non arrivava mai.
    Che cosa dovevo fare ?..
    Avevo già speso un sacco di soldi per progetti e avvocati !.
    Egregio signore.
    Gli rispondo.
    Lei avrà tutte le sue ragioni, ma capisce che una cisterna
    deve contenere acqua e non essere un mini appartamento arredato !.
    Lo so, !
    Voi avete ragione.
    In fin dei conti fate solo il vostro mestiere.
    Ci dice allargando le braccia in modo desolato.
    Era chiaramente ormai rassegnato all’inevitabile evento.
    Questo qui, è il verbale di sequestro della cisterna.
    Gli dico.
    Cortesemente, lo deve firmare.
    Una copia gliela lasciamo.
    Lui la prende.
    Senza battere ciglio la firma.
    Dobbiamo procedere all’apposizione dei sigilli.
    Gli spiego.
    Fate tutto quello che dovete fare.
    E’ la sua risposta.
    Postati i sigilli, ci congediamo da lui.
    Usciti fuori, l’Architetto mi ferma con la mano.
    Ispettore ?...
    Mi fa.
    Ma non le è venuta fame ?
    Mancano due ore al prossimo aliscafo per Milazzo.
    Che ne direbbe di andare a far visita a quel ristorantino
    che ho visto nel piazzale del porto ?
    Architetto ?
    Direi che la sua è davvero un ottima idea !.
    Sa, un collega mi ha detto che fanno degli ottimi spaghetti alla
    scogliera.
    Il tutto accompagnato con un bel vinello bianco fresco….
    Architetto ?
    C’e solo un modo per accertare la cosa.
    Quale Ispettore ?..
    Quello di andare subito sul posto !.
    L’occhio clinico di Canastà come al solito non era sbagliato.
    Il ristorantino c’era.
    Ed era pure aperto.
    Quanto le dobbiamo ?
    Chiedo al tassista.
    Suppongo che non vi devo più aspettare stavolta ?
    Ci chiede esibendo una sorta di sorriso.
    No !.
    E la risposta che ci viene spontanea dargli.

    Fine.
     
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    Conflitto a fuoco a seguito di rapina.
    Con relative indagini di conseguenza.


    Questa storia ho pensato a lungo prima di scriverla.
    Siccome riveste situazioni davvero drammatiche.
    Avrete visto che nei miei racconti non si spara.
    Non ci sono ne morti e ne feriti.
    Intesi come conflitti a fuoco che vedono coinvolti noi
    ed i criminali.
    Eppure quella volta, anche se non toccò direttamente a me,
    mi capitò questa esperienza.
    Che adesso ho deciso di postare.
    Solo per far capire che quello del Poliziotto, del Carabiniere
    o di qualsiasi appartenete alle Forze dell’ordine che indossi una
    divisa, possa in qualsiasi momento scontrarsi con un evento
    che può cambiare la sua vita, in senso davvero totale.
    Se muore è totale, se sopravvive avrà sempre dei ricordi
    che segneranno per sempre la sua vita.
    Ma andiamo per ordine.
    Tornando nella nostra macchina del tempo siamo a Milazzo
    della metà anni ottanta.
    Quella mattina ero in Commissariato come al solito.
    Il Dirigente non c’era, siccome in licenza, per cui ero io
    il più alto in grado.
    La mattina trascorreva tranquilla.
    Mimmo il collega che mi collaborava nella
    Giudiziaria, non c’era nemmeno.
    Per cui avevo deciso di evadere numerose pratiche
    in giacenza.
    Si deve fare pure questo.
    Categoria O1.
    Sembrerebbe una sigla insignificante.
    Non lo è per un Poliziotto.
    O1 contraddistingue i fascicoli che sono
    “furto a carico di ignoti”.
    Che come sempre, restano “i soliti ignoti”.
    O meglio, se non ci sono elementi tali o riscontri
    Per poter attribuire il reato a persona specifica
    La pratica la si conclude con una comunicazione
    di poche righe.
    Al Signor Pretore di Milazzo…
    Comunico che le indagini sul furto perpetrato in danno
    di…come si chiama lui.. per addivenire alla identificazione
    dei responsabili dello stesso, hanno dato esito negativo.
    Si fa riserva di riferire solo in caso di
    positive ulteriori risultanze.
    Firmato….
    Pura burocrazia, ma il 99,9 per cento dei furti, finisce così.
    Ne avevo una pila di queste pratiche da smaltire.
    Ero arrivato a metà delle stesse.
    Sento il mio telefono suonare.
    Ispettore ????...
    Ispettore….!
    Può venire subito qui in sala operativa ?...
    Era il piantone.
    Sembrava sconvolto.
    Calmati Antonio !.
    Gli rispondo.
    Arrivo subito.
    Il tempo di fare di corsa il corridoio
    ed entro dentro la sua stanza.
    Antonio ..
    Ma che cosa è successo ?
    Ispettore !!!
    Ascolti.
    Mette l’apparato radio a tutto volume.
    Questura Centrale !...Questura Centrale…..?????...
    Centraaaale !!!!
    E’ Como Barcellona tre che chiama !!!....
    Rispondete, vi prego è urgentissimo !....
    La voce che riconoscevo, era quella del mio collega
    Palmeri della giudiziaria di Barcellona era davvero molto sconvolta.
    Quasi sembrava una invocazione…parlava agitatissimo..
    sembrava piangere mentre lo faceva.
    Avanti Como Barcellona tre, dite pure..
    C’è ne avete messo tempo a rispondere !...
    Urla proprio il collega.
    Scusatemi Como Barcellona, ero impegnato sull’altro canale.
    Dove siete ?.
    Siamo… in via Garibaldi, all’altezza
    Della ..gioielleria D’alesci !.
    C’è stata una sparatoria…..!
    Mandate subito qualcuno, un ambulanza !
    E’ Urgente…E’ Urgente !...
    Stanno per terra, sono feriti gravemente…
    Fate presto, fate presto !!!.
    Como Barcellona tre ?...
    Chi sono i feriti, chi sta per terra ?...
    Due colleghi Carabinieri della Stazione !..
    Ma chiamate soccorsi !...Chiamateli !...
    Fate presto…Fate presto !!!...
    Como Barcellona tre , provvediamo subito !.
    Ascoltiamo impietriti.
    Io ed il piantone.
    Como Barcellona tre…
    Como Barcellona tre da Questura Centrale !
    In ascolto Centrale.
    Dateci notizie !..Dateci urgentemente notizie !..
    Il Questore è stato informato.
    Sollecita notizie !
    Centrale…Qui Como Barcellona tre !...
    L’ambulanza è arrivata.
    C’era anche un medico che transitava in zona
    È intervenuto subito.
    Ma…..
    La sua voce ora singhiozza.
    Per uno di loro non c’è più nulla da fare !.
    Non c’è più nulla da fare !!!!...
    Grida letteralmente.
    Un attimo infinito di gelido silenzio radio.
    Como Barcellona Tre ?...
    Como Barcellona Tre mi sentite ???
    Vi sentiamo centrale.
    Il collega piangeva adesso.
    Lo si sentiva dalla sua voce.
    E’ morto !...
    E’ morto !!!!.
    Como Barcellona Tre ?..
    Sono il Capo di Gabinetto.
    Capiamo la drammaticità del momento.
    Ma, favore....???...
    Potete darci notizie più precise su quanto accaduto ?.
    Mi scusi Dottore !.
    Risponde alla radio il collega singhiozzando.
    Ispettore ?..
    Mi dica Dottore.
    Risponde il collega.
    Mi può dire cosa è successo ?
    Un attimo di pausa radio.
    Poi la voce del collega stavolta più pacata, riprende.
    Dottore ?..
    Mi dica pure.
    C’è stata una rapina alla Gioielleria D’Alesci.
    Una pattuglia della Stazione dei Carabinieri è intervenuta.
    Ma non appena sono scesi dal loro pulmino, sono stati
    subito fatti oggetto da numerosi colpi d’arma da fuoco !
    Uno di loro è morto, l’altro….
    Ho sentito il medico che le dicevo che urlava all’ambulanza
    di andare il più presto possibile in Ospedale, è gravissimo !
    Gli ha fatto un massaggio cardiaco per terra.
    Ha continuato fino a che non è giunta l’ambulanza….
    La voce del collega ritorna ad essere commossa.
    Ispettore ?
    Si Dottore.
    Si sanno altri particolari ?
    Ci sono qui anche molti colleghi dell’Arma…
    Sto provando a chiedere…
    Appena li sa, mi faccia subito sapere !
    Pausa radio.
    Centrale ?..
    Centrale da Como Barcellona tre !!..
    Avanti Como Barcellona tre.
    Il Dottore è sempre in ascolto ?..
    Si, Ispettore, sono in ascolto.
    Giuseppe, sono Salvatore, il Dirigente del Commissariato !.
    La sua voce era agitata, però forte e decisa.
    Sono arrivato adesso sul posto.
    Salvatore, si può sapere finalmente cosa diamine è successo ?
    Si Giuseppe.
    Da quello che abbiamo ricostruito, un gruppo
    di rapinatori ha fatto irruzione verso le ore 13,00
    alla gioielleria D’Alesci.
    E’ scattato l’allarme, collegato con la Compagnia Carabinieri,
    probabilmente schiacciato da uno dei commessi dell’esercizio.
    C’era una loro pattuglia della Stazione in zona.
    Era la più vicina.
    Ma non appena arrivati le cose sono andate come ti ha detto già
    il mio Ispettore.
    Probabile che c’erano dei pali di sorveglianza alle loro spalle,
    C’era anche un Vigile Urbano.
    Quello che sta all’incrocio tra la via Garibaldi e la via Roma.
    E’ stato l’unico a reagire,
    Ha estratto la pistola ed ha sparato verso i rapinatori che scappavano via.
    Loro gli hanno risposto al fuoco.
    Lui si è buttato per terra ed ha continuato a sparare sino a quando ha finito
    L’intero caricatore.
    Lo hai li con te questo Vigile ?..
    Certo Giuseppe !.
    Lo porterò in Ufficio per sentirlo.
    Anche perché dice che è sicuro che ne ha colpito almeno uno.
    Salvatore ?...
    Mi raccomando la massima delicatezza con i Carabinieri.
    Non ti mettere in contrasto e collabora con loro.
    Certo Giuseppe !..
    Ti chiamo appena posso via filo, passo e chiudo.
    Quel pomeriggio anche se facevo servizio a Milazzo
    mi recai al Commissariato di Barcellona.
    Nessuno me lo aveva ordinato.
    Ma il mio cuore mi diceva di farlo.
    Entrato dentro…
    Era una baraonda.
    Molte persone in sala di attesa che aspettano.
    Salgo su al primo piano.
    I colleghi sono tutti ad interrogare i testimoni.
    Uno di loro mi intravede.
    Sei passato di qui per caso ?
    Mi chiede.
    No.
    Sono a vostra disposizione.
    Gli rispondo.
    Bene, allora guarda li c’è una macchina da scrivere
    libera.
    Vacci e ti faccio mandare su qualcuno.
    Non me lo faccio ripetere.
    Ma alla fine della tornata di interrogatori, esce fuori
    poco e nulla.
    Nessuno sa fornire qualche particolare importante.
    Il Dirigente si affaccia alla porta.
    Ragazzi.
    Non ne esce fuori molto.
    L’unica cosa che sappiamo è che non sono locali.
    Sono Catanesi.
    Almeno alcuni testimoni ascoltati dicono che
    si esprimevano in quel lessico.
    Ho chiamato adesso il Capitano della Compagnia.
    Anche loro non hanno cavato fuori granchè.
    Poi guarda me.
    Ispettore ?
    Ma lei cosa ci fa qui ?...
    Sono venuto a dare una mano.
    Gli rispondo.
    La ringrazio, c’è ne era proprio di bisogno.
    La Squadra Mobile mi aveva promesso l’invio
    di suo personale.
    Ma è rimasta impegnata in un altro omicidio accaduto
    a Messina.
    C’è la dobbiamo cavare da soli.
    Comunque, domani non c’è bisogno che torni.
    Ormai, il più è fatto.
    Vada pure al suo Ufficio.
    So che il collega che dirige Milazzo al momento
    non c’è.
    Come lei comanda Dottore !.
    Ma se c’è bisogno, io sono a disposizione.
    La ringrazio ancora Ispettore.
    L’indomani arrivato al Commissariato, ore
    07,45 in punto come al solito, entrando dentro,
    trovo il piantone che mi fa subito un segno con le braccia.
    Ispettore !
    Venga subito.
    C’è una situazione.
    Sono ai tuoi ordini !.
    Gli rispondo ridendo.
    Ispettore, la prego e mi scusi.
    Ma se viene, capirà che è cosa seria.
    Apro la porta della guardiola ed entro.
    Guardi, Ispettore.
    La macchina usata per la rapina di ieri è stata
    ritrovata.
    Bene, da chi ?..
    Dai Carabinieri di Milazzo !.
    Fammi vedere.
    Do subito uno sguardo alla nota che ci era pervenuta
    dalla Compagnia CC di Milazzo.
    Ma è stata rubata qui a Milazzo !
    Mi scappa leggendo.
    Appunto Ispettore.
    Mi risponde il piantone.
    Ma ha letto ha chi è stata rubata ?
    Leggo il nome del proprietario dell’auto.
    Caspita !...
    Mi scappa.
    Ma è La Rosa…. il ladro !.
    Appunto Ispettore !.
    Ma le sembra possibile che rubino la macchina ad uno
    che di professione fa il ladro ?.
    Assolutamente no.
    Gli rispondo.
    Un’altra cosa Ispettore…
    Dimmela pure.
    La denuncia di furto dell’auto è stata fatta dal La Rosa proprio
    qui al nostro Commissariato.
    Verò è !.
    Alzo il telefono e chiamo l’archivio.
    Peppino ?
    Dimmi Franco.
    Niente Peppino.
    Volevo solo sapere se già c’eri in archivio.
    Se ti rispondo, vuol dire che già ci sono !.
    Aspetta che salgo subito da te.
    Dobbiamo fare subito una bella ricerca.
    Ti aspetto Ispettore.
    Appena arrivo in archivio, Peppino
    mi aveva fatto trovare già tutto quello che
    riguardava il La Rosa, sul tavolo.
    Ispettore, ecco qui.
    Ho visto Peppino.
    Organizzatissimo ed efficiente come sempre !.
    Molti pensano che l’Archivio di un ufficio di Polizia
    sia dolo un deposito di cartacce.
    Di scartoffie messe li dentro solo a prendersi la polvere.
    Nulla di più sbagliato.
    L’Archivio, lo avevo imparato nei miei primi quindici anni
    di attività, è invece il suo cuore che pulsa.
    Lì dentro, solo a sapere cercare trovi tutto.
    Nn solo fascicoli con copertina rossa detti “a seconda”
    Ma anche licenze, passaporti, porto d’armi, trovi fotografie
    Che restano per copie, trovi tutto quello che vuoi sapere
    su di una persona e sulla sua settima generazione di avi.
    Mi metto a sedere.
    Comincio con il primo fascicolo.
    Categoria 01, patito furto di autovettura, sporta da La Rosa
    Come si chiama lui il…
    Lo apro.
    Denuncia standard, di quelle prese da un collega che
    ha fretta di togliersi al più presto di torno la persona
    che ha davanti.
    “Alle ore 22 e 30 ho parcato la mia auto…in via
    Col.Bertè numero civico 35, chiudendola regolarmente.
    Alle ore 08,00 nell’andare a riprenderla constatavo
    che la stessa auto non c’era più siccome asportata
    da ignoti.
    Questa non mi dice proprio nulla.
    Osservo.
    Passiamo al fascicolo a seconda del La Rosa.
    Copertina rossa.
    Leggo che nonostante sia sospettato di aver favorito
    Se non perpetrato numerosi furti in abitazione,
    tuttavia non risultano denunce penali a suo carico.
    Può essere ?...
    Chiedo a Peppino.
    Così c’è scritto Ispettore.
    Alzo il telefono e chiamo il piantone.
    Mi dica Ispettore ?
    Come fai a sapere che sono io ?
    Sa Ispettore.
    Lei era qui prima da me.
    Sapevo che era salito su in archivio.
    L’interno che mi lampeggia è quello dell’archivio…
    per cui ho concluso che fosse lei a chiamarmi.
    Bravissimo !.
    Gli dico.
    Finalmente un piantone “pensante” !.
    Ma questo non glielo dico.
    Quanto prima ti faccio passare a fare la volante !.

    Ne sarei onorato e la ringrazio Ispettore.
    Di niente, ma adesso stammi a sentire.
    Chiama subito il Cot della Questura quello che
    Risulta a carico del nominativo che adesso ti detto.
    Subito Ispettore.
    Richiamami appena sai.
    Passiamo avanti.
    Questo fascicolo a copertina azzurra.
    Richiesta nulla osta per acquisto e detenzione d’arma.
    Peppino ?..
    Ma è possibile una cosa del genere ?
    Così esce, Ispettore.
    Apro.
    Domanda presentata dal La Rosa come si chiama lui…
    Al Signor Questore di Messina,
    intesa ad ottenere il nulla osta per l’acquisto della pistola…
    Sfoglio il fascicolo.
    Ecco.
    Scheda informativa sul La Rosa..sempre come si chiama lui..
    Redatta dall’Assistente capo..come si chiama lui..
    “Dalle informazioni assunte, il La Rosa risulta agli atti
    della locale Pretura, esente da condanne penali.
    Lo stesso risulta godere in pubblico di buona stima e reputazione.”
    Il buon collega è stato anche lui “standard” nella sua scheda informativa.
    Suona il telefono.
    Lo alzo.
    Ispettore ?
    Dimmi.
    Ho fatto l’interrogazione al terminale che mi ha richiesto.
    Risultano segnalazioni fatte a carico del La Rosa, per
    partecipazione in furto, poi risulta
    anche nei suoi confronti, una proposta di diffida avanzata
    al Questore di Messina dalla locale Compagnia dell’Arma.
    Risulta che sia stata data la diffida ?
    Gli chiedo.
    In atto ancora no.
    Gli dico grazie. e richiudo.
    Peppino ?..
    Ma uno va a fare informazioni su di una persona in Pretura
    E non passa qui in archivio ?..
    E non consulta neppure gli schedari elettronici ???..
    Ispettore.
    Non tutti i tuoi colleghi sono come te.
    La sua risposta.
    Non appena ritorno in Ufficio, mi suona il telefono.
    Chiamata esterna.
    Lo alzo.
    Ispettore ?..
    Riconosco la voce.
    Era Nino il Comandante del Nucleo Radiomobile della Compagnia
    Carabinieri di Milazzo.
    Dimmi Nino.
    Potresti passare qui da me ?..
    Mi chiede.
    Certo che si.
    Gli rispondo.
    Se solo trovo il modo per venirci !.
    In che senso ?.
    Sono da solo Nino.
    Ma non hai neppure la volante ?
    Stamattina no.
    Un attimo di pausa.
    Non c’è problema.
    Mando io qualcuno a prenderti.
    Ti ringrazio Nino.
    In effetti passati soli dieci minuti mi chiama il piantone.
    Ispettore ?..
    Dimmi.
    Ci sono dei Carabinieri che chiedono di lei..
    Stai tranquillo che li stavo aspettando.
    Non vengo di certo per arrestarmi !.
    Arrivo.
    Salgo su sulla loro auto.
    Li prenderemo quei bastardi che hanno ucciso il collega ?
    Mi chiede uno di loro.
    Mi auguro tanto di si, ragazzi.
    Ma ci sono possibilità, a che punto sono le indagini ?..
    Ragazzi.
    Dovete capire.
    Si sta lavorando però non possiamo sputtanare
    quello che si sta facendo.
    Capisco Ispettore.
    Risponde il collega.
    Dopodichè, non parla più.
    Nino mi aspettava nel suo ufficio.
    Mi vede, mi fa cenno di sedermi.
    Lui era più molto anziano di età di me.
    Era un vecchio volpone, dalle mille furbizie ed astuzie.
    Però sin dal mio arrivo a Milazzo, mi aveva preso in simpatia
    Ed eravamo andati sempre molto d’accordo.
    Il tuo Commissario a Barcellona sta facendo davvero un bel casino !.
    Mi spara subito.
    In che senso Nino ?
    Vuole fare tutte cose lui !.
    Il morto è un nostro componente, il Colonnello si è incazzato come
    una bestia con il Questore, stamattina.
    Il risultato è stato che il Capitano di Barcellona e il tuo Commissario
    hanno litigato a loro volta.
    Per cui ognuno va avanti per i fatti suoi !.
    Nino ?..
    Noi non siamo stronzi come loro.
    Io capisco che è stato ucciso un vostro collega, e che per questo
    volete risolvere voi a tutti i costi questo caso.
    Lo capisco ed a me questo mi sta benissimo !.
    Sai come la penso io su queste cose.
    Ispettore ?..
    Tu saresti un ottimo mio Carabiniere !.
    Mi dice dandomi una pacca sulle spalle.
    Nino ?..
    Ti ringrazio per la tua offerta, però ormai la mia scelta
    a suo tempo l’ho fatta e non me ne pento !.
    Solo che trovo ridicole queste contrapposizioni, quando poi
    di mezzo, c’è un collega morto !.
    Oggi pomeriggio ci saranno i solenni funerali.
    Mi dice lui diventando serio.
    Dove al suo paese natale ?
    No al Duomo di Barcellona.
    Vedrò di esserci.
    Il collega ferito come sta ?.
    Gli chiedo.
    E’ ancora gravissimo.
    Lo hanno operato e nonostante ciò una pallottola
    non sono riusciti ad estrarla.
    Ne aveva ben tre in corpo !.
    Ma i medici dicono che se la dovrebbe cavare.
    Preghiamo tutti per lui.
    Questo mi fa davvero molto piacere.
    Speriamo bene allora.
    Senti Nino.
    Ho delle novità importanti.
    Su questo caso ?..
    Le ho anch’io.
    Mi risponde.
    Ti riferisci al la Rosa ?..
    Gli chiedo.
    Certo !.
    Ispettore ?...
    Ti scordi che la denuncia di furto della sua auto
    l’ha fatta qui da noi.
    Volpone per come era, la cosa non gli era per nulla sfuggita !.
    Se aspetti, dovrebbe venire qui da un momento
    all’altro.
    Il La Rosa ?..
    Si.
    L’ho mandato a chiamare.
    Se vuoi puoi assistere, gli voglio fare pelo e contropelo.
    Molto volentieri Nino !.
    Ispettore ?...
    Hai per caso una sigaretta ?..
    Mi chiede frugandosi vanamente le tasche della sua
    giacca.
    Me le sono scordate in macchina !.
    Veramente per me era una scena vista e rivista.
    Ogni volta che stavamo insieme era sempre lo stesso film.
    Per cui, meno male che le avevo comprate da poco !
    Pensavo che il Dirigente del nostro Commissariato
    Ci diceva spesso di andare d’accordo e collaborare con tutte
    Le altre forze di Polizia.
    Guai se sapeva che qualcuno di noi aveva avuto questioni.
    Con i Carabinieri, con i Finanzieri, con i Vigili Urbani, con i
    Pompieri, con la Capitaneria di Porto e con chiunque
    indossasse una divisa.
    Non ci aveva messo la Banda Musicale, ma noi per estensione
    la tenevamo in conto in questa sua illuminata visione.
    Non aveva torto.
    Non c’è peggio che avere questioni tra di noi che stiamo per strada.
    Tutti a fare più o meno un difficile lavoro.
    Io quando c’è lo ricordava,
    solevo rispondergli tirando fuori dalla tasca il mio pacchetto
    di sigarette semivuoto e facendoglielo vedere.
    Dottore ?...
    Dimostrazione pratica !.
    Gli dicevo.
    Lui mi guardava e mi rispondeva…
    E’ stato per caso con il Maresciallo che sappiamo ?...
    E si metteva a ridere.
    Suona il telefono di Nino.
    Il suono mi riporta alla realtà.
    Fatelo salire sopra !.
    Gli sento dire.
    Presumo che l’amico nostro è arrivato.
    Risposta esatta Ispettore !.
    Mi risponde lui.
    Rialza il telefono.
    Fa velocemente un numero interno.
    Venite subito da me, che ci siamo.
    Dice richiudendo il telefono.
    Manco trenta secondi ed arrivano un Maresciallo
    ed un altro del Nucleo Operativo.
    Passa un altro minuto.
    Maresciallo ?..
    Si sente alla soglia della sua porta.
    Dimmi pure.
    Sono il Carabiniere..come si chiama lui.
    Ho accompagnato qui il signore che lei
    ha comandato di fare salire su da lei.
    Fallo entrare, poi puoi andare.
    Comandi Maresciallo !
    Dice il Militare mettendosi sugli attenti.
    Detto questo si gira e se ne va.
    Il La Rosa si affaccia alla porta.
    Entra pure.
    Gli dice Nino.
    Entra e siediti qui.
    Indicandogli una sedia libera proprio davanti a lui.
    Lui esita un attimo, poi obbedisce.
    L’altro Maresciallo gli si siede accanto.
    L’altro si posiziona immediatamente dietro.
    Maresciallo ?..
    Dice il La Rosa mostrando sorpresa.
    Per quale motivo mi ha fatto chiamare ?..
    Io non mi sembra che abbia fatto niente !.
    Ultimamente lavoro onestamente.
    Se lei prendesse informazioni su di me, lo….
    Qui le domande le facciamo noi !.
    Gli dice l’altro Maresciallo.
    Il La Rosa ammutolisce.
    Nino osserva standosene zitto.
    Ma che cosa avrei fatto ?...
    Dice lui mostrando stavolta un certo spavento.
    Questo c’è lo devi dire tu !.
    Gli grida il Maresciallo.
    Lui ha un momento di esitazione.
    Poi si riprende e ribatte deciso.
    Ma che cosa dovrei dirvi ?...
    Come ti hanno rubato la macchina !
    Gli urla ancora il Maresciallo.
    Maresciallo ?...
    Dice lui guardando però Nino.
    Ma che cosa vuole essere questa ?...
    Devo chiamare il mio avvocato ?..
    Nino lo guarda negli occhi per qualche istante.
    Non c’è bisogno !.
    Per ora.
    Poi dipende da te !.
    Lui lo guarda a sua volta.
    Da me ?...
    Ma Maresciallo…. stavolta gira con lo sguardo
    e ci osserva tutti quanti.
    Ma perché dovesse dipendere da me ?...
    Nino lo guarda stavolta serio.
    Un nostro collega è morto !.
    L’ho sentito Maresciallo !.
    Ne sono profondamente dispiaciuto di questo !
    C’è lo giuro su…
    Hanno usato la tua macchina per fare la rapina !!!.
    Gli urla letteralmente l’altro Maresciallo.
    Questo ultimo evento lo lascia senza parole.
    Ha uno sguardo sbigottito.
    Poi riprende fiato.
    Si guarda stavolta attorno a se.
    Ed in modo molto confuso.
    Come se pensasse bene a quello che doveva dire.
    Poi d’un tratto lo dice.
    Maresciallo !.
    La macchina me l’hanno rubata !
    Ma chi va a rubare una macchina a chi per
    mestiere fa il ladro ?.
    Gli grida nuovamente il Maresciallo.
    Cerca di non dirci minchiate e raccontaci la verità !.
    Quello si mette le mani tra la testa.
    Si rannicchia seduto.
    Poi si solleva di colpo.
    Lo so.
    Lo so che non mi credete !.
    Ma la macchina a me l’hanno rubata davvero.
    me l’hanno rubata !..
    Questa è la verità !!.
    Silenzio generale.
    Lui si rimette le mani alla testa.
    Se ne sta zitto.
    Nino mi guarda.
    Mi fa un segno con le dita.
    Io lo capisco a volo.
    Anche se apparteniamo a corpi diversi, si era
    creato da tempo ormai un feeling tra di noi.
    Prendo il pacchetto di sigarette dalla tasca e glielo porgo.
    Con relativo accendino.
    Lui ne prende una, se la mette alla bocca e se l’accende.
    Poi mi restituisce il tutto.
    Ancora silenzio.
    Maresciallo ??..
    Dice d’un tratto lui guardando Nino.
    Ma lei mi crede almeno ???..
    No !.
    La secca risposta di Nino.
    Tu ci vuoi fare credere che ti hanno rubato la macchina.
    Ti potremmo pure credere.
    Ma c’è una cosa che non ha detto nella tua denuncia.
    Lui lo guarda stralunato.
    Cosa… non avrei detto… Maresciallo ?..
    Che la tua macchina era aperta e non chiusa regolarmente !
    Questo non hai detto,
    Cretino !.
    Maresciallo !
    Ma lo sa, si dice sempre così in questi casi.
    Se no, l’assicurazione non paga !
    Ma….
    Ma lei come fa a sapere che io la macchina l’avevo lasciata aperta ?..
    Nino, tira una profonda boccata dalla sigaretta.
    Poi lo guarda negli occhi.
    Me lo hai detto tu ora questo !
    Testa di Minchia che sei !!!.
    Quello crolla letteralmente sulla sedia.
    Nino aveva fatto uno dei suoi soliti bluff pokeristici.
    E questo, gli era riuscito alla grande.
    Quello adesso tremava tutto quanto.
    Non parlava neppure.
    Balbettava solo.
    Portatelo di la !.
    Questo lo spedisco subito a Gazzi !.
    (Gazzi è il nome del carcere di Messina, n.d.a.)
    Dice Nino deciso.
    E tieni conto che per l’omicidio di un Carabiniere c’è previsto
    l’ergastolo !.
    Gli urla dietro Nino l’altro Maresciallo.
    Lavoravano di squadra, erano bravissimi.
    Quello scoppia a piangere.
    No !!!!!
    Non mi portate a Gazzi !...
    Io non ho fatto nulla, io non ho fatto nulla…!!!!
    Dice tra le lacrime.
    Tu ci hai solo detto cazzate !!!!.
    Gli urla il Maresciallo.
    I fatti parlano chiaro !!!.
    Quello è proprio strafatto.
    Prende di nuovo fiato.
    Maresciallo ??...
    Dice lui guardando Nino.
    Ma lei lo sa che non c’entro nulla !...
    Lo sa !!..
    Nino se ne sta zitto.
    Poi, dopo qualche secondo rompe il silenzio.
    Portatelo via !
    Dice ai suoi colleghi presenti.
    Intanto ti arresto per favoreggiamento e concorso
    in omicidio.
    Maresciallo…..Nooo… !!!..
    Grida lui.
    Io sono vostro amico !
    Come posso collaborare con voi ??..
    Nino alza la mano e ferma i suoi.
    Gli fa cenno a gesti di risedersi.
    Mi guarda.
    Io gli porgo di corsa il pacchetto di sigarette.
    Ne strappa fuori una di corsa un’altra e s’è l’accende.
    Dopo due boccate piene, lo guarda.
    Se davvero vuoi collaborare con noi, cominciaci
    a dire a chi hai dato la tua macchina !.
    Quello guarda stralunato.
    Alza la testa e la gira.
    Ci guarda tutti quanti.
    Ma Maresciallo ??..
    Come a chi l’ho data ?...
    Me l’hanno rubata la macchina !!!..
    Silenzio.
    Nino lo guarda.
    Poi si lancia.
    Ho capito.
    Te ne vuoi andare a Gazzi !.
    Si alza dalla sedia e fa cenno ai suoi di portarlo via.
    Quelli non se lo fanno ripetere due volte.
    Lo acchiappano subito e gli mettono le manette.
    Maresciallo ??
    Maresciallo No !.
    Non mi può fare questo.
    Mi sono stancato di perdere tempo con te !
    Gli dice Nino.
    Lui era già sotto la presa dell’altro Maresciallo
    e del suo collega che lo stavano potando fuori dall’ufficio.
    Improvvisamente ha un sussulto.
    Va bene Maresciallo !
    Le dico quello che è successo…
    Va bene ?
    Nino torna a sedersi.
    Fa cenno ai suoi di lasciarlo e di toglierci le manette dai polsi.
    Loro lo fanno.
    Lui si risiede.
    Un po’ risollevato nel morale.
    Ma Nino lo gela subito.
    Ti avviso che se ci dici minchiate, stavolta
    ti rimetto le manette e ti porto dritto a Gazzi !.
    Maresciallo ???..
    Non dico falsità !.
    Le cose sono andate così.
    Lei sa che lavoro alla pescheria, vero ?...
    Certo che lo so !.
    Gli risponde Nino.
    Ne ero sicuro di questo !
    Continua !
    Gli ordina perentorio l’altro Maresciallo.
    Lui si ferma qualche istante.
    Si mette la testa tra la mani.
    Poi riprende il suo discorso.
    Venne un tale.
    Io non lo conoscevo.
    Era Milazzese ?..
    No Maresciallo.
    Era Catanese.
    Come fai a dirlo ?
    Dal suo spiccato accento.
    Continua.
    Mi chiedeva se avessi delle spigole.
    Io gli risposi di no.
    Poi gli dissi di guardare sul banco, tutto quello che era rimasto
    stava li.
    Ma subito ho capito che non gli interessavano
    molto i pesci.
    E che cosa gli interessava allora ?..
    Lo interrompe il Maresciallo.
    Ecco..
    Mi chiese improvvisamente se potevo prestargli la mia macchina.
    Io rimasi sbigottito.
    Gli dissi, ma lei chi è ?..
    Sono un amico di Alfio.
    Mi rispose lui.
    Alfio non è quel Catanese che fa le rapine ??!.
    Lo interrompe Nino.
    Si Maresciallo, proprio lui.
    E tu come lo conosci ad Alfio ?..
    Maresciallo.
    Un giorno mentre mi stavano processando per furto, lo vidi
    in Pretura.
    Non so cosa ci facesse li anche lui.
    Si avvicino a me dicendomi che l’avvocato che avevo non
    andava bene e che mi avrebbero condannato di sicuro.
    Si offrì per darmi un avvocato.
    Io gli dissi di si.
    Venne nel giro di poco tempo e mi fece assolvere con formula piena.
    Non vollero nulla in cambio.
    Ne lui e neppure l’avvocato.
    Io insistevo a dargli quello che potevo, ma loro niente.
    Non vollero niente !.
    Sto cominciando a capire adesso.
    Gli dice Nino osservandolo negli occhi.
    E questa storia quanto tempo fa è accaduta ?..
    Tre mesi fa
    Maresciallo !.
    Continua.
    Gli dice Nino.
    Maresciallo ?..
    Non potevo dirgli di no !.
    Ma che cosa ne sapevo io che cosa volessero fare questi qui ?..
    Dice guardando nel vuoto.
    Te lo dovevi immaginare che non ne avrebbero fatto di certo una
    cosa onesta !.
    Gli urla l’altro Maresciallo.
    Maresciallo !
    Ma potevo mai pensare che andassero a fare una rapina
    ed uccidessero uno di voi !.
    Silenzio.
    Nino lo guarda.
    Facciamo così.
    Tu ora te ne stai qui a pensarci su bene a chi prestare la tua
    macchina.
    Maresciallo ??
    Mi porta a Gazzi ???
    Risponde lui tutto sconvolto.
    Per ora no !
    Gli risponde seccamente.
    Vedi, come tu devi pensare a chi presti la macchina,
    io devo pensare se mandarti in carcere o meno.
    Nell’attesa te ne stai qui in camera di sicurezza !.
    Poi fa un cenno ai suoi.
    Quelli lo prendono e lo portano subito via.
    Restiamo da soli nella stanza.
    Nino mi guarda.
    Io senza che mi dica nulla, prendo il pacchetto di sigarette
    e glielo porgo.
    Lui lo prende a volo.
    Se ne accende una e se la sbrana.
    Ispettore ?..
    Dimmi Nino.
    Il quadro ora mi è chiaro.
    Anche a me Nino.
    Adesso che farai ?..
    Mi chiede.
    Uscito da qui te ne vai dal tuo Commissario
    e gli racconti tutto ?
    Poi lui chiama la Squadra Mobile e così via ?..
    No, Nino, no ..
    Io qui non ci sono mai stato !.
    L’indagine è tutta vostra.
    Ed è giustissimo che sia così.
    Non dirò nulla a nessuno dei miei superiori.
    Lui mi guarda fisso negli occhi.
    Io al tuo posto non lo avrei mai fatto !
    Mi spara deciso.
    Lo so !
    Nino, lo so!.
    Ma vedi, non tutti possono essere scarafoni come te !.
    Gli dico accennando una risata ed allargando le braccia.
    Lui si mette anche a ridere.
    Mi da una pacca.
    Ispettore.
    Tu sei una persona corretta.
    Te lo riconosco.
    Ma sei ancora troppo giovane e sprovveduto.
    Per questo ti faccio entrare qui.
    Non rappresenti nessun pericolo per me !.
    Nino ?...
    Non dirmi per caso che mi revochi il permesso di accesso…
    Mi da un’altra pacca.
    Ispettore ??..
    Puoi entrare qui quando vuoi !.
    Adesso devo andare.
    Il tempo di telefonare al Colonnello alla Legione.
    Poi parto subito per Catania.
    Penso che riesco ad incastrarli tutti, questi figli di puttana che hanno ucciso
    il collega.
    Ma devo fare presto, presto !.
    Che ne farai del La Rosa ?..
    Gli chiedo.
    Per ora se ne sta qui a fottersi nei suoi pensieri.
    Come ha cantato con noi, non posso rischiare che canti anche
    con loro e mi tolga il terreno sotto i piedi.
    Appena concludo lo lascio andare via.
    Con tanto di verbalizzazione di quello che ha detto, se no
    se ne va dritto a Gazzi.
    Mi dispiace solo di non poter essere presente al funerale
    del collega oggi pomeriggio !
    Mi dice con evidente rammarico.
    Nino ?..
    Tu stai facendo molto di più per la sua memoria.
    Vai a prendere questi bastardi che lo hanno ucciso !
    Al funerale saremo in tanti, te lo assicuro.
    Lui si alza dalla sedia.
    Mi abbraccia per un lungo tempo.
    Era commosso.
    Ti faccio accompagnare al Commissariato ?..
    Mi chiede.
    No Nino, vai subito a fare quello che devi fare.
    Io mi faccio una bella passeggiata in Marina e me ne torno
    In Commissariato.
    Tanto il tempo è bello.
    La Marina Garibaldi, ha sempre i soliti suoi bei colori.
    Migliorati da una splendida giornata di sole.
    Da un lato il mare azzurro, con il suo incredibile paesaggio,
    dall’altro lato della larga strada ci sono i suoi esclusivi negozi.
    Per strada però penso ad una cosa.
    Ma se la denuncia di furto della sua auto
    Il La Rosa l’aveva fatta da noi,
    cosa vera siccome l’avevo vista e letta,
    come mai Nino mi aveva detto che lui sapeva
    la cosa siccome la denuncia invece l’aveva fatta da loro ?
    Non mi convinco della cosa.
    Ma dopo, camminando a passo semisvelto come è mio solito fare,
    ci ripenso e concludo.
    Non che ne avesse fatto due distinte di denunce !.
    Tanto per informare appunto tutti che gli avevano fregato la macchina.
    In effetti in quell’epoca prima dell’avvento dello Sdi, capitavano
    queste cose.
    Del resto se uno viene da me e mi dice di fare una denuncia di furto a
    carico di ignoti, io mica gli chiedo se è già stato a farla
    dai Carabinieri.
    Cosa che a questo punto mi sembrava assai probabile.
    Arrivo al Commissariato e salgo su.
    Non appena entro, trovo un’accesa discussione.
    Maresciallo !
    Sento dire all’Appuntato Stefano.
    Allora ancora nonostante la riforma, ci si chiamava
    con i vecchi gradi che avevamo da militari.
    L’unico che chiamavano Ispettore ero io, siccome
    questa qualifica non aveva precedenti in campo militare.
    Maresciallo !.
    Continua Stefano.
    Lei deve accettare i nostri fogli di viaggio !.
    Siamo stati comandati di servizio per le esequie del
    Collega Carabiniere a Barcellona, e ci tocca la trasferta !
    Appuntato !
    Gli intima Pippo, il “Maresciallo” ma in realtà
    Sovrintendente Capo.
    Con i nuovi ruoli della riforma del 1981.
    Da Milazzo a Barcellona ci sono dieci chilometri
    giusti giusti.
    Il regolamento dice che tocca la trasferta solo se
    si superano i dieci chilometri !.
    E in questo caso non si superano !.
    Maresciallo ?..
    Gli dice Stefano alzando la voce.
    Io adesso chiamo il suo collega Caruso del sindacato.
    E lo informo della cosa.
    Siccome Lei …sta facendo un vero e proprio abuso !.
    Appuntato…
    Faccia pure quello che vuole !
    Gli risponde Pippo alzando a sua volta la voce.
    Ma io i fogli di viaggio non glieli firmo !
    Signori ?..
    Intervengo io.
    Ispettore !..
    Mi dice Stefano.
    Finalmente mi avevano entrambi scorto.
    Prima, presi per come erano neppure se ne erano accorti del mio arrivo.
    E’ tornato in tempo.
    Lei adesso è il più alto in grado.
    Decida lei !.
    Dammi questi fogli che te li firmo subito.
    Anch’io ci sarò li oggi pomeriggio.
    Gli dico firmandoglieli.
    Ma non farò ne foglio di viaggio ne segnerò straordinario.
    La vita di un uomo per me non ha nessun prezzo.
    Stefano ha un sussulto.
    Si ferma.
    Diventa tutto rosso in faccia.
    Ha ragione Ispettore !.
    Mi scusi tantissimo.
    Prende i fogli di viaggio che aveva in mano
    e li strappa.
    Noi siamo venali, ma un collega è morto !
    Morto assassinato vigliaccamente.
    Metterci a litigare per cose del genere, è solo
    assurdo !.
    Le chiedo scusa ancora.
    Non c’è problema Stefano.
    Gli rispondo.
    Pippo se ne stava zitto.
    Ma anche lui aveva recepito la cosa.
    Venite, andiamo a prenderci un caffè !.
    Gli dico ad entrambi.
    Con piacere Ispettore !
    Dice subito Stefano.
    Pippo esita, ma alla fine si molla.
    Hai ragione Franco.
    Noi ci mettiamo a dannarci per quattro sporchi soldi,
    ma non capiamo che alla fine lasciamo tutto qui.
    su questa Terra !.
    Pippo andiamo, dai.
    Non è successo nulla.
    Gli dico dandogli una pacca sulla spalla.
    Epilogo.

    Nino effettivamente c’è la mise tutta.
    Riuscì ad individuare ed arrestare tutta la banda dei rapinatori assassini.
    Però l’esito giudiziario dei vari processi fu controverso.
    Non si raggiunse mai la prova della colpevolezza dei suoi assassini.
    Se la cavarono con una condanna per rapina aggravata.
    Ma nulla di più.
    Certo, la cosa mette tristezza.
    Ma quanti colleghi sono morti senza avere giustizia ?
    Come pure tanti cittadini comuni, per intenderci.
    Non sempre purtroppo, pur mettendocela tutta
    Si riesce a raggiungere lo scopo.
    I fallimenti fanno parte anche del nostro lavoro.
    Ne teniamo conto.
    Anche se il nostro scopo è quello di assicurare sempre alla giustizia
    i responsabili di un crimine.
    Fortunatamente però la storia non è proprio solo tragica.
    Il Carabiniere ferito riuscì alla fine a riprendersi.
    Si chiama Angelo, ed il suo Angelo protettore forse quel
    giorno passava da quelle parti.
    Angelo nel 1994 fece domanda per la Sezione della Polizia Giudiziaria
    della nostra Procura.
    Divenne così uno di noi.
    Noi, lo consideravamo come un eroe.
    Un sopravvissuto ad un evento così tragico.
    Aveva sempre dentro quel suo corpo quel proiettile.
    Ma soprattutto aveva nella sua mente sempre il ricordo di quel giorno.
    Noi lo comprendevamo.
    Cercavamo di non farglielo mai ricordare.
    Ma lui era però ormai segnato dentro di se.
    C’è ne rendevamo conto di questo.
    Un giorno, dopo venti anni, qualcuno al Comune si ricorda della cosa.
    Il 24 settembre ci sarà la posa della lapide a ricordo !.
    Mi dice il collega Responsabile della Sezione di P. G. dell’Arma.
    Angelo, è l’invitato d’onore.
    Mi farebbe piacere se ci verresti anche tu.
    Pino ?..
    Scherzi !
    Certo che ci sarò, io e gli altri della mia Sezione.
    Quel giorno arrivò.
    C’era il Sindaco, il Generale Comandante della Legione CC,
    Il Prefetto ed il Questore.
    Ma c’eravamo noi e c’era anche lui..
    Angelo.
    Lui se ne stava tutto serio.
    Non so come ha fatto ma è riuscito a trattenere la sua emozione
    sino allo scoprimento della lapide.
    Si è sorbito con pazienza tutti i discorsi di rito fatti dalle Autorità.
    Poi, il Sindaco, scopre finalmente la lapide.
    Lapide che è ancora visibile in via Garibaldi di Barcellona Pozzo
    di Gotto, angolo via Roma.


    Qui

    Il Carabiniere Scelto La Spada Pantaleo,
    Medaglia d’Argento al valore Civile
    Rese onore al suo giuramento prestato.
    La città di Barcellona Pozzo di gotto nel ventennale

    Memore

    24 settembre 1985 24 settembre 2005



    Poi le lacrime gli scendevano sul viso.
    Il Generale ed il Questore, lo abbracciarono.
    Gli appuntarono sul petto una medaglia che avrebbe meritato già da tanti anni.
    Ma a lui stava bene così.
    Era contentissimo che si fossero ricordati di lui e del suo povero collega.
    Gli altri protagonisti della storia.
    Michele, il Vigile Urbano che fu l’unico a reagire alla rapina,
    Purtroppo morì dopo qualche anno, stroncato da un male incurabile.
    Lo rimpiangiamo ancora tutti.
    Era un esperto in accertamenti edilizi e di quelli unici.
    Nino, adesso per ovvi motivi è in pensione.
    Come lo è pure Angelo.
    Io, passando quasi ogni giorno da quella strada
    E leggendo la lapide, non posso non ricordare quella
    Drammatica conversazione radio di quel giorno….

    “….Mandate subito qualcuno, un ambulanza !
    E’ Urgente…E’ Urgente !...
    Stanno per terra, sono feriti gravemente…
    Fate presto, fate presto !!!.
    Como Barcellona tre ?...
    Chi sono i feriti, chi sta per terra ?...
    Due colleghi Carabinieri della Stazione !..
    Ma chiamate soccorsi !...Chiamateli !...
    Fate presto…Fate presto !!!...
    Como Barcellona tre , provvediamo subito !.....”…
    Confesso che mi vengono le lacrime agli occhi pure a me !.

    http://www.comune.barcellona-pozzo-di-gott...d=35&Itemid=277
    Fine della storia.
     
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    (Ed i colleghi Svizzeri.)


    Mattinata di routine.
    Quella dove non succede proprio un accidente di nulla.
    Poi tra l’altro, il mio collega della giudiziaria
    si era preso un giorno di recupero riposo.
    Per cui ero tutto solo soletto nel mio Ufficio.
    Ma quando ci sono giornate come questa, guardo ogni cinque
    minuti l’orologio sperando che passi in fretta.
    Pensavo che magari capitava la solita rapina dell’una e mezzo
    così saltava per l’ennesima volta il pranzo
    e possibilmente anche la cena.
    Facendo gli dovuti scongiuri del caso, prendo il faldone
    Cat.01, alias patito furto perpetrato ad opera di ignoti,
    e lo metto sulla mia scrivania.
    Ne approfitto per smaltire un po’ di arretrato.
    Pensavo.
    Prendo il primo fascicolo, infilo i fogli nella macchina da
    scrivere.
    Sono stampati standard.
    Nel senso che sono già precompilati.
    Quando il computer ancora non c’era ancora a cambiare la
    nostra vita, per velocizzare il lavoro si faceva così.
    C’era già scritto …
    All’Illustrissimo Signor Pretore di Milazzo.
    Oggetto: Patito furto perpetrato in danno di…
    Qui bisognava solo aggiungere sopra le righe i dati della
    persona offesa..in data..qui bisognava mettere solo la data
    del furto e poi il testo era standard.
    “Si trasmette l’acclusa denuncia di patito furto significando che
    le indagini sin qui esperite hanno dato esito negativo.
    si fa riserva di riferire solo in caso di ulteriori positive
    risultanze.”
    Firmato L’Ufficiale di Piggì…
    Ed era fatto.
    I soliti “Ignoti”, pensavo mentre scrivevo, resteranno
    purtroppo tali.
    Improvvisamente suona il telefono.
    La solita rapina !
    Penso subito.
    Poi guardo l’orologio.
    Non può essere, sono ancora le Undici.
    Poi vedo che lampeggia l’interno del grande capo.
    Mi dica Dottore !.
    Rispondo deciso.
    Ispettore ?..
    Salga subito su da me che le devo parlare !.
    Sto arrivando Dottore.
    I soliti suoi metodi napoleonici.
    Pensavo.
    Ma ci ero ormai abituato.
    Il tempo di salire le scale e sono su al primo piano.
    Punto dritto verso la sua stanza, rigorosamente chiusa ed
    occhio al semaforo posto accanto la stessa,
    siccome sapete da altri miei racconti che è pericoloso non guardarlo !.
    Luce gialla.
    Vuol dire, probabilità.
    Come nel gioco del Monopoli.
    Nel senso che suonate e “forse” vi sarà aperto.
    Suono.
    Scatto alla porta.
    Ha aperto.
    Complimenti !
    Penso come se sollevassi la cartella
    delle probabilità.
    “Siete riusciti a poter colloquiare con il grande capo
    senza andare in prigione passando direttamente dal via !”
    Apro la porta ed entro.
    Lui se ne sta seduto dietro il ponte di volo della sua
    portaerei classe Saratoga, alias la sua scrivania che viste
    le dimensioni vi può essere tranquillamente paragonata.
    Entri pure dentro !.
    Mi dice deciso, vedendomi alla soglia.
    Mai una volta che dicesse magari “per cortesia”, pensavo.
    Non guasterebbe mica…
    Ma lui è fatto così, tutto di un pezzo.
    Lo conoscevo bene ormai.
    Siccome era benestante ed aveva una vasta tenuta nel suo paese di
    origine, pensava magari che noi eravamo tutti dei suoi braccianti
    al suo servizio o magari semplici mezzadri.
    Pazienza.
    Grazie dottore !.
    Dico avviandomi alla poltrona posta proprio di fronte a lui.
    Mi accomodo bello comodo.
    Ispettore !.
    Mi dice guardandomi.
    Tenga e legga.
    Mi porge un Telex…
    Lo leggo.
    Questura di Messina…
    Trascrivesi seguente nota Ministero Interno punto
    Oggetto
    Rogatoria Internazionale.
    Polizia Ticinese, habet richiesto massima collaborazione
    con la stessa per indagine in corso da parte Polizia
    Elvetica Procura Repubblica Lugano punto
    Personale codesta Polizia Giudiziaria, giungerà at ore…
    giornata domani at aeroporto Catania Fontanarossa punto
    Trattasi del Commissario Antonio Falenco e dell’Ispettore Edy Masperi punto
    Pregasi fornire massima collaborazione a suddetto personale
    Punto
    Pregasi assicurare massima assistenza at suddetta Polizia
    punto
    Firmato Questore….
    Ha letto Ispettore ?...
    Ho letto Dottore.
    Se ne occuperà lei, come responsabile della polizia giudiziaria.
    Non c’è problema Dottore.
    Bene Ispettore.
    Domani mattina lei ed il suo agente della giudiziaria
    andate a Catania e prendete questi due poliziotti svizzeri.
    Sarà fatto Dottore.
    Vado a vedere se nella Ritmo targata civile c’è benzina.
    Non c’è bisogno.
    In che senso Dottore ?..
    Perché andrete con una macchina targata Polizia con
    colori di istituto !
    Resto un attimo in silenzio.
    Poi mi prendo di coraggio.
    Ma Dottore, due in borghese a guidare un auto di servizio
    bianco celeste ?
    Dica al suo Agente di mettersi la divisa.
    In Borghese ci sarà solo lei.
    Che bontà !
    Pensavo.
    Per un attimo pensavo che ordinasse
    andate tutti e due in divisa !
    Ma Dottore…
    Dico titubante.
    Ma perché la macchina con i colori d’istituto ?
    Sa, a Catania in aeroporto potrebbe darci problemi.
    In che senso un’auto targata Polizia vi può creare problemi
    Ispettore ?..
    Dottore…
    Non sarebbe meglio essere invisibili ?
    Tanto loro sono colleghi della giudiziaria, non credo
    Che vengano in divisa della Polizia Ticinese.
    Ispettore ?..
    Non discuta le mie decisioni.
    Faccia come le ho detto !.
    D’accordo Dottore.
    Domani gli Svizzeri saranno qui.
    Li porti qui da me.
    Qui da lei ?..
    Gli chiedo conferma.
    Certo !
    Vediamo cosa diamine devono fare qui.
    Poi sarà lei ed il suo agente ad occuparsi della cosa.
    Come lei desidera così sarà fatto.
    Spero proprio di si Ispettore !.
    Può sperare bene Dottore.
    Può andare adesso !.
    Mi dice indicandomi con una mano la porta.
    Mi alzo ed esco pensando tutto il male possibile.
    Ma inutile arrabbiarsi.
    Qui gira così.
    E’ come la Legione Straniera.
    “La Bandera….”
    Marcia o muori.
    Salvatore ?..
    Lo chiamo al telefono, il mio “Agente”.
    Dimmi Franco.
    Disturbo ?
    Visto che oggi sei di riposo..
    No Franco, dimmi pure.
    Hanno ammazzato qualcuno ?
    Mi chiede subito, cosa molto frequente nelle nostre zone all’epoca.
    No !.
    Stai tranquillo.
    Volevo solo dirti che domani mattina devi venire
    in divisa.
    Perche ?
    Mi chiede.
    Gli spiego tutta la cosa.
    Franco, ma li a Catania lo sai, se vedono una macchina
    targata Polizia specie all’aeroporto se si sono casini vari
    ti chiamano subito, e dobbiamo intervenire..
    Salvatore ?..
    Sai come si dice.
    Attacca i buoi al carro così come vuole il padrone !
    D’accordo Franco.
    Domani mattina vengo in divisa e si va a Catania
    a prendere gli Svizzeri !.
    L’indomani partiamo sul presto.
    Non che sia molto distante, solo un ora e mezza
    andando a giusta velocità.
    Fontanarossa è il più grosso aeroporto della Sicilia.
    Sia come dimensioni che come numero di passeggeri.
    Supera pure Palermo Punta Raisi.
    Il quarto aeroporto d’Italia per movimento passeggeri.
    Dalla tangenziale appena si arriva, si possono ammirare
    sopra la propria testa gli aerei in fase di atterraggio.
    Giunti sul piazzale, allora c’era la vecchia aerostazione
    Oggi sostituita da una molto moderna ed efficiente,
    parcheggiamo davanti alla stessa.
    Scendo io per primo.
    Non appena lo fa Salvatore che è in divisa, vediamo
    avvicinarsi a noi un collega della Municipale.
    Colleghi della Polstato ?
    Ci dice.
    Perché non si vede ?..
    Rispondo io.
    Colleghi, c’è uno che ci ha oltraggiato !
    Mi indica uno li vicino che discute con un altro
    suo collega in modo abbastanza animato.
    Come volevasi dimostrare.
    Tutto come previsto.
    Penso subito.
    Manco il tempo di arrivare qui e scendere dall’auto
    E già ci sono casini belli grossi.
    Collega ?..
    Gli dico.
    Noi non siamo del posto.
    Siamo qui per un servizio particolare..
    Abbi pazienza.
    Ma che pazienza devo avere ?
    Urla lui.
    Questo voleva parcheggiare negli spazi riservati.
    Noi siamo intervenuti.
    Ci ha detto Cornuti e Sbirri !..
    Ci ha riempito di parolacce.
    Continua profferendomi tutta la sfilza delle
    parolacce impronunciabili che lui ed il suo collega avevano
    subito.
    Cerco una via di fuga…
    L’aereo degli Svizzeri arriva tra poco.
    Collega ?..
    Ti ho detto già che non siamo del posto !
    Chiama il tuo Comando, la Questura…
    Quello non ne voleva proprio sapere.
    Girando lo sguardo, intravedo una Volante in transito.
    Anche loro ci vedono e si fermano.
    Scende il capo pattuglia.
    Ci sono Problemi ?..
    Mi chiede.
    Gli faccio cenno di seguirmi e ci allontaniamo.
    Spiegandogli la cosa, concludo.
    Te ne occupi tu ?.
    Non c’è problema Ispettore !.
    Vada tranquillo che qui me la vedo io.
    Questi qui hanno problemi con l’utenza trecento volte al giorno.
    Per questo noi siamo sempre qui in zona.
    Ti ringrazio collega !.
    Tornando indietro, il collega di dirige verso l’Agente Municipale.
    “Mparissimo mio che ti fecero stavolta ?”..
    Dimmi pure a me che ti risolvo io il tuo dramma !”
    Mi fa cenno di andare.
    Salvatore mi guarda rassenerato.
    Possiamo andare a prendere gli Svizzeri !.
    Entriamo nella sala “arrivi”.
    Il video terminale parla chiaro.
    “Atterrato”.
    In perfetto orario, proprio come un orologio Svizzero !.
    Osservo.
    Andiamo alla barriera d’uscita.
    Il collega al varco ci guarda.
    Colleghi siete di servizio per caso ?..
    Dobbiamo prelevare dei colleghi Svizzeri.
    Gli dico mostrando il tesserino.
    Passate pure.
    Mi fa lui smorzando il suono del detector del varco
    che segnala a vivo schiamazzo che siamo armati.
    Entriamo nella sala recupero bagagli.
    Guardiamo sul video quale sia il nastro dove avviene
    il recupero dei bagagli del volo proveniente dalla Svizzera.
    Due dei passeggeri in attesa, ci guardano con attenzione.
    Uno è più anziano, l’altro è giovane.
    Il Dirigente poi non aveva avuto tanto torto.
    La specie superiore dei Funzionari ha effettivamente delle volte delle doti,
    che noi inferiori non possiamo capire.
    Almeno a prima “botta”.
    Concludo nei miei pensieri.
    La divisa indossata da Salvatore ha funzionato !.
    Ci avviciniamo a loro.
    Siete della Polizia Ticinese ?..
    Chiedo.
    Si !.
    Dice deciso quello di loro più anziano.
    Noi siamo del Commissariato di Milazzo.
    Esco il tesserino, lo mostro e mi presento.
    Lui esce a sua volta il suo tesserino e me lo mostra.
    Sono il Commissario Antonio….come si chiamava lui.
    Anche Salvatore si presenta a sua volta.
    Ed io sono l’Ispettore Maspero.
    Ci dice il più giovane di loro.
    Il tempo di ritirare i bagagli e usciamo dalla sala.
    Volete mangiare qualcosa ?..
    Chiedo loro mentre ci avviamo.
    No grazie.
    Mi risponde Antonio.
    Abbiamo già fatto una abbondante colazione prima di partire.
    E’ distante Milazzo da qui ?..
    Mi chiede.
    Un ora e mezzo circa di strada, sempre che la tangenziale di Catania non sia
    intasata.
    Gli rispondo.
    Bene !
    Pranzeremo in albergo al nostro arrivo, allora.
    Come volete voi.
    Gli rispondo, per noi non ci sono problemi.
    No, no siamo a posto.
    Mi ribatte Antonio.
    Usciamo fuori sulla banchina del piazzale antistante.
    Con strisce gialle di divieto belle grandi
    Salvatore, vai subito a prendere la macchia e viene qui a prenderci.
    Gli dico.
    Prima che qualche altro ci richieda l’intervento.
    Lui non se lo fa ripetere.
    Loro si guardano intorno.
    Benvenuti in Sicilia !.
    Gli dico.
    Bello questo posto.
    Osserva il giovane.
    Vedo che parlate molto bene l’italiano.
    Gli dico.
    In Canton Ticino è la lingua ufficiale.
    Mi risponde Antonio.
    Antonio, però, scusi se glielo chiedo, ma non mi sembra un
    nome Svizzero.
    Infatti sono figlio di meridionali italiani che emigrarono in Svizzera
    per lavoro.
    Mi risponde lui.
    Capisco.
    Salvatore arriva sparato e si ferma proprio davanti a noi.
    I colleghi Municipali si avvicinano.
    Io gli faccio cenno che si sta andando.
    Loro osservando la macchina con i colori Polizia mi fanno cenno
    che va bene, ma di sbrigarci.
    Il tempo di caricare i loro bagagli e si riparte subito.
    Fortuna che chissà perchè ma il traffico
    In tangenziale è scorrevole.
    Ma voi siete incaricati solo di trasportarci a Milazzo ?
    Mi chiede Antonio.
    Veramente noi siamo quelli della squadra di P.G. a cui
    voi dovete appoggiarvi.
    Gli rispondo.
    Mi scusi allora.
    Mi risponde.
    Ma le pare Commissario ?..
    Sa, non so come funziona da voi,
    ma qui in un Commissariato di provincia siamo contati.
    Per cui gli stessi devono fare tutto di tutto ed all’occorrenza
    anche di più.
    Lui da dietro dove è seduto, mi da una pacca sulla spalla.
    Lo so !
    Siamo stati già altre volte in giro nel vostro Paese,
    sappiamo.
    Allora ci si capisce benissimo !.
    Ispettore.
    Mi chiede.
    Visto che siete voi a darci appoggio, se permette le anticipo
    il caso.
    Certo Commissario.
    Si tratta di questo.
    Comincia deciso lui.
    Tempo fa in Lugano c’è stato un incontro tra alcuni italiani.
    Dovevano trattare la compravendita di un opera d’arte.
    Le condizioni che poniamo per queste transizioni e che l’acquirente
    se accetta di voler trattare da interessato l’acquisto
    dell’opera, deve versare in una nostra banca una caparra equivalente a 50 milioni
    di lire italiane, rapportata ai franchi svizzeri.
    Colui che vendeva era un Triestino.
    Colui che acquistava l’opera era un Milanese.
    Come esperto valutatore dell’opera d’arte, le parti avevano
    concordato un gallerista di Milazzo.
    Giarruso ??
    Gli sparo improvvisamente.
    Si chiama così questo gallerista ?..
    Ispettore !
    Ma è proprio lui.
    Lo conoscete per caso ?..
    Certo che si.
    Gli rispondo.
    Giarruso, è arrivato a Milazzo qualche anno fa.
    Proveniente da quel di Bolzano.
    Località dove aveva una galleria d’arte e dove si è trattenuto
    Per un certo periodo.
    Qui a Milazzo, ha aperto appunto una galleria d’arte in Marina
    Garibaldi, strada centralissima della città.
    Dopo un po’ di tempo, ci arrivò un telex urgente della Questura
    di Bolzano.
    Informandoci che c’era un mandato di cattura nei suoi confronti
    per spaccio di monete falsificate.
    Marchi, e dollari.
    Interessantissima la cosa…!
    Continui Ispettore.
    Mi dice Antonio mostrando un certo stupore.
    Non so come ma è riuscito a non farsi trovare,
    sottraendosi alla cattura.
    Poi però si è costituito.
    Lui dice di essere rimasto pulito e che le accuse nei suoi
    confronti sono poi decadute.
    Ma io per non sbagliare, l’ho fatto diffidare dal Questore.
    Ma poi la vicenda della compravendita come è finita ?..
    Gli chiedo
    Che invece di versare i 50 milioni di caparra alla banca,
    sono riusciti invece a tirarne fuori dalla stessa ben 750 di milioni !.
    Minchia !
    Gli rispondo.
    E come hanno fatto ?..
    E quello che stiamo cercando di scoprire Ispettore !.
    Ma avete delle idee ?..
    Siamo stati a Milano, ora siamo qui.
    Poi andremo a Trieste.
    Ma a me questo vostro personaggio mi sembra che ne sappia
    molto su tutta questa vicenda.
    Capirai.
    Pensavo.
    Una banca Svizzera che si fa fottere 750 milioni non mobilita
    la sua polizia per cercare di recuperarli ?..
    Non si fideranno tanto di noi…
    In fin dei conti siamo Italiani come i truffatori.
    L’autostrada Catania – Messina offre dei paesaggi
    davvero unici.
    A destra lo Ionio, al centro la Piana di Catania, poi Taormina, la perla del
    Tirreno, arroccata in cima al monte Tauro.
    Loro guardano ed ammirano.
    Salvatore gli fa da cicerone.
    Io penso all’amico Giarruso.
    Penso a quella sera quando arrivarono in Commissariato
    I colleghi della Squadra Mobile.
    Come al solito senza preavviso.
    Dobbiamo arrestare una persona.
    Abbiamo un ordine di cattura della Procura della Repubblica
    di Bolzano.
    Mi dice il collega Ispettore della “difficile”.
    Me lo mostra.
    Lo conoscete ?...
    Certo che lo conosciamo, Nunzio.
    Gli rispondo.
    Ma se avvisavate prima, magari noi lo tenevamo già sott’occhio.
    Collega ?.
    Ribatte lui.
    Noi della Mobile, come sai, siccome ci sei già stato, non siamo
    tenuti ad avvisare nessuno del nostro arrivo.
    E ti pareva.
    Pensavo.
    Quando devono fare cose del genere, diffidano di tutto e di tutti.
    Ma loro sono fatti così.
    Dubitano anche che le loro madri li abbiano messi al mondo.
    Figurati di tutti gli altri, anche se colleghi !.
    Noi locali, se ci avvisano prima, magari gli diamo la soffiata
    siccome amici conoscenti o parenti o chissà che cosa.
    Forse non sbagliano però a fare così.
    Perché quella sera non lo abbiamo trovato in casa.
    E’ partito stamattina con la sua macchina per Roma.
    Questo ci avevano detto i familiari al nostro arrivo.
    Una partenza davvero improvvisa la sua.
    Ed adesso cosa ci dico al Dirigente ?
    Lui al mio ritorno mi chiederà..
    Come mai non lo avete arrestato ?.
    Mi chiede Nunzio.
    Digli che qualche figlio di puttana gli ha dato la soffiata !
    Digli così.
    Gli rispondo.
    Lui mi guarda serio.
    Francesco, a te ti conosco.
    Se c’è uno del genere, certo quello non sei tu.
    Mi conforti collega !
    Gli rispondo dandogli una pacca sulle spalle.
    Ma ti assicuro che qui nessuno di noi sapeva niente.
    Per cui, andate a cercarle altrove eventuali talpe.
    Mentre penso i miei ricordi, guardando dal finestrino, vedo
    che si sta arrivando a Messina.
    Si intravede lo stretto.
    Spettacolo unico.
    Un braccio di mare che separa il continente dalla Sicilia.
    Loro guardano meravigliati.
    Quanto dista il punto più vicino ?..
    Chiede Antonio.
    Tre chilometri !
    Da Torre faro in Messina, a Scilla in Calabria.
    Gli rispondo io.
    Vede quei tralicci altissimi ?..
    Certo Ispettore !
    Son davvero imponenti..
    Da una parte e dall’altra dello stretto.
    Bene Commissario.
    Erano un elettrodotto che un tempo trasportava la corrente
    elettrica in Sicilia dal continente proprio in quel punto.
    Mio padre ci ha lavorato lassù.
    Davvero Ispettore ?..
    Davvero Commissario !.
    E prendeva allora, solo mille lire al giorno di paga.
    Ed io ero già nato.
    Ispettore ?..
    Mi dice lui.
    Suo padre sarà contento di aver contribuito a realizzare
    un opera del genere !.
    Lo è, lo è, Commissario.
    Tante volte racconta le sue arrampicate in cima con grande
    orgoglio.
    Quanto sono alti ?..
    Circa 120 metri.
    Accidenti !
    Adesso al loro posto c’è un elettrodotto sub marino.
    Ed è anche cambiato il percorso della corrente elettrica.
    In che senso è cambiato Ispettore ?
    Nel senso che adesso siamo noi con le nostre centrali costruite negli
    anni sessanta, a mandare energia a tutta birra verso il continente.
    Appena saremo alle porte di Milazzo, gliene faccio vedere
    una bella grande di centrale.
    La più grande della Sicilia.
    Interessante Ispettore, Interessante…
    dice lui.
    Svincolo di Messina Boccetta passato.
    Si va da Mar Ionio verso il Mar Tirreno.
    Ed io ritorno a pensare a Giarrusso.
    Il giorno che lo convocammo per la diffida…
    Lui in realtà era un tipo molto acculturato.
    Sua moglie era professoressa.
    La figlia lo aiutava nella gestione della galleria d’arte che aveva
    In Marina Garibaldi.
    Molto sensibile, come tutti gli artisti.
    Mario, il collega della Digos del Commissariato mi aveva avvisato.
    Ispettore ?..
    Guardi che è cardiopatico !.
    Cortesemente usi delicatezza quando gliela notifica.
    Un collega malalingua mi aveva detto che a casa di Mario
    C’erano dei bei quadri provenienti dritti dritti dalla galleria
    di Giarrusso.
    E che se quel giorno non lo avevamo trovato lui ne sapeva qualcosa.
    Qualcosa assai.
    Ma verificarlo era impossibile.
    Come diamine aveva fatto a sapere che la Mobile sarebbe venuta
    Con un mandato di cattura in tasca a suo carico ?..
    Mistero della fede.
    Pensavo.
    Mario.
    Tranquillo che non lo dobbiamo mica fucilare !.
    In effetti quando è venuto in Ufficio, Mario era davanti
    alla porta che lo aspettava.
    Sono entrati assieme.
    Posso assistere Ispettore ?..
    Mi aveva detto presentantandomelo.
    Mario.
    Tu sei Assistente Capo, quindi hai tutto il diritto di assistere !.
    Grazie Ispettore.
    In effetti la mia spiegazione della diffida che gli dovevo
    notificare, era stata abbastanza soft.
    Ma quando lui prese in mano l’atto se se lo lesse,
    improvvisamente divenne cianotico.
    Si fece tutto paonazzo in faccia.
    Si vedeva che gli mancava il respiro.
    Mario ?..
    Porta subito un bicchiere d’acqua !.
    Lui non se lo fa ripetere.
    Arriva subito con un intera bottiglia.
    Giarrusso beve.
    Sembra calmarsi un po’.
    Gli spiego che la diffida gliela possiamo benissimo
    revocare in qualsiasi momento.
    Basta solo che lui non incorra più in altri illeciti
    O sospetti tali.
    Ispettore ?..
    Mi urla.
    Io per quella storia dei soldi falsi, sono stato completamente
    scagionato !
    Stia tranquillo.
    Gli rispondo.
    La credo.
    Del resto la sua fedina del casellario giudiziario era pulita.
    Mario gli versa un altro bicchiere d’acqua.
    Lui se lo beve.
    Grazie Ispettore di credere a quello che dico.
    Si era calmato.
    Guarda una statuetta di San Michele Arcangelo, santo patrono
    della Polizia che avevo in armadio a vetrina.
    Lo faccia colorare meglio, Ispettore.
    Dice improvvisamente.
    Posso guardarlo meglio ?
    Mi chiede.
    Mario apre la vetrina e glielo mostra.
    Guadate, vi consiglio di farlo colorare..
    E ci spiega come.
    Effettivamente aveva un gusto artistico spiccato.
    Alla fine si era ritirato il provvedimento di diffida.
    Ed era uscito accompagnato dal buon Mario.
    Franco ?..
    Sento improvvisamente dire da Salvatore.
    Questo mi riporta alla realtà.
    Siamo allo svincolo di Milazzo.
    Scusami Salvo.
    Stavo a pensare a cose mie.
    Scusami tu Ispettore.
    Se ti ho distolto dai tuoi pensieri.
    Ma figurati Salvo !.
    Mi giro verso di loro.
    Intendete venire subito in Commissariato ?
    O preferite andare in albergo ?
    Ve lo chiedo siccome l’hotel La Silvanetta
    Ci viene per strada prima di entrare a Milazzo.
    Chiedo loro.
    Meglio in albergo Ispettore.
    Così sistemiamo la nostra roba e pranziamo.
    Mi risponde Antonio.
    Come volete, magari vi passiamo poi a riprendervi
    Va bene verso le cinque ?...
    Per noi va benissimo a quell’orario !.
    Mi risponde.
    D’accordo allora.
    Alle 17,00 in punto li passiamo a prendere
    alla Silvanetta.
    Loro puntuali, erano già belli pronti e seduti
    ad attenderci nella hall.
    Tutto a posto ?
    Mangiato bene ?
    Chiedo loro.
    Si, davvero qui si mangia proprio del bel pesce !
    Mi risponde Antonio alzandosi dalla poltrona.
    Sa Ispettore, in Svizzera questo non è possibile.
    Lo credo bene Commissario.
    Vedete di approfittarne in questi giorni che
    starete qui.
    Certo che lo faremo Ispettore !.
    Mi risponde.
    Usciamo fuori dall’hotel e saliamo in macchina.
    Certo che però questa Raffineria accanto, stona molto.
    Mi dice Antonio.
    Commissario, è frutto della follia degli anni sessanta.
    Allora si credeva che un impianto del genere potesse
    portare molto lavoro.
    Ma invece alla fine di lavoro ne ha portato poco e di
    riflesso ha portato molto inquinamento.
    Sa che questo albergo è stato costruito proprio
    dall’imprenditore che all’epoca realizzò la raffineria ?.
    Davvero Ispettore ?
    Si.
    Eugenio Monti, petroliere di quell’epoca.
    La raffineria richiedeva personale altamente specializzato,
    che in quel periodo qui in zona non c’era.
    Per cui Ingegneri e operai specializzati se li dovette portare
    tutti dal nord.
    Per cui dovendoli alloggiare, venne fuori La Silvanetta.
    Bella questa storia, Ispettore.
    Brutta Commissario !
    Era stato deciso di far sorgere su questi stessi terreni un
    aeroporto internazionale.
    Che sarebbe stato il punto di arrivo per le isole Eolie.
    che stanno proprio qui di fronte.
    Certo Ispettore.
    Ho visto in autostrada, sembra addirittura che le più vicine
    si possano prendere con una mano.
    Ma allora, Commissario, la mentalità turistica ancora qui non esisteva.
    Si è preferito dare la precedenza a questi impianti mega
    industriali e mega inquinanti.
    Certo che oggi non sarebbe mai fatta passare una pazzia
    Del genere.
    Lo credo bene Ispettore.
    Un territorio bellissimo, dove le ciminiere e le torri
    metalliche con i gas di fiamma che ardono in cima,
    lo sovrastano è davvero un vero peccato, questo !.
    Intanto siamo arrivati in Commissariato.
    Entriamo nel mio Ufficio.
    Scusate, gli dico invitandoli a sedersi.
    C’è qualche fascicolo in giro che devo sistemare.
    Ne avevo in mano uno bello grosso dove dovevo
    proporre un tizio per la misura di prevenzione della
    sorveglianza speciale.
    Maspero mi guarda.
    Il Fascicolo di Giarrusso ?..
    No collega.
    Qui c’è roba locale.
    Quello adesso lo vado a prendere su in archivio.
    Salgo su in archivio.
    Peppino l’archivista del ruolo civile, come al solito
    me lo da subito.
    Scendo di nuovo giù.
    Eccolo qui.
    Dico posandolo sul tavolo.
    Copertina rossa, fascicolo a “seconda”, cioè un bel
    Due impresso in nero su copertina rossa.
    Loro esitano.
    Guardatelo pure.
    Gli dico.
    Loro non si fanno pregare di farlo.
    Se lo sbranano proprio, dalla prima all’ultima pagina.
    Interessante !.
    Dice Antonio.
    Leggono di quanto avevo già detto nei miei pensieri in auto
    durante il percorso, praticamente.
    La storia dei soldi falsi, la proposta di diffida e tutto il resto.
    Grazie ispettore.
    Apprezzo la vostra collaborazione.
    Ma ci mancherebbe altro, Commissario.
    Abbiamo notizie sulla data della sua convocazione in Pretura ?
    Domani mattina è fissato già l’interrogatorio.
    Già domani ?..
    Si, Commissario.
    Benissimo Ispettore !.
    Non mi aspettavo tempi così rapidi.
    Sa commissario, non solo nella Svizzera verde siete efficientissimi.
    Mi fa piacere saperlo questo !.
    Mi scusi Ispettore, forse sono stato un po’…
    Non c’è problema Commissario, se avete finito di esaminare la pratica,
    possiamo farci un tour per la città e per il promontorio del capo.
    Possiamo andare Ispettore.
    E grazie ancora di tutto !.
    Il tour lo facciamo.
    Del resto qui di posti incantevoli da vedere c’è ne sono davvero tanti.
    Ciminiere a parte.
    Si intende.
    Loro, mentre saliamo la strada panoramica che porta al
    Promontorio del Capo guardano il tutto.
    Bello !
    Davvero molto bello, dicono proprio in cima alla punta di Capo Milazzo.
    Li si arriva solo a piedi.
    Guardano il mare bello calmo che sembra una “tavola”.
    Da un lato ad Ovest Capo Tindari, direzione Palermo.
    Dall’altro ad est Capo Rosocolmo, direzione Messina.
    Di fronte le Isole Eolie.
    Sembra le si possano prendere con le mani.
    Bello !
    Davvero bello.
    Dicono.
    Sai collega, mi dice Edy, noi li siamo in mezzo alle montagne.
    Ma anche le Alpi sono bellissime !.
    Gli rispondo.
    E’ mai stato in Svizzera ?..
    Mi chiede Antonio.
    Purtroppo no.
    Però conosco molta gente che c’è stata.
    Sa qui di gente che è andata a lavorare li da voi c’è ne davvero tantissima !
    Lo sappiamo Ispettore.
    Tutti grandi lavoratori.
    Tutti ?
    Beh, professionalmente le posso dire che problemi con alcuni di loro ne abbiamo
    avuti !
    Inutile nasconderlo.
    Lo so, Commissario, lo so.
    Ma poi alla fine, si sa, nessuno è perfetto !.
    Ah !
    Questo davvero si !.
    Ma sa, mi dice osservando ancora, il mare però ha un suo fascino particolare, forse unico.
    La montagna si c’è l’ha il suo fascino.
    Però vedere questi panorami è davvero incantevole !
    Questo è vero.
    Appunto sono tornato qui !.
    Dove è stato prima a fare servizio ?..
    Mi chiede ancora.
    Gli racconto la mia storia di otto anni di Nord.
    Tornando è inevitabile una tappa al bar sito sul piazzale
    di sant’Antonio, la terrazza panoramica del Capo.
    Infatti la leggenda narra che il Santo da Padova, reduce
    da una sua missione di dialogo con l’islam mentre tornava
    via mare, sia stato colto da una tempesta e abbia trovato
    rifugio proprio qui, alla baia del Capo.
    Incantato del posto decise di soggiornarvi per un po’.
    Così costruì una chiesetta scavata proprio nella roccia
    a lui adesso dedicata e che si può visitare scendendo una ripida
    scalinata dalla terrazza del capo andando giù verso il mare della
    baia che si chiama di sant’Antonio, appunto.
    Dopo una consumazione con litigio diplomatico su chi dovesse
    pagare la consumazione, nel senso che loro volevano
    pagare ma noi con forte insistenza alla fine lo abbiamo fatto noi,
    convincendoli che erano nostri ospiti e che quaggiù, per retaggio
    storico della Magna Grecia, gli ospiti sono sacri, li riaccompagnamo
    a valle.
    Volete vedere altri posti ?
    Chiedo loro.
    No Ispettore, siamo davvero stanchi, e domani ci attende una mattinata
    difficile.
    Poi vorremmo studiare bene la cosa, visto cosa lei ci ha fatto leggere
    nel suo Ufficio.
    Sa, mi sembra un tipo tosto questo qui.
    Meglio se c’è ne andiamo adesso a riposare.
    Se può riaccompagnarci in albero le saremo grati.
    Il collega Ispettore svizzero annuisce.
    Come volete.
    Gli rispondo.
    Per noi comunque non c’è problema.
    Ispettore ?..
    Mi dice Antonio.
    Va bene così !
    Siete stati davvero molto gentili con noi.
    Vi ringraziamo ancora.
    Commissario ?
    Non lo dica neppure per scherzo.
    Siamo colleghi.
    Voi Svizzeri, noi Italiani, ma sempre tutti sbirri siamo !.
    Loro si mettono a ridere.
    Arrivati al Palace Hotel, loro scendono.
    Buona cena e buon riposo !.
    Grazie Ispettore.
    Domani passiamo a prendervi alle otto e mezza, per voi va bene ?..
    Gli chiedo.
    Ah, per noi va benissimo !
    Allora rimaniamo così.
    Villa Vaccarino.
    Sede dell’allora Pretura di Milazzo.
    Oggi sede della Sezione distaccata del Tribunale di Barcellona P.G.
    Vi arriviamo di prima mattina, con gli Svizzeri.
    Il Pretore ci accoglie nel suo studio.
    Glieli presento.
    Loro si presentano a loro volta.
    Signori.
    Gli dice.
    La rogatoria internazionale, prevede che le domande le debba
    fare io su vostra sollecitazione.
    Però se voi volete fare vostre domande dirette, potete pure farle.
    Per me non ci sono problemi.
    Grazie, signor Pretore.
    Gli risponde Antonio.
    Facciamo così.
    L’argomento già glielo abbiamo spiegato.
    Lei lo sa.
    Quindi, cominci pure lei l’interrogatorio.
    Noi interveniamo solo se lo riteniamo opportuno farlo.
    Per me va benissimo così.
    Gli risponde il Pretore.
    Edy da buon Svizzero che tiene alla puntualità,
    guarda l’orologio.
    Le nove e quindici….
    Ma sicuro che verrà ?..
    Chiede.
    Noi lo abbiamo convocato formalmente.
    Gli risponde il Magistrato.
    Se non viene, lo faccio prendere dai Carabinieri !.
    Bussano alla porta.
    Avanti !
    Era Gino, il Cancelliere.
    Dottore, mi scusi.
    Dice.
    C’è la persona che aspetta.
    Fallo passare !
    Gli risponde il Pretore.
    Giarrusso entra.
    Mentre saluta ci guarda.
    Vede troppa gente seduta.
    Il suo sguardo sbircia tutti noi, uno per uno.
    Me mi conosce, il Pretore pure, gli Svizzeri no.
    Non li conosce.
    Li guarda con molto sospetto.
    Si accomodi pure !
    Gli dice il Pretore.
    Lui lo fa.
    Signor Giudice !
    Esordisce.
    Potrei sapere il motivo di questa mia convocazione ?
    E queste persone sedute qui, chi sono ?.
    I signori qui presenti, sono dei funzionari di Polizia.
    Gli risponde il Pretore.
    Il signore del Commissariato, lo conosco.
    Dice guardando me.
    Ma gli altri chi sono ?
    Sono della Polizia Cantonale della Procura della Repubblica
    di Lugano, del Canton Ticino.
    Hanno avanzato una richiesta di rogatoria internazionale
    per un suo interrogatorio !
    Gli risponde il Pretore.
    Ahi mamma !
    Questo ora sviene, pensavo io.
    Tocca chiamare un cardiologo ed un rianimatore.
    Invece no.
    Giarrusso incassa calmo la risposta e ribatte fermo.
    Premetto questo.
    Se io sono convocato qui in veste di testimone, è un conto.
    Ma se lo sono stato in veste di imputato è un altro.
    In questo secondo caso, non dirò nessuna parola, se qui accanto a me
    non si siede il mio avvocato !
    Dice di getto.
    Lei è qui solo in veste di testimone.
    Per questo deve rispondere e dire la verità su quello che sa.
    Gli risponde il Pretore.
    Lui ci pensa su.
    Non sono accusato di nulla ?
    Chiede lui.
    No.
    Ma nel caso che nel corso della sua deposizione, dovessero emergere
    elementi di reità a suo carico, in questo caso stia tranquillo
    che interrompiamo subito l’esame.
    Lei avrà diritto secondo quanto prevede il nostro ordinamento
    a richiedere un legale che lo assista.
    Ma al momento le assicuro che non c’è ne assolutamente di bisogno.
    Ma per caso prevede che c’è ne sia di bisogno ?
    Se vuole lo può già chiamare fin da ora !.
    Gianrusso accusa il colpo.
    Ci pensa su ancora.
    Va bene !.
    Non ho proprio nulla da nascondere.
    Fatemi pure tutte le domande che volete.
    Bene, signor Giarruso.
    Lei è un gallerista vero ?
    E’ noto a tutti che ho una galleria d’arte in Marina Garibaldi.
    In tale sua veste, ultimamente è stato per lavoro in Svizzera.
    Si, signor Giudice.
    Ci può dire quando e che cosa ha fatto ?
    Signor Giudice.
    Prima di ritornare qui a Milazzo, ho avuto per alcuni
    anni una galleria d’arte nella città di Bolzano.
    Per questo sono conosciuto nel Nord.
    Tempo fa sono stato contattato da un mio amico di Trieste.
    Chi era questo suo amico ?.
    Come si chiama ?
    Giannetti !.
    Mi conosceva bene come gallerista.
    Veniva spesso a vederla.
    Gli Svizzeri, mentre lui parlava se lo studiavano ai raggi ics.
    In che senso, comprava dei quadri ?
    Era un appassionato d’arte.
    Sapeva che io in galleria portavo sempre novità interessanti.
    Allora, mi stava dicendo che è stato contattato da questo suo amico..
    Si, signor Giudice.
    Mi ha telefonato chiedendomi se potevo fargli da consulente
    artistico in una transazione d’affare che lui aveva in corso.
    Che tipo di affare ?
    Mi disse che aveva un quadro d’autore e che siccome lo doveva
    vendere ed aveva trovato anche un possibile acquirente, doveva
    recarsi a Lugano per chiudere la trattativa.
    Quindi se ho ben capito, lei doveva recarsi con lui a Lugano
    a fargli da consulente artistico, giusto ?
    Giusto !
    Ci vuol dire che tipo di consulenza doveva fargli ?
    Certo, signor Giudice.
    Stimare il valore commerciale dell’opera in vendita.
    Ho capito, signor Giarrusso.
    Continui.
    Così gli ho risposto che ero disponibile a farlo.
    Lui mi ha ringraziato e mi ha dato appuntamento
    in un albergo di Lugano, dicendo che ci saremmo incontrati
    li, siccome era in quel posto che doveva condurre la trattativa.
    Le disse con chi la doveva condurre, questa trattativa ?..
    No.
    Non me lo disse, signor Giudice.
    Vedevo i colleghi che cominciavano a dare segni di nervosismo.
    Ma mi scusi signor Giarrusso !
    Lei gli dice di si, senza neppure
    sapere con chi andava a trattare ?
    Signor Giudice !

    Di Giannetti io mi fido ciecamente.
    E come mai, ha questa sua fiducia incondizionata nei
    suoi confronti ?
    Mi disse che era il segretario particolare del Ministro De Michelis !
    Il Pretore, apprendendo questo ha un sobbalzo.
    Come pure tutti noi.
    Ci spieghi meglio la cosa !.
    Gli dice, riprendendosi dalla sorpresa.
    Il Ministro che lei ha citato, centra qualcosa nella vicenda ?..
    Assolutamente no, signor Giudice !.
    Ma se uno viene da lei e le dice di essere il segretario
    particolare di un Ministro, lei che fa, non ha fiducia in lui ?
    Un attimo di silenzio.
    Bene signor Giarrusso, continuiamo pure.
    Poi è andato in Svizzera ?.
    Certo che si, signor Giudice.
    Alla data che avevamo concordato.
    Ci dica poi cosa è successo.
    Sul posto mi sono incontrato con il Giannetti.
    Quello stesso pomeriggio abbiamo avuto l’incontro
    con l’acquirente.
    Lo conosceva ?..
    L’acquirente intendo.
    No.
    Nel senso che non lo aveva mai visto prima di quel momento ?
    Assolutamente no !
    Non lo avevo mai visto, signor Giudice.
    Ne è sicuro di questo signor Giarruso ?
    Gli chiede improvvisamente Edy.
    Lui resta come una pera secca.
    Guarda il Pretore.
    Li ho autorizzati io a farle delle domande dirette.
    Può Rispondere alla domanda.
    Lui si porta le mani al viso.
    No !
    Ribadisco e confermo che non lo avevo mai visto prima di quel momento,
    signor Poliziotto !
    Va bene, abbiamo capito.
    Risponde Edy, con un vistoso gesto di disappunto.
    Continui adesso.
    Riprende il Pretore.
    Io mi sono solo limitato a visionare l’opera d’arte
    da vendere, attestandone la sua autenticità ed il suo prezzo
    di mercato.
    E basta ?
    Interviene di nuovo Edy.
    Aspettate un attimo
    Interrompe il Pretore.
    Signor Giarrusso, ma ci vuole spiegare come avviene
    la transazione per la vendita di un opera d’arte e perche mai
    viene fatta proprio in Svizzera ?
    Si, signor Giudice.
    Praticamente chi intende acquistare l’opera, deve versare una
    caparra di 50 milioni di lire equivalenti a franchi svizzeri per dare prova della sua serietà.
    E lo deve fare versando la somma in una banca Svizzera.
    Perché questo ?
    Perché è prassi che si usa in queste transazioni
    signor Giudice !.
    Ma perché non farlo qui in Italia ?
    Questo non lo so, signore.
    Ma forse li le banche sono molto più riservate delle
    nostre.
    Segreto bancario ?
    Questo, ripeto, non lo so !.
    Ma suppongo di si.
    Lì non fanno troppe domande quando si fanno delle operazioni.
    Capisco, signor Giarrusso.
    L’acquirente quindi aveva versato la somma come garanzia
    di serietà, giusto ?
    Giusto
    Signor Giudice !.
    E’ la prima cosa che Giannetti gli ha chiesto.
    A chi lo ha chiesto ?
    Al potenziale acquirente dell’opera.
    Signore.
    E come avete avuto la conferma della cosa ?
    Giannetti ha telefonato alla banca, e ne ha avuto
    la conferma.
    Solo Giannetti ha telefonato alla banca ?
    Interrompe di nuovo Edy.
    Si, solo lui, signor Poliziotto.
    Mi chiamo Edy !
    Ispettore Maspero Edy !!.
    Dice il collega alzando il tono di voce.
    Mi scusi signor Ispettore Maspero.
    Ribatte lui.
    Quindi lei, signor Giarrusso, non ha telefonato quel pomeriggio
    in banca ?
    Ribatte il collega.
    No !
    Signor Maspero !
    Non ho telefonato.
    Ma davvero non ha telefonato chiedendo di avere
    un anticipo sui 50 milioni di lire versati dall’acquirente ?
    No !
    Urla lui.
    Bene, benissimo.
    A noi risulta l’esatto contrario !
    Controbatte il collega Ispettore elvetico.
    Scusatemi !
    Interrompe stavolta il Pretore.
    E lo dice rivolgendosi ai colleghi.
    Ma in Svizzera, potete fare questo genere di domande
    Ad un testimone intendo ?.
    Certo che si !.
    Gli risponde secco Antonio.
    Alla faccia di tutto il nostro iper garantismo !
    Penso io.
    Bene, riprende il Pretore, siccome siamo in rogatoria per cui vale il diritto del paese
    richiedente la stessa, la domanda è ammessa.
    Giarrusso, risponda !.
    Io non ho telefonato a nessuno !
    Qui !.
    Qui c’è la prova tratta dal registro dell’albergo che lei lo ha fatto !
    Dice Edy, tirando fuori dalla sua borsa un foglio
    di carta.
    Telefonata richiesta alle ore … del… alla banca… da parte
    del cliente…che è Lei !.
    L’ha fatta lei !.
    Qui c’è il suo nome !!.
    Giarrusso casca nel silenzio.
    Poi si tira su.
    Sono pronto a venire in Svizzera a chiarire la mia posizione !
    Ma prego, lo faccia pure quando vuole questo.
    Gli dice Antonio.
    Lui è paonazzo adesso.
    Il pretore lo nota.
    Gli avevo anticipato che è cardiopatico.
    Va bene, che ne dite di sospendere un attimo ?
    Così lui ci pensa su per bene.
    Chiede ai colleghi.
    Per noi non c’è problema.
    Risponde Antonio.
    Gino ?..
    Dice il Pretore alzando il telefono.
    Porta subito una bottiglia d’acqua.
    Pausa.
    Edy si avvicina a me mentre Giarrusso si divora la bottiglia d’acqua.
    Se viene in Svizzera lo arrestiamo subito !.
    Lo avevo capito questo collega.
    Gli rispondo sorridendo.
    Poi, Giarrusso mi fa cenno di avvicinarmi a lui.
    Si è un po’ ripreso, anche se fa fatica ancora.
    Io ci vado subito.
    I colleghi Svizzeri, parlano tra di loro.
    Il Pretore ne approfitta per leggersi delle carte.
    Io mi siedo accanto a Giarrusso.
    Come sta ?
    Gli chiedo.
    Adesso meglio !
    Mi risponde.
    Ma possono farmi queste domande ?
    Mi chiede.
    Ma non lo ha sentito il Pretore ?..
    Certo che gliele possono fare.
    Ma la legge Italiana non è quella Svizzera !
    Io voglio a questo punto un avvocato.
    Signor Giarrusso.
    Mi ascolti bene.
    Una volta che viene accettata la rogatoria internazionale,
    viene accettata anche la sua giurisprudenza.
    Mi segue ?
    Lui mi guarda attento e mi fa cenno di si
    con la testa.
    Se no, non la si ammette.
    La si respinge.
    Quindi deve per forza rispondere alle domande,
    e senza avvocato !.
    Minchia !
    Fa lui.
    Allora sono perso.
    Mi deve credere dottore.
    Io in questa storia sono stato solo tirato dentro
    da questo Giannetti, che credevo fosse una persona
    a posto ed invece ho scoperto essere solo un gran brigante !
    Non sapevo che il suo vero fine fosse quello di fare una truffa.
    Mi ha cacciato nei guai.
    Poi siccome ho precedenti e sono diffidato di polizia,
    adesso è facile farmi passare per criminale incallito.
    Ma le giuro sui miei figli.
    Io non c’entro nulla !.
    Lo guardo negli occhi.
    Lui ha una faccia smarrita.
    Ho recita benissimo la parte, oppure è sincero.
    Penso tra di me.
    Signor Giarrusso.
    Un modo per uscirne fuori c’è lo ha !
    Quale, Ispettore ?...
    Mi chiede lui tutto ansioso.
    Dica la verità.
    Ma la sto dicendo, dottore !
    Giarrusso ?..
    Lo riguardo negli occhi.
    Dica la verità !
    Gli ripeto.
    Ma dottore Ispettore, io cosa dovrei dire ?
    Quello che sa davvero !
    Questo deve dire.
    A cominciare di come si chiamava la persona
    acquirente dell’opera e se questa era già
    messa d’accordo con il Giannetti prima dell’incontro.
    Persona che lei conosceva, vero ?
    Lui adesso se ne sta in silenzio.
    La pausa dura ancora, io ne approfitto
    Per buttare il carico da undici punti.
    Vede, se lei collabora, da qui esce di sicuro
    Come uomo libero.
    Se non la dice non lo so come finirà.
    In ogni caso richiederanno un ordine di
    arresto internazionale nei suoi confronti.
    Lui comincia a tremare.
    Dottore Ispettore ?..
    Io quei soldi non li ho visti neppure con il binocolo !
    Ha fatto tutto Giannetti e l’amico suo.
    A me mi hanno usato solo per il loro fini !.
    Giarrusso ?..
    Le credo.
    Ma dica quello che sa e lei si tira fuori dalla malattia !.
    Lui mi guarda bene.
    Davvero ne esco fuori ?.
    Davvero.
    Ci pensa un altro po’.
    La dirò !.
    Mi dice all’improvviso.
    Bene !.
    Gli rispondo.
    Poi lo guardo.
    Prima di ricominciare, mi dica.
    Ma davvero vorrebbe andare
    in Svizzera a chiarire la cosa li ?..
    Gli dico ridendo.
    Che sono cretino !!!
    Mi risponde.
    Lo so che appena arrivo alla frontiera mi arresterebbero
    subito !.
    Su questo ci può scommettere,
    Signor Pretore ?
    Dico alzandomi.
    Si può riprendere, il signor Giarrusso vorrebbe parlare…
    Il Pretore alle mie parole, solleva la testa dalle
    carte che stava leggendo.
    I colleghi Svizzeri le sentono anche e smettono di parlare
    tra di loro.
    Bene !
    Dice il Pretore rivolgendosi al Gianrusso.
    Il Maresciallo ha detto che lei intende parlare.
    Lui mi chiamava sempre “Maresciallo”.
    Glielo avevo spiegato chissà quante volte la differenza
    Che c’era con Ispettore, ma lui era duro.
    Niente da fare.
    Ci avevo rinunciato a rispiegargliela per l’ennesima volta.
    Pensavo.
    Che intende dire che vorrebbe parlare ?
    Gli chiede.
    Signor Giudice.
    Io voglio davvero dire tutto quello che so su questa
    storia.
    E soprattutto come lei capirà dopo averla sentita
    che io non c’entro nulla !.
    Va bene signor Giarrusso.
    C’è la dica, parli pure.
    Il Giannetti mi contattò, per come le ho già detto
    dicendomi che dovevo fargli il consulente artistico
    per stimare un opera d’arte di cui lui era venuto in possesso
    e che intendeva vendere.
    A chi la intendeva vendere ?..
    Mi risponda questa volta.
    A tale Carlini da Milano.
    Lei lo conosceva.
    No.
    Dico stavolta la verità signor Giudice.
    Non lo conoscevo.
    Lui mi ha fatto il suo nome parlandomi al telefono della cosa
    ma io l’ho conosciuto di persona solo sul posto.
    A Lugano intende ?
    Si signor Giudice.
    Nella hall dell’albergo.
    Me lo ha presentato Giannetti.
    Il Carlini ?.
    Si, signor Giudice.
    Era da solo questo Carlini ?
    Si era da solo.
    Almeno io non ho mai visto nessuno con lui.
    Continui.
    E’ vero, ho telefonato alla banca per chiedere
    se potevo avere un anticipo sulla transizione
    che il Carlini aveva depositato.
    E perché lo ha fatto ?
    Signor Giudice.
    Io vengo da una realtà come quella di Bolzano, dove
    la mia galleria d’arte era molto frequentata.
    Frequentata da gente che veniva e soprattutto e comprava i quadri.
    Qui invece sa, vengono pure le persone alla mia galleria.
    Ma non comprano, guardano, nella maggior parte dei casi
    almeno.
    Io ero in difficoltà economiche notevoli.
    Sa, i costi di gestione sono quelli che sono.
    Il Giannetti mi aveva promesso un premio di 50 milioni
    per la mia consulenza.
    Atteso che l’opera da vendere ne valeva ben 750 di milioni !
    E mi disse che quella somma la potevo prendere dalla caparra
    depositata dall’acquirente dell’opera !.
    Per questo ho fatto quella telefonata.
    Mi servivano quei soldi.
    Non le sto mentendo, mi creda !.
    Il Pretore lo guardava fisso.
    I Colleghi Svizzeri avevano alzato la testa ma non intervenivano più.
    Continui pure signor Giarrusso…
    Signor Giudice.
    La banca mi rispose che il Carlini aveva dato disposizioni
    di non pagare la somma data in caparra a nessuno.
    Io allora cominciai a sospettare della cosa.
    Il Giannetti mi aveva ingannato.
    Si era servito solo di me.
    Signor Giarrusso ?
    Per fare che cosa, il Giannetti si era servito di lei ?
    Per avere un garante dell’autenticità dell’opera signor Giudice !
    A fronte della mia certificazione, la banca gli ha pagato la vendita.
    750 milioni !
    A chi l’ha pagata ?
    Al Giannetti.
    Ma questi soldi non li aveva versati Carlini ?
    No, signor Giudice !
    Carlini ne ha versati solo 50 come caparra.
    La transazione dice che a fronte della garanzia del versamento della
    Somma data a garanzia e a fronte della certificazione data da un esperto
    D’arte che sono stato io a darla, la Banca approva la vendita e liquida la
    Somma al venditore, preso atto che le garanzie versate dall’acquirente
    garantiscono appieno la sua solvibilità !
    Preciso !
    Penso.
    Il cerchio si è ora chiuso.
    Che figli di cane !
    Riuscire a truffare una banca Svizzera e appunto opera artistica come
    quella che stavano fingendo di trattare !
    Per cui signor Giarruso la somma la banca l’ha pagata
    al Giannetti ?
    Si.
    Signor Giudice !.
    Ma per essere precisi, la banca Svizzera storna la somma
    con bonifico ad una banca Italiana indicata dal venditore.
    Per cui il Giannetti ha incassato i 750 milioni in Italia.
    E lei non sa quale sia stata la banca italiana indicata ?
    No
    Signor Giudice !.
    Questo lo dovete chiedere al Giannetti, siccome a me
    non me lo disse.
    Sarà cosa che faremo molto presto.
    Interrompe Antonio.
    Signori.
    Dice il Pretore guardando i colleghi elvetici.
    Avete altre domande da porre al teste ?
    Loro si guardano.
    Edy scuote la testa ad Antonio.
    Non ne abbiamo !
    Risponde Antonio.
    Bene, allora l’esame per me può considerarsi concluso.
    Anche per noi.
    Aggiungono i colleghi.
    Io….
    Posso andare allora ?..
    Chiede timidamente Giarrusso.
    Certo.
    Gli risponde il Pretore.
    Neppure lo crede vero questo.
    La sua faccia sputa gioia da tutte le parti.
    Ci alziamo tutti.
    Giarrusso si avvicina a me.
    Grazie dottore Ispettore.
    Mi ha dato il consiglio giusto !
    Era sincero e mi allunga la mano.
    Gliela stringo.
    Grazie a lei per averlo accettato.
    E mi raccomando, non caschi più in questo genere di cose !.
    Sa Ispettore..
    L’arte è il mio lavoro, ma anche la mia passione.
    Non posso farne a meno…
    Mi hanno proposto da poco una consulenza artistica
    per una transizione di vendita di una testina di Renoir….
    Giarrusso ?...
    Lo interrompo
    Questa volta sono venuti i colleghi Svizzeri.
    Ma che cosa ha intenzione di fare la prossima ?
    Di far venire qui l’F.B.I. ??
    Lui si mette a ridere.
    Stia tranquillo dottore.
    Cercherò di non farla venire.
    Stavolta è una cosa seria.
    Me lo immagino !.
    Gli ribatto ridendo a mia volta.
    Ma non la farete di certo in Svizzera ?
    Gli chiedo.
    No, no !
    Li non ci torno più, stia tranquillo.
    Fa benissimo a farlo.
    E’ stia attento.
    Gli rispondo.
    Lo farò !
    Dettomi questo mi stringe di nuovo la mano, saluta tutti i convenuti
    uno per uno e se ne scappa letteralmente via.
    Il Pretore riprende il suo posto e ci invita a farlo anche
    a noi.
    Il verbale dell’interrogatorio ve l’ho manderemo
    ritualmente, tramite la Corte di Appello.
    Così come prevede la rogatoria internazionale.
    Dice rivolgendosi ai colleghi.
    Signor Pretore.
    Dice Antonio.
    Se adesso è possibile, se può darcene anche informalmente
    una copia, gliene saremo molto grati.
    Sa, ci serve intanto per portare subito alla nostra Procura
    un atto tangibile del nostro lavoro fatto, ma soprattutto
    per avere un imput immediato per lo sviluppo
    dell’indagine che abbiamo in corso.
    Non c’è problema.
    Gli risponde il Pretore.
    Alza il telefono.
    Cancelliere ?
    Venga subito qui da me.
    Un attimo e bussano alla porta.
    Entri, entri pure Cancelliere.
    Faccia una copia del verbale e lo consegni
    ai signori.
    La ringraziamo molto della sua disponibilità.
    Ed anche di tutto quello che ha fatto !.
    Gli dice Antonio.
    Ma si figuri Commissario !
    Gli risponde il Pretore.
    Detto questo ci congediamo da lui.
    Appena usciti, il buon Cancelliere Gino, consegna al volo copia del verbale
    ad Antonio.
    Prima di riaccompagnarli in albergo, facciamo tappa
    in Commissariato.
    Del resto ci viene per strada.
    Tappa nel mio allora modesto ufficio.
    Loro prendono posto.
    Ispettore !.
    Mi dice Antonio.
    Siamo davvero soddisfatti del tutto.
    Nemmeno lontanamente pensavamo di risolvere
    la cosa.
    Siamo davvero venuti a capo della truffa perpetrata.
    Il vostro Pretore poi !
    Il nostro Pretore cosa ?
    Gli chiedo.
    Oh !
    Davvero molto professionale.
    Non ci aspettavamo tanto.
    Ha condotto un interrogatorio davvero esemplare.
    Ma se qualcuno non diceva qual cosetta all’orecchio del Giarrusso
    Interviene di scatto Edy, guardando me,
    la cosa non mi sembra si sarebbe sbloccata.
    Sai collega.
    Gli rispondo.
    Molte volte basta poco per convincere un incallito reprobo a diventare
    un buon samaritano.
    Da buon sbirro che era, aveva notato purchè impegnato
    a discutere con il suo collega, che io durante la pausa
    dell’interrogatorio mi ero avvicinato a parlare con il Giarrusso.
    Dite la verità adesso.
    Avevate sospetti sulla nostra collaborazione, vero ?
    Loro si guardano.
    Ispettore ?
    Inutile che le nasconda la cosa.
    Voi Italiani non avete una buona fama.
    Mi ci metto nel mezzo anch’io, per carità siccome
    lo sono di origine.
    Per cui non ci aspettavamo di certo questa vostra
    collaborazione così sincera.
    Non c’è problema Commissario, la cosa le assicuro
    che ci è abbastanza nota.
    Ma vede, noi poliziotti di tutto il mondo abbiamo
    la stessa passione comune.
    Quella di accertare la verità di un fatto accaduto.
    Per questo per noi, le frontiere non esistono.
    Lui mi guarda serio.
    Ha ragione !
    Ci scusi per la nostra iniziale diffidenza.
    Ma le pare ?..
    Gli rispondo.
    Probabilmente lo avrei fatto anch’io se fossi venuto su da voi.
    Un buon poliziotto non deve mai fidarsi di nessuno.
    Neppure dei suoi simili.
    Loro si mettono a ridere.
    Ha ragione da vendere !
    Chiuse Antonio.
    Poi loro si scambiano un rapido sguardo.
    Ispettore ?..
    Mi dice.
    Tenga.
    E tira fuori dalla sua borsa tre tavolette di cioccolato.
    Non pensi male.
    So che voi potete comprarvele.
    Ma questo mi creda è davvero cioccolato svizzero doc !.
    Vi ringrazio moltissimo di questo.
    Gli rispondo.
    A che ora avete l’aereo domani ?
    Chiedo loro.
    Sa Ispettore.
    Veramente pensavamo di perdere più tempo qui.
    Non credevamo che si sarebbe fatto tutto così presto.
    Per cui l’aereo c’è lo abbiamo dopodomani.
    Ah, bene.
    Allora domani ci faremo un giretto a Taormina.
    Quella che avete visto per strada al vostro arrivo.
    Ispettore ?..
    Ma non vi dovete disturbare !
    Mi dice Antonio.
    Colleghi ?..
    La collaborazione da queste parti, la diamo fino
    in fondo !
    Diciamo che si va li a fare indagini suppletive..
    Risata collettiva.
    Loro escono dalla stanza diretti all’uscita.
    Tiro al volo una tavola a Salvatore
    Che prontamente l’acchiappa.
    Ti ringrazio Ispettore Franco !
    Ma di che ?..
    Domani si va a Taormina.
    Il Dirigente..?
    Mi fa lui.
    Non gli diciamo nulla ?
    Lui come al solito è impegnato “fuori sede”.
    Così ha lasciato detto al piantone.
    Del resto devo seguire io per suo espresso ordine questo caso, no ?
    Il caso è si risolto, ma….
    a Taormina si potrebbe trovare qualche ulteriore elemento che…
    Ispettore Franco ?
    Falla finita.
    A Taormina allora !.
    Mi risponde ridendo.

    Truffa internazionale
    (Ed i colleghi Svizzeri.)

    Fine della storia
     
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    Premio Regia Televisiva.


    Commissariato di Milazzo.
    Anno del signore 1991.
    Mio Ufficio.

    Franco ?.
    Dimmi Salvatore.
    Ho fatto un giro nel posto che sai.
    Si, Franco.
    Novità ne abbiamo ?.
    Si.
    C’è effettivamente movimento.
    Quello che ha scritto l’esposto anonimo ha detto il vero.
    Mentre lui parla io sono seduto sulla mia scrivania che all’epoca
    era di sesto livello.
    Metallo e lamiera.
    Questo prevedeva l’Amministrazione per l’ispettore.
    Avevo davanti a me un foglio di carta scritto a penna.
    Volutamente storpiato in grafia e pieno di errori.
    Proprio per cercare di non far capire chi lo avesse scritto.
    Alla fine infatti si firmava…
    “Un amico della giustizia.”
    In alto in cima, scritto a penna in diagonale
    Un appunto del grande capo
    supremo del Commissariato, alias il Dirigente.
    Ispettore….come mi chiamo io…. prego provvedere !.
    Continua Salvatore.
    Gli dico.
    Mi sono appostato da solo, solo per osservare, così
    come mi hai detto tu, da solo per non dare nell’occhio siccome gli sbirri
    camminano sempre in due.
    Bravo.
    E’ che cosa hai..osservato ?.
    La casa descritta nell’esposto.
    Effettivamente c’è la bicicletta appoggiata davanti
    alla porta.
    Interessante.
    Continua..
    Ad un certo punto esce l’amico nostro Maisano.
    Sposta la bicicletta e la poggia per terra.
    Passano pochi minuti ed arrivano due che so essere tossici.
    Entrano dentro.
    Continua.
    Escono dopo un poco.
    Non appena si allontanano riesce l’amico Maisano.
    Rialza la bicicletta e la rimette davanti alla porta, così
    come era prima.
    Il segnale !.
    Dico.
    Ha ragione l’amico “anonimo” che scrive.
    La bicicletta è il segnale !.
    Esattamente Franco.
    Tutto combacia alla perfezione.
    Mi suona il telefono.
    Chiamata interna.
    Alzo la cornetta di botto.
    Ispettore ?...
    Mi dica dottore.
    Salga subito su da me !.
    Gentilissimo come al solito.
    Mi scappa di dire.
    Chi era ?.
    Mi chiede Salvatore.
    Chi può essere a scassare ?..
    L’amico nostro Carlo Magno !.
    Così chiamavo il Dirigente.
    Vado su, aspettami qui.
    D’accordo Franco.
    Fatte le scale a due a due.
    Giunto alla porta, semaforo verde.
    In questo caso, si può come sapete, entrare senza
    rischiare la pelle.
    Entro.
    Lui è seduto dietro la sua scrivania, simile al ponte di volo della
    portaerei Saratoga.
    Mi vede.
    Mi fa cenno di sedermi.
    Lo faccio.
    Ispettore.
    Mi ha chiamato la signora della questura che si occupa delle
    statistiche.
    La chiami lei è veda cosa minchia vuole.
    Ma Dottore ?..
    Gli ribatto.
    Ma non ci ha parlato già lei ?.
    Ispettore !.
    Che vuole che mi metta a parlare pure con la signora della questura
    che si occupa delle statistiche ?...
    Le ho detto che poi l’avrebbe chiamata lei !.
    Lo faccia e basta !
    Ho capito Dottore.
    Non c’è problema.
    Faccio per alzarmi ed andarmene.
    Le ho forse detto che se ne può andare ?.
    Tuona lui, facendomi segno di risedermi.
    Mi scusi Dottore !
    Pensavo avessimo finito..
    Lei Ispettore non deve pensare !
    Mi tornava in mente il famoso teorema Paiella.
    Chi era costui ?
    Gaspare Paiella, era un mio vecchio dirigente della Squadra Mobile di Genova.
    Soleva dire:
    La Guardia di P.S., (allora l’Agente si chiamava così) è carriera esecutiva.
    Non può né pensare e né parlare.
    Il Sottufficiale è carriera intermedia.
    Può pensare però non può parlare.
    Il Funzionario è carriera direttiva.
    Può pensare e può parlare.
    Allora mancava l’ispettore, siccome non lo avevano
    ancora inventato.
    Io aggiunsi così a questo geniale teorema tale ulteriore figura.
    L’Ispettore è carriera di concetto.
    Può pensare e qualche rara volta può pure parlare.
    Lui mi fissava dritto negli occhi.
    Ispettore ?...
    C’è ?
    Mi aveva visto distratto.
    Si Dottore !.
    Mi scusi stavo pensando ad un servizio che abbiamo in corso e…
    Ma la vuole capire o no che lei non deve pensare ?.
    Almeno quando è seduto qui davanti a me !.
    Ma adesso mi stia a sentire.
    Vengo adesso dal Municipio.
    Ho avuto una riunione con il Sindaco e l’Assessore al Turismo.
    La sa la novita ?
    Mi chiede a bruciapelo.
    No !.
    Gli rispondo.
    Ci sei stato te alla riunione, mica io.
    Mi veniva di dirgli.
    Ma non lo faccio per ovvi motivi.
    Il Premio Regia televisiva edizione 1991 sarà fatto qui a Milazzo.
    Quello che Daniele Piombi fa ogni anno a Giardini Naxos ?
    Faceva, Ispettore !.
    Hanno deciso di spostarlo qui.
    Ma sono impazziti per caso ?
    Gli chiedo.
    E’ risaputo che il comune di Giardini per questa per organizzare
    questa manifestazione si è indebitato sino al collo con Daniele Piombi.
    Ispettore ?
    Questi sono cazzi loro !.
    Il fatto è che hanno già deciso.
    E noi ci dobbiamo organizzare in tal senso.
    Mi segue ?
    La seguo Dottore.
    Ma non può chiedere rinforzi alla Questura ?
    Ispettore ?
    Ma mi fa così minchione per caso ?..
    No Dottore !.
    Mi scusi.
    Ho già chiamato il Questore.
    Lo sa cosa mi ha detto ?
    No Dottore.
    Egregio collega qui a Messina abbiamo già abbastanza cazzi da sbattere
    a destra ed a manca.
    Non ti posso mandare proprio nessuno.
    In altre parole….
    Arrangiati !.
    Per cui dobbiamo farcela da soli.
    Qui arriveranno attori attrici e divi vari di fama nazionale e mondiale.
    Ho dato già un occhiata al palinsesto.
    Sei giorni pari pari..
    Si comincia martedì prossimo con Nino Frassica e via radio Asiago Tenda
    E poi tutte le sere sino al gran finale che sarà sabato.
    Questo attirerà qui a Milazzo centinaia di fan scatenati
    e deliranti a caccia di autografi e foto da immortalare ai posteri.
    E pure centinaia di curiosi vari che vogliono solo guardare le cosce
    della Cuccarini e di Alba Parietti.
    Mi segue adesso ?
    La seguo Dottore.
    Mentre parla con me alza il telefono.
    Fotiiiiiiiiii ?
    Urla letteralmente, tanto che chi aveva chiamato
    lo aveva sicuramente sentito dalla sua stanza
    e con tutto che la sua porta era chiusa.
    Fotiiii !
    Venga subito da me !.
    Gioacchino era il sovrintendente anziano del Commissariato.
    Proveniva dal Commissariato Porto di Messina.
    Era un bravissimo cristo.
    Però di Polizia non capiva una mazza.
    Sapeva solo aggiornare la Rubrica Frontiera.
    Per questo era stato destinato a fare i servizi ed a gestire il personale.
    Suonano alla porta.
    Lui schiaccia il pulsante verde.
    Gioacchino entra bianco in faccia come un lenzuolo.
    Si segga !.
    Gli dice perentorio.
    Lui si siede tremante accanto a me.
    Come siamo nessi con il personale ?...
    Gli chiede subito a bruciapelo.
    Do..dottore..
    In che se..senso co..come siamo me..messi ?
    Risponde Gioacchino quasi balbettando
    Foti ?
    Si sente bene stamattina ?
    Be..benissimo Do..dottore.
    A me, non mi sembra tanto.
    Ma ha capito cosa le ho chiesto, almeno ?
    Si..si., Do..dottore.
    E allora mi risponda !.
    Io me ne stavo zitto e osservavo il povero collega terrorizzato
    aprire il registro del personale che da buon solerte che era si era portato con se.
    E..Ecco Dottore.
    Dice porgendogli il registro.
    Minchia !.
    Dice lui osservando il servizio giornaliero.
    Ma qui sono o malati, o in permesso o in ferie !
    Ma che cazzo è questo un Commissariato ?
    Oppure è un Ospedale ?!
    Oppure ancora una agenzia turistica ?!..
    Do..dottore.
    Ma le ferie se le de..devono pure fa.fare e …
    Fooooti ??!.
    Sospenda tute le ferie permessi e compagnia bella !.
    E mandi subito la visita fiscale a questi presunti
    Ammalati.
    Questi sono solo ammalati di paraculismo acuto !.
    Mi servono tutti e dico tutti gli uomini che ho.
    Va..va be.bene, Do.Dottore.
    Ma..
    Ma cosa, Foti ?.
    Ma..marzullo ha ci.chiesto la li.licenza
    Si..siccome si sposa sua so.sorella e…
    Lui sbatte il pugno sul tavolo così forte
    che vola in aria il porta penne con tutto il suo contenuto.
    Foooooti !!.
    Ma allora io non mi sono spiegato ?
    Non me ne fotte niente se si sposa la sorella !.
    E me ne fottesse ancora di più se si sposasse
    sua madre !
    Qui mi servono tutti gli uomini e quando dico tutti
    vuol dire tutti !.
    Se è il caso richiami anche quelli che sono andati di
    recente in pensione !.
    A questo punto mi scappa di intervenire.
    Ma Dottore vede il collega forse le vuole solo dire che,,,
    Ispettore ?
    Sto forse parlando con lei ?!.
    No Dottore.
    E allora se ne stia zitto !
    Lo dice con un urlo che sarà sicuramente
    stato udito dell’isola di Lipari.
    Lei deve parlare solo quando
    piscia il gallo !.
    Ha capito adesso ?!.
    Allargo le braccia come voler dire…
    Mi arrendo.
    Foti ?.
    Adesso vada e faccia esattamente come le ho detto.!.
    Gioacchino non se lo fa ripetere due volte.
    Si alza di scatto saluta mettendosi sugli attenti
    e scappa letteralmente via dalla stanza.
    Ispettore ?..
    Allargo le braccia come voler a dire…
    Posso Parlare ?.
    Lui abbassa il capo in segno di assenso.
    Mi dica pure Dottore.
    Rispondo deciso.
    Qui si marcia davvero molto male.
    Chi cazzo controlla questo personale ?.
    E’ inammissibile quello che ho letto sul registro del
    Servizio.
    Testa di minchia, ma non lo firmi tu il servizio ogni giorno ?
    Ma che cazzo firmi allora ?!.
    Mi scapperebbe di dire, ma me lo tengo rigorosamente dentro di me.
    Veda anche lei di seguire la cosa.
    Foti mi sembra troppo bonaccione.
    Gli hanno preso ormai la mano.
    Fanno quello che vogliono, questi.
    D’accordo Dottore.
    Lo farò.
    Benissimo.
    Può andare adesso.
    Lei e il suo agente della giudiziaria siete chiaramente mobilitati
    come tutti gli altri in questo serevizio.
    Lo avevo già capito da me, Dottore.
    Meglio così Ispettore !.
    Può andare anche lei.
    E mi fa cenno con la mano alla porta.
    Tipo…
    Pussa via.
    Mi alzo, saluto ed esco.
    Carlomagno !
    Penso tra me e me.
    Carlomagno ci faceva una pippa a uno come questo !.
    Salvatore mi aveva aspettato pazientemente in ufficio.
    Allora Franco ?
    Mi chiede.
    Allora carissimo Salvatore preparati che tocca fare
    la vigilsnza ai Vip.
    Cosa ?
    Gli spiego il tutto.
    Ma Franco…
    Ed il servizio di appostamento per lo spaccio ?
    Eravamo già a buon punto.
    Salvatore.
    Sai come si dice ?
    Attacca i buoi al carro dove vuole il padrone !.
    Ma Franco, poteva chiedere rinforzi in Questura.
    Lo ha fatto e lo hanno mandato a quel paese.
    E ci credo Franco.
    Dopo tutti i litigi che ha fatto con il Questore.
    Così tocca fare tutto noi da soli.
    C’è lo ha spiegato in modo pacato, calmo e molto educatamente
    Carlomagno.
    Me lo immagino il suo tono “educato”, dice lui ridendo.
    Poi si fa serio e mi chiede.
    Ma i tossici ?...
    Salvatore.
    Vorra dire che i tossici si faranno una bella settimana
    di festa.
    Poi quando finiremo questo strazio di servizio,
    la festa gliela faremo noi a loro.
    Alzo il telefono.
    Quasi quasi me lo avevo dimenticato.
    La signora Tortugno ?..
    Chiedo presentandomi.
    Si sono io.
    Signora, chiamo per disposizione del nostro Dirigente.
    Ah !.
    Ha incaricato lei ?.
    Si.
    Ma sa Ispettore ?
    Non m ha fatto neppure parlare.
    Mi ha quasi chiuso il telefono in faccia !.
    Signora ?
    Lo deve capire.
    Sa era impegnatissimo quando lei lo ha chiamato.
    Era in riunione con i Capitani dei Carabinieri e della Finanza.
    Gli dico sapendo di mentire spudoratamente.
    Ma mi dica il problema qual’è.
    Ispettore.
    Non mi è pervenuta la statistica relativa al numero del
    personale in forza al vostro commissariato
    distinto per i relativi ruoli alla data del mese scorso.
    Glielo avremo comunicato chissà quante altre volte.
    Penso tra di me.
    Santo cielo.
    Sempre le stesse cose.
    Il fatto era che in Questura si seccavano ad alzarsi dalla sedia
    per cercarsi le cose.
    Così pensavano bene di avanzare richiesta diretta.
    Facevano prima e non si affaticavano.
    Ha capito Ispettore ?
    Si signora.
    Mi raccomando Ispettore.
    Devo riferire entro domani al superiore Ministero.
    Mancate solo voi di Milazzo.
    Gli altri hanno risposto tutti.
    Signora ?
    Sarà subito servita.
    La ringrazio Ispettore e mi raccomando.
    Entro stamattina.
    La saluto.
    Chiudo ed alzo di nuovo il telefono.
    Chiamo l’archivio.
    Peppino ?
    Dimmi Ciccio.
    Peppino era il solerte archivista, cuore dell’ufficio.
    Peppino ?.
    La statistica della forza mensile del personale.
    C’è l’hai presente ?.
    Si Ciccio.
    Ora la tiro fuori subito.
    Eccola qui, Ciccio.
    Dimmi pure cose vuoi sapere.
    Prendi l’ultimo mese che abbiamo segnalato.
    L’ho preso Ciccio.
    Benissimo da allora ci sono state variazioni del personale ?
    No Ciccio, siamo sempre le stesse persone.
    Benissimo.
    Allora fai una cosa.
    Fai una fotocopia dell’ultima inviata e gli cambi solo la data.
    Poi la metti subito alla firma del grande capo.
    Digli che è urgentissima.
    Poi la mandi subito per fax a questo numero….
    Sarà fatto Ciccio.
    Serve altro ?
    No Peppino.
    Ti ringrazio.
    Suona il telefono.
    Chiamata interna.
    Ispettore ?...
    Mi dica Cavaliere.
    Era il buon Venturino, il funzionario amministrativo che
    Dirigeva l’amministrativa.
    Può venire su da me, la prego ?.
    Ma certo Cavaliere.
    Lo era effettivamente Cavaliere,
    Se lo era guadagnato dopo il terremoto dell’Irpinia ove aveva
    Coadiuvato l’allora sottosegretario Zamberletti.
    Si può ?.
    Dico affacciandomi alla porta.
    Entri pure Ispettore !.
    Mi siedo.
    Abbiamo un grosso problema.
    Mi dica Cavaliere.
    Come lei saprà, a Milazzo si terrà il Premio Regia.
    Quello di Daniele Piombi.
    Ne ho “sentito vagamente “ parlare.
    Gli rispondo facendo l’ingenuo.
    Ebbene, il “Pala Diana” luogo dove si dovrebbe tenere lo spettacolo,
    non ha l’agibilità !.
    Ma Cavaliere, sta parlando seriamente…o scherza ?.
    Ispettore !.
    Ho qui davanti a me il fascicolo.
    Non c’è ne ha !.
    Ma un gran cosone come quello non ha l’agibilità ?
    Mi sembra assurdo !.
    Purtroppo è vero, Ispettore.
    Le carte qui parlano da sole.
    Ed il bello è che il Pala Diana c’è lo abbiamo qui proprio
    di fronte al Commissariato.
    Non possiamo fare finta di non vedere nulla !.
    Lo credo bene.
    Ma Cavaliere, ne ha parlato al Dirigente ?.
    No !.
    Se solo gli dico una cosa del genere quello è capace
    che li arresta a tutti.
    Sindaco, Assessore e perfino Daniele Piombi !.
    Ho preferito prima parlare con lei.
    La ringrazio Cavaliere.
    Qui c’è la domanda di licenza per lo spettacolo.
    Presentata personalmente dal Piombi e controfirmata dal Sindaco e
    dall’Assessore.
    Ma io senza agibilità della struttura
    come diamine gli faccio la licenza ?.
    Cose da pazzi !.
    Gli dico.
    Cose che succedono qui a Milazzo.
    Mi ribatte lui.
    E allora Cavaliere, come si fa ?
    Ho telefonato al Sindaco.
    Gli ho detto di fare immediata richiesta per il
    Sopralluogo da parte della Commissione Provinciale
    per i pubblici spettacoli.
    Questa è la procedura.
    Loro neppure la sapevano.
    Me lo immagino.
    Ma sapevano almeno che la struttura era inagibile ?.
    Ispettore.
    Certo che lo sapevano.
    Ma allora sono degli stupidi !.
    Ispettore cosa le devo dire…
    Intanto gli ho fatto un mezzo cazziatone.
    Con Stefano (il nome del Sindaco dell’epoca nda) me lo posso permettere.
    Come lei sa anni fa sono stato suo Assessore.
    Ci conosciamo bene.
    Dovrebbe darmi una risposta a breve.
    Però quando verrà la Commissione occorre la presenza di qualcuno di
    voi.
    Come lei ben sa io non posso fare attività esterna.
    Preferirei che ci andasse lei a presidiare il sopralluogo.
    Non c’è problema Cavaliere.
    a disposizione !.
    La ringrazio Ispettore.
    Sa, una volta che la Commissione come spero rilascerà almeno
    parere favorevole, porto subito la licenza alla firma del Grande Capo.
    Non un attimo prima.
    Se no finisce a casino.
    Lo credo bene, Cavaliere.
    Gli suona il telefono.
    Stefano ?.
    Dimmi tutto.
    Era il Sindaco di Milazzo.
    Si trattiene qualche minuto a conversare.
    Poi richiude.
    Allora Ispettore.
    La Commissione arriverà a breve.
    Si tenga pronto.
    Non si preoccupi Cavaliere.
    Devo solo passare la strada e sono sul posto.
    Commissariato di Milazzo.
    Sala riunioni.
    Signori.
    Siamo tutti riuniti qui, siccome il Dirigente mi ha incaricato
    di pianificare i servizi in occasione del Premio Regia.
    Intanto vi comunico che saremo solo noi dell’Ufficio.
    Ispettore .
    Come saremo solo noi.
    Non verranno rinforzi ?
    Chiede un Agente alzando la mano.
    No.
    Ma mi scusi con tutta quella gente che c’è in Questura
    a “grattarsi”, non ci mandano proprio nessuno ?
    Sentite.
    Ho detto di no e basta.
    E’ inutile stare a chiedersi del perché.
    E’ così e basta.
    Ritornando a noi.
    L’evento si svolgerà sostanzialmente in tre distinti luoghi.
    L’Hotel La Sivanetta e l’Hotel Eolian Inn, ove i Vip alloggeranno
    dopo il loro arrivo previsto già per le prime ore di domani.
    Poi il Pala Diana.
    Il pomeriggio ci sono le prove dello spettacolo della sera.
    Per cui i Vip si sposteranno tutti li.
    E fuori ci saranno una marea di fan e curiosi vari.
    Per cui.
    La mattina si sorveglieranno gli alberghi.
    Il personale in divisa si posizionerà davanti all’ingresso
    e farà sorveglianza e filtraggio.
    Altro personale che sarà in borghese, stazionerà invece
    all’interno della Hall.
    Ispettore ?
    Chiede un altro.
    Come ci dobbiamo comportare con i giornalisti ed i fotografi ?
    I paparazzi insomma.
    Usate discrezione.
    Rispondo.
    In fin dei conti loro fanno solo il loro lavoro.
    Non possiamo certo impedirlo.
    L’importante è che lo facciano nella giusta misura.
    Senza essere invadenti o peggio ancora molesti.
    Poi il pomeriggio, ci sposteremo tutti al Pala Diana.
    Le prove cominciano alle 16,00.
    Però l’afflusso del pubblico all’esterno ci sarà già dalle
    prime ore pomeridiane.
    Ognuno cercherà di prendersi il posto in prima fila
    per vederli da vicino.
    Stessa cosa la sera.
    Lo spettacolo comincia alle ore 20, 30 circa.
    Durerà circa un ora e mezza.
    Ispettore ?
    E con il pubblico come ci dobbiamo comportare ?
    Signori.
    Anche qui usiamo discrezione.
    Non facciamo interventi se non in casi estremi.
    Opera di contenimento.
    Tutto il perimetro sarà transennato.
    Devono stare dietro le transenne.
    Ma solo noi, come faremo ?
    Non bastiamo.
    Allora.
    Il Comandante Lo Presti della Municipale mi ha promesso
    ce tutti i suoi Agenti saranno impegnati a darci manforte.
    Una trentina siamo noi, un’altra trentina sono loro.
    Per cui non sarete proprio da soli.
    Ispettore ?
    Chiede un altro ancora.
    Ma se il sevizio per come sta spiegando lei dura tutta la giornata,
    dovremo fare 12 ore di fila ?
    Questa più che una conferenza di servizio, mi sembra una conferenza
    Stampa !
    Dico ridendo.
    Risata generale con applauso.
    Allora !
    Signori, riprendiamo il discorso.
    No.
    Non farete tutta la giornata, tranquilli.
    Sarete divisi in due fasce orario.
    Il primo gruppo farà la mattina.
    Il secondo gruppo farà dalle 14,00 a fine servizio.
    Ci daranno lo straordinario ?
    Si.
    State tranquilli.
    Quello che farete dalle 20,00 in poi, sarà considerato servizio
    Straordinario.
    Ispettore ?.
    Urla un Assistente.
    Ma così restano fregati quelli che faranno la mattina !.
    Signornò.
    Vi alternerete in rotazione.
    Quelli che faranno la mattina il giorno dopo faranno la sera.
    E viceversa.
    Vocio generale di soddisfazione.
    Poi man mano che evolve il servizio, altre istruzioni vi saranno date
    a secondo l’andamento dello stesso.
    Adesso io avrei finito.
    Andate pure e buon lavoro..
    La mattina successiva cominciano ad arrivare i Vip.
    Chi con l’auto chi addirittura con l’elicottero
    Ci facciamo un giro alla Silvanetta ?.
    Dico a Salvatore.
    Come comanda, Ispettore.
    La hall dell’hotel era già movimentata.
    Noto Michele Cucuzza che si registra alla reception.
    La Livia Azzariti è seduta in poltrona che legge accanto
    un Antonio Lubrano tutto serio che si guarda attorno, degno del suo
    programma Mi manda Rai Tre.
    D’improvviso appare il maestro Tullio De Piscopo, nella
    sua imponente mole.
    Anche lui si siede.
    Si guarda attorno e d’un tratto dice al suo compagno di poltrona,
    “Guagliò ?
    Ma non ta già ruttu u cazzu accà ?”
    Mi scappa da ridere per la spontaneità di come lo ha detto.
    Entriamo nella sala bar.
    Chi ti vedo dritto al banco ?
    Il mio collega.
    L’Ispettore Antonio Sarti !
    (Era una serie poliziesca di successo di quel periodo nda.)
    Alias Gianni Cavina.
    Mi viene spontaneo avvicinarmi a lui.
    Ispettore ?.
    Collega Sarti ??..
    Gli dico allungando una mano.
    Lui mi guarda tutto stupito.
    Sono un Ispettore “vero” !.
    Gli dico presentandomi.
    Ma lei nella fiction che fa è davvero imbattibile !.
    Lui a sua volta allunga la mano e stringe la mia.
    Viene spontaneo un abbraccio.
    Prende qualcosa ?.
    Mi chiede.
    Quello che prende lei.
    Rispondo.
    Ad una condizione però.
    Quale, collega ?
    Mi chiede ridendo.
    Offre la casa !.
    Intanto entra la Cuccarini con il suo seguito.
    Era appena atterrata in elicottero sul piazzale vicino la piscina proveniente
    dall’aereo porto di Catania Fontanarossa.
    Debbo dire che vista di presenza non delude affatto.
    Ha una sua bellezza ed un fascino tutto naturale.
    Infatti pur essendo senza trucco lo mostra tutto.
    Franco ?
    Mi fa Salvatore.
    Svegliati !
    Te la stai solo mangiando con gli occhi .
    Ah ?..
    Scusami Salvo !.
    Hai ragione.
    Però…..
    Però se lo merita tutto !.
    Mi ribatte lui.
    Salvo ?
    Dimmi Franco.
    Qui mi sembra che la situazione sia tranquilla.
    Andiamo all’altro Hotel.
    All’Eolian Inn ?.
    Esatto, Salvo.
    L’Eolian Inn all’epoca era un esclusivo albergo
    sito in cima ad una altura che dominava con il suo panorama
    tutto il golfo su cui si specchiava la città di Milazzo.
    Davvero molto suggestivo.
    Adesso da anni non esiste più ed al suo posto sono nati tanti residence.
    Novità ?
    Chiedo al collega in divisa al cancello d’ingresso.
    Nessuna, Ispettore.
    Tutto tranquillo qui.
    Meglio così.
    Entriamo dentro Salvo.
    La Hall è ancora semi deserta.
    In effetti stavano affluendo alla Silvanetta.
    Quando li sarebbe stato pieno allora sarebbero arrivati
    anche qui.
    Ci affacciamo alla terrazza panoramica e che
    sovrasta la piscina.
    Buttando giù lo sguardo notiamo la Enrica Bonaccorti
    ed un'altra Vip che sono sdraiate a prendere il sole in costume da bagno.
    Davanti a loro una nutrita schiera di paparazzi che scattano foto all’impazzata.
    Una dopo l’altra in rapida successione di flash.
    Le donne non dicono nulla.
    Anzi dallo sguardo sembrano contente della cosa.
    Ma è normale una cosa del genere ?
    Mi chiede Salvatore.
    Certo che si, Salvo !.
    La pubblicità sai bene che è l’anima del commercio.
    Atteggiarsi a diva lo è ancora di più.
    Pensa che mortorio sarebbe se non ti filasse
    Nessuno.
    Il pomeriggio però la situazione cambia radicalmente.
    Infatti on appena arrivo in Ufficio subito dopo aver pranzato,
    noto una vera ressa antistante il Pala Diana, sito proprio di fronte.
    Ispettore ?
    Mi dice il piantone vedendomi.
    Ha visto ?
    Si, ho visto.
    Nonostante le transenne tanta gente accalcata in attesa
    Dell’arrivo dei Vip per le prove.
    Chi c’è sul posto ?
    Chiedo.
    Il Sovrintendente Foti.
    Bene.
    Intanto arriva anche Salvatore.
    Andiamo.
    Gli dico vedendolo.
    Passiamo la strada.
    Arrivano le prime macchine dagli alberghi.
    Non appena scendono, vere urla di ovazione.
    Qualcuno scatta verso di loro, solo per poterli toccare.
    Un Agente li placca e li fa tornare a posto.
    Ma non si riesce per molto a contenerli.
    Arriva Ezio Gregio.
    Io e Salvatore non appena scende
    Lo affianchiamo ed avanziamo con lui tenendo
    lontani a manate quelli che si avvicinano.
    Poi si sente un urlo.
    Ezio ?..
    Lui si ferma.
    Erano due ragazze, queste però più calme.
    Ezio, ci faresti un autografo ?.
    Lui le guarda.
    Volentieri.
    Dice.
    Porta la mano cercando la penna.
    Poi dice dispiaciuto.
    Scusatemi ma ho dimenticato la penna !.
    Loro lo guardano con evidente dispiacere.
    Io allora tiro fuori la mia penna e gliela
    porgo.
    Lui la prende e firma gli autografi.
    Loro li riprendano con evidente entusiasmo.
    Spetto la restituzione della penna, ma ciò non avviene.
    Intanto Ezio entra dentro il pala Diana
    E scompare.
    Noi dobbiamo tornare indietro
    A prenderne un altro in arrivo.
    Salvo ?
    Dimmi Franco.
    Gregio mi ha fregato la penna !.
    Franco ?
    Dovresti essere contento piuttosto di aver
    Regalato la tua penna ad un Vip !.
    Fai pure lo spiritoso Salvo.
    Poi tocca portare Michele Cucuzza.
    Camminiamo decisi con lui verso l’ingresso,
    tutto bene, sino a quando
    una ragazza si distacca dalla transenna e
    gli si butta letteralmente addosso.
    Michele ti amo !
    Urla tutta convinta abbracciandolo e baciandolo.
    Salvatore gliela togli di dosso.
    Poi la respinge verso la transenna.
    Michele è vistosamente imbarazzato.
    Sulla sua guancia è apparso un vistoso bacio
    a forma di ossetto rosso.
    Riusciamo a portare dentro anche lui.
    Poi come al solito torniamo indietro.
    Arriva un mercedes nero.
    Ahi.
    Dice Salvatore.
    Ahi cosa, Salvo ?
    Franco, lo sai chi sta arrivando ?
    No, Salvo.
    Grecia Colmenares !.
    E chi è ?
    Ma Franco, tu non le vedi le Telenovelas ?
    No.
    Si vede che non le vedi.
    La Colmenares è quella che fa Topazio.
    Per ora sta letteralmente spopolando in Tv.
    Mi fa piacere.
    Gli rispondo.
    In effetti una vera ressa si
    Forma accanto al mercedes appena si ferma.
    Pressano così tanto che gli occupanti neppure possono
    Scendere dall’auto.
    Foti ?.
    Urlo facendogli segno con la mano.
    Porta qui i tuoi, tutti !
    Presto !!.
    In effetti l’auto sebbene molto voluminosa,
    ondeggiava vistosamente sotto la pressione della folla
    di fan imbestialiti che premeva letteralmente sulla stessa.
    Andiamo, andiamo !.
    Grido.
    Lasciate scendere .
    Toglietevi di torno !.
    Macchè.
    Quelli erano proprio ultragasati anzi per meglio
    dire invasati.
    Il mio appello cade nel vuoto.
    Arriva Gioacchino con i rinforzi.
    Si diamo un rapido sguardo, poi entriamo in azione.
    Cominciamo a prenderli ad uno ad uno e a scagliarli via
    lontano.
    Largo !.
    Fate largo !.
    Dico prendendone un altro e allontana dolo di forza.
    Lasciateci stare !.
    Urla qualcuno di loro.
    Vogliamo vederla !
    Non finisce di dirlo che Gioacchino lo agguanta di forza
    e lo scaglia via.
    Riusciamo così finalmente a fare un varco tra la folla e la mercedes.
    Riesco ad aprire lo sportello posteriore,
    Potete scendere dico.
    Lei, Grecia, era in compagnia del marito e del figlioletto.
    La guardo in viso.
    Era pallida come la cera.
    Completamente terrorizzata.
    Signora ?
    Può scendere.
    Le torno a ripetere.
    Stia tranquilla la scorteremo noi sino all’ingresso.
    Lei però è ancora esitante.
    Si guarda in faccia con il marito.
    Lui le fa cenno di si con il capo.
    Lei allora si prende di coraggio.
    Signora ?
    Andiamo …Su !
    Non li possiamo contenere ancora per molto.
    In effetti la folla premeva su tutti i poveri colleghi
    Che avevano formato un vero muro
    Di contenimento nei loro confronti.
    Volava pure qualche schiaffone di troppo.
    Per quelli più esagitati.
    Lei finalmente si muove.
    Scende dall’auto.
    Avviene una vera ovazione da parte del pubblico alla sua vista.
    Topazio ?...
    Sei bellissima !
    Grida qualcuno.
    E parte un caloroso applauso in suo favore.
    Lei vestiva un lungo abito bianco.
    Effettivamente era davvero molto bella.
    Non appena scende, noto che i colleghi
    Che fanno il muro stanno per cedere.
    Presto Salvo !
    Urlo.
    Lui mi capisce a volo.
    La prendiamo letteralmente a braccetto e la portiamo
    diritta all’ingresso.
    Lei è sempre vistosamente impaurita ma capisce
    ed avanza con noi a passo svelto.
    Saranno stati i cinquanta metri più lunghi della mia vita.
    Sembrava non finissero mai.
    Passavamo attraverso un piccolo varco che eravamo
    riusciti a creare con il muro di sbarramento che
    però alla sua vista ondeggiava vistosamente ee stava
    Ormai per cedere.
    Indietro, !
    State Indietro !!.
    Grido mentre ci passiamo dentro.
    Mani si allungano da tutte le parti.
    La vogliono toccare a tutti i costi.
    I colleghi proprio li spingono indietro.
    Sembra una gigantesca mischia da Rugby.
    Dove i piloni le seconde e terze linee spingono
    Con tutta la loro forza allo scopo di travolgere gli avversari.
    Alla fine riusciamo dopo pochissimi ma interminabili minuti
    a raggiungere l’ingresso.
    Li sarebbe stata al sicuro.
    Entriamo dentro e la portiamo al riparo.
    Finalmente ci possiamo fermare.
    Io e Salvatore tiriamo un grosso respiro di sollievo.
    Anche lei si ferma.
    Ci guarda e ci dice una sorta di “muchas gracias hombre”.
    Poi sparisce all’interno.
    Salvo ?...
    Ma questa è un attrice o una sorta di divinità ?
    Mi scappa di dire.
    Lui ancora si asciugava il sudore sulla fronte con un fazzolettino.
    Te lo avevo detto Franco !.
    La sua risposta.
    Alla fine tutti sono dentro.
    Tiriamo un altro respiro di sollievo.
    Salvo ?
    A questo punto entriamo dentro anche noi.
    Almeno assistiamo alle prove e ci svaghiamo un po’.
    Penso che c’è lo siamo meritati.
    Per due ore possiamo stare tranquilli.
    Franco ?
    Che per caso vuoi diventare un Vip anche tu ?
    Mi dice lui ridendo.
    Certo che si.
    Non lo sai che mi daranno un premio regia televisiva
    anche a me ?
    Non mi dire Franco.
    E quale ti daranno ?
    Quello per la migliore pazienza dell’anno !.
    Risata collettiva di entrambi.
    Sul palco del Pala Diana, un affettato Daniele Piombi
    Spiega agli ospiti come funzionerà
    Il programma.
    Non andremo in diretta.
    Dice al microfono.
    Ma ci comporteremo come se lo fossimo.
    Non si deve avvertire assolutamente che questo programma
    e in differita.
    Per cui da quando vi darò la parola avete
    Un tempo calcolato dalla regia per dire dal vostra
    Battuta.
    Se sforate il vostro intervento sarà cancellato.
    I tempi vanno rispettati al millimetro.
    Tenete conto di questo.
    Ma lo senti a quello ?
    Dico a Salvatore.
    Se messo in testa di fare concorrenza al nostro Carlo Magno !
    Mi ribatte lui.
    Quasi quasi glielo presentiamo.
    Come Vice Dirigente lo vedo molto bene !.
    Piombi intanto continua il suo monologo.
    Allora cominceremo con lei.
    I riflettori puntano Kim Novak, grande attrice del passato
    Seduta in prima fila.
    Lei quest’anno sarà la nostra madrina.
    La grande Kim Novack !.
    Un mito di Hollywood trasferito qui.
    Poi va avanti con la scaletta del programma.
    Finalmente finisce e cominciano le prove
    Degli interventi.
    Via via si alternano tutti sul palco
    A secondo il programma premiato.
    Spettacolari Ezio Gregio e Raffaele Pisu con la loro
    Strisca la notizia.
    Le veline, allora agli esordi, che scendono da uno
    Scivolo con lo skate board.
    Poi un esilarante Gino Bramieri, anche lui tra i premiati.
    Si siede sullo sgabello e racconta le sue intramontabili
    Barzellette.
    Dieci minuti di risate pure.
    Finalmente si finisce.
    Il deflusso tutto sommato avviene più veloce e meno sofferente
    dell’arrivo.
    Anche perché li facciamo uscire dalla parte posteriore del teatro tenda.
    In modo tale da eliminare l’impatto con la folla
    Che ancora rumoreggia numerosissima davanti
    l’ingresso centrale.
    Resteranno delusi.
    Mi dice Salvatore.
    Me ne sto fottendo Salvo !.
    Li hanno già visti una volta all’entrata,
    gli basta quella per oggi.
    Ci mancava solo che facessimo anche il secondo tempo.
    Hai ragione da vendere Franco.
    Finalmente vanno via tutti.
    La folla pian piano dopo aver capito che li avevamo
    fregati alla grande, comincia a capire che non li vedrà
    Passare e piano piano comincia a disperdersi.
    Torniamo alla base.
    Dico a Salvatore.
    Passiamo la strada e noto Gioacchino con accanto Carlo Magno.
    Stavano proprio di fonte alla porta d’ingresso del Commissariato.
    Il Dirigente mi vede e mi fa segno con la mano
    di andare da lui
    Ispettore ?.
    Mi fa subito.
    Ha visto che casino ?...
    Certo che lo visto, ma tu dove minchia
    eri quando noi abbiamo giocato il Sei Nazioni
    di Rugby ?
    Mi scappa di dirgli ma tengo rigidamente dentro di me.
    Ho visto, Dottore, Ho visto !.
    Saliamo su da me.
    Le devo parlare.
    Salendo le scale, mi preparo
    psicologicamente al solito suo monologo aggressivo.
    Chissà cosa vorrà dirmi stavolta.
    Penso che meglio di quello che abbiamo fatto non potevamo fare !
    Penso tra di me.
    Apre la porta.
    Mi indica la sedia, poi lui girà dal suo lato
    della scrivania portaerei, sempre bella pulita come
    una casa dopo le pulizie di primavera.
    Foti mi ha raccontato di quell’attrice spagnola.
    Argentina, Dottore.
    Insomma non me ne fotte di dove sia.
    Ma mi hanno chiamato dalla Questura.
    Davvero ?
    Gli dico fingendo meraviglia.
    Ispettore
    Mette in dubbio la cosa, per caso ?
    No Dottore !.
    Allora stia zitto e mi ascolti.
    Gli organizzatori hanno chiamato in Questura,
    dicendo di essere molto preoccupati e che l’attrice come
    minchia si chiama lei è terrorizzata da quello che le è
    successo oggi e che minaccia di andarsene via.
    Dottore ?
    Ma noi abbiamo fatto l’impossibile, le assicuro che…
    Di Blaaaasi !!!!!!
    Ispeeeeeeeettore !!!!!!
    Urla.
    Ma quante volte le devo dire di stare zitto quando parlo io !!!.
    Come al solito lo avranno sentito dall’isola
    di Stromboli.
    Allargo le braccia come di consueto, in segno di resa
    incondizionata.
    Mi ha telefonato il Capo di Gabinetto in persona !
    Riprende con tono più calmo.
    Mi ha detto di provvedere efficacemente a risolvere
    questo problema.
    Per cui ho deciso che l’attrice sarà scorata ad personam.
    E sempre !.
    Pure quando se ne sta in albergo.
    Alzo la mano, tipo posso parlare ?
    Lui fa cenno di si con il capo.
    Dottore.
    Ma chi provvederà alla scorta ?
    Gli uomini come ben sa sono tutti impegnati.
    Lei !
    Lei è il suo Agente della Giudiziaria.
    Minchia che botta.
    Penso tra di me.
    Provvederò io personalmente
    a sovrintendere il tutto al posto suo.
    Ma guarda che sforzo immane ti stai caricando
    sul groppone.
    Penso ma non dico.
    Mi aiuterà l’Assistente Capo Seminario.
    Mario, il collega della Digos.
    Meno male, almeno lui sa come e cosa fare.
    Penso ma assolutamente non dico.
    Lei da questo preciso momento, si occuperà esclusivamente
    della tutela di questa attrice.
    Mi sono spiegato ?.
    Si è spiegato, Dottore !.
    La segua passo passo, pure quando va al bagno a
    pisciare !!.
    Non le deve accadere assolutamente nulla.
    Sarà fatto Dottore.
    Rispondo e faccio per alzarmi.
    Ispettore Di Blaaaasi !!!!.
    Le ho forse detto che può andare ?..
    No Dottore.
    Allora si segga !!!!.
    Mi rimetto a sedere.
    Allargo e mani sempre in segno di resa.
    Un ultima cosa.
    Questo servizio lo farete indossando la divisa !.
    Che cosa ?.....
    Mi scappa di dire.
    Mi ha capito !
    Lei ed il suo agente vi metterete la divisa.
    Prendetevi un auto con i colori Polizia
    e mettevi dietro di lei.
    Tutti devono vedere che la Polizia la scorta.
    Che figlio di cane !
    Penso.
    Ha aspettato la fine del discorso per abbassare la carta
    da undici punti, alias l’asso di bastone.
    diretto liscio liscio sul mio posteriore fondo schiena.
    Adesso può andare !!
    E mi indica con la mano la porta.
    La saluto Dottore.
    Dico alzandomi.
    Carlo Magno ha colpito ancora !.
    Penso sconsolato uscendo dal suo ufficio.
    Franco ?
    Che cosa voleva Carlo Magno ??
    Salvo, vatti a prendere la divisa !.
    Scherzi franco ?
    Magari Salvo.
    Diciamo che andiamo a “marcatura “ a uomo.
    Anzi a “donna”.
    Ma che caspita dici Franco ?
    Salvo ?
    Dobbiamo scortare a Topazio.
    L’attrice ?.
    Si.
    E chi ?..
    Io e te.
    Gli spiego l’esito del cordialissimo colloquio.
    Ma Carlo magno ha sbattuto la testa nel muro per caso ?
    Salvo.
    Non ti ci mettere pure tu,adesso !.
    In forza del famoso detto “tacca i boia aunni
    voli u patruni” (attacca i buoi dove vuole il padrone)
    Vatti a mettere la divisa.
    Punto.
    Ho capito Franco.
    Ci vado subito.
    Poi prendi una macchina con i colori Polizia.
    Pure ?
    Si.
    Visto che siamo in divisa dobbiamo camminare con quella.
    Quale prendo ?
    Quella che minchia vuoi tu, Salvo.
    L’importante è che abbia bello scritto
    POLIZIA sulla fiancata bianco celeste.
    D’accordo Ispettore.
    Esce dall’Ufficio con lo sguardo piuttosto
    Confuso e perplesso.
    Apro l’armadietto.
    Tiro fuori l’Atlantica.
    Così è chiamata la nostra divisa estiva che
    prevede la camicia. (nda)
    Chissà se mi entra ancora.
    Penso tra di me.
    La provo.
    Mi cade addosso perfettamente.
    Posso sfilare per Armani !
    Mi scappa di dire.
    Prendo anche il cappello.
    Lo spolvero per bene.
    Sarà un anno e passa che non la indosso.
    Poi apro la porta ed esco fuori.
    Arrivato all’ingresso, Giovanni il piantone di turno
    Mi guarda esterrefatto.
    Ispettore ?
    Deve andare alla festa della Polizia per caso ??.
    Mi dice così siccome le uniche volte che
    Mi vedevano indossare l’uniforme era quando
    Andavo in Questura appunto pr la festa della Polizia.
    Ogni anno qualche riconoscimento mi veniva sempre
    Conferito, per cui la divisa
    Era d’obbligo indossarla.
    No Giovanni.
    Vado a scortare a Topazio !
    A chi ?
    Mi chiede con gli occhi che gli girano.
    All’attrice !.
    Ma Ispettore..
    Parla seriamente o scherza ?
    Parlo serio, Giovanni.
    Vorrà dire che da ora in poi lo chiameremo
    Ispettore Bolero Tele tutto !
    Mi dice ridendo.
    Era un diffuso quotidiano dell’epoca di gossip
    sul jet set.(nda)
    Giovanni ?
    Dici ancora mezza parola e ti prendo
    A mascate con la pala.
    (schiaffoni dati come se si avesse un badile al posto delle manii) nda.
    Chiedo scusa Ispettore.
    Mi dice lui riprendendosi.
    Di niente Giovanni.
    Non è che poi alla fine ti sbagli di molto !.
    Detto questo apro la porta dell'ingresso ed esco fuori.
    Vedo Salvatore.
    Anche lui in divisa.
    Sembra un figurino.
    Franco ?
    Mi dice vedendomi e si esibisce in un elegante saluto militare.
    Io rispondo facendo altrettanto.
    Ci scappa da ridere.
    Giochiamo a fare i soldatini ?
    No a fare i Poliziotti.
    Rispondo.
    Franco ?
    Ho preso l'ammiraglia.
    Mi dice mostrandomi la macchina.
    Tanto la volante per ora non c'è.
    La usermo noi.
    Hai fatto benssimo Salvo.
    Salgo su.
    Dove andiamo Ispettore ?
    All'albergo Salvo.dovrebbe essere li per ora a riposarsi.
    All'Eolian Inn o alla Sillvanetta ?
    Bella domanda questa Salvo.
    Prendo il microfono.
    Centrale, centrale da Como Milazzo due.
    Avanti Ispettore !
    Mi risponde Giovanni.
    Chiama Mario Seminario e fatti dire dove alloggia
    Topazio.
    Ricevuto Ispettore, le faccio sapere subito.
    Passa quelche istante.
    Ispettore ?
    Avanti Giovanni.
    All'Eolian Inn.
    Grazie Giovanni.
    Mario sa davvero tutto di tutto su Milazzo !.
    Salvo hai sentito ?
    Non me lo lascia finire di dire.
    Fa una sgommata e parte a razzo.
    Tredici

    Arrivati all’albergo, il collega al cancello
    Vedendoci si esibisce in un elegante saluto alla visiera.
    Accosta Salvo.
    Ricambio il saluto.
    Ci sono novità ?.
    Chiedo.
    No, Ispettore.
    Bene.
    Entriamo nella Hall.
    Chiedo al portiere notizie della amica nostra.
    Sta chiusa nella stanza, con il marito e la figlia.
    Non esce mai se non quando
    deve andare a fare le prove.
    Mi risponde lui.
    Ho capito, grazie.
    A che piano alloggia ?
    Al terzo.
    Ecco il numero della camera.
    Grazie ancora.
    Che si fa Franco ?
    Salvo, ci accomodiamo ed aspettiamo.
    Che cosa vorresti fare altrimenti ?!.
    Il tempo trascorre lento.
    All’improvviso entra un intero e consistente
    nucleo familiare.
    Valige non ne hanno.
    Per cui non sono aspiranti alloggianti.
    Do una scossa a Salvo.
    Alzati che mi sa ci sono rogne.
    Loro scambiano delle parole al banco.
    Poi si dirigono decisi verso le scale
    Che porta alle camere.
    Andiamo, su !
    Dico a Salvo..
    Noi prendiamo l’ascensore.
    Arriviamo per primi.
    Infatti subito dopo la combriccola familiare
    Fa la sua comparsa nel corridoio.
    Dove dovete andare ?
    Chiedo.
    Dobbiamo andare da Grecia e fargli gli auguri !
    Dice uno di loro.
    Ma quali auguri dovete fare di Grazia ?
    Fate subito dietro front !
    Andate via !!.
    Gli intimo deciso.
    Ma noi…
    Ma noi niente !
    Sgomberate subito o prendo i vostri nomi
    E vi denuncio !.
    Dico alzando la voce.
    Questo è un albergo.
    Avanti, scendete giù ed andate via !
    Loro si guardano tra di loro.
    Poi girano i tacchi e se ne vanno via, tra mormorii vari
    di disappunto.
    Roba da matti !
    Mi dice Salvatore.
    Salvo ?
    Fai una cosa.
    Vai dal collega al cancello e digli di non fare passare
    più nessuno che non sia un ospite dell’albergo.
    Ci vado subito Franco.
    Riscendiamo a valle e mi rimetto a sedere.
    Passa tempo e la noia è tanta.
    Mi fa un cenno il portiere.
    Tipo sta scendendo giù.
    Infatti appena si aprono le porte dell’ascensore
    Ci appare bella bionda sempre vestita di bianco.
    Con lei il marito.
    Gli andiamo incontro.
    Mi presento e presento il collega.
    Noi siamo i suoi “angeli custodi” signora.
    Lei sorride e ci stringe la mano.
    Da quel momento la seguiamo a ruota
    dietro il suo mercedes e a piedi quando scende.
    sempre ai suoi fianchi.
    Effettivamente Carlo Magno non aveva sbagliato
    a farci mettere in divisa con l’auto Polizia.
    La gente vedendoci con lei se ne sta
    a distanza.
    Non si ripetono più le scene deliranti del primo giorno.
    Così per il resto dello spettacolo fila tutto lisco come l’olio.
    La mattina successiva lei deve partire per andare a Catania
    All’aeroporto..
    Facciamo l’ultimo sforzo.
    Dico a Salvatore.
    Giunti al casello autostradale il mercedes si ferma prima della
    Barriera.
    Lo stesso facciamo noi.
    Lei scende e si avvicina verso di noi.
    Vi volevo ringraziare per tutto quello che avete fatto per me.
    Ci dice.
    Dietro di noi c’è Nino il fotografo che fa fotoservizi per importanti
    Settimanali dello spettacolo.
    Lei gli fa un cenno.
    Poi si mette in mezzo a noi.
    Ci prende a braccetto.
    Nino prende la sua macchina e scatta subito.
    Era il minimo che potessi fare per voi.
    Ci dice allontana dosi.
    Grazias ancora Hombres !
    Poi risale sul mercedes e va via.
    Quella foto c’è l’ho ancora appesa
    In Ufficio.
    A mia moglie ho imbrogliato spudoratamente
    dicendo che era una collega della Squadra Mobile.
    Ma lei penso non se la sia bevuta !.
    Siamo venuti davvero bene io e Salvatore.
    Tutti fighetti in divisa e lei in mezzo a noi che ci abbraccia
    E ci sorride.

    Fine della Storia.
     
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    Avventure all’estero.
    (Anche matrimoniali )


    Torniamo indietro nel tempo.
    Anno del signore 1977.
    Sono un giovane allievo Guardia di P.S. alla scuola di Trieste
    Caserma Beleno, Distaccamento della San Giovanni, via Pasquale Revoltella, non scherzo si chiamava davvero così la strada.
    Sono reduce da una licenza a casa, 1700 km ca.più a sud, per dare un esame
    universitario.
    Ho con me una lettera trovata da mia madre nella buca delle lettere laggiù
    durante il mio soggiorno.
    Ma Gianfranco, lei mi chiamava così, ma conosci qualche
    ragazza in Romania ?
    Mi aveva chiesto porgendomela.
    No, mamma.
    In Romania poi !.
    Neppure so dove stia geograficamente.
    Ma qui c’è scritto il tuo nome e cognome.
    e mi indica l’indirizzo del destinatario, alias io.
    La scrive una certa Valentina da Moreni Romania.
    Boh !
    Le rispondo, la apro è scritta in lingua Francese.
    Lingua che non conosco.
    Ma a Trieste c’è il collega di corso Bruni che ricordavo
    essere stato tanti anni in Francia.
    Lui lo parlava e lo scriveva per ovvi motivi benissimo.
    Così al mio ritorno in via Revoltella,
    prendo la busta tiro fuori la lettera e gliela faccio
    vedere.
    Marco, cortesemente puoi tradurla ?
    Bruni la prende nelle mani.
    Volentieri !
    Mi risponde.
    Era una giovane ragazza Romena che scriveva.
    Diceva di aver preso il mio indirizzo da un articolo
    che io avevo scritto su di un giornale musicale.
    Giornale che chissà come era finito sino in
    Romania.
    Mi dice che mi vuole conoscere e chiede se le posso
    rispondere.
    Questa la sua traduzione.
    Giornale musicale ?
    Mi chiedo tra di me.
    Poi mi sono ricordato che un anno
    Prima alchè ero DJ in una delle prime
    Radio libere dell’epoca,
    avevo inviato un articolo su Bob Dylan
    ad uno settimanale musicale che
    andava fortissimo in quel periodo.
    Ciao 2001 si chiamava.
    Articolo che con mia
    sorpresa mi era stato pubblicato con tanto di mio nome
    cognome e indirizzo apposti in calce allo stesso.
    Adesso ricordo, si.
    E’ vero !.
    Marco ?
    Se io ti detto la risposta, tu la puoi tradurre in
    Francese ?
    Gli chiedo.
    A tua disposizione !
    Mi risponde.
    Così un po’ come la scena di Totò e Peppino
    Nel film “La malafemmina”, io detto e lui
    diligentemente scrive traducendo le mie parole
    istantaneamente in francese.
    Carissima amica, mi ha fatto piacere
    Della tua lettera, butto giù galanterie varie,
    poi spiego che non sono più in Sicilia e le fornisco
    il mio nuovo indirizzo.
    Scuola Allievi Guardie di P.S. Trieste, Caserma Beleno, via Pasquale Revoltella
    Sesta Compagnia.
    Alla fine aggiungo.
    Siccome il francese non lo conosco, mi sta aiutando un collega a scrivere,
    se conosci l’inglese, scrivimi pure in tale lingua, siccome lo
    mastico un po’.
    Tantissimi saluti, come mi chiamo io.
    Grazie Marco.
    Gli dico alla fine.
    Di niente !.
    Uomini !
    Sento urlare dal corridoio il Caporale di giornata
    Forza, prendersi il moschetto 91 e scendere giù
    In piazzale per la marcia.
    Muoversi, Muoversi !
    Scattare gentaglia !.
    Adunata tra dieci minuti esatti a partire da ora.
    Chi ritarda di un solo secondo stasera non esce
    E resta a grattarsi le palle qui in camerata !
    Muoversi, Muoversi !.
    Questo mi riporta bruscamente alla realtà.
    Mi infilo il basco in testa, prendo il moschetto dalla
    rastrelliera e scendo giù di corsa per scale.
    Da allora non avevo più dato peso alla cosa.
    Pensavo che era stato solo un episodio isolato, uno
    dei tanti che capitano nella vita e che vengono alla fine
    totalmente dimenticati.
    Poi un giorno, mentre stavo sdraiato in branda
    a leggermi un libro, durante una pausa marcia,
    sento una voce urlare dall’ingresso della camerata.
    Di Blasi ?
    C’è posta per te !
    Era il caporale di giornata.
    Contraddistinto per la carica dal fregio
    che portava alla braccio.
    Di Blasi…. chi ?
    Chiedo, siccome eravamo in due nella stessa
    camerata a chiamarci con l’identico nome e cognome.
    Questo aveva comportato un mare di equivoci vari.
    Per cui il supremo comando di Compagnia, aveva decretato
    che io fossi solo Di Blasi Francesco.
    Lui invece era Di Blasi Francesco Paolo.
    Era un ragazzo molto furbacchione.
    Aveva sfruttato al meglio la cosa.
    Siccome io ero molto più bravo di lui
    e prendevo per questo nei compiti sempre degli ottimi voti.
    Ma il malinteso dell’omonimia faceva si che il
    voto che dovevo prendere io se lo acchiappava lui
    ed il suo me lo sorbivo io.
    Per cui si decise rigorosamente dopo l’ennesima mia
    protesta al Capitano comandante, che io firmassi
    solo fino a Francesco.
    Lui invece doveva sempre ed in ogni caso aggiungere
    anche Paolo.
    Il suo intento era di farsi gli anni di militare e poi
    scapparsene via dalla Polizia.
    Cosa che poi effettivamente ha fatto, infatti
    mi giunse notizia che era diventato un distinto ragioniere
    di banca a Partinico, suo paese di origine.
    Ma torniamo a noi.
    Che cavolo ne so io !.
    Urla di nuovo il caporale.
    Detto questo prende la lettera e la lancia letteralmente
    sul tavolino.
    Poi, gira i tacchi e se ne va via.
    Grazie, molto gentile !
    Mi scappa di dirgli.
    Il mio omonimo, anche lui sdraiato
    in branda a leggersi Lancio Story e che
    aveva assistito alla scena senza intervenire.
    Mi guarda negli occhi.
    Come a voler dire, ti alzi a prenderla tu
    Oppure ci vado io ?
    Intuisco la sua domanda prima che parli.
    Mi alzo io, Paolo !.
    Per comodità lo chiamavo solo così.
    Prendo la busta tra le mani.
    Busta colorata da “posta aerea.”
    Lui mi guarda.
    Allora di chi è ?
    Mi chiede.
    Ti chiami anche Gianfranco per caso ?
    Gli dico.
    Lei infatti mi chiamava in quel modo.
    No !.
    Allora penso sia tutta per me.
    Chiuso il solito gioco degli equivoci
    Mi ributto in branda e la apro avidamente.
    Che Era la ragazza Romena, lo avevo capito dal suo indirizzo
    che aveva apposto da mittente e da come mi aveva chiamato.
    Per cui la frenesia era massima.
    Ma leggendola la sorpresa si fa ancora maggiore.
    Stavolta mi aveva scritto in inglese.
    Aveva accolto il mio invito.
    E lo scrive pure abbastanza bene.
    Proprio in quel periodo stavo preparando
    l’esame di inglese per l’università.
    Ma per non sbagliare mi alzo di scatto
    e prendo dal mio armadietto il dizionario
    italiano – inglese che avevo con me proprio per studiare l’esame.
    Mi parla tantissimo di lei.
    Mi dice cosa fa in Romania mi parla della sua famiglia, delle
    sue ambizioni future.
    Era rimasta sorpresa del mio nuovo status di poliziotto.
    Mi aveva conosciuto come rocchettaro scatenato.
    Non se l’ aspettava la metamorfosi.
    Mi dirigo al tavolino e mi siedo.
    Dizionario accanto, abbozzo subito una risposta.
    Stavolta non ho bisogno di nessun aiuto.
    Dopo aver finito di scrivere la rileggo almeno
    dieci volte.
    Volevo essere certo di quello che scrivevo e controllavo sempre
    di non aver sbagliato qualche termine.
    Era la prima volta che scrivevo una lettera in inglese.
    L’indomani mi preoccupo di spedirla subito.
    Da quel giorno era cominciato un vero dialogo a distanza tra me e lei.
    Da Trieste finisco a Brescia.
    Scuola Polgai, alias Polizia Giudiziaria ed Amministrativa.
    Reparto Celere scansato.
    Penso tutto contento.
    Il collega De Bellis il primo giorno che siamo li
    accolti con il massimo degli onori e con la promessa
    che quello è un altro ambiente e che ci impareranno
    davvero a fere i poliziotti e non solo a marciare
    si scappa dire….
    “Finalmente non avrò più in mano il manganello.”
    Quella stessa sera eravamo a Milano a fare Ordine Pubblico !.
    Io appena arrivati avevo in realtà visto sul piazzale
    i Tigrotti schierati e pronti a partire in qualsiasi
    momento.
    Non mi avevano fatto una buona impressione.
    Naturalmente comunico alla mia amica Romena il mio nuovo
    Indirizzo.
    Brescia, Via Vittorio Veneto.
    Lei puntualmente mi scrive sempre.
    Ed io rispondo.
    Sempre in lingua inglese.
    Intanto passa il tempo.
    Sono aggregato a Torino.
    Primo maxi processo alla brigate rosse.
    Ci resto per oltre due mesi.
    Quando siamo partiti, in bacheca c’era scritto..
    Portarsi al seguito materiale di ricambio per almeno 10 giorni.
    Poi arrivo a Genova alla Squadra Mobile.
    Le comunico il mio nuovo indirizzo.
    Via dei Mille Genova Sturla.
    Lei mi scrive nel suo inglese..
    Ma proprio non ci riesci a stare sempre nello
    stesso posto ?.
    Io le rispondo, carissima, vorrei tanto farlo
    Ma non dipende da me.
    Infatti nel frattempo vinco il concorso per sottufficiali.
    Ricordo la scena.
    A quel tempo si usava che il Dirigente dell’Ufficio
    telefonasse al Ministero per conoscere i nominativi dei suoi che
    Avevano passato l’esame.
    Glieli dicono.
    Dice c’è anche Di Blasi.
    Ma non dice il nome.
    Il collega mio omonimo di cognome ma non di nome
    Rosario delle volanti, era convinto che fosse lui.
    Era la terza volta che partecipava al concorso.
    Alloro lo si poteva solo per tre volte.
    Poi basta.
    Morivi come Appuntato.
    Tutto contento euforico
    Porta tutti allo spaccio bar ed offre da bere.
    Io penso.
    Pazienza !.
    Era la prima volta per me, non ci speravo più di tanto.
    Anche se ero sicuro però di avere fatto benissimo la prova scritta.
    Poi dopo qualche giorno arrivano però i nominativi dei
    vincitori con comunicazione ufficiale.
    C’è scritto Di Blasi Francesco e non “Rosario”.
    Lui la prende troppo male.
    Da quel giorno non mi ha salutato più.
    Così il Primo gennaio 1979 mi ritrovo a Nettuno
    di Roma.
    L’allora Scuola Sottufficiali della Polizia.
    Parto da Genova salutando i colleghi a bordo della
    Mia Mini Cooper.
    Nettuno ti da un po’ lo spaccato della Polizia, siccome
    ti arrivano colleghi provenienti
    da tutta Italia, isole comprese.
    Quelli provenienti dal Reparto Celere, arrivano in treno.
    Tutti sgangherati e sbracati.
    Appena arrivano chiedono al Corpo di Guardia
    quando gli pagheranno il foglio di viaggio.
    Quelli che vengono dalle Questure e Commissariati
    sono messi meglio.
    Come me hanno una automobile anche se modesta ed usata.
    Sono vestiti già meglio e non chiedono subito soldi.
    Anche se gli farebbe davvero comodo averli.
    Quelli che vengono dalla Polizia Stradale sono i più “In” di tutti.
    Hanno autovetture di gran lusso.
    Alfette, Bmw e roba del genere.
    Rigorosamente acquistate “nuove”.
    Vestono molto elegantemente.
    Abito firmato, cappotto di cammello.
    Ai soldi non ci pensano affatto.
    So vede che sono dei gran signori.
    Continuo sempre a scriverle.
    Le comunico il mio nuovo indirizzo.
    Nettuno, via Santa Barbara.
    Ma proprio non sai stare fermo !
    Mi scrive lei.
    Vedi amica, le rispondo.
    Io se solo mi fermo, muoio subito !
    Intanto mi convoca il Colonnello Comandante della Scuola.
    Busso alla sua porta, entro e mi metto sugli attenti
    Di fronte a lui.
    Prego si può accomodare.
    Mi dice gentilmente.
    L’ho convocata solo per dirle che se ha problemi da rappresentare
    lo faccia direttamente qui da me.
    Io sono disponibilissimo ad ascoltarla quando lei vorrà.
    Evidentemente la mia fama di sindacalista clandestino
    mi aveva preceduto.
    In quel tempo infatti i sindacati non erano ancora consentiti.
    Per cui si facevano le così dette riunioni segrete.
    Ci chiamavano infatti “i Carbonari”.
    Non si preoccupi signore !.
    Rispondo deciso.
    Detto questo si alza e mi stringe la mano.
    Può andare.
    Fortuna che quell’anno effettivamente di problemi non è abbiamo avuti.
    Anzi si sforzavano tutti i superiori di essere gentili e disponibili con tutti noi.
    Ero riuscito a fraternizzare persino con gli ufficiali.
    Il mio Capitano, Geppino Racca mi ammirava e rispettava molto.
    Siccome quasi ogni settimana mi giungeva una convocazione
    per andare a testimoniare al tribunale di Genova a causa dei
    numerosi arresti fatti in soli 9 mesi di Squadra Mobile..
    Di Blasi ?
    Mi dice dopo l’ennesima comparizione pervenutami.
    Le dispiace se la esimo dall’andare più a testimoniare ?
    Se no va a finire che lei l’anno di corso lei se lo farà
    al Tribunale di Genova.
    Non c’è problema signor Capitano !
    Rispondo ridendo.
    In effetti mi ero scocciato a fare continuamente avanti indietro per Genova.
    Ma torniamo alla mia amica.
    Lei mi scrive regolarmente, sempre in inglese.
    Io le rispondo puntuale finchè una mattina
    Aprendo la solita busta air mail, ho un sussulto.
    “Ti facio una bela sorpresa.”
    Comincia così.
    Mi scrive in italiano !
    In tutto questo tempo lo aveva studiato.
    Evidentemente.
    Anche se non mi aveva detto mai niente.
    Poi guardo dentro la busta.
    Altra sorpresa.
    Trovo una sua fotografia.
    Una bellissima ragazza bionda dagli occhi
    azzurri.
    La guardo e la riguardo.
    Questa qui la devo andare a trovare !
    Dico deciso.
    Poi apro l’armadio e prendo tutte le mie
    fotografie.
    Quale le mando ?
    Penso indeciso.
    Alla fine ne scelgo una che ritengo la più figa e la metto
    in busta.
    Le dico che in estate l’andrò a trovare.
    Infatti in quel periodo scendevo giù a casa
    Ogni mese per cinque giorni.
    Infatti a quelli più distanti ci consentivano
    Di accumulare i riposi settimanali
    E c’è li facevano fare tutti insieme ogni
    Fine mese.
    Per cui ad agosto le ferie estive le farò
    In Romania.
    Avevo deciso.
    Lei mi rispose tutta contenta della cosa.
    Ti aspetto !.
    Mi scrive.
    Poi mi dice che mi aspetterà a Timisoara
    Mi dice il giorno e il nome dell’albergo.
    Hotel Intercontinental.
    Prendo una cartina geografica e me la studio
    Per bene.
    In effetti il suo paese Moreni era proprio al
    centro della Romania.
    Fuori da tutte le rotte.
    Per cui aveva deciso di incontrarci a Timisoara
    Siccome questa città
    era proprio poco dopo il confine della ex
    Jugoslavia.
    Avrà pensato che così mi verrà molto più facile.
    Infatti raggiungere il suo paese era un po’ complicato.
    Vado ad una agenzia di viaggi e mi informo sul viaggio.
    Si prende il treno fino a Venezia.
    A Venezia si cambia e si prende l’ex
    Orient Express quello che faceva una volta Parigi - Atene.
    Questo ti porta fino a Belgrado.
    A Belgrado poi c’è una coincidenza per Bucarest.
    e Timisoara è la prima fermata del treno dopo aver
    superato il confine..
    Mi faccio il biglietto.
    Chiedo l’autorizzazione per viaggiare all’estero, all’epoca
    Si era ancora militari e necessitava il nulla osta del
    Ministero dell’Interno.
    Tutto è pronto per la partenza.
    Partenza notturna da Roma Termini.
    Mattina sul presto si è già a Venezia Santa Lucia.
    Scendo giù e monto sul treno con su scritto Paris – Beograd.
    L’Orient Express.
    Il treno delle spie e degli avventurieri, penso subito.
    E’ quasi vuoto.
    Ma a Trieste avviene l’assalto al treno da parte degli
    slavi reduci dal mercatino della città di San Giusto.
    Hanno zaini e borsoni pieni di roba.
    Per lo più abbigliamento in jeans.
    Infatti in Jugoslavia questa roba scarseggia e loro vengono
    in massa a Trieste a fare rifornimento.
    Stessa cosa fanno a Bari.
    Il treno riparte e si avvia in salita alla frontiera di Fernetti.
    Durante l’ascesa, uno di loro mi guarda tutto serio.
    Italiano ?
    Mi chiede.
    Io abbasso la testa in segno di assenso.
    Lui allora tira fuori parecchi pantaloni e giubbotti jeans.
    Prego,.
    Mettili nella tua borsa !
    Mi dice.
    Io non capisco ed esprimo perplessità.
    Lui mi guarda come ad implorarmi.
    Ti prego fratello italiano.
    Poi capirai perché !
    Va bene.
    Gli rispondo.
    Prendendo la sua roba e riponendola in uno dei miei due borsoni.
    Prima passa il controllore Italiano.
    Tutto serio.
    Poi, passata la frontiera, salgono due poliziotti slavi.
    Cappello azzurro con la stella rossa in centro.
    Passano a tappeto tutti gli scompartimenti.
    Arrivano anche al nostro.
    Passaport !
    Intimano subito.
    Vedono il mio, lo guardano e me lo ridanno
    subito.
    Uno di loro mi da uno sguardo che tradotto significa
    Tu puoi stare tranquillo.
    Non mi fanno neppure aprire le mie borse.
    Agli altri invece buttano tutto sottosopra.
    Niente merce !
    Gridano sequestrando jeans da varie borse aperte e
    Frugate da cima a fondo.
    Con i manganelli colpiscono i sedili dello scompartimento.
    Per sincerarsi che non ci fosse nascosto nulla.
    Volano parolacce in serbo croato.
    Lingua ostica e difficilissima da capire.
    Ma che sono parolacce lo si capisce subito.
    Siccome queste sono internazionalmente simili
    in tutte le lingue.
    Uno di loro se lo portano via con loro.
    E con tutto il suo bagaglio.
    Alla prima fermata scendono.
    E con loro scendono parecchi passeggeri.
    Tutti messi in fila indiana.
    Altri poliziotti con dei cani al seguito
    li rendono in consegna.
    Il primo impatto con la frontiera dell’est è questo.
    Il treno riparte.
    Quello che mi aveva dato in “prestito” la sua roba
    mi guarda e mi dice.
    Capito ora ?
    Abbastanza !.
    Rispondo.
    Detto questo prendo la borsa e gliela porgo.
    Lui avidamente si riprende tutto.
    Grazie, fratello italiano !.
    Grazie.
    Mi dice abbracciandomi tutto contento.
    Un altro che è seduto accanto a lui.
    Si alza e da uno sguardo dalla porta dello scompartimento
    al corridoio dello stesso.
    Tipo per sincerarsi che non ci sia più
    traccia di Poliziotti e sbirraglia varia.
    Poi chiude la porta e mette le tendine.
    Avevo notato che indossava un abito molto largo.
    Avevo pensato prima che magari non era uno che
    Ssguisse la moda.
    Era sulla mezza età.
    Ma poi ho capito tutto.
    Questo rapidamente si spoglia.
    E’ incredibile la scena.
    Sotto l’abito indossava uno sopra l’altro
    almeno tre giubbetti jeans e tre paia di
    Pantaloni dello stesso tipo.
    Li piega tutto contento e li ripone nella
    Borsa.
    Poi rivolto al finestrino in direzione dell’ultima
    fermata del treno appena passata, fa un gesto con le braccia
    anche questo “internazionale” del tipo andatetevene a fare li
    dove il fondo schiena cambia nome.
    Risata collettiva.
    Il viaggio prosegue tranquillo ma terribilmente lungo
    fino a Belgrado.
    Li si arriva in tarda serata.
    Scendo giù e cerco di informarmi sul treno per Bucarest.
    Ma è tutto scritto in serbo croato.
    Caratteri cirillici per me assolutamente indecifrabili come i
    geroglifici egiziani.
    Finalmente intravedo un Ufficio Informazioni.
    Qui parlando un poco in Inglese, Italiano e perfino siciliano,
    apprendo dopo un faticosissima conversazione che di treni ber
    Bucarest c’è ne solo uno al giorno.
    Io non mi aspettavo che fosse come Roma Milano, ma almeno
    qualcuno in più, questo si !
    E non parte neppure dalla stazione centrale dove mi trovavo, ma
    da una stazione secondaria della città.
    Mi scrivo l’indecifrabile nome della stazione.
    Mi guardo intorno.
    Come arrivarci ?
    Prendere gli autobus sarebbe pura follia.
    Vedo un taxi fermo.
    Mostro al conducente il nome della stazione.
    Lui lo legge e mi fa un gesto tipo, monta su che ti ci porto.
    Per strada mi chiede di dove sono.
    Italian ?...
    Si.
    Effettivamente era abbastanza distante.
    Dall’altra parte proprio della città.
    Se avessi pensato di andarci con i “mezzi” penso
    che ci avrei impiegato “appena” una settimana.
    Mi ferma proprio davanti alla porta.
    Me la indica con la mano.
    Tipo, “Sta lì”.
    Grazie !
    Rispondo.
    Prendo il portafoglio e gli allungo un bigliettone di
    “nuovi dinari” la loro moneta.
    Lui la prende al volo.
    Mi fa capire a gesti che gli ho dato di più del costo
    della corsa.
    Io gli dico un “il resto mancia” in modo internazionalmente
    comprensibile.
    Lui mi ringrazia con tanto di ossequi poi rimonta su
    e riparte a razzo.
    Entro dentro.
    Mi sembrava una stazioncina tipo Far West, dei film
    di Sergio Leone.

    Fine parte prima.
     
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    Parte seconda

    Proprio una catapecchia.
    C’è una sorta di sala di attesa completamente vuota.
    Guardo un tabellone orario attaccato al muro.
    Decifrando laboriosamente individuo il mio treno.
    Bucarest Express.
    Leggo un 19 e 05.
    Guardo l’orologio.
    Erano già le 23 passate.
    Toccava soggiornare oltre un intero giorno in quel posto !.
    Poi sono vinto dalla stanchezza.
    Andarmi a cercare a quell’ora un albergo era impresa inutile.
    Non conoscendo i posti.
    Per cui mi sdraio su di una bella panchina e mi assopisco.
    Improvvisamente mi sento battere sulla testa.
    Apro gli occhi di scatto.
    Un massiccio Poliziotto con un manganello in mano.
    Mi guarda severissimo.
    Solito cappello azzurro con una vistosa stessa rossa nel mezzo dello stesso.
    Comincia a blaterarmi in quella lingua che neppure il traduttore
    Universale di Star Trek, penso, sarebbe riuscito a tradurre.
    Calma, calma !
    Gli dico alzandomi e rimettendomi in sesto.
    Lui sentendomi si ferma.
    Italian ?
    Mi chiede.
    Si, Yes, Ja, Uoi !.
    Gli rispondo, pensando che su quattro lingue almeno una la capisse.
    Passaport !
    Mi intima puntandomi il manganello.
    E’ stai calmo, che sono pure un tuo collega !
    E insieme al passaporto tiro fuori il tesserino di riconoscimento
    che era all’epoca ancora di colore verde.
    Presto da sottufficiale sarebbe diventato azzurro.
    Lui prende il passaporto e lo apre.
    Prende contemporaneamente il tesserino.
    Vedo che confronta molto attentamente
    le due fotografie ed i dati riportati sui documenti.
    Collega !.
    Urla alla fine.
    E ripone il manganello.
    Bucarest ! devo andare a Bucarest !
    Gli dico indicando il tabellone orario.
    Lui mi indica il treno che io avevo già individuato sul tabellone.
    Sutra Collega!..., Sutra !
    Mi ripete più volte.
    Poi ho capito che Sutra voleva dire “domani”.
    Mi fa cenno di seguirlo.
    Mi porta nel loro Ufficio.
    Apre una stanzetta con un comodo lettino e me lo indica.
    Mi dice un qualcosa che mi suona come
    “Qui sicuramente starai più comodo”.
    Il riposo mi ci voleva proprio.
    Effettivamente ero a “tre tubi”, la sera prima.
    Il collega slavo la mattina mi sveglia.
    Stavolta lo fa delicatamente senza sbattermi il
    manganello in testa.
    Mi fa capire a gesti internazionale che lui smonta
    da servizio.
    Mi indica il bagno per darmi una rinfrescata, poi mi
    saluta e se ne va.
    Ci abbracciamo e lo ringrazio tantissimo.
    La mattina la passo cercando di esplorare la zona.
    Tanto il treno e stasera alle sette.
    Pensavo.
    Poi intravedo due ragazzi di cui uno a tra le mani
    una busta con su scritto “prima passa alla Upim”.
    Questi due puzzano di compaesani.
    Penso subito.
    Siete Italiani ?
    Chiedo loro andandogli incontro.
    Non proprio.
    Mi dice uno di loro.
    Mi chiamo Pedro, sono Boliviano ma studio all’Università
    di Padova.
    Lui, e mi indica il suo compagno, si chiama Riccardo.
    E’ Cileno ma dopo il colpo di stato è fuggito via dal suo
    Paese e da anni vive a Bucarest.
    Riccardo mi stringe la mano.
    Ci sediamo.
    Pedro poi apre la busta.
    Prende un panino e fa per mangiarselo.
    Poi mi guarda e mi chiede se voglio favorire.
    Mi sono ricordato che non mangiavo chissà da quante ore.
    Infatti mi sentivo non un buco ma una “voragine” dentro la pancia.
    Volentieri !
    Rispondo.
    Prende un barattolo di trippa in scatola e me lo porge.
    Non avevo mai mangiato trippa in vita mia.
    Mi faceva nausea.
    Ma quel barattolo l’ho divorato in trenta secondi.
    Anzi c’è mancato poco che mi mangiassi pure
    il barattolo.
    Mi sento un po’ meglio.
    Pensavo dopo aver finito.
    Il tempo in loro compagnia trascorre veloce.
    Gli dico di essere un poliziotto.
    Riccardo appresa la cosa mi guarda con sospetto.
    “Bravo Poliziotto !”
    Gli dico.
    Lui si rasserena in viso.
    Riccardo parla solo spagnolo.
    Pedro si preoccupa di tradurmi le sue parole.
    Mi racconta del colpo di stato in Cile.
    Lui era un attivista politico.
    La Polizia lo cercava per arrestarlo.
    Mi racconta delle drammatiche persecuzioni.
    Le persone arrestate la notte.
    Le persone scomparse nel nulla.
    Lui era riuscito a fuggire miracolosamente.
    Poi si era rifugiato in Europa a Bucarest.
    Li studiava cibernetica all’università.
    Aveva conosciuto Pedro durante il suo viaggio in Italia.
    Ed adesso Pedro gli ricambiava la visita
    Andando ospite da lui a Bucarest.
    Finalmente arrivano le ore diciannove.
    Il Bucarest Express fa la sua comparsa in stazione.
    Saliamo e prendiamo posto.
    La Romania ha uno scartamento ferroviario
    ridotto.
    Per questo motivo ha una linea tutta sua.
    Per questo motivo si parte da questa stazione di Belgrado
    Mi spiega Riccardo con traduzione simultanea di Pedro.
    Prendiamo posto.
    Arrivano altri compagni di viaggio.
    Un ragazzo ed una ragazza, accompagnati da un altro ragazzo.
    Si presentano, sono Francesi.
    La coppia sono fidanzatini, il terzo è un loro amico.
    Quest’ultimo è nato in Italia e capisce perfettamente l’Italiano.
    però non lo sa parlare.
    Per cui mi fa da interprete con la coppia.
    Arrivano altri due ragazzi.
    Uno è Belga, l’altro è Fiammingo.
    Il Belga capisce il francese, l’altro invece parla solo
    Fiammingo.
    Scompartimento ultra internazionale !
    Mi scappa di dire.
    La conversazione avveniva nel seguente modo.
    Io raccontavo una barzelletta.
    Pedro la traduceva in spagnolo a Riccardo.
    Il Francese che capiva l’italiano ma non lo parlava
    la traduceva alla coppia dei suoi connazionali.
    Il ragazzo francese poi la traduceva al Belga
    E questi a sua volta la traduceva al Fiammingo, che rideva dopo ben cinque
    minuti dalla fine della storiella.
    Intanto il treno parte.
    Sul treno siamo tutti stranieri.
    Un treno che va in Romania che non ha Rumeni a bordo.
    Penso.
    Negri, arabi e tutti con vistosi zaini o sacchi pieni di
    vestiario per lo più roba in jeans.
    Questi appena arriviamo alla frontiera so già che fine faranno !
    Penso ridendo.
    Guardo un negrone grosso grosso che è dritto proprio
    affacciato al finestrino di fronte al nostro scompartimento.
    Sembrava proprio un “bronzo di Riace”.
    Congo ex Belga !
    Mi scappa di dire guardandolo.
    Il ragazzo Belga scoppia a ridere stavolta senza bisogno di nessuna
    traduzione.
    Passiamo Novi Sad.
    La frontiera si avvicina.
    Appare una ragazza con a tracollo un borsone.
    Cambiavalute !
    Dice Riccardo.
    Cosa ?
    Gli chiedo.
    In Romania è obbligatorio per entrare fare un cambio
    dell’equivalente di 10 dollari in Leu per ogni giorno che dichiari
    di restarvi.
    E devi restarci minimo 4 giorni.
    Ti viene rilasciata una ricevuta che si chiama appunto
    ricevuta di cambio, che devi esibire alla frontiera
    quando decidi di andar via.
    Traduzione impeccabile di Pedro.
    La ragazza entra e si siede.
    Comincia con i ragazzi francesi.
    Si esprime loro sfoggiando un ottimo francese.
    Poi prende i soldi, li mette nella borsa e rilascia loro la ricevuta.
    Quindi passa a Pedro.
    Anche qui sfoggia un impeccabile spagnolo.
    L’italiano lo saprà ?
    Mi scappa di dire.
    Aspetta che ora vengo da te !
    Mi dice lei girandosi verso di me.
    Lo sa !
    Concludo.
    Riccardo per ovvi motivi, essendo residente, è esentato.
    Arriva il mio turno.
    Caccio fuori un biglietto da 100 mila lire.
    Lei mi guarda sorpresa.
    Non hai altri tagli ?
    Perché le chiedo.
    Perché le 100 mila non le posso accettare.
    Come mai ?
    Sono disposizioni della vostra Banca d’ Italia !
    Mi risponde lei decisa.
    Accidenti !
    Mi sbatto la mano in fronte.
    Le norme anti riciclaggio !!.
    E che diamine.
    Avevo con me solo pezzi da 100 mila lire.
    Lei allarga le braccia.
    Non credo che il controllore ti apporrà il visto d’ingresso.
    Mi dispiace.
    E si congeda da noi.
    Tutta questa strada per tornarsene indietro.
    Mi scappa pure una bestemmia.
    Riccardo mi sente.
    Si alza.
    Esce fuori.
    Il controllore era lo scompartimento prima del nostro.
    Lo chiama.
    Poi lo avvicina e comincia a parlare con lui.
    Vedo che nel discorso indica me.
    Il controllore scuote la testa come per dire, no !
    Non lo posso fare.
    Lui se lo prende a braccetto.
    Minuti e minuti di dialogo accorato.
    Alla fine il controllore abbassa la testa.
    Come a dire, e Vabbè !.
    Riccardo ritorna.
    Ti apporrà il visto d’ingresso, ma per
    un solo giorno !.
    Domani mattina la prima cosa che devi fare
    e cercarti un Italiano e farti spezzare quelle 100 mila
    lire, poi vai all’Ufficio Turistico e fai il cambio.
    Se no te ne dovrai andare via.
    Non so come ringraziarti.
    Gli dico.
    Intanto passiamo la frontiera.
    Come previsto mezzo treno viene fatto scendere giù
    Compresi i sacchi e gli zaini.
    Niente merce !
    Urlano dei poliziotti mentre se li portano via.
    Il treno riparte.
    Timisoara è vicinissima.
    Comincio a prepararmi la mia roba.
    Saluto tutti ed esco.
    Riccardo mi guarda ed esce anche lui.
    Ci abbracciamo.
    Vedrai che il Cile un giorno tornerà un paese libero, amigo !
    Gli dico.
    Lui ha le lacrime agli occhi.
    Hasta la victoria siempre Comandante Che !
    Ed alza il pugno chiuso.
    Adios amigo y suerte !
    Mi dice infine.
    E si ! Amigo.
    Di fortuna penso che ne avrò proprio tanto di bisogno.
    Gli rispondo.
    Il treno comincia a rallentare, sta entrando
    In stazione.
    Mi giro per un ultimo saluto.
    Scendo dal treno.
    C’è il deserto totale e del resto è “appena”
    Mezzanotte e mezza, penso.
    Faccio subito la scoperta che la stazione è lontana
    dal centro.
    Arrivarci a piedi è impensabile.
    Esco fuori sul piazzale.
    Buio di mezzanotte nel vero senso della parola e anche
    qui deserto del Sahara.
    Cerco con lo sguardo di trovare parcato qualche taxi.
    Macchè, Nada.
    Mentre penso il da farsi, vedo due grossi fari in avvicinamento
    che squarciano le tenebre.
    Un autocarro si ferma proprio davanti a me.
    Straniero ?
    Mi chiede aprendo la porta.
    Italiano !
    Rispondo.
    Italiano ?
    Bine !
    Dove devi andare ?...
    Mi chiede in perfetto italiano.
    Hotel Intercontinental.
    Saltà su, che ti ci porto io.
    Non me lo faccio ripetere due volte.
    Mi racconta per strada che lui fa l’autotrasportatore
    e che per lavoro viene spesso in Italia.
    specie a Milano e Torino.
    Dopo una decina di minuti, mi ferma proprio davanti alla porta.
    dell’albergo.
    Gli chiedo se gli devo qualcosa.
    Lui mi fa segno di no con la testa e alza la mano per salutarmi.
    Grazie mille, amico !.
    Detto questo riparte a tutta birra.
    Mi faccio coraggio apro la porta ed entro.
    Mi accorgo subito che la Hall è praticamente in mano
    italiana.
    Un gruppetto di italiani chiassosi infatti fanno comunella
    seduti con davanti una bottiglia di whisky ed i bicchieri belli pieni.
    Uno di loro lo vedo al banco dell’accettazione che fa “il filo”
    Ad una bella ragazza recezioniera.
    Mi notano subito.
    Uno si alza e mi viene incontro.
    Italiano ?
    Si.
    Dove hai parcheggiato la tua auto ?
    Mi chiede.
    Auto ?
    No, sono venuto con il treno !.
    Ehi ragazzi ?
    Udite udite….C’è uno che è venuto con il treno !
    Scoppia una risata collettiva.
    Beh ma io non sapevo che…
    Quanto anni hai ?
    Mi chiede uno che porgendomi la mano mi dice di
    chiamarsi Paolo e di essere di Roma.
    22 !.
    Rispondo io secco.
    Allora ti capisco, ragazzo.
    Lui era sulla trentina avanzata.
    Mi riempe un bicchiere di whisky e me lo porge.
    Benvenuto nel nostro club esclusivo !
    Mi siedo con loro.
    Vengono un po’ da tutte le parti d’Italia.
    Napoli, Pistoia, non manca nessuna regione.
    Cosa sei venuto a fare qui ?
    Mi chiede Paolo.
    Gli spiego l’appuntamento che mi ha dato Valentina.
    Lui mi guarda serio.
    Ma dici sul serio o scherzi ?
    Mi chiede secco.
    Dico sul serio !.
    Anzi scusami, vado a chiedere se lei è già arrivata.
    Vai.
    Mi risponde lui, con uno guardo però molto perplesso.
    Chiedo alla recezioniera se c’è alloggiata l’amica mia.
    Nu este. (non c’è)
    Risposta secca.
    Ma se non ha neppure guardato sul registro ?!...
    Ribatto.
    Nu Este !
    Non insisto e ritorno da Paolo.
    Lui allarga le braccia, tipo, io ti avevo avvisato.
    Ma non lo sai quanto stanno incasinati qui ?
    Mi dice a volo.
    In che senso, Paolo ?
    Non possono incontrare gli stranieri, se non per motivi di “pelo”
    Di che Paolo ?
    Di Pelo, “scopare” insomma, incassare soldi, fare valuta !.
    Mi gratto la testa perplesso.
    Mi ricordo a volo del cambio.
    Avete 100 mila lire da cambiarmi ?
    Loro si guardano tutti tra di loro.
    Sento solo No, ne tengo, e altri no.
    Ed io come cazzo faccio adesso ?
    Stai tranquillo ragazzo.
    Tu domani scendi giù e siediti a fare colazione.
    Ci sono quelli che cambiano in “nero”.
    Ed io come li faccio a trovarli, Paolo ?
    Tu non devi cercare nessuno.
    Saranno loro a cercare te.
    Tranquillo.
    Adesso prenditi una camera e vatti a riposare.
    In effetti ero stanco morto.
    Tanto per cambiare.
    Mi sveglio di buon ora, nonostante tutto.
    Penso a quello che mi aveva detto Paolo.
    No !
    Penso tra di me.
    Lei la conosco bene da come mi scrive.
    Non è tipa del genere.
    Me ne sarei accorto, sono o non sono uno sbirro ?!.
    Può darsi che abbia avuto solo un contrattempo, verrà qui, ne sono sicuro.
    Scendo giù nella Hall.
    Passo dalla recezione a chiedere novità.
    Nu Este !
    Risposta secca.
    Pazienza, penso e mi dirigo alla sala bar.
    Di italiani stamattina non c’è traccia.
    Del resto, se la notte la fanno giorno, è normalissima la cosa.
    Saranno tutti a ronfare.
    La notte “leoni”, la mattina “coglioni”.
    Prendo posto nella sala.
    Mi portano una brodaglia nera che loro osano chiamare “caffè”.
    Rimpiango di cuore il nostro benedettissimo “espresso”.
    Arrivano due ragazzotti e chiedono se possono prendere posto.
    Afferro il senso della loro richiesta in Rumeno.
    E’ una lingua latina, si afferra il senso delle parole.
    Io da ex liceo classico di latino ne avevo fatto indigestione.
    Ma prego accomodatevi pure !
    Gli dico.
    Italiano ?
    Mi chiede uno di loro.
    Anche.
    Siccome sono Siciliano.
    Siciliano ?
    Mafioso !.
    Mi dice ridendo uno di loro.
    Quando gli dico che sono tutt’altro e che anzi sono un poliziotto,
    loro restano increduli.
    Così giovane e già sei un poliziotto ?
    Mi chiede uno di loro.
    Caccio fuori il tesserino e lo esibisco.
    Dopo le presentazioni, cominciamo a chiacchierare in italiano.
    Resto sorpreso di quanto fosse parlata la nostra lingua in quel posto.
    Del resto la radio trasmetteva in sottofondo solo canzoni Italiane.
    Lucio battisti su tutti.
    Uno di loro che si presenta come Stephan o Stefano che dir
    si voglia, mi parla dei suoi progetti.
    Vorrebbe partire per l’Australia, mi dice.
    Inevitabilmente finiamo per parlare di politica, Russi, Americani,
    guerra fredda e cose orbitanti in tale ottica.
    Improvvisamente Stefano si mette le mani in bocca.
    Zitto, Zitto !
    Sicurezza, Sicurezza.
    Io resto attonito e faccio per continuare la conversazione
    Ma qui mica stiamo parlando di segreti militari e….
    ZITTO !
    Mi torna a dire deciso.
    Mi indica due che sono appena entrati.
    Faccia da mastino napoletano.
    Che sono birri gli si legge in fronte anche se vestono in borghese.
    Si fanno un giro e se ne vanno via.
    Ma qui siete proprio inguaiati !.
    Mi scappa di dire.
    Ecco perché me ne voglio andare via.
    Nu libertate aiccia. !(Non c’è libertà qui !)
    Mi dice tristemente Stefano.
    Me ne sono accorto !.
    Rispondo.
    Intanto si avvicina un altro giovane che avevo notato seduto li vicino.
    Da un po’ mi guardava ed aveva capito che ero uno straniero.
    Cambiare soldi ?
    Mi chiede.
    Proprio a te cercavo !
    La mia risposta.
    Mi alzo, saluto i miei due compagni di tavolo e vado con lui.
    Gli spiego il mio problema.
    L’Italiano lo capisce bene e lo parla anche un po’ stentato ma lo parla.
    Mi dice di chiamarsi Ion.
    Dare a me le 100 lire.
    Io fare cambio in dollari.
    Non so se fidarmi di lui.
    Ma dopo che i miei compaesani mi avevano mandato la notte prima
    Diplomaticamente e gentilmente a quel paese, per non dire cosa più volgare,
    mi rifiuto di credere infatti che nessuno di loro avesse da cambiarmi i soldi ,
    non ho purtroppo altra scelta.
    Mi devo per forza di cose fidarmi di lui.
    La faccia c’è la giusta, non mi sembra mariolo.
    Tiro fuori il biglietto da 100 mila e glielo do.
    Io tornare tra poco.
    Mi dice.
    Tu aspettare qui !
    Passano dei minuti che per me però sono delle ore.
    Mi ha fregato, pensavo.
    Questo chissà dove cazzo è andato, che minchione che sono stato !.
    Ma invece lo vedo di ritorno.
    Mi porge l’equivalente di 100 mila in dollaroni belli verdi.
    Prendo un bigliettone e glielo porgo.
    Tieni, te lo sei guadagnato, amico !
    Lui fa un gesto di rifiuto, io insisto.
    Se lo mette in tasca.
    Una è fatta !.
    Penso.
    Mi sai indicare il più vicino Ufficio per il Turismo ?
    Gli chiedo.
    Lui mi guarda ci pensa un attimo e poi mi fa cenno di si con la testa.
    Tu seguire me.
    Mi ci porta.
    Finalmente ne esco con in tasca la fatidica ricevuta di schimb,
    come la chiamano loro.
    Non ero più un clandestino.
    Ion mi guarda e mi vede contento come una pasqua.
    Seguire me.
    Mi dice.
    Ti faccio visitare la città.
    Molto volentieri amico.
    Tanto qui non ho proprio un cazzo da fare !.
    Timisoara o Timisciura come si pronuncia è una bella città.
    Palazzi stile impero asburgico.
    Ricordo che questa parte della Romania faceva infatti parte dell’Impero
    Austro Ungarico.
    Quello che mi colpisce camminando per strada sono dei ritratti o
    meglio delle gigantesco grafie di un tipo che sorride.
    Traiasca (Viva) Necolaue !, Traiasca Pardidul comunista Roman !
    E poi bandiere rosse e della Romania appese da tutte le parti.
    Chi minchia è quello li ?
    Chiedo a Ion indicando una delle tante giganto grafie.
    Nicolino, il presidente nostro !.
    Mi risponde.
    Deve essere un tipo molto modesto.
    E tutte queste bandiere a che pro ?
    Gli chiedo ancora.
    Qui il 23 agosto este festa mazionala.
    Mi risponde lui.
    Che festa è Ion ?
    Come dire, ci pensa un attimo, come vostra festa di liberazione.
    Liberazione ?
    E da che cosa vi hanno liberato di grazia.
    Non comprendere….
    Fa niente Ion, la mia era solo una battuta.
    Mi viene un idea.
    Ion, posiamo vedere se l’amica che aspetto ha il telefono a casa sua ?
    Lui capisce subito.
    Venire con me.
    Entriamo in una sorta di posto telefonico pubblico.
    Lui prende il foglietto che gli porgo dove c’è scritto l’indirizzo
    di Valentina.
    Moreni…dipartimento Dimbovita, bine.
    Prende uno dei tanti elenchi telefonici e comincia
    a sfogliarlo.
    Non avere telefono !
    Mi dice.
    Però aspettare…e si dirige verso una operatrice telefonica presente.
    Lo vedo confabulare un po’ con lei.
    Stasera qualcuno di loro verrà a rispondere qui al telefono.
    Ho detto di fare avviso telefonico a famiglia di amica tua.
    Alle ore 18,00 dobbiamo essere qui.
    Ion ?
    Sei un grande !.
    Gli dico.
    Torno in albergo.
    Mi accorgo di avere un po’ di fame.
    Dopo la solita risposta alla mia domanda alla recezione
    Nu este !
    Faccio rotta verso la sala ristorante.
    Qui trovo tutta la combriccola italiana al gran completo.
    Sono seduti intenti a banchettare alla grande.
    Tavola bandita da ogni tipo di pregiata libagione.
    Champagne e vino a fiumi.
    Camerieri in elegantissima livrea che li servono con vassoio e guanti bianchi.
    Sedute con loro vedo anche qualche ragazzotta indigena locale.
    Deve essere qualche puttanella che avranno trovato per strada.
    Penso.
    Mi sembrava una scena da Satyricon di Federico Fellini.
    Ma guarda questi qui.
    In Italia saranno dei pezzenti morti di fame.
    E qui fanno gli americani !.
    Poi se vengono fin qui a trovarsi le puttane, vuol, dire che in Italia
    non se lo possono permettere, siccome la fica li costa troppo cara.
    Mi fanno solo schifo.
    Ehi ?
    Mi grida uno di loro vedendomi.
    Amico siciliano, viene qui, aggiungiti a noi !
    No grazie.
    Rispondo.
    Oggi mi va di mangiare molto leggero !.
    Detto questo prendo posto da solo in un tavolo appartato.
    Spalle al muro ed in modo tale da poter dominare tutta la sala con lo sguardo.
    Da bravo sbirro che sono.
    Leggo il menù.
    Che minchia sono tutte queste schifezze ?
    Pensavo leggendolo.
    Niente pasta asciutta, nada.
    Viene il cameriere, dopo qualche indugio mi colpisce una parola ivi scritta.
    Friptura !
    Gli dico.
    Bine !
    Lui l’annota e se ne va.
    Scopro che è una sorta di cotoletta alla milanese.
    Non sarà il massimo ma è accettabilissima e commestibile.
    Alle 17 e 30 puntuale arriva Ion.
    Andare !
    Mi dice.
    Usciti fuori noto l’amico di Pistoia che esibisce la sua Ferrari rossa
    fiammante ad un gruppetto di Romeni che la guardano sbigottiti.
    Sa quante cambiali avrà fatto per comprarsela, penso.
    Ma questo non glielo dirà a quei poveracci.
    Che fanatico !.
    Seguo Ion e ci dirigiamo verso il posto telefonico pubblico.
    Entrati dentro ci sediamo.
    Adesso sarà il momento della verità, penso tra di me.
    Ore 18,00 il telefono suona.
    La centralinista chiama Ion, lui va subito a rispondere.
    Macchè !
    Vedo Ion rifopoggiare la cornetta.
    Caduta linea !
    Mi dice allargando le mani.
    Certo che qui le linee telefoniche sono proprio a carbone” !
    Mi scappa di dire.
    Ion si rimette a sedere, aspettiamo.
    Lui era diventato ormai il mio alter ego del posto.
    Preferivo di gran lunga la sua compagnia a quella dei depravati puttanieri
    dei miei connazionali.
    Gli avevo fatto cambiare tutti i pezzi di cento mila che avevo.
    Tanto, qui sono solo carta igienica.
    Avevo pensato.
    Così avevo il portafogli pieno di dollari sonanti.
    Gli avevo come al solito mollato il bigliettone di mancia.
    Lui se lo era intascato tutto contento.
    Il dollaro poi aveva un grande vantaggio sulla lira.
    Veniva cambiato ad un valore 5 volte maggiore.
    Potevo comprarmi mezza Romania se solo lo volevo.
    In tanto risuona il telefono.
    La centralinista fa un cenno a Ion di rispondere.
    Lui si rialza e prende la cornetta.
    Stavolta lo vedo parlare.
    E lo fa tutto agitato.
    Intanto mi sento chiamare alle spalle.
    Sei Italiano ?
    Mi chiede un signore.
    Si.
    Io sono Romeno, ma sono nato in Italia.
    Mi fa piacere conoscerla.
    Gli rispondo.
    Intanto Ion ha riattaccato.
    Mi fa cenno che vorrebbe spiegarmi tutto
    Ma non trova le parole con il suo italiano stentato.
    Il Romeno che si era presentato prima, lo guarda.
    Dici pure a me in Roamanescu poi i dirò a lui in italiano.
    Gli dice in un Romeno di cui afferro il senso.
    Ion non se lo fa ripetere due volte.
    Ha risposto al telefono sua madre.
    Mi dice traducendo.
    Gli ha detto che sua figlia è li che ti aspetta.
    Anzi è stata li sino ad ieri.
    Ma visto che tu non arrivavi è ripartita per tornare a casa.
    Sentendo queste parole, comincio ad agitarmi.
    Grazie amico.
    Rispondo al signore, salutandolo.
    Poi faccio un cenno a Ion.
    Ora tu seguire me.
    Torno a passi veloci verso l’albergo.
    Intanto adesso so almeno che Valentina esiste realmente.
    Non era sta una invenzione di fantasia.
    Quello che mi aveva scritto era tutto vero.
    Arrivati all’albergo mi fermo e guardo Ion.
    Io lo abbraccio.
    Grazie di tutto amico.
    Addio e buona fortuna, io penso che tra breve ripartirò.
    Buona fortuna anche per te.
    Mi risponde lui.
    Ero arrivato sino a qui, pensavo.
    Non posso tornarmene indietro a mani vuote.
    Andrò io a cercarla, dovessi scendere giù fino all’inferno !
    Guardo Ion allontanarsi.
    Mi giro apro la porta ed entro dentro.
    Faccio rotta verso il banco della recezione con passo deciso.
    Guarda caso c’è la stessa ragazza che c’era la notte del mio arrivo.
    Mi pongo davanti a lei con lo sguardo davvero truce.
    Nun Este una minchia !.
    Le urlo.
    Apri subito il registro degli alloggiati e fammelo vedere !
    Per un attimo pensavo di essere ancora alla Squadra Mobile di Genova
    e che stessi controllando uno dei tanti sgangherati alberghi del suo angiporto.
    Lei si fa bianca in volto.
    Nou pteva..Nun poteva…. Dire te….
    Dice balbettando.
    Hasta este regula nostra ! (Questa è la nostra legge)
    Ma che leggi del cazzo avete qui ??!!
    Le urlo, e faccio per alzare la mano con intenzione tutt’altro che pacifica.
    Ma mi sento cinturare alle spalle.
    Calmati ragazzo !.
    Mi giro, era Paolo.
    Calmarmi un cazzo Paolo !
    Lei era qui e questa bagascia mi mentiva, capisci adesso ?
    Ho detto di calmarti ragazzo !!
    Mi urla stavolta lui.
    Vuoi farti arrestare ?
    Guarda che qui lo fanno per molto di meno !.
    Non puoi dare la colpa a lei.
    Loro hanno questi ordini, non poteva fare diversamente.
    Tu mi hai detto che sei un poliziotto, un militare.
    Bene che cosa ti succederebbe se tu non eseguissi un ordine che ti è stato
    impartito ?:
    Detto questo mi porge un bicchiere bello pieno di whisky.
    Toh !
    Manda giù questo, vedrai che ti farà bene.
    Lo mando giù tutto di un fiato.
    Fa effetto subito, me lo sento già in testa.
    Aveva ragione lui.
    Mi giro verso la ragazza.
    Mi scusi signora.
    Le dico.
    Lei vedo che ha le lacrime agli occhi.
    Facciamo così.
    Per farti perdonare dimmi a che ora parte il primo treno per Bucarest.
    Lei prende un registro e lo consulta.
    Tra due ore este tren per Bucaresti.
    Mi dice.
    Bene, preparami il conto e chiamami un taxi.
    Le dico infine.
    Che hai intenzione di fare ?
    Mi chiede Paolo.
    La vado a cercare.
    Ragazzo ?
    Te l’ho detto, tu devi essere tutto suonato in testa !
    Forse hai ragione Paolo.
    Ma Ciccio quando si mette in testa una cosa la deve fare a tutti i costi.
    Mi stringe la mano.
    Allora auguri ragazzo.
    Tu sei davvero innamorato cotto !.
    Gira le spalle e va via, probabilmente a caccia
    di mignotte pensavo.
    Ma io ho ben altri programmi.
    E salgo velocemente le scale che portano alla mia camera.

    Fine parte seconda
     
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    Parte terza

    Entro in camera.
    Prendo i miei borsoni.
    Richiudo la porta, tiro fuori la chiave.
    Mi fermo e guardo il corridoio.
    Lei era stata qui, nel mio stesso albergo, quello
    dove mi aveva dato appuntamento.
    Va bene.
    Erano cinque piani.
    Ma possibile che io non me ne sia accorto di lei ?
    Ci penso un poco.
    D’accordo, qui ci sono stato poco è niente.
    Ma la sua foto c’è l’avevo stampata dentro la mia testa.
    Possibile che nei momenti in cui sono stato seduto giù
    Nella Hall non l’abbia mai vista ?
    Aspetta Ciccio.
    Una volta ho visto passare una ragazza bionda vestita con
    una lunga veste blu.
    Blu come i suoi occhi.
    Era lei e non me ne sono accorto ?
    Ma no, dico forse anche per “auto convincermi”
    a fronte dei tanti “Nu Este” che mi dicevano giù,
    io sapevo che lei non era li, per cui non davo importanza.
    Poi di presenza non l’ho ancora e dico ancora siccome
    ho ferma intenzione di farlo, anche se devo affrontare
    tutta la polizia segreta del posto, non potevo esserne certo.
    Poi penso ancora.
    Sicuramente lei come facevo io, chiedeva di me giù.
    E le dicevano il rituale “Nu Este !”
    Che bastardissimi carognoni.
    Ma Paolo aveva ragione.
    Se solo qui sgarrano agli ordini, li faranno solo “sparire.”
    Desaparedidos, e penso a Riccardo.
    Amico Cileno, qui tra una dittatura fascista ed una comunista
    Mi sa che di differenza non c’è ne sia affatto.
    Signore,
    Lascia la camera ?
    Era uno delle pulizie.
    Mi riporta alla realtà.
    Si, amico.
    Scendo giù di corsa.
    Alla Hall vado dalla ragazza dell’accettazione.
    Hai preparato il conto ?
    Le chiedo.
    Da, io preparare.
    Me lo porge rigorosamente piegato.
    Lo guardo, caccio fuori i soldi e pago.
    Poi le porgo un bigliettino verde.
    Tieni, questo è per scusarmi con te.
    Lei vorrebbe solo baciarmi, lo vedo dai suoi occhi.
    Ma io guardando la porta esterna vedo il taxi fermo.
    La revedere !
    Le dico andandomene.
    Esco fuori di corsa.
    Una avvenente tassista mi aspetta fuori dall’auto.
    Unde volere Mergere ?
    (Dove vuole andare ?)
    Mi chiede.
    Mergi alla Gara !
    (Vai alla Stazione !)
    Lei mi fa cenno salta su.
    Con una corsa rocambolesca alla Riccardo Patrese
    ci arriviamo.
    Il Treno arriva puntuale.
    Salgo su e prendo posto.
    Trovo nello stesso, una bellissima ragazza bionda, capelli lunghi
    sciolti con un bambino, ed una signora più anziana.
    Il treno parte.
    Dopo un po’, mi prendo di coraggio e chiedo.
    Come si fa ad arrivare a Moreni ?
    Italiano ?
    Mi chiede subito la ragazza.
    Da. (Si)
    Rispondo.
    Lei mi sorride.
    Io conosco puzino (pochino) di Italiano.
    Tu scendi a Titu, domani mattina.
    Este stazione dopo Craiova, dove mergo (Vado) io.
    Li essere treno per Moreni.
    Grazie mille.
    Una notte di viaggio quindi, sana sana.
    Altro po’ di tempo.
    Come ti chiami ?
    Mi chiede lei.
    Franco, ma gli amici mi chiamano Gianfranco ed i colleghi Ciccio.
    E tu, come vuoi essere chiamato ?
    Mi chiede lei.
    Con uno di questi nomi che piace di più a chi lo fa !
    Lei si mette a ridere.
    Mi piace Franco !
    Chiamami allora così.
    E tu, come ti chiami ?
    Io mi chiamo Nicoleta e lui e mi indica il bambino Tiberiu.
    E’ tuo figlio ?
    Nu, este figlio di mia sorella.
    Mi accendo una sigaretta.
    Lei mi guarda con uno sguardo davvero fisso, mi mette
    in imbarazzo mi squadra sano sano.
    L’Ispettore all’epoca era davvero un figazzo, ho postato
    la foto del tempo pochi post fa.
    Hai sigaretta da darmi ?
    Mi chiede.
    Prendi .
    E le do un intero pacchetto di Kent che tiro fuori dal borsone.
    Le Kent avevo scoperto che erano le sigarette In della Romania.
    Si trovavano però solo carissime per loro al mercato nero.
    Este tuto pentru mine ?
    (E’ tutto per me ?)
    Da, si.
    Prendilo pure.
    Mulzumesck !
    (Grazie)
    Poco dopo lei si alza,
    Si accerta che il bimbo dorme.
    Dopo si siede accanto a me.
    Non so se sia stata lei a cominciare o io.
    Sinceramente no lo so, sapendo di mentire spudoratamente.
    fatto sta che tutto quello che è successo dopo
    lo ometto siccome è rigorosissimamente vietatissimo
    ai minori di anni 18 che qui sono tanti.
    Nottata indimenticabilissima.
    Un attimo di relax per entrambi.
    Il treno continua la sua corsa.
    Lei guarda il bimbo che dorme come un angioletto.
    La signora anziana “apparentemente” dorme pure.
    Dico così siccome m accorgo che ogni tanto sbircia
    maldestramente da un occhio.
    Però se ne sta buona e tranquilla.
    Do uno sguardo dal finestrino
    Stiamo attraversando non un fiume, ma un oceano.
    Che fiume è ?
    Le chiedo.
    Turnu Severin, Este Danav !
    (Turnu Severin, è una città)
    E’ il Danubio.
    Mazza che roba.
    Il Po al confronto mi sembra un ruscelletto.
    Ci mettiamo cinque minuti a transitare per il ponte.
    Ci rimettiamo distesi.
    Lei torna a guardarmi.
    Come al solito dopo i soliti sguardi rituali attorno,
    mi riallunga la mano e la mette su di me.
    Ho capito.
    Le dico sussurrando.
    Giochiamoci il “secondo tempo”.
    Tran, Tran, Tran, Tran, Tran…
    IL treno corre attraverso le tenebre.
    Alla fine siamo davvero stremati entrambi.
    Comincia ad albeggiare.
    Il cielo si rischiara.
    Non ci saranno i tempi supplementari !
    Mi scappa di dire.
    Il bimbo infatti comincia a stiracchiarsi.
    L‘occhio maldestro della anzianotta adesso si apre più
    vistosamente.
    Dopo dieci minuti a riprendere fiato, mi alzo e prendo la borsa.
    Prendo il necessario per darmi una robusta sciacquata ed anche
    un paio di …slip di ricambio.
    Per ovvi motivi.
    Anche lei si rimette in ordine.
    Craiova si avvicina.
    Niente più “reclame” mi sussurra lei.
    Abbasso la testa come a dirle di si.
    Lei sistema il bimbo.
    Il treno ferma, Craiova.
    Lei saluta prende il bimbo e scende.
    Prossima stazione este Titu.
    Mi dice.
    Una ora come tempo.
    Il treno riparte.
    La signora anziana adesso è ben sveglia.
    Stanotte l’Italiano non ha dormito !
    Dice tutto d’un tratto.
    Figlia di cagna !.
    Lo sapevo che faceva finta di dormire, penso.
    Non è stata cola mia !
    Ribatto subito alzando le mani.
    Lei mi guarda seria.
    Tu avere incoraggiato lei.
    Lei hai dato le sigarette !.
    Ma scusi Domniza, (signora) ma qui basta
    davvero così per poco per fottere ?...
    Da, da. (si, si)
    Ma poi tu anche piacere a lei.
    Risponde stavolta ridendo.
    Beh !.
    Mi consolo allora.
    Pensavo che fossero state solo sigarette.
    Ciccio ha pure il suo charme !.
    Tieni, mangiare.
    Mi porge del cibo.
    Evidentemente mi aveva visto tutto pallido in viso e stremato.
    Effettivamente quella “vampirazza” mi aveva succhiato davvero
    tutte le mie energie vitali.
    Mangio avidamente.
    Poi, mi distendo.
    Pensavo ai miei paesani.
    Ora capivo il motivo per cui
    dallo stivale si riversavano in massa
    da queste parti.
    Badate che tra di loro avevo visto anche
    Gente sposata.
    Imbogliavano alle mogli che erano in viaggio d’affari !
    E che affari, li possino ammazzà.
    Qui per ficcare evidentemente basta davvero
    molto poco.
    Bella presenza, ma anche discreta o solo accettabile, via.
    Un pacchetto di sigarette Kent e le tasche
    piene di biglietti verdi.
    E vai tranquillo.
    Basta solo schioccare le dita ed è fatta.
    Intanto il treno comincia a rallentare.
    Titu si avvicina.
    Prendo i miei borsoni.
    La revedere Domniza.
    Le dico uscendo e stringendole la mano.
    Multumesck de tut !
    (Arrivederci signora
    E grazie di tutto !)
    Ormai stavo cominciando a masticare la loro lingua.
    Lei ricambia volentieri.
    Il treno sta entrando in stazione ed io sono
    alla porta pronto a scendere.
    Il treno ferma.
    Scendo giù, borsoni al seguito.
    Mi guardo attorno.
    Vedo una immensa pianura, smisurata alla vista.
    La steppa !.
    Penso.
    Poi entro dentro la stazione.
    Faccio rotta alla biglietteria.
    Mi guardo attorno.
    Gente vestita alla buona, molto semplice, molto povera.
    Alla parete noto l’immancabile gigantesco ritratto
    di quello che loro chiamano semplicemente “Nicolino”.
    Traiasca Presidente Nostru !
    ( Viva il Nostro Presidente)
    Traiasca Partidul !
    ( Evviva il Partito !)
    Le solite bandiere rosse accoppiate a quella Romena.
    Vorrei un biglietto per Moreni.
    Chiedo.
    Turistul ? (Turista ?)
    Minchia ma qui ti fanno l’interrogatorio pure se chiedi un biglietto !
    Si.
    Rispondo.
    Primera o secundera classa ?
    ( Prima o seconda clase ?)
    Primera !
    Tanto me la posso permettere.
    A che ora è il primo treno ?
    Tra una ora este tren.
    (Tra un ora c’è un treno).
    Grazie.
    Pago e mi allontano.
    Beh, il tempo c’è l’ho.
    Pensavo.
    Esco fuori è noto un locale con su scritto
    “ Hoteli si Coffetteria.”
    ( Albergo e Caffetteria )
    Beh, un buon caffè è quello che ci vuole.
    Detto questo entro dentro e mi siedo.
    Infatti qui i bar non sono come da noi dove si entra per lo più
    si fa una rapida consumazione al banco e poi si va via.
    Sono per lo più associati ad un albergo, non esiste il bar singolo come locale.
    Qui ci siede, si sorseggia la bevanda per almeno mezz’ora.
    Spunez. ( Mi dica )
    Mi chiede un tale che dovrebbe essere il cameriere.
    Un caffè.
    E vedi di farlo fare buono !
    Gli dico allungandogli un biglietto da un Leu.
    Multumesck ! (Grazie)
    Arriva Immediat.
    ( Arriva subito)
    Mentre sorseggio la solida brodaglia nera che tutto sa
    tranne che di caffè, mi assalgono i pensieri.
    No. io non sono venuto qui a fare caccia grossa femminile.
    Quello che è successo stanotte è stato solo un caso capitatomi.
    Sono venuto qui per uno scopo ben preciso.
    Per cui devo ritornare subito in quest’ottica.
    Adesso so che Valentina esiste, la devo trovare, la devo trovare !.
    Questa e solo questa deve essere la mia meta.
    Coraggio tre quarti d’ala, corri, corri che la linea di meta è ormai vicina.
    Hai scavalcato tutte le seconde linee, hai dribblato zig zagando tutte le terze linee,
    penso alle peripezie subite sino a quel momento, adesso il campo davanti è libero.
    corri, corri e tuffati schiacciando per terra la palla ovale oltre la linea, corri !
    Mi dico caricandomi sfoderando vecchi ricordi da ex Rugbista.
    Vado al treno.
    Beh, treno per modo di dire.
    La Motrice è una sorta di gigantesco trattore.
    Ad esso sono attaccati quattro sgangheratissimi vagoni.
    Le porte sono aperte e lo resteranno pure quando sarà in movimento.
    Qui si viaggia così.
    Serve a sopperire la mancanza di aria condizionata, penso.
    Che lusso !
    Il primo vagone ha un bel 1° , alias prima classe.
    Da noi equivarrebbe alla ex terza classe, penso tra di me.
    Prendo posto, poso la mia roba e poi mi affaccio al finestrino.
    Scorgo una colonna di militari in arrivo.
    Sono tutti dei ragazzini.
    Belli sbarbati, facce pulite, mitragliatore Kalashnikov a tracolla.
    E questa sarebbe la terribile armata rossa che dovrebbe invaderci ?
    Pensavo.
    Più che da una caserma, sembrano essere scappati via dalla scuola materna.
    Il loro superiore urla un ordine.
    Loro si fermano.
    Poi gridano..
    Traiasca Patria Nostra !
    ( Evviva la nostra Patria )
    Poi a due a due salgono sull’ultimo vagone del convoglio.
    Il treno parte.
    Va ad una velocità che se scendessi giù e andrei a piedi farei prima.
    Ma non so la strada, quindi mi conviene stare qui, concludo sorridendo.
    Tickettu ?
    (biglietto ?)
    Mi chiede un tipo massiccio vestito da controllore ma dall’aspetto
    di un gorilla.
    Glielo porgo.
    Lui lo controlla e mi guarda fisso.
    Stranierul ?
    (Sei straniero ?)
    Si, sono Italiano.
    Passaportul !
    Mi intima deciso.
    Lo prendo e glielo do.
    Verbeste Romanesti ?
    (Parli Romeno ?)
    No, ma lo capisco un po’
    Hasta nu este zona turistica !
    Zona turistica sint Brasciov, Sinaia, i Carpatii, Bucuresti.
    Hasta este zona industriala e militara !
    (Questa non una zona turistica.
    Sono zone turistiche Brazov, Sinaia, i Carpatti, Bucarest.
    Questa è una zona industriale e militare !)
    Minchia !
    Pensavo.
    Sono finito proprio nella “tana del lupo”.
    Ecco del perché di tutti quei soldati.
    E questo più che controllore è uno sbirrazzo visto il terzo
    grado che mi sta a fare !
    Vede, io amo visitare i luoghi “alternativi”.
    Quelli conosciuti non mi attirano.
    Lui mi guarda tutto serio.
    Perché c’è forse qualche legge che lo vieta ?
    Lui ci pensa un po’ su.
    Nu, Nu este regula chi interzisa hasta !.
    (No, non c’è una legge che lo vieta !.)
    E mi pare pure giusto.
    Vorrà dire che una “nticchia” (poco) di democrazia esiste pure qui.
    Questa ultima solo la penso ma per ovvi motivi non la dico.
    Lui mi restituisce il passaporto.
    Poi mi saluta ed esce fuori.
    Tiro un respiro di sollievo grande quando una casa.
    Minchia !
    Ma qui si rischia ad ogni passo di finire in qualche “Gulag”.
    Mi scappa di dire, tanto sono tutto da solo.
    Intanto pur lentamente il treno procede verso Moreni.
    Guardo attraverso il finestrino il paesaggio.
    Adesso è cambiato.
    Non più pianura.
    Collina, e tanto verde.
    Molti alberi.
    Tante pompe di petrolio che pompano a pieno regime.
    Lo si capisce dalla stantuffo in alto che va su e giù.
    Avevo visto cose del genere quando da piccolo ero stato
    a Ragusa e Gela, in gita con i miei genitori.
    Li c’erano pompe che tiravano su il petrolio proprio
    sulla spiaggia se non addirittura in mezzo al mare.
    Ricordavo.
    Ma vedo anche tante installazioni industriali.
    Infatti ad ogni fermata, ma mi chiedo c’è bisogno che
    fermi questo trabiccolo di treno visto la velocità con cui cammina,
    scendono dei gruppi di soldati e ne salgono altri.
    Evidentemente si danno il cambio per la sorveglianza
    degli impianti.
    Tutti ragazzini e ragazzi come me.
    Stella rossa in mezzo al cappellino che portano.
    Mi chiedo come mai l’essere umano pensa sempre
    a scannarsi con il proprio simile.
    Questi sono ragazzi come me, ma sarebbero i nostri potenziali nemici.
    Bah !
    Cerco di non pensarci.
    Ma vista la zona, mi conviene stare attento.
    Se a Timisciuara bastava poco per farsi arrestare,
    qui mi sa che basta poco per andare internati in Siberia.
    A rompere il ghiaccio e dare da mangiare pesce agli
    orsi bianchi.
    E per tutto il resto della propria vita.
    Questo sembra il treno che porta alla stazione di Tucson.
    Magari all’arrivo mi accoglierà lo sceriffo Wyatt Earp
    Con la colt in pugno che mi dirà:
    “Straniero ?
    Hai 12 ore di tempo per lasciare la città.
    Se no diverrai cibo per i vermi ! “
    Forse ho visto troppi film americani, penso.
    Moreni è il capolinea di questa lumaca di treno.
    La linea di meta è a tiro, tre quarti d’ala.
    Coraggio, trovati le tue ultime energie.
    Dico per farmi coraggio, sono stremato nel fisico.
    In effetti comincia a rallentare più di quanto sia già
    lento da se.
    Entra in una stazione che sembra proprio da C’era una
    Volta il West del grande Sergio Leone.
    Moreni.
    Leggo in uno scalcinato cartello laterale.
    Mi alzo, prendo i miei borsoni e mi avvio alla porta
    d’uscita.
    Rigorosamente già spalancata.
    Ma certo penso.
    A questa velocità, uno per cascare giù deve essere
    proprio ubriaco fradicio.
    Apposta camminano così.
    Il treno ferma, per modo di dire.
    Scendo giù.
    Non c’è lo sceriffo ad aspettarmi.
    Ma il paesaggio che vedo è proprio da Tucson.
    Mi scapperebbe di dire,
    “A che ora è il primo treno per Yuma ? “
    Ma ricordo perché cosa sono li.
    Esco fuori.
    Tolgo dalla tasca il figlio con l’indirizzo di Valentina.
    Dove caspita sarà questo posto ?
    Mi chiedo.
    Non posso perdere tempo.
    Anche perchè sono stanco morto.
    Vedo un ragazzo davanti.
    Mi avvicino a lui.
    Scusami, sapresti dirmi come si fa a raggiungere questo posto ?
    Lui mi guarda.
    Stranierul ? (Straniero ?)
    Si, sono Italiano.
    Legge l’indirizzo, Schela mare….
    Da, da.
    Valentina…
    Famiglia Bosoi.
    Conoscere loro !.
    Mi risponde.
    Poi mi guarda.
    Studente ?
    Si, anche.
    Gli rispondo.
    Io capire allora.
    Mergere cu mine.
    ( Vieni con me. )
    Mi porta ad una fermata di autobus.
    Mi fa cenno di salire su con lui.
    Lo faccio.
    Beh, facciamo almeno cinque chilometri di strada.
    Paesaggio sempre collinare, più in salita ancora, però.
    Vedo sempre tra il verde che domina, pozzi di petrolio
    che pompano a tutto regime.
    Alla fine della corsa scendiamo.
    Prendo la mia roba e lo seguo.
    Va diritto in fondo alla strada sterrata..
    Si ferma davanti ad un cancelletto di una villetta.
    Este aiccia !
    (Sta qui !)
    Lo apre ed entra.
    Una signora ci viene incontro.
    Attraversa un ben curato giardino.
    Più che giardino mi sa di orto.
    Ci sono fiori ma anche piante di pomodori ed altri ortaggi.
    Il ragazzo che mi accompagna si avvicina a lei.
    Io resto dietro.
    Li vedo scambiarsi delle battute verbali.
    Poi alla fine delle stesse sento la signora urlare.
    Valentina !
    Valentina !!!!!
    Vino aiccia !!
    Este Gianni !
    (Valentina !
    Valentina !!
    Vieni qui.
    C’è Gianni !)
    Passa solo qualche secondo.
    La ragazza della foto che mi aveva spedito e che adesso riconosco bene
    esce correndo dalla porta di casa.
    Mi salta letteralmente addosso.
    Mi bacia tutto quanto.
    A me cascano i borsoni per terra.
     
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    Parte quarta

    Entro dentro casa sua.
    Lei mi è attaccata sempre addosso.
    E’ una casa molto semplice la sua.
    Ma tenuta molto bene.
    Ordinata, molto pulita, tappeti per terra che coprono tutta la stanza.
    Arredamento molto sobrio, ma di buon gusto.
    La Sedere Gianni.
    Mi dice sua madre.
    Lei si chiama Elena, este madre mia.
    Mi dice lei.
    Piacere signora.
    Serra muna !
    (Baciamo le mani)
    Come si dice anche qui da noi in Sicilia , noto.
    Somiglia molto alla figlia.
    Ha anche lei gli occhi azzurri come lei.
    Sebbene abbia una certa età, denota una sua bellezza.
    Ma non tanto fisica.
    Bellezza di animo.
    E’ gente molto semplice questa.
    Ma sono davvero molto gentili, sensibili.
    Glielo si legge nei loro occhi.
    La nostra ipocrisia non la conoscono molto.
    Papà mio non este più tra noi.
    Mi dispiace moltissimo questo.
    Le dico.
    Non me lo aveva mai scritto.
    Non approfondisco la cosa.
    Me ne parlerà di lui, solo se lo vorrà fare, penso.
    L’amico che ci ha accompagnato dopo essere stato
    servito da Elena di un buon bicchiere abbondante di Suika,
    (Grappa locale) si alza saluta e se ne va via.
    Io guardo lei, lei guarda me.
    E’ stato più facile andare sulla luna che trovare te.
    Le dico ridendo.
    Lei mi guarda adesso più seria.
    Pensavo tu fossi solo frutto di mia fantasia !
    Ma Gianni…
    Tu sei…?
    Eccomi qui, carissima mia.
    Sono io, in carne ossa è tutto il resto !
    A Hoteli in Timisciura chiedevo se c’eri.
    Mi dicevano, Nu Este !
    Capire tu ?
    Eccome !
    La stessa cosa dicevano anche a me.
    Italieni sai come sono.
    Dire loro a me.
    Loro di donne Rumenesche interessa solo una cosa sola.
    Questo dicevano a me in Hoteli.
    Vedi, non si sbagliavano però di molto su questo.
    Le dico.
    Lei mi guarda sconcertata.
    Ma noi ci siamo scritti e tu sai che io non appartengo
    a questa categoria.
    Lei adesso sorride.
    Come essere tu arrivato sino a qui ?
    Ti dirò, ho studiato geografia !
    Lei adesso ride di cuore.
    Ma tu sai ?
    Ti ha portato qui segretario del partito !
    Chi ?
    Ragazo che accompagnare te.
    Este segretariul partide local.
    Dela giovanil de pardid !
    (Il ragazzo che ti ha accompagnato qui,
    è il segretario locale del partito.
    Della giovanile del partito. )
    Ora che mi dice questo, penso che quel tipo non stava forse
    li per puro caso.
    Ma non gli dico nulla.
    Entra un ragazzo
    Salud ! (salve)
    Dice.
    Lei si alza.
    Giani ?
    Este Ion.
    Mio fratelo !
    Se clama Giovanni come te.
    Ion ?
    Este arrivato Gianni !
    Gli dice.
    Giani ?
    Fantastic !
    Risponde lui.
    Mi alzo e gli vado incontro.
    Lo abbraccio.
    Poi ci rimettiamo a sedere a tavola.
    Elena mi guarda.
    Giani , vulez mungat ?
    (Vuoi mangiare Gianni ?)
    Mi ricordavo che come al solito non mangiavo da quando
    la signora sul treno mi aveva dato del cibo.
    Quando faccio dei tour de force del genere dimentico che devo mangiare.
    Se ne ricorda però il mio stomaco che protesta energicamente.
    E’ in quel caso cominciava a farlo minacciando persino lo sciopero.
    Si Elena, si.
    Rispondo.
    In un baleno la tavola si apparecchia.
    Mangio con gusto.
    Roba genuina dell’orto del giardino.
    La si sente al gusto.
    Alla fine lei mi guarda.
    Giani, Tu essere stanco, vero ?
    Un po’ si.
    Le rispondo.
    Lei mi fa cenno di seguirla.
    Hasta (Questa) è stanza mia.
    Tu dormire qui.
    Poi mi saluta e scompare.
    Io mi butto nel letto.
    Tre quarti d’ala ?
    Mi chiedo.
    La tua corsa è finita.
    Hai schiacciato la palla ovale dietro la linea di meta.
    Bravo !
    Se ti vedesse Nino Alberti sarebbe fiero di te.
    Nino era il nostro Trainer dell’Amatori Duilia di Rugby.
    Lui mi gridava in piedi accanto alla panchina, Corri, Ciccio Corri !
    I pensieri affollano la mia stanchissima mente.
    Lei è davvero la ragazza che pensavo che fosse dalle sue lettere.
    Non mi sembra vera la cosa, non mi sembra vera.
    Ma sono davvero stremato, non c’è la faccio davvero più.
    solo qualche secondo e dormo, così profondamente che neppure se avessero
    buttato li vicino una “atomica”, mi sarei svegliato.
    Almeno questo…..pensavo !
    Dunque.
    Le prossime righe sono non dico sconsigliate,
    ma Vietate ai minori di anni 18.
    Non so se stessi sognando o meno.
    Ma mi sento una mano che mi accarezza dolcemente.
    Mia madre non può essere, penso.
    Si trova a migliaia di chilometri di distanza da dove sono adesso.
    Lei era solita mentre dormivo venire nella mia stanzetta
    ad accarezzarmi la testa.
    Pure quando ero già bello grande e grosso.
    Mia madre.
    Quanti giorni sono che non le do mie notizie ?
    Boh !
    Mi darà disperso in zona di guerra.
    Pensavo nel sonno.
    Allora a differenza di oggi, le comunicazioni erano
    difficilissime.
    Grossi telefoni a gettone targati Sip.
    Ne mettevi dentro un pungo ed appena prendevi
    la linea, se il telefono funzionava, scendevano tutti
    velocemente giù come l’acqua nello scarico del lavandino.
    Le avevo detto.
    Madre.
    Questo mese non verrò giù a casa.
    Perché Gianfranco, dove vai ?
    Mi aveva chiesto lei con voce ansiosa.
    In Romania !
    Dove…
    Ma figlio, sei pazzo ?
    Vai a trovare una che conosci solo per lettera !
    Appunto madre.
    La voglio conoscere di presenza.
    Figlio, stai attento.
    Li sono tutti comunisti !
    Lei era democristiana super cristiana.
    Poster dei fratelli Kennedy attaccato alla parete di casa.
    Io avevo nella mia stanza quello dello Che.
    Dove si fuma il sigaro, barba incolta e sguardo da guerriero.
    Le avevo impallato che fosse uno della Democrazia Cristiana.
    Un giovane emergente.
    Così si era convinta a lasciarmelo appeso.
    Madre, sto già attento tutti i giorni per il lavoro che faccio.
    Cosa vuoi che cambi.
    Ma non stai all’Ufficio Passaporti ?
    Mi chiede più ansiosa del solito.
    Mica le avevo detto che stavo alla Squadra Mobile a girare pistola in mano
    tra i tagliagole dell’angiporto di Genova.
    Non ci avrebbe dormito più la notte.
    All’epoca già soffriva di cardiopatia.
    Le avevo mentito spudoratamente che stavo all’Ufficio Passaporti.
    Cazzo.
    Mi ero tradito, devo rimediare alla svelta, penso.
    Madre, intendo dire che devo stare attento a compilare le pratiche.
    Sai se sbaglio mi cacciano via dal lavoro.
    Figlio mio, stai attento, stai attento, mi raccomando !
    Madre, stai tranquilla e salutami tanto papà.
    Tuo padre è al lavoro ma pensa sempre a te.
    Mi dice.
    E’ orgogliosissimo di te.
    Mio padre sapeva bene cosa facevo in realtà.
    Se hai bisogno, mi disse, salgo su io a darti una mano alla
    Mobile.
    Parlava da ex secondo capo di marina militare.
    Tranquillo padre.
    Me la cavo abbastanza.
    Stavo sognando ?
    Boh.
    La mano mi accarezza sempre.
    Apro gli occhi e mi giro.
    Lei è sul letto con me.
    Ecco perché i letti qui li fanno ad una piazza e mezzo !
    Concludo.
    Giani…
    Tu stanco ?
    Se vuoi io mergere (me ne vado) via.
    Non lo pensare nemmeno.
    E ricambio le sue carezze.
    Coraggio Ciccio, penso.
    Fai l’ultimo sforzo.
    Ci troviamo avvolti l’uno sull’altro.
    Ma non è come nel treno.
    Li diciamo è stata una ficcata d’istinto animalesco.
    Tipo io Tarzan tu Jane.
    Mancava solo l’urlo finale tra gli alberi della giungla.
    Che non è stato lanciato per ovvi motivi.
    Qui c’è passione, c’è sentimento.
    C’è amore tra di noi.
    La faccio con delicatezza.
    Quasi a non volerle fare del male.
    Sento il suo corpo caldo, anzi scottante.
    Sento il suo amore.
    Era proprio cotta di me.
    Beh, sapete, già all’epoca come scrittore ero un
    già un fuoriclasse.
    Le lettere che le scrivevo avevano davvero fatto colpo.
    Ehi.
    Poi non dimenticate che Ciccio aveva sempre il suo fascino !
    Dopo aver finito,
    Restiamo abbracciati nel silenzio.
    Poi lei mi guarda.
    Tu stanco.
    Io lasciare te dormire.
    Se vuoi puoi restare.
    Le dico.
    No, io andare.
    Mami este uscita a comprare cose.
    Giovanni pure.
    Io fare ordine in casa.
    Come vuoi tu.
    Mi bacia appassionatamente.
    Si alza, si riveste ed esce
    Facendomi un saluto.
    Pa ! (Ciao)
    Mi dice.
    Io mi pizzico per sapere se stia sognando o meno.
    Ahi !
    Mi sono fatto male.
    Sono sveglio !
    Ma mi rigiro sul letto mi metto un cuscino in testa
    E stavolta casco in un sonno da coma di terzo grado.
    Mi sveglio.
    Quanto tempo avrò dormito ?
    Mi chiedo tra di me.
    Ma mi ci voleva proprio questo riposo.
    Dopo tutte le peripezie passate.
    Una sorta di vera e propria Odissea.
    Ma Ulisse era arrivato alla sua meta ed aveva trovato
    Penelope.
    Ero contentissimo di lei.
    E’ una ragazza bella ed intelligente.
    Pensavo.
    Così come avevo capito da come mi scriveva.
    Nella mia breve vita, avevo avuto alcune ragazze belle.
    Ma erano però delle stupide.
    Questa era bella e pure intelligente.
    Roba rarissima da trovare, ed io l’avevo trovata.
    Beh, a dire il vero le ragazze brutte neppure le guardavo !.
    Ma loro guardavano me.
    Una volta una di queste aveva minacciato persino il suicidio.
    Ho dovuto tirare fuori un discorso alla Conte Mascetti, grande
    Ugo Tognazzi, in Amici Miei.
    Abito doppiopetto blu e discorso fatto molto serio.
    Lei aveva alla fine capito.
    Allora, mi disse, posso convivere con te ?
    Non aveva capito nulla !.
    Ma lascio perdere i vecchi ricordi.
    Mi alzo e vado in bagno.
    Mi do una solenne lavata.
    Poi esco e vado in cucina.
    Lei è intenta ancora a mettere ordine.
    E’ sempre da sola in casa.
    Ma vedendomi, viene subito accanto a me.
    Ci sediamo.
    Come ti è venuto in mente di scrivermi ?
    Le chiedo.
    Il tuo nome.
    Piacere me il tuo nome.
    Gianfranco Di Blasi, pensavo fossi nobile.
    Beh !
    In un certo senso lo sono.
    Solo di animo però.
    Mia amica Tatiana dire me.
    Ma non sai che è interziso (vietato) scrivere a stranieri ?
    A si ?
    Allora io scrivere a lui.
    La guardo.
    Perché non mi hai scritto che qui siete così incasinati ?
    Lei diventa seria.
    Due sono i motivi.
    Primo, este censura su posta.
    Loro legere tuto.
    Allora avranno letto tutte le cazzate che le ho scritto.
    Pensavo.
    Meno male che non ho scritto cose compromettenti.
    Però, allora sanno benissimo chi sono e che cosa faccio.
    Secondo.
    Continua lei.
    Se io dire te verità, tu qui non venire più.
    Questa è davvero più intelligente di quanto
    immaginavo.
    Penso.
    Le racconto le mie peripezie.
    Lei mi ascolta seria.
    Sai che tu non potere stare qui con me ?
    Mi dice seria.
    Ci mancava anche questa !
    E perché mai non posso stare qui a casa tua ?
    Este regula (legge) che interzise (vieta)
    Ospitare stranieri.
    Tu potere venire solo mangiare ma dormire poi
    In Hoteli. (albergo)
    Se ti metto in difficoltà, posso farlo subito.
    Dimmi un buon albergo e ci vado subito.
    Le dico.
    No Giani.
    Tu stare tranquillo.
    Moreni este piccola Orascia (città)
    Qui conoscere Politia.
    Loro amici.
    Lo voglio proprio sperare.
    Penso tra di me.
    Infatti dalla finestra vedo un panciuto poliziotto
    In bicicletta che si avvicina.
    Preciso !.
    Penso.
    Poggia la bici e bussa alla porta.
    Lei lo fa entrare.
    Non hanno perso certo tempo.
    Pensavo.
    Lui entra e si siede.
    Scambiano delle battute in Rumeno.
    Ma il tono mi sembra pacato.
    Tu essere Politia italiana ?
    Mi chiede d’un tratto.
    Si.
    Tiro fuori il tesserino e glielo porgo.
    Lui lo guarda.
    Bine !
    Dice ridandomelo.
    Poi parla di nuovo con lei.
    Lei mi traduce.
    Dire che noi stare qui in casa, non farsi
    vedere molto in giro.
    Tutto essere a posto, puoi stare qui !
    Grazie collega.
    Prendo un pacchetto di Kent e glielo do.
    Multumesk ! (Grazie)
    Mi dice lui.
    Poi si alza, mi stringe la mano, poi bacia la sua inchinandosi
    galantemente.
    Esce e se ne va via con la sua bici.
    Altra terribile terza linea dribblata !
    Mi scappa di dire.
    Lei mi guarda.
    Giani, non capire…?
    Nulla !
    Le rispondo.
    Vuoi caffè ?
    Si, magari !.
    Mi porge il caffè.
    Ormai mi stavo abituando a quella brodaglia.
    Ma questo almeno sa di caffè però.
    Este buno ?
    Mi chiede.
    Si, grazie, mi ci voleva proprio dopo la dormita
    Che ho fatto.
    Tu volere mergere la Bucaresti ?
    Mi chiede.
    Beh, visto che qui in giro non ci dobbiamo
    Fare vedere, penso proprio che dobbiamo cambiare aria.
    Divinazza (Domani)
    Mi dice.
    Mami ha parlato con signore che ci accompagna con mascina.
    Va benissimo per me.
    Poi andare a Brasov e Sinaia.
    Una cosa alla volte.
    Le dico.
    Cominciamo per ovvi motivi con la capitale.
    Così magari vedrò se posso telefonare a casa.
    Penso.
    Prima che mia madre si rivolga all’Interpol
    Per rintracciarmi.
    Dopo la cena mi alzo dalla tavola.
    Scorgo suo fratello intento a vedere il televisore.
    Un vecchio televisore, bianco e nero a valvole.
    La Tv trasmette film in lingua originale.
    Quindi qui o sai le lingue o non ci capisci una mazza
    Di quello che vedi.
    O meglio, ti guardi solo le figure.
    Mi siedo accanto a lui.
    Il film finisce.
    Telegiornale.
    Almeno questo è universale in tutte le lingue.
    Primeri da Ceasusescu.
    Tutto il telegiornale parla solo di lui, praticamente.
    Cosa ha fatto oggi, chi ha incontrato e così via.
    Ma questo qui vi rompe le palle anche in tivvù ?
    Gli chiedo.
    Lui penso capisca, siccome scoppia a ridere.
    Arriva lei.
    Come este televisor in Italia ?
    Mi chiede.
    A li da noi è a colori.
    Qui ancora non este, mi dice lei.
    Ho visto.
    Noi abbiamo il sistema a colori “Garibaldi.”
    Lei mi guarda strano.
    Garibaldi, Bianco Rosso e Verde !
    Mi scappa da ridere.
    Vuoi andare a dormire Giani ?
    Mi chiede.
    Beh, nonostante la dormita, mi sentivo ancora stanco.
    Si.
    Le rispondo.
    Quella notte come al solito si infiltra
    Nel mio letto.
    Quando tutti i suoi sono a dormire.
    Bella nottata.
    Indimenticabile.
    La mattina presto mi sveglio di soprassalto.
    Un frastuono viene dal di la della parete.
    Una radio a tutto volume.
    Vicino !
    Mi dice lei.
    Este in vacanza e fare festa.
    Lo possino ammazzare !
    Mi scappa di dire.
    Come promesso, il tempo di fare colazione
    E viene il suo amico con l’auto.
    Mergere per la Bucaresti.
    Mi dice.
    Dista circa 80 km.
    Ma non ci sono autostrade li.
    Passiamo per una grandissima raffineria.
    Ploiesti.
    Mi dice lei.
    Ricordavo che durante la seconda guerra mondiale era oggetto di continui bombardamenti aerei.
    Era il più grande rifornimento di petrolio delle forze dell’Asse.
    Bucarest è una città piacevole.
    Palazzi stile impero anche qui.
    Dove posso telefonare in Italia ?
    Le chiedo.
    Lei indugia, ma l’autista abbassa la testa.
    Portare io adesso li.
    Mi dice.
    Entro dentro il posto telefonico.
    Alzo la cornetta.
    Voglio parlare con Barcellona, Italia, Sicilia.
    Chiedo.
    Barcelona este in Espagna !.
    Mi dice una centralinista.
    E’ in Sicilia, provincia di Messina.
    Le ribatto.
    Este in Espagna.
    Mi insiste lei.
    Ma lo vuoi sapere meglio di me che ci abito ?
    Ribatto ancora.
    Mi stavo cominciando ad incazzare.
    Sento la linea cadere.
    Poi suona il telefono dall’altro lato della
    Cornetta.
    Centralino di Roma.
    Dite pure.
    Sento.
    Mi aveva scaricato a loro.
    Eh, adesso almeno tra di noi ci capiamo.
    Penso.
    Reitero la mia richiesta.
    Questi mi passano subito la chiamata.
    Avranno studiato geografia.
    Penso.
    Pronto ?
    Madre !
    Sono io.
    Gianfranco ?
    Ma dove sei finito !
    Pensavo fossi disperso in Libia.
    Ma sei vivo o sei morto ?
    Madre, se ero morto non potrei parlare adesso con te !
    Intendo dire stai bene ?
    Si, madre sono a Bucarest.
    In mezzo ai comunisti mangiabambini.
    Tranquilla che non uccidono.
    Gianfranco ?
    Non scherzare sempre come fai di solito !
    Mi hai fatto stare davvero in pena.
    Ero preoccupatissima per te.
    Ho chiamato pure la Questura.
    Me lo immaginavo, pensavo.
    Quando ero partito per la Polizia non le avevo
    dato notizie per una settimana di fila.
    Da Nettuno, dove avevo fatto le visite, ero
    finito dritto a Trieste.
    Non che non la volessi chiamare.
    Ma c’erano per come detto solo telefoni a gettoni.
    Tutti guasti.
    Ed ai pochi che funzionavano c’erano file chilometriche.
    Mi ero messo in fila parecchie volte.
    Ma alla fine dopo ore di attesa mi giravano le palle e
    me ne andavo.
    Uno parlava per ore ed ore con la sua ragazza,
    Infilando gettoni su gettoni.
    Un altro gridava con qualcuno chissà che cosa.
    Niente da fare.
    Non si poteva comunicare.
    Lei era riuscita tramite il Commissariato di Barcellona
    a rintracciarmi.
    Suo figlio è alla Scuola di Trieste signora.
    Sta bene, gli aveva detto Pietro il Brigadiere che cercava sempre
    di fottermi quando ero studentello e facevo casino al collettivo studentesco.
    Ritorno in me.
    Madre ?
    Qui è difficilissimo telefonare.
    Solo per questo non l’ho potuto fare sino ad ora.
    Ma tutto è a posto, stai tranquilla.
    Come è andato il viaggio ?
    Mi chiede con l’ansia che esce fuori dalla cornetta del telefono.
    Benissimo, madre.
    Molto comodo, nessun problema.
    Sai che bei treni accoglienti che hanno i comunisti ?
    Altro che le nostre scassatissime ferrovie dello stato.
    Le dico incrociando le dita per la menzogna spudorata
    che le sto dicendo.
    Non potevo dirgli cosa avevo passato.
    L’avrebbero ricoverata subito per una crisi di malore acuto.
    Figlio ?
    Ma l’ahi trovata poi ??
    Certo madre !
    Sta qui con me adesso, se vuoi te la passo
    Abbasso la cornetta e le faccio cenno di avvinarsi.
    Mia madre ti vuole salutare.
    Le dico porgendogli la cornetta.
    Lei la prende.
    La sento parlare calma e sorridente con il suo italiano
    approssimato e con la sua voce dolcissima.
    Poi mi ridà la cornetta.
    Sento silenzio.
    Figlio ?
    Sento poi d’un tratto.
    Stai attento.
    Le femmine sono tutte pericolose !
    Madre ma dai?
    Ti sembra una pericolosa ?
    No, la voce c’è la bella.
    Ma apposta è pericolosa !
    Stattene tranquilla madre.
    Passami adesso a papà.
    C’è bisogno che vengo li a darti una mano ?
    Mi chiede subito.
    Lui conoscendomi che a mia madre imbrogliavo per ovvi motivi
    se sentiva che tutto era andato tranquillo, sapeva benissimo che era
    stato tutto l’esatto contrario.
    Padre no !
    La situazione è assolutamente sotto controllo adesso.
    Tranquillo.
    Lui sta un po’ zitto.
    Ne siamo sicuri ?
    Mi dice poi dopo la pausa.
    Sicurissimo padre.
    Stai attento ragazzo.
    Ti sei portato i preservativi ?
    Tranquillo padre.
    So quello che faccio.
    Come cazzo aveva capito che già me la ero ficcata ?!.
    Boh ?
    Pensavo.
    Poi ho pensato che è stato ex marinaio.
    Di porti ne aveva girato davvero tantissimi.
    Sapeva bene le cose come andavano in questi casi.
    Non dire nulla di questo alla mamma.
    Digli che parliamo solo di storia e di cose culturali.
    Lui si mette a ridere.
    Poi ritorna serio.
    Ma ti piace davvero figliolo ?
    Abbastanza padre.
    Tu sai cosa fare, ma pensaci bene e valuta attentamente la cosa.
    Mi hanno detto che li sono quasi tutte delle puttane.
    Padre ?
    Hai detto “Quasi” tutte.
    Non è il suo caso, tranquillo.
    Sai che essendo stato alla narcotici e buon costume le mignotte le conosco
    benissimo, solo a darle un rapido sguardo.
    Ma quando scenderò giù il prossimo mese
    ti spiegherò tutto con la calma.
    D’accordo, ti saluto adesso.
    Beh.
    La famiglia è stata tranquillizzata !
    Dico riponendo la cornetta.
    Possiamo andare le dico.
    Tu fame ?
    Mi chiede.
    Sai che qui a Bucuresti este pizzeria ?
    Ma non mi dire.
    Le rispondo.
    Da, da, este.
    Andiamoci subito allora !
    Pizza al Sangue !
    Alla Conte Dracula.
    Mi scappa da dire.
    Le di mette a ridere.
    Dracul si chiama Giani.
    Poi io raccontare te sua vera storia.
    Ne sono curiosissimo.
    Ma ora mergem ! (Andiamo)
    Beh, di pizza questa ha solo il nome.
    Pensavo.
    Come anche il caffè.
    Del resto stavo prendendo confidenza con il cibo locale.
    Salmare, è il loro piatto tradizionale.
    Una sorta di cozzagli avvolta in una foglia di non so
    che cosa.
    Periscuare, una brodaglia di minestre e carne a polpetta, ed altro
    Per digerilo ci vuole mezza bottiglia di Suika. (Grappa)
    Piatto nazionale.
    Poi carne tagliata alla Kit Carson, cioè alta due dita.
    Con una montagna di patatine come contorno.
    Questa andrebbe benissimo a Tex Willer.
    Ma non ha Ciccio.
    Pensavo.
    Se verrò ancora qui, mi porterò al seguito
    il seguente materiale.
    Caffettiera Moka con relativa confezione di caffè ;
    Scorta di pacchi di spaghetti tipo Barilla nr.5 -.
    Piacere a te ?
    Mi chiede lei improvvisamente.
    Ah si !
    Le rispondo destandomi dai miei pensieri.
    Davvero molto buona.
    Mento come al solito spudoratamente.
    Ma come si fa a dirle di no ?
    Pensavo.
    Ti ricordare ?
    Mi torna a dire.
    Io dire a te di Dracul.
    A già.
    Me lo avevi promesso di raccontarmi la storia.
    Dimmela pure.
    Dracul in nostra limba romanesca vule dire
    Diavolo.
    Era un re molto cattivo e feroce.
    Si chiamava Vad.
    Uccideva le persone impalandole.
    Doveva essere un tipo molto umano.
    Osservo.
    Per questo motivo popolo impaurito
    chiamare lui Dracul, diavolo appunto.
    Da qui nata leggenda del Contul Dracul. (Conte Dracula)
    Quindi non era un vampiro, così come dice la leggenda ?
    Nu este.
    Era persona molto cattiva.
    Bella questa storia.
    Le dico.
    Quando hai voglia me ne racconti un'altra.
    Lei mi sorride.
    Come mai una bella ragazza come te non ancora trovato
    compagnia ?
    Le chiede così all’improvviso.
    Lei diventa seria.
    Abbassa un po’ la testa ed arrossisce un po’.
    Beh, se non ti va non sei tenuta a rispondermi !
    Le dico subito.
    Tu bravo poliziotto.
    Mi dice lei.
    In che senso ?
    Le chiedo.
    Non costringere altri a rispondere con la forza !
    Ci mettiamo a ridere.
    No, io ti posso dire.
    Ho avuto una relaziona con un uomo più grande
    di me.
    Lui era già ingegnere.
    Si chiamava Nico.
    Poi lui si sposare un altra donna.
    Per me è stata cosa bruttissima.
    Ho sofferto molto.
    Me lo immagino.
    Scusami se te l’ho chiesto.
    Le dico ancora.
    No, figurati.
    Mi dice lei.
    Vedi due cose mi hanno fatto soffrire molto
    nella vita.
    Nico, è quando è morto papi.
    Ahi.
    Pensavo.
    Sapevo che prima o poi me ne avrebbe parlato.
    Lui era giovane aveva ancora 38 ani.
    E come è…scusami se te lo chiedo…successo ?
    Sempre se vuoi.
    Cancrul. (Cancro)
    Ho capito.
    Avere breve malattia.
    Provare tutte cure possibili, è andato anche da guaritori
    esoterici, stregonul, ma non c’è stato niente da fare.
    E’ morto una notte, este morto stringendomi le mani.
    La vedo piangere.
    Mi alzo e l’abbraccio.
    Ehi, andiamo su.
    Le dico per farle coraggio.
    Dai che stai facendo commuovere pure me.
    Lei parla singhiozzando.
    Scusare me, io non volere che tu sei triste.
    Ma figurati.
    Questo è stato anni fa.
    Io andare a liceul allora.
    Mami era rimasta sola e lavorare solo lei.
    Così io dopo Liceul, dovetti cercare lavoro.
    Aiutare famiglia, lei e Giovani.
    Volevo fare Universitate la Bucuresti.
    Facultate de filosofia.
    Avevo vinto esame ingressoul.
    Ma non potevo lasciare soli Mami e mio fratelo.
    Hai fatto una cosa davvero nobile.
    Le dico.
    Vedi Giani.
    Quando è morto papà a me sembrare che il mondo
    finire quel giorno.
    Nulla avere più importanza per me.
    La ragazza per essere ancora molto giovane ha sofferto davvero molto.
    Pensavo.
    Deve avere il cuore davvero gonfio ma molto forte.
    No.
    Devo comportarmi bene con lei.
    Se lo merita davvero.
    Usciamo ?
    Le dico alzandomi.
    Così cambiamo aria e pure discorsoi..tristi.
    Da, da, fa lei alzandosi a sua volta.
     
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    Parte quinta

    Fuori dal locale, troviamo il nostro
    autista.
    Noi lo avevamo invitato con noi.
    Lui aveva mangiato la pizza.
    Poi guardandoci aveva capito la nostra intimità.
    Io uscire fuori a fumare sigaretta.
    Ci aveva detto.
    Era un tipo molto educato e gentile.
    Tieni amico, fuma queste che sono migliori di quelle che hai te.
    Gli avevo detto dandogli il solito pacchetto di Kent.
    Ion me ne aveva comprato una stecca a Timisoara.
    Ed io fumavo anche all’epoca solo Ms.
    Mulzumesck ! (Grazie)
    Mi aveva detto con gli occhi che gli giravano per la felicità.
    E ne era scappato fuori lasciandoci da soli.
    Che figlio di cane che ero.
    Pensavo.
    Lui ci vede, mi sorride.
    Lei gli dice in Rumeno di andare proprio al centro.
    Facciamo un giro panoramico.
    Hasta este Hoteli Atene Palace.
    (Questo è l’albergo Atene Palas.
    Mi dice.
    Grande lusso, ma solo per stranierul.
    A noi este interziso. (vietato)
    Perché ?
    Le chiedo.
    Loro portare valuta, noi no.
    Lasciare posto solo a loro.
    Non siete neppure padroni a casa vostra !
    Le dico spontaneamente.
    Lei abbassa la testa.
    Hasta este situazia aiccia.
    ( E’ questa qui la situazione.)
    Non le dico più nulla.
    Arriviamo nel centro.
    Vedo un piccolo grattacielo che mi somiglia al
    Pirellone di Milano.
    Hasta este Hoteli Intercontinetal.
    Este hoteli di grandissimo lusso.
    Il migliore della capitala.
    (Questo è l’Interticonental Hotel.
    E’ di gran lusso.
    Il migliore della capitale. )
    Immagino che a voi sia vietato, le dico fumando la sigaretta tra i denti.
    Ms, chiaramente.
    Da !
    SiGiani.
    Non ci fare neppure entrare dentro.
    Davvero ?
    Le dico buttando la sigaretta fuori dal finestrino.
    Ferma !
    Gli dico all’autista.
    Lui lo fa, proprio davanti l’ingresso.
    Scendi.
    Che tu volere fare ?
    Giani…
    Cammina con me.
    Lei scende.
    Arriviamo alla porta d’ingresso.
    La stessa si apre automaticamente.
    Ah !
    Penso.
    Qui la tecnologia c’è l’hanno pure, ma solo dove gli conviene a loro.
    Entriamo dentro.
    Lei mi segue con lo sguardo smarrito, ma mi segue.
    Aveva ragione.
    Gran lusso, nulla da eccepire.
    Uno ci punta e ci viene incontro.
    Lo anticipo.
    Sono Italiano.
    Italianul ? ( E’ Italiano ? )
    Tiro fuori il passaporto e glielo faccio vedere.
    Ma solo la copertina.
    Se solo parla mezza parola di troppo, penso, lo stendo.
    Lui non dice nulla.
    Mi sembra che lo sia, se nel frattempo non mi hanno revocato
    la cittadinanza dico esibendolo come fa l’arbitro quando mostra il cartellino giallo.
    Bine, signore !
    Mi risponde.
    Spunez. (Mi dica)
    Mi può indicare il bar ?
    Grazie.
    Lui ci pensa su un attimo e guarda lei.
    E la signora ?
    La Signora sta con me !
    Ci sono problemi per caso ?
    Bine, Bine.
    No problema.
    Scusazi ! (Mi scusi)
    Segua me io accompagno voi al bar.
    Grazie ancora.
    Gli rispondo.
    Ci sediamo e ci prendiamo due bellissimi drink.
    Roba che li si sognano solo la notte.
    Io di drink ne capivo molto.
    Genova ne era una sorta di capitale di roba del genere.
    E mio zio era barista all’allora Bar Moderno
    di via XX Settembre.
    Non barista.
    Era un maestro del suo genere, era Messinese come me.
    Sei contenta di stare qui ?
    Le chiedo.
    Lei non è contenta e Natale Befana e Pasqua messe assieme.
    La gioia la gli si legge negli occhi.
    C’è perfino l’aria condizionata.
    Lei mi abbraccia e mi sta accanto.
    Si Giani.
    Io mai essere entrata aiccia. (qui)
    Este solo sogno per me e pentru (per) noi quello di fare questo.
    Un Poliziotto può entrare dove vuole.
    Gli dico io ridendo.
    Lei mi sorride.
    Tieniti pronta, adesso entreranno gli uomini
    della banda di Ala capone.
    Occhio.
    Io sparo a destra e tu a sinistra.
    Le dico ridendo.
    Lei si mette a ridere di cuore.
    Da da , io sparare.
    Il discorso triste della pizzeria, era morto e sepolto.
    Alla fine usciamo fuori.
    Ti è piaciuto stare in un piccolo tempio del capitalismo
    Che sorge in piena zona comunista ?
    Le chiedo.
    Lei mi si butta addosso e mi bacia.
    Giani ?
    Este stato fantastico !
    Mio sogno era entrare acolo. (la)
    Lo sai che non me ne ero accorto ?
    Le dico prendendola sotto braccio.
    L’autista ci aspettava come al solito fuori.
    Ha capito tutto anche lui.
    Mi guarda con la sua Kent in bocca che fuma
    come fuma il vulcano Etna.
    Mi fa un segno con la mano come a dire.
    Tutto bene amico.
    Lei non se ne accorge.
    Ha gli occhi solo per me.
    Riprendiamo il giro per la città
    Lei è una bravissima Cicerone.
    Mi spiega tutto quello che vediamo e con molta competenza.
    Hai mai pensato di fare la guida turistica ?
    Le chiedo.
    Perché chiedere questo a me ?
    Perché vedo che sei molto brava a farlo.
    Vedi Giani, mio sogno era quello di vivere qui nella capitala.
    Beh, non è detto che un giorno tu non lo possa fare.
    Le dico.
    No, Giani.
    Me lo dice guardandomi, tipo adesso ho altri programmi…
    Intanto arriviamo in una grandissima piazza.
    Vedo un palazzo gigantesco, tutto bianco.
    Cos’è ?
    Le chiedo.
    Quello essere palazzul di Nicolae Ceausescu.
    Este chiamata la”casa bianca” di Nicola.
    Tipo sempre più modesto.
    Osservo.
    E’ l’opera più imponente dopo la reggia di Versailles
    che abbia mai visto.
    Per costruire hasta, hanno demolito tutto il centro
    storico.
    Mi dice lei.
    Un po’ come a fatto Nerone con Roma.
    Le dico.
    Prima l’ha bruciata poi l’ha ricostruita come gli piaceva a lui.
    No Giani.
    Qui este stato terribile terremoto.
    Molte case crollare.
    Mi sa che questo terremoto l’ho fatto fare lui !.
    Lei si mette a ridere.
    Passa un auto della Polizia.
    Anche qui hanno la divisa azzurra ed auto color bianco celeste.
    Colleghi di volante per Bucarest !
    Mi scappa di dire.
    Quelli sono della Milizia.
    Cosa ?
    Milizia este Polizia normala.
    Loro buoni e bravi.
    Poi este Securitate, La Sicurezza.
    Polizia segreta politica.
    Loro molto cattivi.
    Ma sapranno certo di noi !
    Mi scappa di dirle.
    Da, loro sicuramente sapere.
    Loro vedi non andare in giro come Milizia.
    Loro chiamare persone da loro.
    Spiegati meglio.
    Chiamare mia vicina Jolanda e chiedere lei.
    Che face Valentina.
    Parla sempre con amicul (l’amico) Italiano ?
    Lei dire quasto a me, lei este mia buona amica
    E dire tutto sempre a me.
    Così loro fare con tutti.
    Loro non uscire da Ufficio, loro sapere tutto di tutti.
    solo stanno seduti dietro una tavolo.
    Cazzo !
    Ma qui ognuno praticamente è la spia dell’altro.
    Grande.
    Pensavo.
    Chissà perché diavolo ci stavano tollerando così ?
    Mi chiedevo, visto che sanno tutto di noi.
    Che cazzo avranno in mente di fare ?!!
    I miei colleghi Mareu, Marcello e Carmelo mi avevano detto.
    Franco, se alla data del tuo ritorno non ci sarai, formeremo una task force
    E ti verremo a cercare.
    Parti pure tranquillo che i tuoi amici e colleghi non ti abbonderanno mai !.
    Mi sa tanto che lo dovranno formare questo “commandos”.
    Pensavo avendo qualche brivido.
    Il viaggio di ritorno e tranquillo.
    Noi prendiamo posto dietro.
    Lei mi tiene sempre abbracciato e mi bacia continuamente.
    L’amico autista guarda dallo specchietto.
    Lo vedo sorridere.
    Gli faccio un cenno.
    Tipo, tu non vedi niente, chiaro ?
    Lui annuisce con il capo e ridacchia tra di se.
    Poi lei vinta dalla stanchezza, era un giorno che giravamo,
    si assopisce su di me, la sento dormire.
    Le accarezzo i suoi lunghi capelli biondi e la lascio stare.
    Ho avuto altre ragazze.
    Pensavo.
    Ma nessuna è stata come questa.
    Lei è molto diversa.
    Fisicamente la conosco solo da due giorni, ma sento qualcosa di forte
    dentro di me per lei.
    Una sensazione così non l’avevo mai provata prima.
    Mi ricordo che a casa portavo ogni volta una ragazza diversa.
    Tutte rigorosamente di bell’aspetto e fisico da mozzafiato.
    Ufficialmente per studiare ….
    Mia madre se le squadrava tutte.
    Dalla testa sino ai piedi.
    Figlio, mi diceva, ma perché ti chiudi
    la porta dello studio a chiave ?
    Madre.
    Io spiego e lei ascolta.
    Io quando spiego non voglio essere disturbato.
    Figlio.
    Ma perché io non ti sento però parlare ?
    Minchia !
    Pensavo, questa se ne sta con le orecchie attaccate
    dietro la porta.
    Qui tocca inventarsi qualcosa.
    Avevo nel mio studio l’impianto stereo Hi Fi.
    Prendo una cassetta al cromo, altissima fedeltà.
    Vi incido la mia voce che spiega.
    Un colpo Storia, un colpo Filosofia e così via.
    Così la prossima volta dopo aver chiuso come al solito la porta,
    prendo la cassetta e la inserisco.
    Faccio un cenno con la mano alla girl di turno
    di stare zitta.
    Poi schiaccio il bottone.
    Comincia a sentirsi la mia voce che spiega.
    Sembra davvero realissima la cosa se uno ascolta da dietro
    la porta, ne sono convinto di questo.
    Nel mio studio c’era anche un bel lettino.
    Lei capisce tutto e comincia a spogliarsi.
    Il resto lo ometto.
    Ma mia madre però non se la beveva molto la cosa.
    Figlio ?
    Tu non me la racconti giusta !.
    Veramente me lo aveva detto anche quando le avevo
    Impallato che stavo ai Passaporti.
    Figlio ?
    Ma ti permettono a stare in divisa con i capelli così lunghi e la barba
    tanto da sembrarmi nostro Signore Gesù ??
    Madre ?
    Ma perché stai sempre a sospettare di me !.
    Genova non è la Sicilia.
    Li la Polizia è davvero moderna, come la rivista che stampa !
    La macchina corre verso Moreni.
    La strada da Bucarest a Ploiesti è una superstrada
    a scorrimento veloce, con spartitraffico.
    Poi da Ploiesti si prende una deviazione
    Che va verso Targoviste.
    E da li si va anche a Moreni, il suo paese.
    Lei dorme sempre.
    Io continuo ad accarezzarla pensando ai miei ricordi.
    Quando mia madre vedeva per due volte di seguito
    una ragazza che le portavo a casa, la vedevo agitata.
    Gianfranco..
    Hai trovato finalmente quella giusta ?
    Madre non mi assillare !
    Gli rispondevo io.
    Mio padre era molto più pratico.
    Usa il preservativo !.
    Padre ?
    Stai tranquillo.
    Poi quell’anno mi aveva visto con i capelli corti.
    Figlio mio, ma perché adesso c’è li hai corti i capelli
    e non porti più la barba ?
    Mamma, sono alla Scuola Sottufficiali.
    Li si sta in ordine con la persona.
    E già.
    Nei vicoli dell’angiporto di Genova non potevi mica andarci
    vestito in divisa o come un fighetto all’ultima moda.
    Capelli alla disgraziata, barba truce, jeans, maglietta larga con pistola
    ben celata sotto la stessa.
    Squadra Mobile….
    La mia mente mi mandava in onda una scena.
    Dopo aver parcheggiato in Piazza Masala, come
    eravamo soliti fare, scendiamo giù.
    Siamo io Pino, il Brigadiere, e Sasà Gagliano.
    Entriamo dentro e camminiamo.
    Sasà, dice Pino.
    ‘O vedi o Bar ?
    ‘O vedo Pino.
    Gli risponde lui.
    Li hanno segnalato ‘o spaccio.
    L’esposto anonimo che ti a già passato o Dottore Valente ?
    Precisamente Sasà.
    Gli sento dire.
    Gagliano mi guarda.
    Momimovo. (Ora mi muovo)
    Così mi chiamavano loro.
    Io ero il più giovane.
    Non che loro fossero vecchi.
    Erano solo di alcuni anni più anziani.
    Ma avevano una grande esperienza del posto.
    E sapevano soprattutto come fare.
    Loro in genere mi mettevano di copertura
    alle azioni che facevano.
    Come se ancora non si fidassero di me, mi studiavano
    che tipo ero.
    Li sento parlarsi.
    Pino chi facimmo ?
    Sasà, entriamo !
    Gagliano mi guarda serio.
    Mo mi movo ?
    Stattinni accà tu.
    Guarda tutto ‘o vicolo.
    E statti accorto, mi raccomando a te !
    Guarda soprattutto a porta do’ bar.
    Stai tranquillo Salvatore.
    Gli rispondo.
    Loro vanno dentro.
    Io mi piazzo a distanza e mi defilo dietro un angolo.
    In modo però da poter vedere tutta la zona.
    E tengo d’occhio la porta d’ingresso del bar, così come ordinatomi.
    D’un tratto vedo uno che ne esce di corsa.
    Subito dietro a lui esce Gagliano e dietro di lui
    Pino.
    Corre verso la mia direzione.
    Io esco fuori dall’angolo dove mi ero defilato in osservazione.
    Allargo le gambe una leggermente più avanti, le braccia sciolte.
    Gagliano mi vede.
    Momimovo ??
    Fermalo !
    Fermalo !!!!!!!!!
    In quell’istante mi ricordavo una scena.
    Campo di Rugby.
    Un avversario ha la maglia diversa dalla mia ed il pallone
    ovale serrato tra le braccia.
    Io sono l’ultimo suo ostacolo, se passa se ne va in meta.
    L’Estremo è sbilanciato in avanti, le nostre terze linee sono in ritardo
    e lo inseguono subito dietro.
    Ma lui è solo, è solo ed io sono il suo ultimo ostacolo.
    Placcalo !
    Plaaaaaaaaaccalo Ciccio !
    Placcalo !!!!!!.
    Sentivo gridare Nino Alberti dalla panchina.
    In questi casi hai meno di un secondo per decidere che cosa fare.
    Ma non era finito il secondo.
    Ero già in aria dritto verso di lui in tuffo dritto
    alle sue gambe.
    Le mie mani si chiudono a cinturarle.
    Ci riesco.
    Lui vola per aria trascinandomi però con lui dietro di se.
    Roviniamo entrambi per terra.
    Non è terreno di campo sportivo, è asfalto duro.
    Lui si dimena, si gira e mi colpisce con un pugno.
    Sebbene riesca a scansarmi mi prende in pieno al collo.
    Nonostante d’istinto avevo tentato di evitare il colpo.
    Ma sento delle mani che mi spingono via.
    Era Gagliano che dopo avermi tirato via da lui con un balzo
    da gatto gli salta addosso proprio posizionandosi
    con le sue gambe che serra in mezzo alla sua testa.
    Come se suonasse un tamburo lo comincia a colpire di
    pugni in testa.
    Vedo il sangue schizzargli via dal naso.
    Basta Sasà !
    Basta !!!!.
    Gli urla Pino anche lui arrivato.
    ‘O voi per caso accidere ?
    Gagliano ferma l’ennesimo suo pugno serrato che stava
    sferrando.
    Pino, sto pezzi i cesso ci aveva fatto fessi !
    Pino gli mette le manette ai polsi.
    Iammo su, stattinni in piedi e lo tirano su di forza.
    Poi comincia a frugarlo.
    Dalle pieghe delle maniche della camicia escono
    fuori numerose bustine di droga pronte per la vendita.
    Ecco perché scappavi Animale !
    Gli grida Pino.
    Poi guarda me.
    Guagliò, tutto bene ?
    Io mi ero tirato su.
    I jeans strappati, le ginocchia sanguinanti.
    Dolore atroce al collo che mi tocco con la mano.
    Tutto bene Pino.
    Gli rispondo sapendo che non lo era affatto.
    E Bravo Momimovo !
    Anzi Momituffo, d’ora in poi ti chiameremmo così !
    Mi dice Gagliano.
    Gli guardo le mani.
    Le ha tutte spellate dai pugni che gli ha dato.
    Ma già scusà Pino.
    Ma quel fetente ha colpito o guaglioncello nostro.
    Gielo dovevo fare ‘o servizio !
    Loro erano fatti così.
    Se uno solo si permetteva solo di toccare qualcuno di noi
    della squadra, poteva solo andare a consultare il suo ortopedico.
    Ma quel giorno avevo guadagnato la loro fiducia.
    Ora ero uno di loro.
    Ne ero orgoglio sodi questo, dimenticando tutti i dolori che
    avevo addosso.
    Iammo guagliò.
    Iammo appresso !
    Portiamo questo bastardo in Questura !
    Urla infine Pino.
    Questo per farvi capire come andavano le cose li.
    Potevo dirlo a mia madre ?
    Ne sarebbe solo morta.
    Stare arrivando !
    Sento dire tutto d’un tratto al nostro conducente.
    Mi riporta improvvisamente alla realtà.
    La sveglio delicatamente.
    Lei si tira su.
    Si è fatta sera.
    Magari davanti casa sua ci sarà schierata tutta
    la Securitate ad aspettarci.
    Pensavo.
    Ma no.
    Loro non fanno visite a domicilio.
    A quando ho capito almeno.
    Ti mandano a “chiamare”.
    Prego, vuol venire qui da noi che la dobbiamo
    inculare a sangue ?!
    Mi manderanno semmai un messaggio del genere.
    Arriviamo davanti al cancello di casa sua.
    L’autista ferma la macchina.
    Scende e ci apre gentilmente la porta.
    Faccio scendere per prima lei.
    L’autista le bacia galantemente la mano.
    Divinata mergere la Brasov ?
    (Domani mattina andiamo a Brasov ?)
    Le chiede.
    Da.
    Le risponde lei.
    Poi scendo io.
    Grazie di tutto amico.
    Gli dico stringendogli la mano.
    Lui ha tra i denti l’ennesima Kent tratta dal pacchetto che gli avevo dato.
    Mulzumesk , a divinazza.
    ( Grazie e a domani)
    Mi ribatte lui.
    Come pensavo la Sicurezza davanti casa sua non c’è.
    Però c’era una simpatica arzilla vecchietta.
    Mia Nona.
    Mi dice lei.
    Lei si chiamare Joanna.
    Piacere le dico stringendole la mano.
    Lei mi guarda tutto dall’alto verso il basso.
    Come se volesse studiarmi che tipo fossi.
    Entrati in casa, troviamo la tavola
    già apparecchiata.
    Sua madre era intenta a cucinare.
    In effetti dopo una giornata a girare
    e con dentro la pancia solo quella roba
    che loro li chiamavano “pizza”, il mio stomaco
    stava energicamente cominciando a protestare.
    Come al solito minacciava uno sciopero ad oltranza.
    Stai tranquillo.
    Gli dico.
    Presto sarai accontentato.
    Sua madre viene con un pentolone in mano.
    Poi ne versa il contento nei nostri piatti.
    Perisciuare.
    Alias brodaglia di carne a piccole polpette e aromi
    vari di condimento.
    Te Place Giani ?
    Mi chiede sua madre.
    Io lo guardo con sospetto.
    Poi prendo il cucchiaio e lo assaggio.
    Tutto sommato poi non era male.
    Poi la fame che avevo forse lo faceva apparire
    molto più appetitoso di quanto fosse.
    Si donna Elena.
    Le rispondo.
    Poi Elena arriva con una bottiglia di vino rosso.
    Aveva notato che il giorno prima la birra l’avevo
    bevuta malvolentieri.
    Non che fosse male, ma la birra che hanno loro era troppo leggera
    per i miei gusti.
    Sembrava piscio di cane caldo.
    Este Vin Giani.
    (E’ Vino Gianni)
    Rosso di Romania.
    Dico io guardando la bottiglia.
    Ha capito i miei gusti.
    Pensavo.
    Mangiamo tutto quanto.
    Aveva fame anche lei visto che alla fine il suo piatto
    è assolutamente vuoto.
    Come era vuota la bottiglia di vino.
    Arriva l’immancabile Suika.
    Una sorta di grappa che loro fanno in casa.
    E’ una bomba.
    Ti farebbe digerire pure se avessi mangiato dei sassi.
    Tiro fuori la sigaretta e me la metto in bocca.
    Lei non fumava, avevo notato.
    Tu fumare molto !
    Mi dice guardandomi.
    In effetti !
    Le rispondo.
    Io preoccupata per tua salute.
    Mi dice seria.
    Stai tranquilla.
    Le rispondo.
    Tuo cuore, tuo cuore.
    Così starà male.
    Dice lei.
    Stai tranquilla.
    Fuma pure lui !
    Le dico ridendo e mandando una boccata di fumo in aria.
    Dopo un po’ lei mi guarda.
    Tu stanco ?
    Mi chiede.
    Beh, un po’ lo sono.
    Volere dormire ?
    Si forse hai ragione.
    Domani a come ho capito, Sicurezza permettendo,
    ci aspetta un'altra giornata in giro.
    Infatti continuavo a non capire del perché ci tollerassero
    in quel modo.
    Che cazzo avranno in mente questi ?
    Mi chiedevo spesso.
    Ma forse siccome sanno che sono poliziotto
    hanno un occhio di riguardo verso di me.
    Ho visto che i poliziotti qui nell’est sono trattati
    molto bene dai loro colleghi locali.
    Mi ricordavo la stazione di Belgrado.
    Mi considerano una sorta di loro collega.
    Per questo mi lasciano fare.
    Tipo vediamo come si comporta l’amico.
    Se fila dritto passi pure ma se sgarra
    Zac !
    Giù la testa coglione !!!.
    Penso al famoso film di Sergio Leone.
    Penso questo mentre sono a letto.
    Il tempo di girarmi per dormire e…
    Mi sento accarezzare la testa.
    Era lei che come al solito, dopo che i suoi erano andati a dormire
    era venuta da me.
    Cosa accadde dopo ve lo lascio solo immaginare.
    Poi alla fine ognuno gira dal suo lato.
    Prendo sonno.
    Ma è un sonno strano.
    Mi appare una immagine.
    Sono legato ad un palo con le mani
    legate dietro lo stesso.
    Vedo schierati davanti a me dei soldati
    con la stella rossa in mezzo al loro basco.
    Mitragliatori AK apposti al loro fianco.
    Uno di loro che mi sembra essere il loro ufficiale
    viene verso di me.
    Vulez Bendatura ?
    (Vuole essere bendato ?)
    No.
    La morte la voglio guardare con gli occhi aperti.
    Gli rispondo.
    Lui gira sui suoi passi.
    Poi ci ripensa e torna indietro.
    Mi guarda negli occhi.
    Uruttul spion Italianul !
    (Brutto spione di Italiano !)
    Tu venire fino aiccia fregararul Domnize
    Nostre !
    (Sei venuto fin qui a fregarci le nostre donne !)
    Ma tribunala militara hasta condannazio morte !
    (Ma il tribunale Militare ti ha condannato a morte !)
    Ma che cazzo di processo mi avete fatto ?
    Gli grido.
    Alla Franz Kafka !
    Nessuno mi ha difeso, Nessuno !!!
    Anche Romolo ha fregato le donne ai Sabini.
    Voi la storia di Roma la ammirate.
    Dite di essere loro discendenti.
    Capite la cosa, almeno ?
    Io la Amo, la Amo, la Amooooooo !
    Lui resta indifferente alle mie parole.
    Si gira e guarda i suoi uomini schierati.
    Caricat !
    Urla deciso.
    Loro alzano i mitragliatori e tirano dietro la culatta.
    Puntat !
    Poi si ferma.
    Vedo che pensa.
    Viene verso di me.
    Scusazio.
    (Mi Scuso)
    Tira fuori un pacchetto di sigarette Ms.
    Ne prende una e me la porge.
    Come cazzo fa a sapere che fumo queste sigarette ?
    Penso.
    Ma i sogni si sa sono strani, alle volte, molto strani.
    Vulez ultimata sigareta ?
    (Vuole l’ultima sigaretta ?)
    Mi chiede.
    No.
    Il Fumo fa male alla salute.
    Gli rispondo ridendo ironico.
    Lui resta impassibile.
    Si gira.
    Ma prima che ordini il Fuoco, la visione scompare.
    Ed io mi sveglio di colpo.
    La fronte è sudata.
    Lei dorme.
    Mi rigiro calmandomi
    Riprendo subito sonno.
    Ma sempre sogni strani faccio.
    Ora mi vedo schierato in formazione in un campo di rugby.
    Mischia chiusa.
    I nostri si abbassano, lo stesso fanno loro, gli avversari.
    Il nostro mediano di mischia, Frank Genovese detto
    Frank la belva per la sua combattività agonistica,
    prende la palla ovale e la butta nel mezzo delle loro gambe.
    Noi siamo schierati ai fianchi della stessa.
    Io sono il terzo tre quartista.
    I nostri piloni spingono sorretti dalle seconde linee
    Loro fanno lo stesso.
    Il nostro tallonatore Gino che sta in prima linea i mezzo ai piloni
    Mario e Turibombo è risuscito a toccare la palla indietro con il tallone appunto.
    La stessa esce fuori verso la nostra direzione.
    L’ala di apertura la raccoglie subito.
    La lancia precisa al primo tre quartista.
    Questi si mette subito a correre in avanti.
    Il secondo ed io che sono il terzo corriamo dietro lui immediatamente
    Infatti la palla con le mani si può dare solo all’indietro.
    Il Primo la passa dietro a volo al secondo.
    Questi vede due davanti a lui pronti a placcarlo
    La passa subito a me.
    Ed io a chi minchia c’è la passo adesso ?
    Penso correndo con l’ovale tra le mani.
    Ne scanso uno, ma improvvisamente mi sento sollevare per aria
    E piombare per terra come una pera secca.
    Però riesco a tenere la palla serrata tra le mani.
    Maaaaul !
    Urlo con tutte le mie forze, chiedo rinforzi.
    La prima terza linea avversaria già mi si è scagliata addosso
    ed è sopra di me.
    Arriva anche la seconda.
    Mi sento mordere pure la mano.
    Ma la palla resta serrata, non la mollo.
    Arriva Mario, si butta sopra di loro.
    Sono tutti in media di 100 chili di peso per uno ed ottanta
    di altezza.
    Io ne pesavo settanta di chili per uno e settanta di altezza.
    Mi sento, io che sono in fondo alla piramide, come se avessi
    un grosso Tir sopra di me.
    Mi comincia a mancare il fiato.
    Ma resisto.
    Poi mi sento un dolore atroce al braccio.
    Un tale non posso capire se nostro o loro tale è la paddazza
    creatasi sopra di me che mi sta sopra.
    Lo stesso ha i suoi tacchetti d’acciaio della scarpa proprio sul mio braccio.
    Ma non è finita.
    Mi arriva improvviso un pugno dritto alla palle.
    Volevano togliermi la palla a tutti i costi questi bastardi.
    Li dove l’arbitro non può vedere, in questo gioco succede di tutto.
    Gli istinti più bestiali dell’essere umano escono fuori allo scoperto.
    Il fiato finisce.
    Non vedo più nulla, non vedo più nulla.
    Quando riapro gli occhi, sono disteso per terra a bordo campo.
    Sergio, il nostro infermiere massaggiatore mi passa la spugna bagnata
    d’acqua sul viso.
    Ho nebbia davanti agli occhi.
    Ma vedo Nino in piedi davanti a me.
    Ciccio ?
    Mi dice.
    Mi hai fatto spaventare.
    Nino dico cercandomi di rialzarmi.
    Scusami, devo tornare in campo…
    Ti portiamo in Ospedale, altro che campo.
    No !
    Mia madre se lo sa non mi farebbe giocare più Nino !
    Tutto a posto, sto meglio adesso.
    Lui mi guarda.
    Ne sei sicuro Ciccio ?
    Sicurissimo Nino !
    Gli dico alzandomi in piedi e buttando la spugna di Sergio nel
    suo secchio d’acqua.
    Cazzate gli dicevo.
    Mi sentivo tutte le ossa rotte, come se ne avessi il doppio di quanto c’è ne abbiamo.
    Lui lo aveva capito, ma capiva che non ero più in pericolo.
    Aveva l’occhio molto clinico su queste cose.
    Vatti a sedere in panchina e stattene calmo e guardati il resto della partita da li.
    Mi ordina perentorio.
    Improvvisamente riapro gli occhi sconvolto.
    Il sudore non scorre, tracima letteralmente dalla mia fronte.
    Lei stavolta è sveglia e mi guarda.
    Giani ?
    Chi mai succede ??
    Tu fare brutto sogno, vero ???
    No, stai tranquilla.
    Le dico accarezzandola.
    Lei però ne è poco convinta.
    Secur Giani ?
    Sicurissimo.
    Dai dormi pure.
    Detto questo mi giro e chiudo gli occhi.
    Sento che lei fa lo stesso.
    Ma non voglio più dormire.
    Se no, penso, sognerò stavolta che
    sono sul Titanic mentre lo stesso ritto in aria sul mare
    e sta colando a picco.
    E vedrei pure compare satanasso che mi sorride.
    Ti aspetto.
    Tra poco sarai qui con me ad aiutarmi a spalare il
    carbone ardente.
    Ciuc men !
    Mi scappa di sussurrare.
    In milanese voleva dire l’equivalente del nostro siciliano
    “Succhiamela”.
    Mi aveva colpito quella frase siccome un collega milanese al corso
    la diceva sempre.
    Erano poi le sei di mattina.
    Tra poco ci dobbiamo alzare.
    Pensavo.
    Dobbiamo mergere la Brasov.
    (Dobbiamo andare a Brasciov )
    Ormai stavo assimilando il loro lessico.
    Ma sebbene sveglio sto con gli occhi chiusi.
    Ed i pensieri affollano la mia mente.
    Pensieri stavolta.
    Non sogni.
    Beh, penso.
    Il primo era sogno puro.
    Quello del plotone di esecuzione.
    Terrore della Securitate ?
    Pensavo.
    Uno che è stato per i vicoli di Genova ed a giocare
    nella squadra di Rugby di Nino, pensavo, può tranquillamente
    affrontare un feroce leone a mani nude.
    Con serie probabilità di ucciderlo.
    Già, la squadra di Nino Alberti.
    L’Amatori Duilia.
    Il secondo sogno appunto era un fatto vero.
    Lo avevo relegato nei ricordi del mio sub conscio.
    Così almeno lo chiamava un certo Sigmund Freud.
    Poi chissà, forse il vino mischiato a quella bomba alcolica
    che loro chiamano Suika, lo avevano tirato fuori da li
    e proiettato nella mia mente in prima visione serale.
    Avevo ancora le cicatrici dei quei tacchetti di acciaio.
    Nel gioco del Rugby i tacchetti delle scarpe non erano di gomma.
    come quelli del calcio.
    Erano di acciaio, per fare presa precisa dentro al terreno.
    Se ti ci passano addosso con quelli, assicuro che senti un dolore
    così forte che vedi tutte le stelle della Via Lattea e forse pure quelle
    di quella di Andromeda.
    Mia madre me li aveva viste.
    Lei notava sempre tutto quanto di me.
    Cosa sono quelle cose Gianfranco ?!
    Mi aveva chiesto.
    Niente madre.
    Sono sbattuto in un posto senza che me sia accorto.
    Tu non me la racconti giusta !
    Quel gioco che mi dici che vai a fare..
    Ma non sarà per caso pericoloso ?
    Minchia !
    Come cazzo aveva fatto a capirlo ?
    Ma una madre vera capisce la mente di suo figlio a volo.
    Pure se lui le mente spudoratamente dicendole puttanate pure.
    Ve ne accorgerete di questo solo però quando lei non ci sarà più.
    Ma no madre.
    Le rispondo.
    E’un nobile sport.
    C’è profondo rispetto per l’avversario.
    Vedo lei toccarsi il mento perplessa.
    Figlio ?
    A me, mi sembra che solo se le suonino di santa ragione !
    Ma no, stai tranquilla, ci sono le regole.
    Non la vedo molto convinta.
    Mio padre come sempre era stato pratico.
    Comprati un para denti ed un para palle !
    Mi aveva detto.
    Lui lo conosceva benissimo quel gioco.
    Ne era appassionato.
    Le partite che dava mamma rai la sola presente in rete all’epoca se le
    divorava tutte sane sane.
    Forse era stato lui ad infondermi la passione per questo gioco.
    Siccome io da bambino le guardavo con lui.
    Li non girano i milioni del calcio.
    Li si lotta per uno scopo, mi diceva.
    Andare in meta.
    E’ come se devi superare tutte le difficoltà che la vita ti pone figliolo.
    Le devi superare e raggiungere il tuo scopo.
    La meta.
    In effetti in quel gioco non era come nel calcio.
    Li sono delle “signorine”, femminucce.
    Li se un avversario ti tocca tu ti butti per terra dolorante.
    Fai teatro.
    Guardi l’arbitro, come a dirgli…
    Questo monello ha fatto il cattivo con me !
    Puniscilo !
    Se no lo dico a mio padre e lo faccio prendere a pugni.
    Nel Rugby non funzionava così.
    Se uno ti colpiva tu prendevi il colpo in silenzio.
    Poi cercavi però di ricambiargli la sua cortesia.
    Con i dovuti interessi.
    Ma quello che era bello era che tutta la squadra giocava insieme.
    Se uno colpiva uno di noi, gli altri giocavano per fargli il mazzo.
    L’arbitro poteva stare tranquillo.
    Lui fischiava solo i falli di mischia.
    A darci manate in faccia morsi nel corpo e calci e pugni nelle
    Palle ci pensavamo noi.
    Quando chiaramente lui non vedeva o faceva finta di non vedere.
    Era una prassi.
    Poi però alla fine della partita tutto finiva.
    Come il sipario che scende a teatro.
    Tutto veniva “apparentemente” dimenticato sino al prossimo scontro
    Dove ci sarebbe stata la “resa dei conti”.
    Ma a fine partita, dopo la doccia tutti a bere e mangiare insieme.
    Noi e loro.
    E lo stesso facevano i tifosi.
    Cibo, vino e birra a fiumi.
    Tutti abbracciati a commentare anche gli episodi più crudi.
    Ti è piaciuto quel pugno che ti ho dato in mischia ?
    Diceva uno.
    Aspetta la prossima che te ne darò uno che ti farà saltare i denti !
    Rispondeva l’avversario.
    Giani ??
    Tu non dormire !!
    Le sento dire.
    Mi do una scossa e fermo i miei pensieri.
    Questa è peggio di mia madre !
    Pensavo.
    Mi legge completamente dentro la mia mente.
    Ma come si fa a non amarla ?..
    No tutto bene, tutto bene.
    Le dico girandomi.
    Ma mi vede sudato in viso.
    Giani ?
    Dire me cosa succedere a te !

    Nota.
    Questo racconto che potrebbe fare benissimo storia a se, è forse il più bello che
    sto scrivendo.
    C’è un po’ tutto in sintesi di me dentro lo stesso.
    Lo sento come una cosa personale.
    Valentina ?
    Se ti dico che va tutto bene, vuol dire
    che va tutto bene.
    Le dico accarezzandola.
    Lei mi guarda sorridendomi.
    Finalmente tu chiamare me con mio nome !
    Mi dice tutta contenta.
    Sai, mi è venuto spontaneo.
    Ma dimmi, le chiedo.
    Quella specie di concentrato atomico
    Che voi chiamate Suika, quanti gradi alcolici ha ?
    Lei mi guarda un po’ perplessa.
    Intendere tu dire, volumetria alcolica ?
    Mi chiede.
    Si, più o meno il concetto è quello.
    Mami dire me, 90% .
    Minchia !
    Mi scappa di dire.
    E dire che il whisky che io bevo ne ha solo 40 di gradi.
    Ora tutto si spiega.
    I sogni o meglio gli incubi.
    Avevo bevuto mezza bottiglia di alcol puro.
    Praticamente.
    Tu bere un po’ troppo Suika ieri sera.
    Mi dice lei quasi a rimproverarmi.
    Ma io ne ho bevuto solo un bicchiere.
    Poi tua madre vedendolo vuoto me ne ha versato un altro.
    Io l’ho bevuto di nuovo per educazione.
    Tua madre, lo ha visto vuoto
    E me lo ha di nuovo riempito.
    E così via.
    Finchè io con la testa che mi fumava come
    lo Stromboli, le ho detto,
    Basta donna Elena, basta !
    Giani ?
    Qui ospite este sacro.
    Quando lui avere bicchiere vuoto se usa aiccia (qui)
    Riempirlo subito, per mettere lui a suo agio !.
    Tu devi drinkare adagio.
    Ho capito adesso.
    A saperlo si impara.
    Lei si mette a ridere.
    Scusazi pentru mami mia…
    (Mi scuso per mia madre ..)
    Mi dice lei dispiaciuta.
    Non lo dire neanche per scherzo !
    Sono stato io testa di cazzo a bere in quel modo.
    Cosa tu dire Giani ?
    Lei non aveva capito le mie parole.
    Nulla, Vale, nulla.
    E’ un termine diciamo tutto italiano intraducibile.
    Da noi se dice “test de pine”.
    (Testa di cazzo)
    Mi fa lei.
    Caspitina e caspitissima !
    Lo aveva capito la ragazza, eccome se non lo aveva capito.
    Io sottovaluto molto la sua intelligenza.
    Da voi si usano termini volgari ?
    Le chiedo cercando di ripartire in contropiede,
    dopo il gol clamoroso che avevo subito per papera del portiere.
    Nu Giani, no.
    Solo Zingari usare queste cattive parole.
    Romeni nu.
    Ne resto sorpreso.
    Pian piano si impara.
    Ma gli Zingari, scusami, le chiedo.
    Ma non sono Rumeni anche loro ?
    Nu, Giani, nu.
    Loro asiatici d’origine.
    Una volta loro presidente d’India, Indira, chiedere
    di dare noi loro tutti a suo stato.
    Ma presidente nostro, Nicola, dire nu !
    Loro non mischiarsi con Romeni.
    Vivere tra di loro.
    Ho capito.
    Le rispondo.
    Quante cose da imparare ci sono qui.
    Penso tenendola sempre abbracciata.
    Lei mi vede più sereno.
    Ora che è stata accertata scientificamente la causa della
    mia agitazione notturna, lei vinta da un residuo di sonno
    chiude di nuovo gli occhi e si assopisce.
    Io la lascio stare.
    Certe cose, si fanno solo se sono reciproche.
    In questo caso sarebbe un atto mio unilaterale.
    Anche se sono eccitato, la lascio riposare.
    Però sempre le accarezzo i capelli.
    E ritorno a pensare.
    Ma il mio pensiero è sempre quello.
    La Sicurezza.
    Perché ci sta lasciando stare così ?
    Fermo il pensiero.
    Calma, mi dico tra di me.
    Esaminiamo la situazione.
    Qui ci sono due diverse categorie di italiani che vi sbarcano.
    Prima categoria.
    Quelli che vengono qui a fare il “safari” femminile.
    Caccia grossa di figa di mignotta locale.
    Questi li lasciano fottere tranquilli, siccome portano
    Soldi pregiati.
    Del resto comincio a pensare che le mignotte gliele fanno trovare
    loro apposta belle e già pronte per l’uso.
    Tanto deficienti ed assetati di sesso per come sono i miei paesani di questa categoria
    Non se ne rendono neppure conto della cosa.
    Vengono abilmente spremuti come limoni dei loro biglietti verdi
    leggi dollari o lire o qualsiasi valuta occidentale che hanno nelle tasche.
    Del resto qui anche un vecchio baiocco dello stato pontificio
    varrebbe molto di più del leu (Leone) rumeno.
    La loro moneta.
    In occidente infatti il leu sarebbe solo considerato carta igienica.
    Lo stato loro è povero.
    Ha bisogno di moneta forte.
    E lo fa anche mettendo in essere metodi molto spregiudicati.
    Seconda categoria.
    Gli italiani che sbarcano qui a trafficare.
    Mercato nero, merce per loro preziosa ed introvabile.
    Jeans, ma anche tecnologia occidentale.
    Con questi sono scientifici.
    Li fanno operare fino a quando gli conviene a loro.
    Poi li arrestano.
    Ed io in che categoria rientro ?
    Mi chiedo.
    In nessuna delle due sinora esaminate.
    Loro avevano visto le mie foto che le mandavo.
    Immagino un possibile colloquio tra due loro Ufficiali.
    Questo ha la faccia da bambino.
    Ed è pure un poliziotto italiano.
    Che fare di lui ?
    Se lo arrestiamo scoppia caso internazionala.
    Poi non sembrare fino ad ora persona cattiva.
    Non fare lui nulla di male.
    A Timisciuara fare cambio nero si.
    Ma portare a noi molta valuta.
    Seguiamolo senza intervenire.
    Marchiamolo stretto a zona, si direbbe nel calcio.
    Va bene Marius, va bene.
    Niente intervento adesso.
    Solo controllare discretamente lui.
    Lui è ragazzo innamorato ?
    Da, si, può essere anche hasta (questo)
    Ma può darsi anche che da bravo attore italiano
    finge di esserlo e viene solo a mangiarsi
    la pizza come tutti i bravi italiani che si rispettino.
    Bine, allora.
    Noi controllare lui senza intervenire.
    D’un tratto sento il solito frastuono mattutino.
    La radio oltre la parete esplode a tutto volume
    Con musica assordante di una Polka con tanto di violini
    Scatenati in assoli allucinati.
    Lui essere in vacanza.
    Me lo hai già detto.
    Vedi Giani.
    Vuol fare sapere a tuti di esserlo !
    Se avessi la pistola con me, la mia beretta 92
    lo sparerei sano sano attraverso la parete.
    Mi torna in mente improvviso un ricordo.
    Sono sdraiato su di una branda.
    In una delle nostre tappe a fare Ordine Pubblico
    nel Nord Italia, dalla scuola Polgai di Brescia
    siamo sbarcati qui a Padova.
    Il Mitico Secondo Reparto Celere.
    Quello del famoso Capitano Margherito.
    La tappa prevedeva sosta e pernottamento.
    Poi l’indomani si ripartiva per Bologna.
    Accompagnati da una loro compagnia.
    Li si prevedeva dovesse scoppiare l’inferno.
    Manifestazione di autonomi.
    Dovevano contestare Giulio Andreotti che doveva
    Inaugurare una sezione della Democrazia Cristiana.
    Allora le contestazioni non erano molto pacifiche.
    Finivano inevitabilmente a scontri atroci con lanci
    Di pietre e bottiglie molotov nei nostri confronti.
    Per cui oltre ai “locali Felsinei” era stato previsto
    dal Ministero l’invio del Settimo Cavalleggeri.
    Padova appunto.
    Il più feroce e deciso di tutti i reparti celeri d’Italia.
    Quello che non prendeva bastonate e che invece le dava
    E di santa ragione pure.
    Erano tutti parlallelamente sportivi praticanti al gruppo delle
    Fiamme Oro esistente nel Reparto.
    Avevo visto infatti un impianto sportivo di prima categoria
    All’interno dello stesso.
    Per lo più Rugbisti e atletica leggera e pesante.
    Loro altezza minima, un metro ed ottanta per 90 chili
    Di peso.
    In prevalenza erano tutti veneti o Pugliesi.
    Noi, per come ci aveva spiegato il nostro Capitano
    Alessandro Marangoni, (Si è proprio lui, l’attuale
    Questore di Palermo n.d.a. ) dovevamo essere
    L’ultima barriera a Bologna.
    Se scavalcavano tutte le linee, eravamo quelli che
    Dovevano difendere la “bandiera” piantata per terra.
    Ma sapendo che c’erano davanti a noi loro, potevamo stare
    Più che tranquilli.
    Dalla mia branda guardo il soffitto della camerata.
    Non posso non notare che accanto alla lampadina ci sono
    numerosi vistosissimi buchi.
    Li guardo bene.
    E’ inequivocabile la loro natura.
    Un collega “locale”, di fronte a me, anche
    lui sdraiato sulla branda, si accorge della mia curiosità.
    Non ci fare caso.
    Mi dice secco.
    Ma collega ?
    Sono buchi causati da pallottole e sono io che ci vedo male ?
    Gli chiedo.
    Ostregheta che si !
    Mi risponde lui.
    Vedi collega, qui si ritorna stanchissimi dopo ore ed ore di servizio.
    Ci buttiamo nelle brande stanchi morti appunto.
    Poi qualcuno di noi si accorge che la luce è ancora accesa.
    E con la luce accesa non si può mica dormire,
    “Zio Povero !”
    Beh, ma basta alzarsi e spegnerla !
    Osservo io.
    Noi ci scocciamo di farlo.
    Troppo stanchi.
    Beppin, ci pensi te ?
    Qualcuno gli grida dalla sua branda.
    Beppin prende la pistola dal comodino,
    poi prende la mira e spara.
    Beh, non ha una buona mira.
    Gli dico indicandogli i numerosi buchi attorno
    Al porta lampadina.
    Vedi collega ?
    Mi dice lui ridacchiando.
    Dipende da quanti “Ombretti” ha bevuto.
    Se sono molti la centra in genere a primo colpo.
    Ma se sono pochi, le sue mani tremano e deve sparare qualche
    colpo di più !
    Ho capito collega.
    Ti sei spiegato magistralmente.
    Tranquillo collega.
    Mi fa infine lui.
    La lampadina la ricompriamo noi il giorno dopo.
    Ostrega !
    E scoppia a ridere.
    Ma questa è una gabbia di matti.
    Pensavo.
    Giani…
    Ma in Polizia Italiana siete tutti pazzi ?
    Mi fa bruscamente tornare alla realtà.
    Perché mi chiedi questo ?
    Tu dire me che volevi sparare a mio vicino
    attraverso parete di casa !
    Ma no, facevo così per dire.
    Le rispondo frastornato da quella musica
    infernale che ne esce fuori.
    Ma se c’è l’avessi qui la pistola, penso
    che lo farei davvero.
    Voi pazzi !
    Mi dice lei tutta seria.
    Vedi Vale.
    Le dico con calma.
    In Italia solo pensare di arruolarsi in
    Polizia già vuol dire essere dei pazzi furiosi.
    Lei mi guarda smarrita.
    Loro dire a noi che voi li non avete nessuna autoritate !
    Vedi le dico con calma.
    Calma relativa, essendo disturbato sempre da quel frastuono
    di violini scatenati.
    Li non è come qui da voi.
    Dove la Polizia se ne sta comodamente seduta e il popolo
    le va a raccontare tutto.
    Li il popolo fa quello che gli pare e nessuno gli dice nulla.
    Anzi fa “molto” di più di quello che gli pare.
    E la polizia sta per strada a cercare di non farglielo fare quel
    troppo in più che non dovrebbe fare.
    Lei mi guarda seria.
    Ma tu, avere studiato liceul (Il Liceo), studiare ora
    Ad Univesitate.
    Perché decidere di fare il Poliziotto ?
    Mi hai fatto una domanda da un milione di dollari !
    Le rispondo.
    Forse perché appunto sono un pazzo furioso.
    Lei afferra le mie parole.
    Poi scoppia a ridere e mi abbraccia.
    Guardo l’orologio.
    Sono le sette.
    Meglio cominciamo a prepararci ?
    Tra poco arriva il nostro tassista.
    Le dico.
    Da, si Giani.
    Si alza dal letto si riveste ed esce fuori, dopo
    Avermi dato un veloce bacio.
    Io prendo l’attrezzatura per lavarmi e faccio rotta verso il bagno.
    Tanto stare qui a sentire le rapsodie ungheresi del suo vicino
    Equivale solo ad andarsene in paranoia.
    Penso.
     
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    Parte sesta

    Siamo pronti ?
    Le dico.
    Lei arriva correndo.
    Si, Giani, essere pronta.
    Tua madre ?
    Le chiedo.
    Este a lucrazie.
    ( E’ a lavorare)
    Mi sembra giusto.
    Le rispondo.
    Se non si lavora nun se magna.
    Dicono a Roma.
    Lei si mette a ridere.
    Usciamo fuori.
    L’autista è già pronto ad aspettarci
    Accanto alla sua macchina.
    La grande Dacia, macchina unica circolante all’epoca
    in Romania.
    Era un modello della Renault, adesso non mi ricordo quale.
    Praticamente era come un carro armato.
    Indistruttibile.
    Lui vedendoci mi fa un cenno.
    Si porta la mano alla bocca come se vi portasse una
    sigaretta.
    Solo che non ha nulla nelle mani.
    Traduzione.
    Le ho finite quelle che mi hai dato ieri.
    Capisco a volo il suo gesto.
    Tiro fuori un pacchetto di Kent dalla tasca
    e glielo tiro a volo.
    Lui lo acchiappa con presa alla Dino Zoff.
    Tu essere mio grande amico !
    Mi dice stringendomi la mano.
    A lei come al solito gliela bacia chinandosi galantemente.
    Serra muna Domniza Valentina !
    Lei gli sorride e ricambia.
    Mergem ? (Andiamo)
    Ci chiede.
    Metti in moto Giovanni e decolla.
    Direzione Brasov, Transilvania, Carpazzi.
    Gli rispondo salendo in macchina.
    Noi come solito prendiamo posto dietro.
    Lui lo vedo già con la Kent in bocca che fuma come l’Etna.
    Lei mi sta abbracciata.
    La strada essere lunga, Giani.
    Mi dice mentre la macchina si avvia.
    Rilassati pure e riposati se vuoi.
    Le dico.
    La sento assopirsi.
    La notte vedendomi agitato in quel modo non aveva
    dormito tanto.
    Ed io sigaretta in bocca, però rigidamente MS alias Morte Sicura
    guardo il paesaggio fuori, accarezzando i suoi lunghi capelli biondi.
    E come ben sapete in queste circostanze il mio cervello
    manda in onda i ricordi.
    Mi chiama Pippo.
    Pippo è un mio compagno d’infanzia.
    Suo padre è collega di mio padre, Capo Squadra dell’Enel.
    Quanti giochi tra di noi.
    Aveva una sorella che non era niente male.
    Solo che mi era indifferente,
    Pazienza, pensavo.
    Non è la sola ragazza che esiste al mondo, per fortuna.
    Ma Pippo era anche la prima terza linea della nostra squadra
    di Rugby.
    Una grande terza linea.
    Lui tirava i Drop, cioè i calci piazzati come un Dio di seconda
    categoria.
    Allorchè l’arbitro fischiava il penality, girandosi con la mano tesa
    ad indicare la parte opposta del campo, lui diventava una pasqua.
    Senza che nessuno glielo dicesse, si impossessava della palla.
    Poi si inchinava e scavava una piccola cavità nel terreno di gioco.
    Vi poneva la palla ovale che stava bella tesa.
    La accarezzava, tipo tu adesso andrai li dove io ti dirò
    di andare.
    Poi si alzava e si metteva in piedi fermo.
    Guardava la porta, i suoi lunghi pali dritti che sembravano elevarsi
    verso l’infinito sovrastante.
    Arretrava leggermente.
    Si concentrava quasi in apnea.
    Poi di scatto lanciava il calcio.
    La palla ovale decollava tesa in direzione della porta,
    e puntualmente passava attraverso i pali della stessa.
    I guardialinea alzavano la bandiera in aria.
    Dentro !
    Tre punti fatti.
    Vai Pippo, Vai…. che sei un grande !!!!
    Gli urlava Nino dalla panchina.
    Lui visibilmente soddisfatto levava un braccio
    in aria con un gesto che voleva dire,
    E vai che è fatta !!
    Gianfranco.
    Mi dice.
    Noi andiamo a farci un giro, vuoi essere dei nostri ?
    Un giro dove, a Milazzo ?
    Gli chiedo.
    Ma quale Milazzo.
    Francia, Inghilterra e Olanda.
    Dove ??
    Gli chiedo.
    Insomma ci vuoi venire o no ?
    Non lo so Pippo.
    Quell’anno ero stato bocciato all’esame di maturità.
    Non per scarso rendimento, questo mai, ma per la
    Mia pessima condotta.
    Tutti i casini che avevo combinato alle giste scolastiche.
    Le risse davanti al Liceo Luigi Valli con gli avversari
    Politici.
    Quando lessi i quadri finali, vedendo “Non Maturo”
    Accanto al mio nome, è stato come se mi avessero dato un pugno dritto
    nelle palle con tutte le conseguenza del caso.
    Mia madre ne aveva pianto tre giorni di fila.
    Tutti i miei compagni di classe a casa mia
    a consolarla.
    Suo figlio non ha nessuna colpa signora !
    E’ quel professore Gagliano che è un gran bastardo.
    Si è solo vendicato di suo figlio, da commissario esterno di esame.
    Siccome suo figlio lo aveva fatto fesso alla gita a Desenzano del Garda.
    Mio padre se ne stava zitto.
    Lui aveva assistito al mio esame, ed aveva visto che avevo
    risposto bene a tutte le domande.
    Per cui sapeva che non era dovuto a motivi di carenza di studio.
    Quando gli chiesi se potevo partire con Pippo lui mi guardò.
    Hai avuto una profonda delusione figliolo.
    Ma tranne lezione da questa per il futuro.
    Hai visto cosa vuol dire fare casini ?
    Ho visto padre.
    Vieni con me, andiamo in agenzia a farti la tessera inter rail.
    Era la tessera con la quale potevi circolare per un mese per tutte
    le ferrovie europee.
    Lo abbraccio d’istinto.
    Lui come era solito fare mi da una mezza “mascata” ridendo.
    Lui era fatto così.
    Se avevo sbagliato non esitava a massacrarmi a botte.
    Ma se sapeva che avevo ragione, si metteva subito al mio fianco.
    Intanto il paesaggio piano piano cambia dal finestrino.
    La sconfinata pianura sembra essere finita.
    Adesso la strada comincia a salire.
    Lei sempre dorme abbracciata su di me, che fumo e..
    penso.
    Cogito Ergo Sum !
    (Penso, Dunque Esisto !)
    Chi cazzo l’aveva inventata questa frase ?
    Mi chiedevo portandomi la mano al mento.
    Descartes, o Cartesio che dir si voglia, mi sembrava di ricordare…
    I ricordi mi tornano in mente.
    Ed eccoci li.
    Seduti sul treno che di notte porta a Roma.
    Prima tappa del nostro viaggio.
    Li dovevamo fare le tessere dell’Ostello per la Gioventù
    valide per tutti gli Ostelli d’Europa.
    I soldi contati che avevamo in tasca di certo non ci potevano
    permettere l’Hotel Hilton, per cui occorreva risparmiare.
    Siamo io, Pippo di cui già sapete, Antonio ed Emilio.
    Sembriamo i quattro dell’Arancia Meccanica.
    Ci manca solo il pigiama bianco e la tuba nera in testa.
    Con scarponi neri e mazza in mano pronta a colpire.
    Pippo era colui il quale sarebbe stato l’ interprete di inglese.
    Lo parlava molto bene, forte del suo liceo scientifico superato
    con il massimo dei voti e relativa lode.
    Antonio, a sua volta doveva fare lo stesso in Francia.
    Dico doveva, siccome la sua conoscenza del francese non la sapevamo
    non avendolo mai visto all’opera.
    Ma lui ci assicurava di si.
    E noi ci fidavamo di lui.
    Poi c’era Emilio.
    Emilio era lo zio di Pippo.
    Ed anche il più grande di età di tutti noi.
    Noi eravamo tutti diciottenni con in tasca
    una neo carta d’identità “valida per l’espatrio”,
    freschissima di stampa da parte dell’anagrafe del Comune.
    Lui c’è l’aveva in tasca già da molti anni.
    I nostri genitori ci avevano affidati a lui in loro
    vece, all’atto della nostra partenza.
    Lui sentiva moltissimo la responsabilità della cosa.
    Per questo era il nostro leader maximo e capo indiscusso.
    Quello che lui diceva di fare era per noi
    il “Vangelo Secondo Matteo”.
    Lui era già un infermiere professionale.
    Ed a tempo perso per diletto, faceva anche
    l’arbitro di calcio, nelle categorie delle
    squadre giovanili.
    A differenza di noi, era molto serio e severo.
    Forte della sua esperienza arbitrale.
    Tirava fuori i cartellini gialli e rossi
    come se nulla fosse.
    Fischiava deciso il fallo.
    Chiamava l’interessato al suo cospetto.
    Poi gli si metteva davanti guardandolo severo negli
    occhi.
    Poi tirava fuori dal taschino il cartellino giallo e glielo sbatteva in faccia.
    Tipo a dire, alla prossima ti sbatto fuori dal campo
    Ed a calci in culo !.
    Ma a senso suo aveva anche i suoi momenti spiritosi.
    Una volta ci aveva invitati
    ad assistere ad una partita che doveva dirigere.
    Non perdetevi l’inizio.
    Ci aveva raccomandato.
    Infatti le squadre entrano in campo e si schierano.
    Lui si ferma e chiama a se i due capitani.
    Dobbiamo osservare un minuto di silenzio !.
    Dice loro.
    Tutti fermi per un lungo minuto.
    Alla fine dello stesso uno dei due capitani lo
    guarda.
    Arbitro ?
    Gli chiede.
    Ma per quale motivo abbiamo osservato questo
    minuto di silenzio ??
    Per celebrare la memoria della mia coppola di
    Minchia !
    Risponde lui tutto serio.
    Scoppia una risata generale.
    E si, eravamo tutti e quattro dei personaggi
    degni di un film del grande Fellini.
    Ma mi ridesto dai miei pensieri.
    Vedo dal finestrino dei monti altissimi all’orizzonte.
    L’autista sempre con la sua kent in bocca,
    si accorge dallo specchietto retrovisore
    della mia curiosità.
    Sint munti Carpazilor !
    (Sono i monti Carpazi !)
    Mi dice.
    Bestiali.
    Rispondo sottovoce per non svegliare lei che dorme
    come una angioletta dell’empireo dantesco.
    Avevo già visto le Alpi.
    Ma pure questi monti non erano mica da meno.
    Quanto sono alti amico ?
    Gli chiedo.
    Oltre tremila metri.
    Mi risponde lui.
    Manca ancora molto ?
    Una ora de drum pentru Brasov !
    Un ora di strada per Brasov !)
    Capisco.
    Posso riprendere i miei ricordi.
    Londra, Victoria Station.
    Usciamo con a tracolla i nostri zaini.
    Contenenti in cima sacchi a pelo e due tende
    canadesi per due posti ciascuna.
    Antonio vede un cartello.
    “Underground”.
    Minchia !
    Dice subito.
    Lo sapevo che qui è la capitale del Rock.
    Li già si balla !.
    Antonio ?
    Gli ribatte Pippo.
    Quel cartello indica la Metropolitana.
    Antonio si tocca il mento perplesso.
    Alla ricerca dell’Ostello per dormire.
    Primo tentativo, quello dalle quaranta iarde.
    Non c’è posto !
    Capisco il suo inglese.
    Il ricezioniere dell’Ostello è chiarissimo.
    Abbiamo capito.
    Ne cerchiamo un altro.
    Al secondo tentativo, idem con patate.
    Stesso dicasi al terzo.
    Ci coglie un sospetto.
    Ma non faranno così solo perché siamo Italiani ?
    Al Quarto tentativo Pippo perde la pazienza.
    A seguito dell’ennesima risposta negativa avuta.
    Gli sento dire in Inglese
    “Ma è sicuro che non ci sia posto ?”
    L’altro prende un telefono in mano ed alza la cornetta.
    Andate subito via o chiamo la Polizia !
    Emilio tira Pippo per la maglia.
    Andiamo via su.
    Stiamo per uscire, quando scorgiamo un ragazzo con lo zaino
    Sulle spalle che ci chiama.
    Aspettatemi connazionali !
    Non ne posso più a stare qui dentro.
    Qui è una sorta di lager !!.
    Vengo via con voi.
    Noi lo guardiamo.
    Mi chiamo Ambrogio, sono di Milano, ci dice presentandosi.
    Ero venuto qui siccome stavo facendo una tesi di laurea
    sulla mentalità del popolo Britannico.
    Credetemi !
    Sono tutti dei bastardi !
    Ci odiano soltanto, Ci ODIANO a noi Italiani.
    Paesano ?
    Gli dice Emilio porgendogli la mano.
    Ma lo sai che non c’è ne siamo affatto accorti della cosa ?
    Benvenuto tra di noi !
    E’ notte.
    Non sappiamo che cosa fare.
    Poi vediamo un autobus rosso, di quelli storici
    a due piani.
    D’istinto lo fermiamo e ci saliamo su.
    Prendiamo posto.
    Siamo molto stanchi.
    Arriva il controllore che ci aveva notato salire.
    Tanto vista l’ora tarda, il mezzo è vuoto.
    Ci siamo praticamente solo noi.
    Lui deve essere di origine Indiana.
    Lo si vede dalla sua carnagione.
    Ci studia per bene.
    Non avete dove passare la notte vero ?
    Ci chiede all’improvviso.
    Pippo, il nostro interprete, lo guarda.
    Praticamente si !
    Gli risponde.
    Venite con me.
    E ci porta al secondo piano del bus.
    Sdraiatevi pure qui è riposate.
    Ci dice.
    Fino alle sei di mattina ci sono io.
    Grazie amico !
    Gli diciamo in coro abbracciandolo.
    Lui era straniero come noi, apposta era “umano”.
    Non era un freddo calcolatore britannico.
    Quella notte avrò visto il Ponte della Torre
    Dove il bus faceva capolinea almeno cento volte.
    Cosa tu pensare Giani !
    Mi sento dire all’improvviso.
    Lei si era svegliata ed aveva capito subito che pensavo.
    Niente, Vale, niente !
    Sicuro Giani ?
    Sicurissimo Vale.
    Stai tranquilla che l’effetto della Suika mi è passato.
    Ma il suo è un risveglio momentaneo.
    Il Tempo di accertarsi che io stavo bene.
    Sentivo il calore del suo corpo abbracciato
    Al mio.
    No, non era quello che si potrebbe pensare.
    Era amore il suo.
    Lo sentivo.
    L’amore è diverso dal puro sesso.
    Li non c’è l’anima.
    Nell’amore invece l’anima c’è.
    Credetemi che è così.
    Lei richiude i suoi occhi azzurri pieni di
    felicità.
    Forse non credeva ancora di starmi accanto.
    Pensavo.
    Le accarezzo sempre i capelli.
    La sento che si rimette a dormire.
    Non deve essere abituata molto a stare sveglia la notte.
    Pensavo.
    E sono già due notti di fila che sta sveglia.
    Quel mattacchione dell’autista mi guarda sempre dallo specchietto.
    Sempre Kent fumante in bocca.
    Tutto Bine ?
    Mi sussurra.
    Io gli faccio un cenno abbassando la testa.
    Adesso siamo in decisa salita.
    La strada offre tornanti uno dopo l’altro.
    Ed io ricomincio a pensare.
    Ma non siamo più clamorosamente a Londra.
    Stavolta siamo a Bologna.
    Mi vedo in divisa schierato con gli altri miei
    compagni del corso Polgai di Brescia.
    Casco in testa.
    Fazzoletto azzurro dritto sul viso.
    Come nella foto che vi ho postato.
    Questa Sezione Democristiana non si ha da inaugurare.
    Ne oggi ne domani ne mai !
    Così avevano sentenziato gli autonomi dei collettivi.
    La prima linea del reparto locale, quello di Bologna
    era stata travolta.
    Loro erano ben organizzati.
    Gruppuscoli che si muovevano rapidamente.
    Avevano aggirato i colleghi Falsinei.
    facendoli completamente fessi.
    Ed ora puntavano verso l’obbiettivo finale.
    La sede Dc.
    Noi eravamo schierati li davanti.
    Ultima linea difensiva.
    Il Capitano Alessandro Marangoni anche lui
    con il casco in testa ed il manganello tra le mani si mette davanti a noi.
    Ragazzi….
    Coraggio !!
    Devono ancora superare l’ultima linea, il Reparto di Padova.
    Non penso che c’è la faranno.
    Ma anche in questo caso, poi toccherà a noi.
    Chi siamo noi ?
    Ci grida
    POLGAI SIGNORE !!!!!!
    Gridiamo tutti in coro.
    Detto questo ci serriamo preparandoci al peggio.
    La prima linea avanzata alza gli scudi rettangolari.
    Tutti gli altri prendiamo posto dietro.
    In ordine, tenendoci l’uno con l’altro.
    Ma il mio sguardo vede arrivare il Reparto di Padova poco più
    avanti i a noi.
    Si schierano subito.
    Il loro Capitano guarda il Commissario con la fascia tricolore
    indossata a tracollo.
    Lui stava in borghese,
    La fascia tricolore della Repubblica Italiana era la sua divisa.
    Il Commissari gli urla
    CAPITANO ???
    POTETE CARICARE !!!!!!!!
    Lui non se lo fa ripetere due volte.
    Tira fuori il manganello che aveva nel cinturone
    Lo punta dritto verso gli autonomi che avanzano.
    CARICAAAAAAAA !
    Urla.
    Li vedo partire tutti in avanti.
    Partono tutti ordinati però.
    Sembra uno schema già ben collaudato.
    I dimostranti si fermano.
    Hanno una esitazione.
    Indietreggiano.
    Poi arretrano e si disperdono lateralmente.
    Ma non fanno tutti in tempo a farlo.
    Loro gli piombono addosso come falchi che addentano la preda.
    Vedo persone che volano per aria da tutte le parti dove loro passano.
    Nino ?
    Penso.
    Se avessi questi nella tua Squadra, vinceresti
    la coppa dei campioni di Rugby !
    Per terra dove passano ci sono solo mezzi cadaveri sanguinanti ed agonizzanti.
    Presi subito e portati via dai colleghi in borghese della Digos.
    Poi…..
    Vedo una ragazza che si era defilata.
    Apre il suo zainetto.
    Tira fuori un sasso e lo tira con rabbia verso di loro.
    La sua mossa però non sfugge ad un collega in corsa.
    Lui si gira la vede e le corre contro, manganello alla mano che gira per aria.
    Lei poveraccia lo vede terrorizzata.
    Si tuffa per terra e si ficca sotto un auto ivi parcata.
    Il collega si ferma.
    Si abbassa.
    Poi tira un colpo di manganello all’interno della cavità.
    Lo tira teso in avanti.
    Vedo la ragazza rotolare dall’altro lato dell’auto.
    Madonna mia Santissima !
    Pensavo guardando la scena.
    L’avrà colpita dritta nella pancia, come minimo
    per non pensare una altro posto in mezzo alle sue gambe.
    Il collega intanto gira veloce dall’altra parte dell’auto.
    Ed è già su di lei.
    La prende con una mano e la solleva per aria.
    Lui doveva essere un pilone della nostra Squadra
    delle Fiamme Oro di Rugby.
    Pensavo guardando la scena.
    Assomigliava a Bud Spencer.
    Era una montagna umana.
    La comincia a prendere a schiaffoni nella faccia.
    Le vedo il volto pieno di sangue.
    E gentile, pensavo.
    Non usa il manganello.
    Arriva un brigadiere.
    FORCOLIN ????
    Gli urla.
    BASTA !!!!!
    TRATTI TE COSI’ TI LE SIGNORE ???
    Lui si ferma e lo guarda serio.
    Brigadiere ??
    Qui non vedo nessuna signora !
    Vedo solo una puttanella che ci tirava pietre addosso !
    Ostrega !
    Ma siccome lei comanda mi eseguo.
    E la lascia di colpo.
    Lei rovina per terra.
    Arrivano subito dei colleghi in borghese
    che la prendono e la portano via.
    Asciugandogli il sangue con dei fazzolettini.
    Cazzo !
    Pensavo.
    Qui manca solo di sottofondo l’Overture della Gazza
    Ladra di Rossini.
    Poi sembra davvero Arancia Meccanica.
    Avevo sentito parlare di loro alla scuola.
    Ma la realtà che avevo visto superava di molto
    le voci che si sentivano sul leggendario 2 Reparto celere
    Di Padova.
    Sono davvero una furia della natura.
    La battaglia era naturalmente vinta.
    Tiriamo tutti un respiro di sollievo.
    Ci togliamo i caschi.
    Gli occhi ancora ci lacrimano, troppi lacrimogeni tirati.

    Giani !
    La sua voce mi ridesta dai soliti pensieri.
    Si era risvegliata di nuovo.
    Vale, dimmi pure.
    Hai visti i Carpazi ?!
    Altrochè se li ho visti.
    Davvero spettacolari.
    E l’amico autista sorride dallo specchietto e mi schiaccia l’occhio.
    Tranquillo amico.
    Ho ancora tanti altri pacchetti di sigarette Kent quanti
    Ne vuoi tu.
    Ma il suo è nuovamente un risveglio
    temporaneo.
    Voi magari pensate che la faccio dormire apposta.
    Così possono partire i ricordi paralleli.
    No.
    Assicuro che era così.
    Lei era solo troppo felice di stare accanto a me.
    Lo sentivo questo.
    Ma era abbastanza stanca, forse non era abituata a questo.
    E la strada per Brasov era ancora lunga.
    E la mia mente pensa.
    Adesso si che siamo a Londra.
    O meglio.
    London City.
    Dopo la notte trascorsa sul bus rosso
    a due piani, alle sei di mattina arrivati
    al capolinea del Tower Bridge, scendiamo.
    Non manchiamo di ringraziare l’amico indiano
    Che ci aveva ospitati nei sedili dei piani alti
    del suo Bus trasformato in Ostello.
    Tanks Sahib !
    Gli dice Pippo.
    Ambrogio ci guarda.
    Io adesso vi saluto.
    Dove vai ?
    Gli chiedo.
    Me ne torno a Milano.
    Non ho più un cazzo da fare qui.
    Ma la scriverai la tua tesi ?
    Ah Certo che si.
    Eccome se non la scriverò !
    Lo abbracciamo tutti poi lui si allontana.
    Noi non sappiamo dove andare.
    Andare a cercare un Ostello che abbia posti
    liberi è solo una impresa inutile.
    O forse abbiamo sbagliato noi.
    Pensavamo.
    Dovevamo prenotare per tempo.
    Ma ormai era ormai tardi per farlo.
    Si era già li ed in mezzo alla strada.
    Andiamo ad Hyde Park.
    Il polmone verde di Londra.
    Ci stendiamo per terra sull’erba verde.
    E se piantassimo qui le nostre tende ?
    Dico.
    Ci metterebbero subito dentro.
    Mi dice Emilio ridendo.
    Ogni Inglese che passa, Pippo gli grida…
    Ehi Joe ?!!
    Ed io tiro una solenne pernacchia.
    Prrrrrrrrrrrrrrrrr !
    Ma l’ennesimo “pernacchiato”non ci sta.
    Che cazzo mi fate ?
    Sono un Italiano come voi !
    Ci grida.
    Scusaci tantissimo paesano.
    Gli diciamo umiliati.
    Lui si avvicina a noi.
    Era anche lui un ragazzo.
    Mi chiamo Marco e sono di Cesena.
    Ci dice.
    Prende posto sull’erba accanto a noi.
    Scusaci tantissimo amico.
    Gli dice Emilio.
    Ma sai siamo qui da un solo giorno e già
    abbiamo avuto terribili esperienze negative con i “locali”.
    Non mi dite nulla !
    Ci dice lui ascoltando le nostre peripezie.
    Io sono qui da tre mesi.
    So bene come vanno le cose qui.
    Che cosa fai Marco ?
    Suono qui la chitarra.
    Ad Hyde Park si può fare quello che si vuole.
    Ed io suono.
    Poi raccolgo i penny che mi danno e me ne vado a mangiare.
    Ma voi ?
    Non sapete da come ho capito dove alloggiare, vero ?
    Ci dice serio.
    Si Marco, non lo sappiamo.
    Pensiamo di ripartire oggi stesso.
    Andiamo su in Scozia.
    Magari li troviamo posto.
    Ma no !
    Ci dice lui.
    Vi porto io in un posto dove alloggiare.
    Infatti ci porta abbastanza fuori città.
    Prendiamo un treno per arrivarci.
    Si chiama “Tend City” ed è proprio una tendopoli.
    Qui si paga poco e si sta benissimo.
    Ci dice non appena arrivati.
    Aveva ragione da vendere.
    Troviamo subito posto in una gigantesca tenda piena di brande.
    Amico ?
    Come ti possiamo ringraziare per quello che hai fatto per noi ?
    Ma volete scherzare ?!
    Ci dice ridendo.
    Siamo sdraiati fuori dalla tenda, in mezzo all’erba.
    Lui prende la chitarra e comincia a suonarla.
    La suona benissimo davvero.
    Ed intona dei brani di Bob Dylan.
    Istintivamente ci mettiamo a seguire la sua bellissima voce
    Intonando dei cori da Woodstock.
    Lui suona e noi cantiamo in coro con lui.
    Un vero concerto all’aria aperta.
    Si avvicinano delle ragazze.
    Si siedono accanto a noi e ci guardano cantare.
    Alla fine dell’ennesimo pezzo lanciano
    Un lungo applauso.
    Bravi !!
    Ci dicono.
    Italiane ?
    Chiedo asciugandomi la fronte intrisa di sudore.
    Si.
    Mi dice una di loro.
    Mi chiamo Betty Po e sono di Modena.
    Il resto della sera trascorre lietamente.
    Loro si associano a noi nelle nostre canzoni in coro
    cantando a squarciagola con noi.
    Alla fine della serata, Betty finisce dentro il mio sacco a pelo.
    E non pensate sempre male di me !
    Io non l’avevo invitata a farlo.
    Era stata lei a volerlo.
    Però assicuro che in due in un sacco a pelo si sta benissimo !

    Este Brasov !
    Dice l’autista mostrandoci una città che è praticamente
    Arrampicata sui Carpazi.
    Poiana Brasov !
    Mi scuoto ed i miei pensieri cessano di colpo.
    Eravamo finalmente arrivati.
    Brasov è una cittadina davvero carina.
    Sembra una nostra città dell’arco alpino.
    Molto pulita e ben curata.
    Lontana anni luce da quel mondezzaio caotico
    che era Bucarest.
    Qui l’impronta Austriaca la si tocca per mano.
    Infatti vedo che tutti i cartelli e le insegne
    Dei negozi sono scritti in doppia lingua.
    Romeno e Tedesco.
    Un po’ come da noi a Bolzano.
    Qui parlare Tedesco, Giani.
    Mi dice lei.
    Me ne sono accorto.
    Le rispondo.
    Come al solito è una guida turistica eccezionale.
    Dovunque passiamo mi spiega tutto.
    Poi mi guarda.
    Tu avere fame ?
    Mi chiede.
    Guardo l’orologio.
    L’una.
    Ma più che altro sento il mio stomaco.
    Che come al solito a fronte della mia
    dimenticanza minaccia lo sciopero generale.
    Si Vale.
    Le rispondo.
    Lei sussurra qualcosa all’autista.
    Lui le fa cenno di avere capito.
    Arriviamo in una sorta di grande chalet.
    Entrati dentro, sembra di essere tornati
    indietro di miglia di anni.
    Tutto infatti ricorda la Dacia dei tempi
    della conquista da parte dell’imperatore
    Traiano.
    Gli arredamenti ed anche quelli della servitù sono vestiti
    come gli antichi Daci, costumi rigorosamente dell’epoca.
    Cappelli in testa con le corna comprese.
    Carino qui.
    Le dico mentre prendiamo posto.
    Mi ritorna in mente Londra.
    Oxford Circus.
    E’ una piazza nel cuore della città.
    C’era una mensa universitaria.
    Marco, l’amico di Cesena, c’è l’aveva consigliata.
    Con pochissimi penny mangerete da Dio.
    Ci aveva detto.
    Ed aveva ragione.
    Poi avevamo scoperto che la stessa era praticamente
    in mano Italiana.
    Tutti i compaesani che giravano per l’immensa Londra,
    alle 13 in punto si ritrovavano qui dentro.
    Il bello degli Italiani all’estero è che a differenza
    di quando sono dentro i confini nazionali, ove
    si fanno la guerra civile tra terroni e polentoni varie,
    quando sono all’estero appunto fraternizzano.
    Da qualsiasi posto dello stivale provengano.
    Forse alleati a fronte del comune nemico
    Che ci guardava con snobbismo razziale come specie
    inferiore, volgare e casinista.
    Eravamo tutti e quattro seduti a mangiare.
    Ma chi Sfaccimi i città è questa ?
    Erano due ragazzi napoletani da poco entrati.
    Io con 50 lire ma già girato tutta Napule.
    Qui solo per fare un chilometro a già caccià 50 penny !
    Paesani, benvenuto a Londra.
    Gli diciamo quasi in coro.
    Loro ci guardano e ci ricambia il nostro saluto.
    Si paga molto accà ?
    Si chiede uno di loro.
    Guarda.
    Gli spiega Emilio.
    Alla cassa di diranno sei penny, ma qui gli italiani
    pagano il prezzo politico di cinque penny.
    Hai capito ?
    Aggiù capito e grazie per l’avviso vostro !
    Li seguiamo girare per il self service con il vassoio.
    Arrivati infine alla cassa, il cassiere gli dice Six ! (Sei)
    Five ! (Cinque)
    Risponde il primo di loro.
    Six penny !
    Insiste il cassiere.
    Five !
    Ribatte il partenopeo.
    Six !
    FIIIIIIIIIIIIVEEEEEEEE !!!
    Urla il compaesano.
    Five, five !
    Risponde il cassiere in segno di resa totale
    ed incondizionata.
    E si, li comandavamo noi !.
    Ci mettiamo tutti e quattro a ridere di cuore.
    Giani ?
    Cosa tu mangiare…
    La sua voce mi riporta alla realtà.
    Scusami Vale, pensavo.
    Io penso sempre.
    Cogito ergo sum !
    Che cosa volere dire ?
    Mi chiede.
    Ma non studiate Cartesio a scuola ?
    Le chiedo.
    No.
    Chi essere lui ?
    Ma è stato un grande filosofo francese.
    Vedi Giani.
    A noi fare studiare solo filosofia marxista leninista.
    E basta ?
    Si.
    Loro dire noi che essere la migliore di tutte.
    Inutile studiare le altre.
    Sai che strazio deve essere la vostra scuola !
    Mi scappa di dire.
    Lei si mette a ridere.
    Friptura !
    Esclamo.
    Mangio friptura.
    Era per me un piatto super collaudato, andavo sul
    Sicuro.
    Da, Giani.
    Mi risponde lei.
    E riferisce al “conrnuto” cameriere che sta
    Davanti a noi ad annotare le nostre ordinazioni.
    Davvero molto buona !
    Le dico non appena ultimata la friptura.
    Non scherzavo stavolta.
    Sarà perché forse mi stavo abituando
    Alla loro cucina ?
    Pensavo.
    No, la prossima volta che vengo, gli spaghetti
    me li porto lo stesso !
    Concludo.
    Strano, già stavo pensando ad prossimo
    mio viaggio li.
    Chissà perché lo pensavo.
    Sono contenta che piacere a te, Giani.
    Mi dice lei.
    Come al solito le sue parole mi riportano alla realtà.
    L’autista come al solito, ultimato il pasto, si alza
    con la scusa che deve andare a fumare e si defila.
    Io gli schiaccio gli occhi di sbieco.
    Lui mi risponde facendomi un cenno con la mano
    mentre va via.
    Eravamo da soli.
    Che lavoro fai ?
    Le chiedo.
    Vedi Giani.
    Prima lavorare ad edicola, vendere giornali.
    Ma io non fare come loro dire.
    In che senso, scusami ?
    Le richiedo.
    Loro dire me, tu conservare giornala più importanti
    per membri partutul, (del partito)
    Io invece se persona venire e chiedermi giornala, io dare lui.
    Giornala finito e quando venire membro partitul, lui
    Essere arrabbiato con me, così loro buttarmi fuori dal lavoro.
    Sei una ribelle agli ordini, come me !
    Le dico ridendo.
    Pensavo a Geppino Racca ed Alessandro Marangoni.
    I miei Capitani Coraggiosi, come un famoso romanzo di
    Kipling.
    Il primo era quello attuale alla scuola sottufficiali
    di Nettuno.
    Il secondo lo era stato a Brescia, alla Polgai.
    Siccome ero solito mobilitare i colleghi in riunioni
    per organizzare proteste varie contro le decisioni
    del supremo comando, in genere detenuto da
    un Tenente Colonnello.
    Praticamente io ero la loro disperazione.
    Di Blasi !
    Mi dicevano mandandomi a chiamare dai loro
    giannizzeri dei sottufficiali.
    Non faccia scoppiare sommosse !
    Se ci sono problemi ne discuta prima con noi.
    La Polizia stava davvero cambiando.
    In altri tempi mi avrebbero messo le manette
    e portato dritto al carcere militare di Peschiera del Garda.
    Ma forse erano anche loro, gli ufficiali che stavano cambiando.
    Erano in fin dei conti ragazzi come me.
    Solo che aveva tre stellette in più sulle spalline.
    Ma sentivo che ritenevano giuste le nostre rivendicazioni
    democratiche.
    Per ovvi motivi non potevano approvarle davanti a tutti.
    Ma in privato ne parlavamo.
    Eccome se ne parlavamo.
    Loro si spogliavano dei loro gradi e patacche varie.
    Io gli spiegavo con calma tutti i problemi.
    Loro ascoltavano molto attenti.
    E prendevano appunti.
    Ne parlerò con il Colonnello.
    Mi dovrà sentire !.
    Mi dicevano alla fine.
    E lo facevano.
    Siccome i miglioramenti li percepivamo subito.
    Come se avessero recepito le nostre doglianze.
    Adesso lavoro alla Autobasa.
    Mi dice lei.
    Ah !
    Scusami, ma che cosa sarebbe ?
    Le chiedo.
    Una, come dire Giani, auto stazione, ecco !.
    Davvero ?
    Si.
    E che fai ?
    Fare come dire, contabilità.
    Bello.
    Io non lo farei manco se mi scannassero il ragioniere.
    Pensavo senza però dirglielo.
    Usciamo ?
    Le dico.
    Si Giani.
    Io ora portare te in funevia !
    Andiamo, anzi come dite voi qui mergiamo !
    Usciti dopo aver pagato io per ovvi motivi il conto, con
    relativa lauta mancia, un pacchetto di Kent setto il foglio
    piegato del conto.
    Abbiamo mangiato benissimo, pensavo, se la sono meritata.
    L’autista, solita sigaretta in bocca, ci aspetta
    fuori, pronto a muovere.
    La strada adesso va in decisa salita.
    Lei mi sta sempre abbracciata.
    Adesso mi vedo con la maglia bianco verde a righe orizzontali.
    La partita è decisiva.
    Se non si vince, si retrocede.
    Se si vince ci salviamo noi e retrocedono loro.
    Contro il Cosenza di solito vincevamo sempre.
    Ma stavolta loro si stavano battendo da leoni.
    La partita è in equilibrio siamo a soli due punti di differenza
    a loro vantaggio.
    Manca poco alla fine.
    L’ennesima nostra azione di attacco era sfumata.
    Il loro estremo, il numero 15 per capirci, però sbaglia
    il rilancio.
    La palla ovale invece di andare in avanti si impenna per aria.
    Io ero li, ed aspetto la sua ricaduta.
    La prendo a volo e parto deciso in avanti.
    Vedo la linea di meta non lontana.
    Vedo con la coda degli occhi che Pippo corre subito
    dietro me.
    Ma ho due avversari davanti.
    Sono gli ultimi, poi il campo è libero.
    In questi casi come sempre si decide in meno di
    un secondo cosa fare.
    Ed io palla alla mano gli punto contro.
    Loro restano sorpresi, questo è pazzo ?..
    Avranno pensato venendomi a loro volta incontro
    Con intenzioni truci di placcarmi.
    Arrivati proprio vicinissimi all’impatto, un istante prima dello
    stesso, senza voltarmi lancio indietro la palla a volo.
    Poi gli finisco addosso e roviniamo tutti e tre per terra.
    Ma alzando la faccia da terra, vedo Pippo palla alla mano correre
    verso la porta avversaria.
    L’aveva presa a volo scattando deciso avendo ormai il campo libero.
    In realtà era uno dei tanti schemi che provavamo in allenamento.
    Nino l’aveva chiamata, manovra di finta con aggiramento
    finale alla Rommel.
    Pippo passa attraverso la porta, poi si tuffa e schiaccia l’ovale per terra.
    E’ la meta più spettacolare che si possa fare.
    Poi si rialza e come suo solito lancia in aria il suo braccio in segno
    di vittoria.
    Io mi rialzo di corsa, lasciando i due avversari per terra.
    Uno di loro tira vistosi pugni per terra in segno di stizza.
    Gli piombo addosso abbracciandolo.
    Arrivano tutti gli altri.
    Formiamo una paddazza uni sull’altro per terra, festosa stavolta.
    Nino dalla panchina salta e urla come un matto.
    Eravamo salvi !
    Mi scuoto sentendo l’autista fermarsi.
    Giani, siamo arrivati, prego scendere giù.
    Beh viaggiare in funevia equivale
    in piccolo come viaggiare in aereo.
    Solo che in aereo sei proprio sospeso per aria
    Mentre qui sei attaccato ad una fune appunto.
    Bel paesaggio molto suggestivo.
    Lei guarda giù in basso.
    La vedo un po’ scossa.
    Cos’è ?
    Le chiedo.
    Ho visto un cagnolino piccolo piccolo.
    Mi dice indicando molto in giù.
    Mi viene da ridere.
    Poi penso sempre al perché la Sicurezza
    Ci tollerava.
    Camminando per strada mi veniva istintivo
    ogni tanto guardarmi attorno.
    Così tanto per vedere se qualche mattacchione
    ci seguiva.
    Ma non vedevo nessuno.
    Due erano le cose.
    Pensavo.
    Ho non lo fanno, cosa molto improbabile
    questa, oppure lo fanno così bene da non
    farsene accorgere.
    Insomma mi marcavano a “zona”, a distanza
    cioè, in modo per me assolutamente invisibile.
    Poi sapendo che ero poliziotto e pure della “difficile”
    avevano pensato che me ne sarei accorto
    se mi avessero marcato a”uomo”.
    Ma ormai avevo concluso che avessero
    rinunciato ad intervenire.
    Questo bravo italiano.
    Avranno concluso.
    Non combina casini, non traffica nulla.
    Bravo ragazzo.
    E poi, tanto ormai il mio soggiorno
    li volgeva alla fine.
    Scherzando e babbiando era volata una
    settimana e pure di più.
    E le mie ferie volgevano al termine.
    Se non lo avevano fatto fino a quel momento
    voleva dire che non lo avrebbero fatto più.
    Gli starò simpatico.
    Pensavo.
    Il viaggio di ritorno è tranquillo.
    Lei si assopisce come al solito,
    ed io mi assopisco invece nei pensieri.
    Adesso siamo a Parigi.
    Gare de Lion.
    La stazione centrale.
    Parigi val bene una messa !
    Avevo detto scendendo dal treno proveniente
    da Amsterdam.
    Chi l’avrà detta sta frase ?
    Mi sembra Enrico IV il re ugonotto
    che per diventare re si convertì al cattolicesimo !
    Amsterdam.
    Era stato bello li.
    Li praticamente fumavano erba tutti quanti.
    pure i bambini.
    L’uso personale era all’epoca consentito e tollerato.
    Era vietato però spacciare.
    Nel centro della città c’era una piazza,
    Piazza Dam si chiamava.
    Li praticamente basta solo che ti siedi negli scalini
    del monumento posto a suo centro, e nel giro
    di pochi minuti hai l’occasione di poter acquistare
    tutti i tipi di droga che esistono sulla terra.
    Prima passava il negrone che vendeva hashish, subito
    dopo il greco che vendeva l’acido ed infine arrivava
    L’italiano che diceva sottovoce, “eroina”, volete ?
    Ma non ti vergogni a vendere l’eroina ?
    Gli avevamo detto.
    Che cazzo di colpa ne ho io.
    Questa mi passano da vendere, e questa vendo !
    Ci aveva risposto allargando le mani.
    Ci fai solo schifo.
    Cerca di sparire dalla nostra vista.
    Gli diciamo quasi in coro.
    E lui infatti si era subito allontanato siccome
    aveva notato che stavamo proprio per incazzarci.
    Parigi è bellissima.
    Vale davvero la sua fama.
    Ci mettiamo alla ricerca dell’Ostello.
    E’ situato in periferia.
    Bisogna prendere un trenino a Gare d’Austerlitz.
    Poi si attraversa un quartiere tutto popolato da Algerini.
    Infine lo scorgiamo.
    Sorge in mezzo ad una villa piena di verde.
    Li non ci fanno problemi.
    L’accoglienza di Londra è solo un lontano ricordo.
    Solo che per il pranzo dobbiamo provvedere noi.
    Solo colazione e cena, passava il convento.
    Per strada, poco lontano da li avevamo notato una sorta di trattoria.
    Con insegna scritta in francese ed in arabo.
    Sistemata la nostra roba ci mettiamo in rotta
    verso la stessa.
    Prima di entrare facciamo un giro attorno,
    così per guardarlo bene.
    Un tale davanti alla porta ci nota.
    Guarda il mio zainetto con una piccola bandiera
    tricolore cucita in centro.
    Italiani ?
    Ci chiede.
    Siciliani !
    Gli risponde Antonio, nostro traduttore di
    Francese.
    Siciliani ?
    Fantastico !
    Grida lui.
    Io stare in Sicilia, molto bella e ospitale.
    Venite, entrate pure.
    Era il padrone del locale.
    Ci fa accomodare e poi si mette dritto
    davanti a noi.
    Voi dovete venire a mangiare sempre qui !
    Ci dice.
    Grazie amico, vista l’accoglienza penso che lo
    faremo molto volentieri.
    Cosa volete mangiare ?
    Bistecca per tutti !
    Dice in francese Antonio.
    Oui, messie.
    Ma quello che ci porta è tutto tranne che unna bistecca.
    Ma che cazzo gli hai detto di portarci ?
    Chiede un incazzatissimo Emilio ad Antonio.
    Lui allarga le mani, cerca di giustificarsi.
    Ma il ristoratore capisce tutto e viene da noi.
    Cerca di capire cosa intendiamo per “bistecca”.
    Na fedda i carni !
    (Una fetta di carne !)
    Gli dico io in puro siculazzo.
    Lui si sbatte la mano in testa.
    Oui !
    Ci porta quattro bellissime bistecche.
    Vere stavolta.
    Noi quasi arrivati.
    Sento dire all’autista, sempre sigaretta kent in bocca.
    Questo mi riporta alla realtà.
    Domani facciamo riposo le dico.
    Non volere mergere la Sinaia, Giani ?
    No, dopodomani parto e voglio starmene
    tranquillo.
    Le dico.
    Come tu volere, Giani.
    Magari domani mergere a Tirgoviste.
    Dov’è ?
    Le chiedo.
    Qui vicino, mezza ora di Autobasa.
    In questo caso d’accordo, andiamoci pure.
    Tirgoviste este capoluogul di Contea
    Dimboviza.
    Io studiare acolo (li) Liceul.
    Andare a trovare mia amica Tatiana.
    Come vuoi tu, Vale.
    Tatiana era mia compagna di Liceul.
    Este per me come sorella.
    Beh, allora in questo caso come si fa a
    non andarla a trovare ?
    Le rispondo ridendo.
    Dopo cena, vinto dalla stanchezza saluto
    tutti e vado nella mia camera o meglio la sua
    camera avuta per gentile comodato d’uso.
    Lei stavolta ritarda a venire.
    Avrà avuto problemi, forse sua madre non è ancora
    andata a dormire.
    Non che sua madre non sapesse che lei la notte veniva a stare
    con me, ma sapete, lei pudicamente preferiva che la
    stessa andasse a dormire prima di venire a trovarmi.
    Se prendo sonno, mi sveglierà pensavo.
    Così la mia mente torna ai soliti ricordi.
    La scuola sottufficiali di Nettuno era chiamata
    Il reparto celere bis di Roma.
    Siccome eravamo spesso impegnati nella capitale
    a fare ordine pubblico.
    Avere quattro compagnie a disposizione era per
    il Ministero una sorta di superlusso.
    Poi il nostro era un reparto celere sui generis.
    Siccome lo stesso era composto da poliziotti
    provenienti da tutti i reparti e specialità d’Italia.
    C’erano quelli della “Mobile” pronti ad arrestare citando
    tanto di articoli di legge ai malcapitati che ammanettavano.
    Poi c’erano gli stradalini che oltre a menare
    poi cominciavano a verbalizzare contravvenzioni
    al codice della strada con cifre ricche di tanti zeri finali.
    E poi c’erano i celerini ordinari, quelli provenienti
    dai veri reparti celeri.
    Loro diciamo facevano il lavoro prettamente manuale, dare
    cioè le mazzate.
    Noi facevamo il lavoro corollario.
    All’epoca si avanzava dietro i blindati.
    E questo siccome già erano sbucate le prime pistole
    che ci sparavano addosso.
    Il Blindato ci dava garanzia di protezione.
    Poi improvvisamente si sbucava fuori dalle due ali fuori dallo stesso
    e si colpiva duro.
    Finita l’azione si rientrava velocemente dietro il blindo.
    Certo non eravamo il leggendario 2° di Padova.
    Quelli erano insuperabili.
    Ma dicevano le voci che Nettuno, se si doveva fare una
    sorta di classifica, veniva subito dopo Padova.
    Quella volta a Bologna ero in fila alla mensa.
    Improvvisamente mi vedo giungere due di Padova
    Accanto a me.
    Per guardarli in faccia devo sollevare tutta la testa verso l’alto.
    Saranno sul metro e novanta, pensavo.
    Non gli arrivavo neppure alle spalle.
    Li sentivo parlare.
    Furlan !
    Stasera ‘ndemo in discoteca ?
    Chiede uno all’altro.
    Certo che si, zio povero !.
    La risposta dell’altro.
    Ma Furlan ?...
    Torna a chiedere il primo.
    Se lo portemo il manganello ?
    Cazzo !
    Certo che ce lo portemo.
    Scherzi ?
    Vuoi andare li a saltare senza averlo addosso ?!!.
    E si mettono a ridere.
    Pensa a questi, devono andare a divertirsi
    E si portano dietro i manganelli.
    Questo voleva dire che già ci andavano
    con le migliori intenzioni possibili.
    Ma forse loro si divertivano così.
    Più che a ballare preferivano legnare.
    Mi viene sempre più sonno, ma mi sforzo
    di tenere gli occhi aperti.
    Lei ancora non è venuta.
    Sua madre avrà l’insonnia stasera.
    Siamo a Parigi stavolta.
    Seduti nella sala dell’ostello intenti tutti
    E quattro a giocare la solita partita serale
    Di scala quaranta.
    Dopo una giornata a girare per le vie dell’incantevole
    Città delle Senna, era per noi una sorta di relax.
    Quando giochiamo siamo abbastanza casinisti.
    Ogni presa è sottolineata da immancabile battuta con risata
    collettiva finale.
    Con la coda dell’occhio vedo un gruppetto
    di ragazze inglesine.
    Loro sono sedute intente a conversare tra di loro,
    ma scorgo che sono attratte dalle nostre esuberanze e ci
    lanciano profondi sguardi.
    Finalmente riesco a vincere una partita.
    Era difficilissima la cosa.
    Emilio era un fuoriclasse a questo gioco e
    pure suo nipote Pippo non scherzava.
    Per cui la mia gioia è netta.
    Mi alzo dalla sedia e mi metto a ballare
    in segno di giubilo.
    Scarafone !
    Mi urla Emilio alzandosi.
    Hai imbrogliato, ammettilo !!.
    In effetti per vincere, siccome loro erano troppo forti per me
    avevo usato diciamo qualche “trucchetto” e lui se ne era
    accorto.
    Basta, io non ci gioco più !
    Dice Antonio alzandosi anche lui.
    Pippo lo segue a ruota.
    Ci sediamo sui divani, continuando gli inevitabili commenti
    del dopo partita.
    D’un tratto le inglesine si alzano e prendono posto accanto a noi.
    Cominciamo a conversare.
    Poi inevitabilmente si formano le coppie.
    L’unico a restare solo mettendosi da parte è Emilio.
    Lui è fidanzato ufficialmente, penso.
    E se Maria Assunta viene a sapere cose del genere
    gli rompe, da buona siciliana, le corna a colpi di manico di scopa.
    Ma noi non abbiamo nessun impegno per cui alla
    fine si finisce inevitabilmente a coppia sdraiati
    nelle brandine.
    A fare cosa, ve lo lascio solo immaginare.
    Debbo dire però che le inglesi a differenza della loro apparente
    Freddezza esteriore, a letto sono davvero molto focose.
    E poi per noi è una sorta di vendetta per il trattamento che ci avevano
    riservato a Londra.
    Emilio si mette fuori di guardia.
    Siccome le stanze per uomini e donne erano rigidamente
    separate ed era vietato per ovvi motivi stare
    insieme nelle stesse stanze, specie poi sulle brandine.
    Ma quella sera la sorveglianza è molto carente e noi
    ne approfittiamo volgarmente.
    Mi si chiudo gli occhi.
    Il sonno mi sta vincendo.
    Mi giro per dormire.
    Ma dopo un po’ come al solito mi sento accarezzare
    La testa.
    Finalmente è andata a dormire tua madre !
    Le sussurro girandomi verso di lei.
    La notte trascorre poi tranquilla.
    In effetti siamo un po’ stanchi tutti e due.
    Una sola volta, poi si dorme.
    Fino a che il solito frastuono che puntuale
    come una cambiale arriva alle sette di mattina
    dalla parte divisoria.
    Il vicino…..
    Dice lei.
    Lo possino ammazzare !
    Urlo.
    Ormai quella era diventata la nostra sveglia.
    Beh, stamattina potevamo dormire un po’ di più.
    porco cane !
    Mi scappa di dire.
    Non ti arrabiare, Giani.
    Tu portare pazienza.
    Aveva come al solito una voce molto convincente.
    Mi calmo.
    Mami este a Lucrare, Giovani este in orascia (paese)
    Noi soli in casa.
    Meglio ancora.
    A che ora andiamo a Tirgoviste ?
    Le chiedo.
    Quanto volere tu, Giani.
    Beh, visto che quel grande facchino e figlio di facchino
    del tuo vicino ormai ci ha svegliati, per me possiamo andarci pure
    adesso.
    Come tu volere, Giani.
    In effetti notavo che assecondava tutte le mie decisioni, come se per lei fossero
    Direttive che venivano da un testo sacro.
    Il tempo di fare colazione ed usciamo avviandoci
    alla fermata della corriera.
    L’autista oggi non ci serve, pensavo.
    Tragitto breve.
    E pacchetto di Kent risparmiato.
    Tra l’altro me ne erano rimasti pochini ormai.
    La corriera era davvero la diligenza per El Paso.
    Tutta malandata e sgangherata.
    A bordo della stessa c’era di tutto.
    Uomini e donni vestiti alla contadina.
    Sacchi di patate buttati per terra.
    Puzza incredibile di cipolla tanto che mi
    lacrimavano gli occhi.
    Altro che i nostri lacrimogeni, pensavo.
    Questi sono molto più efficaci !
    Mi ricordavo Luigi Cerro, il nostro lanciatore.
    Lui era di Palermo e da ex Carabiniere ausiliario
    era stato nominato sul campo dall’allora Tenente
    Rustia, nostro comandante di compagnia, comandante
    davvero di ferro, quale lanciatore ufficiale dei candelotti
    lacrimogeni.
    Eravamo infatti ancora Guardie Allievi, freschi di giuramento.
    Esperienza pratica, zero tagliato.
    Luigi vantava tre anni di Milite e lo dimostrava
    abbastanza bene.
    Era l’unico che si sapeva muovere.
    Prendeva il “tromboncino” che altri non era
    che un moschetto modello 91 modificato alla canna
    con l’aggiunta di un aggeggio ove veniva introdotto
    il candelotto.
    Il candelotto prima andava preso dallo zainetto.
    poi si toglieva la carica d’innesco dalla sua base e la si
    metteva in canna aprendo la culatta del moschetto.
    Infine si posizionava in cima al moschetto.
    Insomma per spararne uno poteva fare prima
    tranquillamente un trattato di pace, tanto era il
    tempo che vi occorreva.
    I più esperti li sparavano stando in piedi.
    Ma era sconsigliato e vietato, siccome potevano partire a tiro teso.
    Occorreva inginocchiarsi, posizionare il moschetto
    in modo tale da tenerlo fermo con la cinghia
    posandoci sopra la stessa il ginocchio.
    Poi si sparava.
    E partiva a tiro diretto verso l’alto
    Per poi ricadere a parabola verso il basso.
    Luigi riusciva a fare il tutto in pochissimi secondi.
    Se lo dovessi fare io, pensavo, il tempo di fare tutte
    quelle manovre e i manifestanti mi sarebbero
    già piombati addosso massacrandomi di botte.
    Il candelotto molte volte quando cadeva per terra poteva
    essere tranquillamente raccolto e rilanciatoci contro.
    Cosa che accadeva spesso.
    Allora le parti si invertivano.
    Eravamo noi a lacrimare.
    In effetti nell’addestramento venivamo preparati a questo.
    Ci facevano schierare, poi arrivava il brigadiere e ci lanciava
    addosso i candelotti o buttandoli a parabola dall’alto
    o facendoli strisciare per terra sotto i nostri piedi.
    E noi si doveva stare fermi.
    Sai che strazio.
    Una volta uno di questi si è fermato proprio sotto di me.
    Mi ha fatto piangere come un vitello, direbbe il vecchio
    Tex Willer.
    Gli anziani ci avevano dato i trucchi del mestiere.
    Limone abbondante spremuto sul fazzoletto azzurro
    posto a coprirci la faccia.
    Funzionava si, ma piangevi lo stesso.
    Di meno ma piangevi.
    Guardo dal finestrino.
    La corriera scende la discesa che porta a valle
    Filando come un siluro.
    Ma l’autista per caso è ubriaco ?
    Le chiedo.
    Sai Giani.
    Qui molti drinkano Suika già quando si alzano dal letto.
    Ora tutto si spiega.
    Le rispondo.
    In effetti entrava vistosamente contromano nelle curve.
    Fortuna che li circolavano solo pochissime macchine e tutte
    rigorosamente Dacia made in Romania.
    Tirgoviste ci appare dall’alto.
    E’ una città che si distende lungo la valle che si apre alla
    fine della discesa.
    Quanti abitanti fa ?
    Le chiedo.
    Cento cinquanta mila.
    Mi risponde lei.
    Quanto Messina, allora.
    Sai Giani, Targoviste este città storica della Romania.
    Antica capitala della Moltenia , questa regione.
    Nicolae Presidente Nostro, la vuole fare diventare
    Seconda capitala, dopo Bucaresti.
    Lui dire sempre che Targoviste è seconda capitala.
    Beh, se lo dice lui, ci sono davvero ottime
    possibilità che ciò avvenga, visto che qui non
    si muove foglia che Nicolino Ceausescu non voglia !
    Lei si mette a ridere.
     
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    Parte settima

    Anche qui a Tirgoviste lei mi fa come al solito
    Da guida turistica.
    Mi spiega tutto quello che vediamo dove passiamo.
    Mi porta al centro ove sorge un bellissimo palazzo immerso
    nel verde di un grande giardino.
    Questo palazzul dei re di Valacchia.
    Mi spiega.
    Vedi Giani, qui stare anche il re Vlad,.
    Vlad Chi, Vale ?
    Dracul !.
    Davvero Vale ?
    Da, si.
    Perché non vieni in Italia ?
    Le chiedo.
    La ti farei io da guida turistica.
    Lei arrossisce.
    Este interziso (vietato) per noi romeni andare in occidetul.
    Me lo dovevo immaginare.
    Noi potere mergere solo in paesi dell’est.
    Allemagna est, Polonia, Russia, Ungaria…
    E in Jugoslavia non potete andare ?
    La interrompo.
    Nu , no !
    Ma scusa non è anche un paese dell’est ed è socialista come voi ?
    Nu, no Giani.
    Loro dicono che essere troppo amici con voi occidentela.
    E ti pareva !.
    Se potevi andarci, li ti avrei potuto fare passare la frontiera !.
    Appunto loro non farci andare li.
    Sono davvero troppo scientifici !.
    Lei si mette a ridere.
    Adesso noi mergere (andiamo) da Tatiana.
    Mi fa lei.
    Mergiamoci pure.
    Sai lei vive con genitori.
    Este figlia unica e casa este sua proprietate.
    Ed è permesso ?
    Le chiedo.
    Da, si.
    Tutte case essere dello stato aiccia (qui).
    Però essere consentita piccola proprietà.
    Anche dove stai tu a Moreni ?
    Da, si.
    Ma quella è una villa davvero carina, altro che i palazzoni casermoni che
    vedo in giro.
    Mia casa essere stata fatta da Americani.
    Loro essere in nostro paese prima di guerra.
    Loro sfruttare pozzi petroliferi.
    Quelle case erano per loro ingegneri.
    E ti pareva !.
    Le dico.
    Mi sembrava che era costruita troppo bene.
    Mia casa este divisa in due parti.
    In una stare noi in altra stare mio vicino
    Il rompipalle !
    Urlo pensando a quel frastuono di rapsodie zitane che puntualmente
    andavano in onda alle sette di mattina.
    Lei si mette a ridere.
    Qui tutto essere di Statul, (dello Stato).
    E tutti dovere lavorare.
    Se tu non hai lavoro, polizia viene a casa tua.
    Perché tu non lavorare ?
    Gli chiede.
    Lui rispondere io non trovare lavoro !.
    Te lo troviamo noi il lavoro !!.
    Rispondere a lui Polizia.
    Però !.
    Ottimo questo sistema, si dovrebbe adottare anche da noi in Italia.
    Un sacco di sfaccendati fannulloni sarebbero subito sistemati.
    Loro dire noi che li in Italia fare gli spazzini con laurea,
    este vero Giani ?
    Mi chiede improvvisamente lei.
    Purtroppo si.
    Li funziona tutto in un altro modo da qui.
    Le rispondo.
    Vedi, l’Italia è un paese che va avanti da solo.
    Il governo ci sta così solo per figura.
    Tanto per riempire un noto palazzo di Roma, chiamato
    Palazzo Chigi.
    Meno male che c’è il Papa che pensa e prega per noi.
    Le dico ridendo.
    Ma voi siete pazzi, Giani ?
    Mi chiede ancora.
    Perché Vale ?
    Voi avere fatto Papa Polacco.
    Si riferiva al grande Karol, da poco eletto.
    Lui Polacco, Papa comunista !
    Mi viene spontanea una sonora risata.
    E si, hai ragione Vale, noi italiani siamo tutti pazzi.
    Intanto arriviamo a casa di Tatiana.
    Lei ci accoglie.
    Stava in casa con un ragazzo.
    I suoi genitori non c’erano, siccome erano in un'altra casa
    che avevano in campagna fuori città.
    Lui este Giani !!.
    Le dice lei.
    Oh ma che sorpresa !
    Risponde Tatiana.
    Lei parlava un po’ d’italiano.
    Vale parlare a me sempre di te.
    Mi fa lei.
    Poi dopo esserci seduti, lei mi presenta
    Il ragazzo che sta con lei.
    Este mio, come dire, compagno, ecco !.
    Lui essere Architetto, se chiamare Marius.
    Si dice così, vero ?
    Si, esatto proprio così, Architetto.
    Dopo aver sorseggiato un liquorino per nulla male
    loro si mettono a conversare.
    Io scorgo una scacchiera.
    Guardo Marius.
    Lui capisce a volo.
    Ci ritroviamo seduti, davanti la stessa.
    Con il nero lui e con il bianco che cavallerescamente mi aveva dato come ospite,
    io.
    Partita Internazionala !
    Dice lui.
    Esordisco alla grande, con la mia solita tattica
    Con la finta di cavallo che in contemporanea da scacco
    al re gli frego la torre.
    Lui accusa il colpo.
    Ma si riprende subito.
    Gioca benissimo, con i contro cazzi.
    Mi avevano detto che questi dell’est sono dei grandi giocatori
    di scacchi ed adesso ne avevo piena conferma.
    Recupera l’handicap iniziale e mi mette in seria difficoltà.
    Le ragazze vedendoci giocare sospendono la conversazione
    e sc guardano giocare.
    Vale accanto a me, Tatiana accanto al suo Marius.
    Dopo una estenuante e trepidante partita, alla fine
    gli dico, Facciamo patta ?
    Infatti nessuno riusciva a prevalere sull’altro.
    Da !
    Fa lui.
    Pareggiare con il bianco equivale ad una mezza sconfitta,
    ma dato il grande valore dell’avversario per me è un grandissimo
    onore essergli riuscito a tenergli testa.
    Voi volere magiare ?
    Chiede Tatiana.
    Da, da.
    Risponde Valentina.
    In effetti come al solito sentivo il mio stomaco che
    stava cominciando come al solito a minacciare lo sciopero selvaggio.
    Dopo aver pranzato, Marius mi fa capire che vorrebbe
    Fare un’altra “partitella” a scacchi.
    Ma a me fa male ancora la testa per la prima, per cui
    declino il suo invito.
    Meglio torniamo casa ?
    Le chiedo.
    Come tu volere, Giani.
    Mi risponde lei assecondando come sempre l mia richiesta.
    Noi accompagnare voi a stazione autobasul.
    Dice Tatiana che aveva sentito il discorso.
    Così ci avviamo tutti e quattro verso la stazione
    dell’autobus.
    Autobus ?
    Quello è la diligenza per El Paso !.
    Mi scappa di dire ad alta voce.
    Perché tu dire questo ?
    Mi chiede Tatiana.
    Perché gli mancano solo i cavalli davanti e poi
    sarebbe davvero completa !
    Mi sa che ci sarà l’assalto degli indiani.
    Lei mi guarda tutta seria.
    Vedi, mentre saremo nel mezzo della salita,
    vedremo il postiglione volare via
    colpito da una freccia scoccata dagli Apaches
    di Geronimo.
    Io vedendo la cosa aprirò la parta a volo
    e come Ringo in Ombre Rosse salterò su
    e prenderò le briglie spronando i cavalli a correre
    sino alla morte.
    Un Apache si butterà però a volo sugli stessi.
    Sembrerebbe finita per noi ma sento una tromba in lontananza.
    Arrivano i nostri !
    Urlo.
    Il settimo cavalleggeri alla carica con le sciabole sguainate.
    Lei scoppia a ridere.
    Ma essere sempre cosi lui, Vale ?
    Scherzare sempre così ?...
    Da, da, Tatiana este, este !.
    Ma allora Giani fare morire te dal ridere !
    Da, da !, Tatiana.
    E comincia a ridere pure lei.
    No, parlo serio !.
    Dico tutto convinto.
    Ma lo sapete che la stessa cosa accade anche
    Ii Italia ?
    Davvero ?
    Chiede Tatiana tutta curiosa.
    Si !.
    Quando scendo giù nella mia Africa in licenza,
    Viaggiando con il treno, superata Lamezia Terme,
    in Calabria.
    Vedo passare il controllore con la freccia
    conficcata nel suo cappello in modo tale che lo trapassa
    da parte a parte.
    Che succede capo ?
    Gli chiedo io tutto preoccupato, guardandolo.
    Ci stanno attaccando gli indiani !
    Mi risponde lui tutto serio.
    Poi ci chiede.
    Chi di voi ha fatto il militare ?
    Uno di noi alza la mano .
    Tieni ecco a te allora.
    E gli porge il Winchester.
    Io sono sceriffo.
    Gli rappresento io cacciando fuori il mio tesserino d’ordinanza.
    A bene, allora tu sei a posto !
    Mi risponde lui tutto contento.
    Di quale città sei Sceriffo ?
    Mi chiede ancora, nutrendo quelche piccolissimo dubbio.
    Di Abilene, capo !
    Poi tiro fuori il mio cannone e mi apposto al finestrino.
    Prendo la mira ed il primo indiano vola via dal cavallo colpito dal mio tiro preciso.
    Di solito lo respingiamo sempre l’attacco…..
    Mi devo fermare siccome lei si sta proprio
    sbellicando dalle risate.
    Basta Giani, Basta !.
    Mi dice con le lacrime agli occhi.
    Poi prima di salire sulla “diligenza” ci salutiamo.
    Come si usa li, a Tatiana bacio la mano,
    Serra muna domniza Tatiana !
    Le dico abbozzando un inchino.
    A Marius invece gliela stringo con forza.
    Il viaggio di ritorno è più tranquillo.
    Adesso è salita, per cui deve andare per forza adagio l’amico Riccardo Patrese.
    Alias il conducente di turno.
    Penso.
    Solita popolazione a bordo.
    E Solita puzza di cipolla ed ortaggi vari.
    Lei si distende sul sedile.
    Ed io penso.
    Ma cosa succede se reagisco ?
    Mi viene questo flash improvviso.
    Eravamo al primo piano della Questura.
    Squadra Mobile.
    Quel giorno avevamo parecchi fermati.
    Per lo più tutti piccoli spacciatori.
    Io e Sanna avevamo il compito di sorvegliarli.
    Gli “anziani” ogni tanto venivano ne prendevano
    uno e se lo portavano con loro per interrogarlo
    In un'altra stanza.
    Quando vedevo Luigi davanti alla porta di quella stanza
    a fare da guardia, mi immaginavo già che specie di interrogatorio
    dovesse essere in corso.
    Voleranno schiaffoni da tutte le parti.
    Pensavo.
    Sino a che qualcuno di loro non si decide di cominciare
    a cantare.
    Dire cioè chi gliela forniva la droga per lo spaccio.
    A noi più che loro pesci piccoli, interessavano quelli grossi.
    Uno di loro, spazientitosi per la lunga attesa
    Aveva pronunciato appunto improvvisamente quella frase:
    Ma cosa succede se reagisco ?
    Dice tutto furioso e fa per scagliarsi su Sanna.
    Ma non fa in tempo a farlo, siccome Sanna lo anticipa
    con un pugno dritto ad uppercut tanto da farlo volare
    all’indietro ed a farlo sbattere sul muro.
    ECCO COSA SUCCEDE, ANIMALE !
    BAGASCIA SORI TUA !!.
    (Puttana di tua sorella !)
    Gli urla.
    Intanto entra Sasà Gagliano.
    Da un rapido sguardo e capisce la cosa.
    Guagliò ?
    Ci sono problemi per caso ?
    No Sasà, tutto a posto.
    Uno di loro ha avuto, diciamo, un lieve malore.
    Gli rispondo io.
    Lui mi guarda serio e guarda Sanna che si liscia
    ancora la mano dopo il pugno sferrato.
    Guagliò, occhio…..
    Che poi ci tocca dicere ‘o Magistrato
    che ha già cascato per ille scale dilla Questura !
    E già.
    Dovete sapere che le scale della Questura di Genova erano il luogo
    Più pericoloso di tutta la città della Lanterna !
    Infatti il Procuratore della Repubblica lo aveva detto al Questore.
    Deve decidersi a farle riparare queste sue benedette scale.
    Troppa gente si lamenta che vi ci casca facendosi male !.
    Tornati a casa sua, dopo essere scesi dalla
    “diligenza” che prosegue la sua corsa verso El Paso,
    intravedo dal cortile di accesso, attraverso la finestra
    un gruppetto di persone intento
    a conversare dentro casa con sua madre.
    Chi sono ?
    Le chiedo.
    Essere miei vicini, essere nostri buoni amici.
    Lei se chiama Anna Jolanda Bulu.
    Quella che hanno chiamato per farti la spia ?
    Da, si Giani.
    Ma lei dire tutto a me.
    Lei mia buona amica !
    Lo voglio sperare.
    Sai suo padre, signor Bulu avere lavorato in Algeria e pure lei
    Essere stata li, siccome lui lavorare con petrolio.
    Mi fa piacere saperlo, sono uomini di mondo insomma.
    Faccio per entrare, ma lei improvvisamente mi trattiene.
    Io non capisco la cosa.
    Lei mi guarda.
    Voi Italiani avete qualcosa contro Israele ?
    Mi chiede tutta seria.
    Perché mi chiedi questo Vale ?
    Con Anna este suo compagno Victor e suo
    cugino Marcello.
    Marcello este Israeliano este de Haifa.
    Lui qui in vacanza a casa sua.
    Ho capito.
    No Vale, noi Italiani siamo amici con tutti, Arabi
    Ebrei, Indiani d’America e pure con gli Inuit Esquimesi.
    Lei si mette a ridere.
    Possibile che tu scherzare sempre , Giani ?.!.
    Va bene possiamo entrare allora.
    Non c’è pericolo che scoppi un incidente diplomatico !
    Entrati, facciamo le dovute presentazioni.
    Poi ci sediamo a conversare.
    Lui este della Costanzia.
    Mi dice indicando Victor.
    E’ che cosa ?...
    Scusa Vale ma non capisco…
    Costaza, Orascia (Città) del Mare Negro !.
    Ah !
    Costanza il vostro porto sul Mar Nero ?..
    Da,da, si Giani.
    Lui lavorare al porto.
    Beh, vista la sua mole, sarà alto almeno un metro e
    novantacinque, lo credo bene.
    Scaricherà le navi senza aver bisogno della gru di supporto.
    Marcello è un tipo simpaticissimo.
    Capisce bene l’italiano e lo mastica pure un po’.
    Vale prende il disco che gli avevo portato in regalo.
    Era Wish You Were Here dei Pink Floyd
    Non potevamo però sentirlo siccome lei non aveva uno stereo.
    Solo una vecchia radio a valvole, come quella che ricordo aveva
    mia nonna Nunzia a Messina.
    Marcello lo guarda.
    Da, da !
    Este ottima formazio hasta !
    (Questo è un ottimo complesso)
    Poi si alza e ci dice che torna subito.
    E ritorna con una sorta di impianto stereo che aveva preso
    dalla loro casa li vicino.
    Lo monta subito e mette il disco in piastra.
    La loro musica affascina subito tutti.
    Ma este bellissimo Giani !
    Mi fa lei ascoltando la musica di apertura.
    Ed io che ti porto cose brutte ?
    Le rispondo ridendo.
    Le avevo anche portato una maglietta sportiva della Converse ed un paio
    di Jeans firmati.
    Le sue misure le avevo dedotte dalle foto che mi mandava,
    mia cugina Sandra a Genova aveva fatto il resto.
    Ti chiedo aiuto !
    Le avevo detto.
    Qui mi serve il tuo ottimo gusto femminile.
    Questo anche perché lei si vestiva sempre molto bene.
    E Sandra non mi aveva deluso.
    Lei non appena li aveva visti, mi si era buttata subito addosso
    baciandomi.
    E li aveva indossati immediatamente, come dalla foto
    che ho postato, li dove sta in piedi appoggiata.
    Del resto se confrontavo l’armadio di Sandra tutto bello
    pieno di capi rigorosamente “firmati” , ed il suo
    che avevo visionato nella sua cameretta, c’è nera di differenza.
    Eccome.
    Il suo era piccolo e semivuoto.
    Il resto della serata trascorre piacevole.
    Quella sera viene presto in camera.
    Sua madre le avrà dato il permesso, pensavo,
    visto che questa è la mia ultima notte li.
    Domani si riparte.
    Infatti la vedo molto triste quella sera.
    Tu domani andare via.
    Mi dice.
    Ed a me tutto questo sembrerà solo un sogno.
    un bellissimo sogno.
    La vedo piangere.
    L’abbraccio.
    Hai impegni per Capodanno ?
    Le dico a bruciapelo.
    No ?..
    Ma perché chiedere questo, Giani ?
    Perché ci vediamo di nuovo a Capodanno, carissima mia.
    Lo avevo deciso li sul momento.
    Io ero fatto così.
    Mi veniva un idea e la facevo subito mia.
    I suoi occhi si accendono subito per la gioia.
    Oh Giani, este bellissimo !
    Io aspettare te, io aspettare.
    Ma dici vero ?
    Mi chiede facendosi seria.
    Guarda che Ciccio è vero che scherza sempre, ma se dice una cosa
    solenne del genere, la dice molto ma molto seriamente !
    Lei adesso si convince.
    Beh per ovvi motivi, quella notte abbiamo fatto
    davvero gli straordinari.
    Poi vinti dal sonno ci addormentiamo.
    E sogno subito di essere alla guida di una mitica Giulietta
    Targata Polizia su di un lungo rettilineo di una
    strada che da Brescia porta ad Orzinuovi.
    Silvano Pascolo, il maresciallo istruttore di guida,
    improvvisamente mi guarda e mi dice.
    Hai mai toccato i duecento orari ?
    No..Maresciallo, veramente no…
    Allora tira, tira !
    Ma maresciallo io….
    TIRA !
    Mi ordina perentoriamente.
    L’asticella del contachilometri sale, sale,
    e tocca i 200 orari.
    Va bene, rallenta ora.
    Mi ordina lui.
    Lo guardo e gli chiedo.
    Ma Maresciallo ma perché mi ha ordinato questo ?
    Perché sapevo che tu c’è l’avresti fatta.
    Se no non te lo avrei mai chiesto di farlo !
    La ringrazio per la sua fiducia concessami.
    Potrei raccontare ancora della mia partenza l'indomani, ma sapete gli addi sono struggenti
    e preferisco non farlo.
    Lei si mise a piangere non appena partiti per Bucaresti Gara du Nord, (La stazione centrale loro)
    ed io le dovetti giurare su tutto quello che avevo più caro che per capodanno
    sarei ritornato da lei.
    Per cui, avete capito che ci saranno altri viaggi prossimi da raccontare.

    Fine della storia.
     
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    Avventure all’estero 2

    Parte prima

    Il corso sottufficiali volgeva ormai al termine.
    Eravamo già arrivati a dicembre del 1979.
    Ammazza, un anno è passato sano sano.
    Pensavo.
    Stampo la domanda di licenza per andare in Romania.
    Per un militare andare all’estero è un casino.
    Ci vuole l’autorizzazione del Ministero.
    Ma prima chiaramente gerarchicamente
    si passa per il proprio comando di Compagnia.
    Alias Geppino Racca.
    Infatti, mi manda a chiamare.
    Di Blasi.
    Ma che cazzo ci va a fare lei sempre in Romania ?
    Mi chiede.
    Io prendo la sua foto dalla mia tasca e la poso davanti a lui.
    Quella dove la si vede tutta per bene.
    Le basta questo ?
    Gli dico.
    Lui la prende e se la guarda.
    Lei è davvero un buongustaio !
    Mi dice ridendo e ridandomi la foto.
    Complimenti davvero, gran bella gnoccolona.
    Gliela firmo subito la licenza.
    La ringrazio Capitano.
    Ah, visto che lei è qui.
    Mi dice ancora.
    Lo sa dove sarà trasferito ?
    Che figlio di puttana.
    Pensavo, già sa tutto del nostro destino.
    Noi infatti ci si scervellava a pensare dove
    potessimo andare a finire.
    Teoricamente se eri sposato però prima del corso,
    ti rimandavano alla stessa provincia di provenienza.
    Ma se eri scapolo, qualsiasi reparto d’Italia
    era possibile destinazione.
    Del Nord chiaramente.
    Il Sud era tabù solo a pensarlo.
    A Trieste ero riuscito a dribblare il reparto celere,
    ma adesso ?
    Pensavo.
    Magari mi aspettano a Milano, caserma Annaruma.
    Davvero sa dove sarò trasferito ?
    Gli chiedo.
    Si, a noi li danno prima.
    Sono tutto teso aspettando la città.
    La rimanderanno a Genova.
    Mi dice tutto d’un fiato.
    Ma non più alla Squadra Mobile.
    Al reparto celere di Bolzaneto ?
    Gli chiedo.
    Ma quale Reparto Celere.
    Tipi come lei ai reparti non li mandano.
    E come mai Capitano ?
    Gli chiedo.
    Perché organizzerebbe sempre sommosse e rivolte.
    Mi dice lui tutto serio.
    Per cui la mandiamo alla Digos.
    Così li se solo ci pensa a fare complotti, la scopriranno
    prima ancora che lei li pensi !
    E si mette a ridere.
    Siete davvero scientifici, complimenti !
    Gli rispondo.
    Poi saluto militarmente e vado via.
    Genova mi aspetta dunque.
    Ma non più primo piano, ma secondo piano.
    Sempre più in alto, pensavo.
    La Digos la conoscevo, avevo parecchi compagni
    del corso Polgai che vi erano stati trasferiti.
    Mi sarei trovato bene.
    Ma intanto visto che la licenza me la firmata,
    tocca organizzare il prossimo viaggio.
    Dopo l’esperienza di agosto, il treno lo escludo
    tassativamente.
    Troppo lungo, faticoso e disagiato.
    Per cui Alitalia, si vola.
    Infatti la nostra compagnia faceva un collegamento
    bisettimanale con Bucarest con scalo
    intermedio a Belgrado.
    Quella sera vado a Roma Piazza San Silvestro.
    Li c’è il centro Sip che ti collega direttamente con la Romania.
    Da altri posti non è possibile, almeno a quell’epoca.
    Lei si era messa il telefono in casa.
    Pensavo che la telefonata sicuramente se la sentivano.
    per cui misuravo attentamente le parole che dicevo.
    Giani ?
    Tu venire allora, che belo !!!
    Mi dice lei tutta contenta.
    Da, si io aspettare te ad aereportul Otopeni.
    (Otopeni è il nome dell’aeroporto di Bucarest)
    Le dico il giorno esatto di quando sarò li.
    Lei la sento davvero trepidante al telefono.
    E questa è una dico riattaccando.
    Ora viene il difficile.
    Chiamata nazionale stavolta.
    Prefisso 090….Messina.
    Madre ?
    Sono io.
    Gianfranco ?!.
    Quando vieni a casa per Natale ?
    Mi chiede.
    No madre, non verrò giù.
    Ma che cosa dici figlio ?....
    E dove andrai…??
    In Romania.
    Di nuovo !
    Mi dice lei tutta agitata.
    Si madre, diciamo che voglio fare un capodanno diverso.
    Quella “sirena” ti ha proprio incantato !
    Mi dice lei tutta arrabbiata.
    Madre, e finiscila di assillarmi come sempre !.
    Ci vediamo poi a fine Gennaio.
    Passami a papà.
    Mio padre era come sempre molto pratico.
    Figlio, guarda che d’inverno li fa molto freddo.
    Ti sei attrezzato per bene ?.
    Tranquillo padre.
    Mi sono comprato una attrezzatuta che posso
    andare con Ambrogio Fogar a fare una spedizione polare.
    Lui si mette a ridere.
    Stai attento figliolo.
    Stai tranquillo padre.
    Poi riattacco.
    Era andata.
    In effetti mi ero procurato una tuta sotto sci
    ed un piumone d’oca acquistati nel miglior negozio di articoli sportivi.
    In queste cose non badavo mai a spese.
    Come scarpe ero a posto, siccome gli anfibi c’è li avevo già insieme
    ai pantaloni di lana.
    Marcello mi guardava mentre sistemavo il tutto.
    Ma Franco Devvi partire per caso per la Siberia ?
    Mi chiede con il suo spiccato accento sardo.
    Quasi, Marcello, quasi.
    Gli rispondo.
    Quando hai il volo ?
    Mi chiede ancora.
    Domani.
    Ah ?!.
    Potresti accompagnarmi tu a Fiumicino ?
    A disposizione Franco !.
    Allora stasera andiamo a fare l’ultima cena.
    mi dice lui ridendo.
    Tu dici sia l’ultima ?
    Dopo quello che raccontato mi hai della volta passata,
    penso che se torni vivo miracolo grosso sarà !.
    E scoppia a ridere.
    Ma tranquillo stai che se non torni il 4 gennaio,
    partiamo e a cercarti veniamo !.
    Minchia mia ammeloro Bagasse !
    (La mia minchia a quelle puttane delle loro madri)
    Vi ringrazio amici miei.
    Ma se sono tornato la prima volta c’è la farò anche questa.
    Se non altro ora so come funziona li, mi so orientare.
    La prima volta navigavo proprio alla cieca.
    E poi Ciccio lo sapete, ha sette vite come i gatti !.
    Minchia mia Francesco !.
    Esclama Efisio Mereu anche lui presente.
    Ma per farti una fottuta tutta questa strada fare devi ?!!.
    Non potevi cercarla qui vicino ?!!.
    Vedi Efisio, quella Italiana ormai la conosco bene.
    Ne ho fatto indigestione.
    Nella vita occorre anche cambiare.
    Questa è diversa, te lo assicuro.
    Sapora da Est Europa.
    Se lo dici tu, di te mi fido !.
    E scoppia a ridere.
    La sera facciamo come concordato l’ultima cena.
    Come eravamo soliti andavamo a Monte Mario
    Presso un ristorante sardo che si chiamava i Mammutones
    Alias i mascheroni, sono quelle maschere folkloristiche che
    usano loro.
    Si mangiava davvero da Dio.
    Ti portavano proprio di tutto.
    Prima si partiva con decine di antipasti.
    Poi si passava ai primi e quindi ai secondi.
    Il trucco era mangiare di tutto ma con calma
    Senza abbuffarsi.
    Senò non arrivavi neppure a metà del pasto.
    E toccava arrivare sino in fondo, se no
    La casa non ti faceva il prezzo speciale riservato
    a chi non dico ha mangiato ma almeno
    ha toccato tutto di tutto
    di quello che ti avevano portato.
    Ed alla fine c’era immancabile grappa “fil di ferro” che si mandava
    Giù tutta d’un sorso.
    Con quella digerivi pure le rocce granitiche.
    Bevi Francesco, bevi, che sarà
    l’ultima che bevi !
    Mi dice Efisio ridendo.
    Toh !
    Dannato portaiella, e gli faccio le corna
    toccandomi contemporaneamente le mie cose
    rotonde.
    La mattina dopo, ultimi preparativi.
    Come promesso metto dentro la caffettiera, confezione
    di caffè di marca doc, ed alcuni pacchi di spaghetti.
    Ultima ricontrollata, non manca nulla.
    Marcello arriva puntuale.
    Annamusu Francesco ?
    (Andiamo Francesco ?)
    Annamasu Marcello !
    Per strada, la litoranea che da Nettuno porta ad Ostia
    Lido e quindi sale su per Fiumicino, penso alla
    prima volta che avevo preso l’aereo.
    Era il 1970 ero in campeggio riservato ai figli dei dipendenti
    Enel a Cava dei Tirreni.
    C’era anche Pippo con me.
    Dovevamo tornare con la nave, rotta Napoli
    Palermo, il gruppo Siciliano partiva e tornava
    a Palermo appunto.
    Dalla sede centrale dell’Enel Sicilia, via Marchese di Villabianca.
    Ma quel mese di campeggio era accaduto l’imprevisto.
    Il “sergente” Gheddafi aveva deciso di prendere il potere cacciano re Idris
    di Libia.
    Quindi la prima cosa che aveva deciso era stata quella di promuoversi
    “colonnello”.
    La seconda cosa era stata quella di cacciare fuori dalla Libia tutti gli
    Italiani, rei del colonialismo del passato.
    Con la confisca di tutti i loro beni.
    Per questo motivo, tutte le navi della nostra flotta
    erano state requisite per andare a prendere i nostri connazionali
    e quindi riportarli in Italia.
    Eravamo rimasti a piedi.
    Ma la mamma Enel aveva pensato il rimedio.
    La notte ci caricano su di un pulmann e via
    direzione Roma Fiumicino.
    Volo delle sette di mattina Roma Palermo.
    Dc9 “Isola di Pantelleria” leggo scritto sotto la livrea
    tricolore dell’Alitalia.
    Arrivati siamo !
    Mi dice Marcello.
    Infatti vedo gli aerei che a ritmo
    Continuo decollano ed atterrano
    dalle lontane piste.
    Roma, aeroporto Leonardo Da Vinci.
    C’è pure la sua statua gigantesca nel mezzo della strada che porta
    All’areo terminal.
    Partenze internazionali.
    Bacia per terra il suolo patrio.
    Mi dice ridendo Marcello.
    Chissà se lo potrai fare mai più !
    Minchia.
    Ma possibile che dovete essere sempre iettatori ?!.
    Tornerò, tornerò, promesso.
    Sai bene che se non ti vediamo il 4 prossimo, a cercare
    Noi ti veniamo.
    Non vi voglio disturbare Marcello, tranquillo che torno.
    Poi ho ancora da fare qui.
    Ci salutiamo abbracciandoci e mi infilo
    Dentro l’interno della aerostazione
    borsone a tracolla ed il pensiero che solotra due ore e mezza l’avrei rivista, dopo cinque mesi
    e passa.
    Tre

    Do un occhiata al tabellone.
    Volo AZ…Belgrado – Bucarest…uscita…
    ne prendo nota mentalmente.
    Poi mi avvio verso il varco ma vedo molta confusione.
    Dato il periodo delle festività natalizie era prevedibile
    la cosa, proprio una lunghissima coda.
    Per cui cambio rotta, direzione posto di Polizia di Frontiera.
    I colleghi mi guardano severi.
    Sono un collega !
    Dico cacciando fuori la tessera.
    Di la al varco c’è troppo casino.
    Vieni con noi.
    Mi rispondono loro.
    Mi fanno transitare per il loro corridoio.
    Passando, vedo le stanze piene di gente.
    Ne avete di lavoro, vero ?
    Gli chiedo.
    Eccome !
    Mi risponde uno di loro.
    Poi mi aprono una porta.
    Ecco, qui sei già alle sale d’imbarco.
    Vi ringrazio colleghi.
    L’attesa non è molta, posso fare un giro anche per il free shop.
    Un ultimo regalino per lei, un buon profumo.
    Poi si sale a bordo.
    Altro DC9, pieno all’inverosimile.
    Molte famiglie con bambini per lo più Italiani
    sposati con rumene, lo si capiva subito guardandoli.
    I maschi dal fisico tipico mediterraneo, le donne
    dall’inconfondibile fascino dell’est.
    Prendo posto, accanto ad un signore di mezza età.
    La solita lezione dell’Hostess su come comportarsi in caso
    di un non augurabile ammaraggio, ricco di gesti simbolici.
    Il decollo, anche se dopo quel giorno del 1970 avevo
    volato altre volte, fa sempre impressione.
    Per cui appena l’aereo comincia il rollio a fondo pista
    mi faccio istintivamente il segno della croce.
    Cattolico ?
    Sento dire a qualcuno che mi guarda.
    Anche.
    Rispondo.
    Poi d’improvviso prende velocità sempre di più sempre
    più veloce e tutto d’un tratto non tocchiamo più
    terra, si stacca dalla stessa allungandosi per aria in avanti.
    Dall’oblò vedo la terra dall’alto farsi sempre più lontana.
    E’ una bella giornata, la visibilità è ottima.
    Poi giunti in quota l’aereo si stabilizza.
    Scompare la scritta “ allacciare le cinture”.
    Certo che questo non è il treno, pensavo.
    Infatti in meno di un ora sento il comandante
    che preannuncia l’arrivo a Belgrado.
    Infatti è previsto lo scalo nella capitale Jugoslava.
    Ci fanno scendere, l’aereo deve fare rifornimento.
    I soliti poliziotti cappello azzurro e stella rossa nel mezzo
    ci guardano severi mentre attraversiamo il tubo d’attracco
    che porta nella sala di transito.
    Belgrado è un aeroporto molto moderno.
    Tutti i terminal hanno i tubi d’attracco, niente
    salite e discese dalle scalette quindi.
    Dopo una mezz’oretta, si riparte.
    Nuovo decollo.
    Ormai manca poco, pensavo.
    Starà già li ad aspettarmi.
    Infatti non appena in quota il comandante avvisa che
    ci vorranno un tre quarti d’ora scarsi.
    Avvisa però che il tempo a Bucarest è brutto, si prevede
    Nebbia.
    Il signore seduto accanto a me, finalmente rompe il ghiaccio.
    Che ci vai a fare a Bucarest, giovanotto ?
    Glielo spiego.
    Stai attento ragazzo.
    Mi dice lui tutto serio.
    Guarda che le Rumene vogliono solo sposare uno straniero
    solo per andarsene via da li.
    Siccome non hanno altro modo per farlo.
    Poi una volta che escono da li, salutano e spariscono !.
    Grazie per il suo consiglio, ne terrò conto.
    Gli rispondo.
    Lui sarà uno che va a fare il “safari femminile”.
    Lo ci si legge in faccia.
    Del resto uno della sua età che diamine può andarci a fare li ?.
    Ma intanto appare la scritta “allacciare le cinture”.
    L’aereo comincia a scendere.
    Nonostante siamo scesi abbastanza dal finestrino non vedo un accidenti
    di nulla, solo nebbia fitta.
    Questo torna indietro adesso !.
    Sento dire al mio compagno di banco.
    Davvero ?
    Gli chiedo io un po’ preoccupato.
    Si !
    Mi risponde lui.
    Vedi giovane, la Lufthansa o L’Air France in questi casi atterrano.
    ma l’Alitalia non rischia.
    Lo so siccome mi è capitato altre volte che siamo ritornati indietro.
    Mi sento un pugno nel cuore.
    Ed io che ho preso l’aereo per meglio !
    Mi scappa di dire.
    Ma il comandante deve essere un tipo temerario e continua
    la discesa.
    Sempre buio fitto fuori dall’oblò.
    E siamo a mezzogiorno, dico guardando l’orologio.
    Anche se avevo perso un po’ la cognizione del tempo.
    A Belgrado lo avevo dovuto portare un ora indietro.
    Qui invece il mio compagno di banco mi aveva detto di portarlo
    avanti di ben due ore.
    Siccome loro hanno l’ora legale vigente per tutto l’anno.
    per cui non mi ci raccapezzo più.
    Improvvisamente dall’oblò vedo apparire un pezzo di pista
    tra la nebbia, poi un tocco secco, siamo atterrati.
    Per il pilota ?!!!
    Sento urlare qualcuno, e parte un lungo prolungato applauso
    al quale volentieri mi associo.
    Era stato davvero un fuoriclasse, se lo meritava.
    Bucaresti Octopeni, leggo scendendo la scaletta e
    respirando l’aria ghiacciata del posto.
    Neve ammassata a montagne ai bordi pista.
    Insieme a file di soldati armati di AK che ci
    osservano con sguardo marziale.
    Arrivato al terminal fortuna che c’è ambiente riscaldato.
    Mi metto in fila per passare il varco degli arrivi.
    Guardo in lontananza, si vedono coloro i quali
    sono al di la della barriera che aspettano.
    La vedo !
    Alzo una mano per aria.
    Lei se ne accorge e fa lo stesso.
    Era stata di parola, era li ad aspettarmi.
    Però do anche uno sguardo davanti a me.
    C’è una bella coda per passare la barriera del controllo
    passaporti.
    E qui non posso fare nulla per evitarla.
    Se caccio fuori la tessera, penso, qui crederebbero
    che sia qualche spione militare inviato dall’Occidente
    per carpire chissà quali segreti.
    Mi prenderebbero subito e mi ritroverei
    in Siberia a dar da mangiare il pesce agli orsi
    bianchi.
    Quindi pazienza, e mi metto in fila.
    Tanto il solo fatto di essere arrivato sano e salvo
    e di averla già vista in lontananza, mi dava
    un senso di appagamento.
    Lentamente arrivo quasi alla cabina di controllo.
    riesco a vedere il faccione da Gestapo del poliziotto
    che controlla i passaporti.
    Riesco a vedere pure i miei connazionali che sono avanti
    a me e che hanno in mano il passaporto pronto per esibirlo
    Sotto il passaporto intravedo un bellissimo pacchetto di sigarette
    Kent.
    Hai capito come funziona qui ?!.
    Mi dico tra di me.
    Il mio compagno di banco ha avuto dei problemi.
    Infatti lo vedo di lato che discute animatamente
    con due mastini napoletani in divisa.
    Vedo la sua valigia a mano aperta e uno dei
    poliziotti che gli mostra le numerose calze di nylon femminili
    che la stessa conteneva.
    Ci avevo visto giusto sul suo conto.
    Era un cacciatore di gonnelle.
    Gli dovrà dare minimo una stecca di Kent, pensavo,
    se se la vuole cavare.
    Ma lui mi aveva dato l’impressione di essere un veterano.
    Sicuramente troverà il modo per svincolarsi.
    Arriva il mio turno.
    Lui guarda attentamente il passaporto.
    Italianul ?.
    (Sei Italiano ?)
    Si.
    Hoteli ?
    Mi chiede a quale albergo devo andare.
    Non so, adesso deciderò con calma.
    Gli rispondo.
    Lui mi guarda serio.
    Poi mi chiede la ricevuta di cambio, che io
    stavolta avevo provveduto a fare prima di mettermi in fila.
    Gliela esibisco,
    Bine ! (Bene)
    Dice alla fine, ponendomi il visto d’ingresso con un colpo
    secco di timbratura.
    Era fatta.
    Il tempo di ritirare la valigia, lei adesso è più vicina e mi saluta
    vistosamente, mentre io aspetto che il borsone esca dal nastro trasportatore.
    Loro, i visitatori, infatti erano delimitati da una sorta di barriera.
    Più avanti di dove erano non potevano andare.
    Due Gorilla in divisa facevano la guardia al varco d’uscita.
    Solo Uscita, niente entrata.
    Vedo che con lei c’è anche Tatiana, la sua amica.
    Tutte e due hanno in testa il colbac, un cappellone di lana.
    Questo me lo devo procurare subito, pensavo.
    Infatti nei pochi minuti di tragitto
    dall’aereo al terminal, mi si era ghiacciata la testa.
    Quanto cazzo di gradi ci saranno la fuori ?
    Mi chiedevo.
    Zero o sotto zero di sicuro, concludevo.
    Mi ero comunque portato un passamontagna, al momento
    bastava quello.
    Ritiro la valigia e passo dal varco che i gorilla mi aprono per
    poi richiuderlo subito dopo la mia uscita.
    Lei adesso mi salta addosso.
    Poi tocca a Tatiana che mi dice un elegante Buon Giorno signore.
    Io le bacio la mano facendo l’inchino.
    Usciamo fuori.
    Effettivamente fa un freddo boia.
    Mi ricordava le notti fatti a Brescia.
    Turno di volante di rinforzo alla Questura.
    Neve ammassata anche li a montagne sul bordo strada.
    Per scaldarci ci portavamo il cognac.
    Lo so che in servizio non si deve bere, ma li
    occorreva l’eccezione alla regola.
    Poi nebbia, nebbia fitta che faceva solo distinguere delle vaghe ombre.
    Chiamata per intervento, furto in atto.
    Distinguo solo ombre e basta.
    Il Collega che è del posto, caccia fuori la pistola
    e spara a tiro alzato però non ad altezza d’uomo.
    Spara anche tu !
    Ma collega io…
    SPARA !!
    Mi urla.
    Caccio fuori la pistola e sparo come lui.
    Basta, mi dice infine.
    Ormai saranno scappati via.
    A noi va bene questo che se ne scappino impedendo però il furto.
    Ma fate così qui ?
    Gli chiedo riponendo l’arma in fondina.
    Si !
    Mi risponde lui.
    Ma stai tranquillo, siamo coperti.
    La faccio io la relazione di servizio, tu la devi
    Solo firmare.
    Giani ?
    Mi fa lei mentre camminiamo a braccetto.
    Dobbiamo prendere la machina (La corriera).
    Non c’è l’amico autista ?
    Nu este, lui impegnato oggi.
    Capisco Vale.
    Non c’è problema, prendiamo la corriera.
    O meglio la diligenza per El Paso.
    Ma visto il panorama, direi il postale per
    l’Himalaia.
    Ci mettiamo alla fermata.
    La prima corriera passa dritta.
    Non si ferma neppure.
    Ma che cosa fa ?
    Chiedo.
    Mashina essere completa, piena.
    Mi dice Tatiana.
    Ho capito.
    Beh, visto il periodo, siamo sotto le feste.
    Così fa però anche la seconda e pure la terza.
    Comincio adesso a preoccuparmi.
    Saremo due ore che aspettiamo.
    Mi sento un ghiacciolo, come i famosi gelati
    da passeggio estivi.
    Vedo che anche loro sono un po’ disorientate.
    Scusare Giani, Scusare noi, ma non
    Prevedere questo, scusare.
    Beh, qui mi accenderò almeno un falò !
    Penso tra i brividi di freddo.
    In effetti, cominciavo ad avere le allucinazioni
    Mi sembrava essere il leggendario Comandante
    Scott che giunto al Polo Sud, credendo di essere
    il primo, con grande sorpresa vi trovò già
    piantata la bandiera Norvegese con una tenda ed una lettera
    scritta dal suo grande rivale Amundsen che testimoniava
    la conquista da parte di quest’ultimo.
    Deluso e stremato morì durante il suo viaggio di ritorno
    con tutti i suoi.
    Cominciavo a vedere inoltre i Pinguini che scivolando
    sul ghiaccio arrivavano direttamente sul mare gelato.
    Ehi ragazze.
    Dico d’un tratto.
    Facciamo così, io mi metto di lato e voi due vi mettete
    in bella mostra sul ciglio della strada.
    Ed alzate la gonna !
    Tu scherzare sempre, mi dice Tatiana.
    Però per assurdo, funziona.
    Infatti di li a poco scorgo una sorta di furgoncino carro
    attrezzi che si ferma accanto a loro.
    Li vedo confabulare per qualche minuto.
    poi Tatiana si volta verso di me e mi fa segno
    di venire da loro.
    Buon giorno !
    Dico arrivando all’autista, un giovanotto che vedendomi
    mi guarda un po’ meravigliato.
    Cine este ?
    (Chi è ?)
    Chiede a loro.
    Este amicul nostro !.
    (E’ un nostro amico !)
    Lui ha un gesto tipo…mi avete fregato alla grande “.
    Poi però mi fa segno di salire su anch’io.
    Lo ringrazio.
    Lui mergere la Ploieste .
    (Lui va a Ploiesti)
    Mi dice Tatiana.
    Intanto il tepore dell’ambiente riscaldato mi rimette
    in funzione il cervello con tutti suoi allegati.
    Durante il viaggio, li sento chiacchiere
    Tra di loro.
    Capisco che lui è un meccanico che lavora all’aeroporto
    e che avevo finito il lavoro se ne stava tornando a casa sua
    a Ploiesti, appunto, ad una cinquantina di chilometri
    di distanza da qui.
    E da li poi come faremo a raggiungere Moreni ?
    Pensavo tra di me.
    Ma loro sapranno come fare.
    Mi rassicuravo.
    L’importante era aver lasciato vivi ed indenni la banchisa polare.
    Mi sentivo come il Comandante Umberto Nobile dopo che era
    stato salvato dalla sua “Tenda Rossa”.
    Mi cominciavo a scongelare e riuscivo pure a muovere
    le mani che nonostante pesanti guantoni di lana erano
    proprio semiparalizzate.
    Ma può essere che ogni volta che vengo qui
    debba rischiare la vita ?
    Mi chiedevo.
    Avevo scelto stavolta il mezzo più moderno e veloce.
    Ma il tutto era stato inutile.
    Quella lunga sosta sulla banchisa mi aveva stremato.
    Così cerco di distrarmi.
    Loro continuano a chiacchierare.
    Ed io penso tra di me.
    Quella notte “Capa i Gesso” sparò.
    Capa i gesso era un collega della scuola di Nettuno.
    Un tipo alto e “quadrato” per questo era stato ribattezzato
    Capa i Gesso, Testa di Gesso insomma.
    Era di guardia all’armeria.
    Improvvisamente aveva imbracciato il Mab e sparato
    Un intero caricatore a raffica verso il muro di cinta
    della Caserma S.Barbara.
    Lui diceva che aveva visto delle ombre che stavano scavalcando.
    Ma chi lo conosceva bene, diceva che era solo colpa
    delle troppe birre che avevo bevuto la sera prima
    in Pizzeria.
    Chi aveva ragione ?
    La verità non la si saprà mai.
    Fatto sta che in quel periodo gli attentati contro le Istituzioni
    avevano avuto una forte impennata.
    Essendo chiusa la nostra Accademia, ci disse il Colonnello comandante
    di battaglione, la scuola sottufficiali è al momento
    l’Istituto più importante della Polizia.
    Per cui un attentato alla stessa, sarebbe un grosso colpo
    per dei terroristi.
    Rossi o neri, poco importava ormai.
    Si erano coalizzati contro di noi.
    Prima capovolgiamo lo Stato e poi c’è la vediamo tra
    di noi, suppongo si siano detti nel loro scellerato patto.
    Intravedo la grande raffineria, siamo a Ploiesti, penso.
    Infatti entriamo dentro la città.
    Lui giunto a casa sua, parcheggia il furgoncino.
    Si fa segno di entrare.
    Ci fa accomodare e ci porta una bottiglia di Suika.
    Ne mando giù molto volentieri un paio di bicchierini.
    Mi sentivo un po’ meglio adesso.
    Ci voleva proprio questa benzina di alcool puro.
    Lui ci fa segno di accomodarci.
    Infatti era in tuta da lavoro.
    Poco dopo ritorna.
    Si era cambiato ed adesso indossava abiti puliti e
    il solito colbacco in testa.
    Questo è la prima cosa che mi devo comprare appena posso.
    Penso.
    Poi lui ci fa segno di seguirlo.
    Usciamo fuori e di botto mi arriva
    un pugno nello stomaco per lo sbalzo termico
    Dai venti gradi della sua casa riscaldata e lo zero
    assoluto che c’era all’esterno.
    Lui alza una saracinesca.
    Poi come un fino vi entra dentro e ne esce fuori
    in retromarcia alla guida di un immancabile Dacia.
    Era stato davvero gentilissimo.
    Aveva preso la sua auto per portarci direttamente
    a destinazione.
    In effetti i Rumeni sono davvero molto gentili.
    Per strada guardo sempre il panorama.
    Qui la neve non è stata rimossa.
    Solo un leggero tratto centrale della strada ne
    è privo.
    Tutto il resto è un immenso manto bianco.
    Lei mi guarda.
    Tu stare bene Giani ?
    Mi avrà visto in faccia pallido come un lenzuolo.
    Si Vale, si, tranquilla.
    Tu abituato a sole della tua Messina.
    Mi dice.
    In effetti, mi sembra di essere in Siberia.
    Le rispondo.
    Mancano solo gli orsi bianchi a cui dare da
    mangiare i pesci.
    Tatiana si mette come al solito a ridere.
    Non che fosse distante casa sua da Ploiesti,
    ma il nostro accompagnatore doveva andare
    per forza di cose adagio.
    La strada era a tratti ghiacciata.
    Certo che qui saranno ben abituati a guidare
    Il queste condizioni.
    Pensavo.

    Quella sera a Genova era freddo.
    certo non come il freddo che c’è qui,
    ma era una serata davvero invernale.
    Pattuglione in città, orario 20,00 /00,03.
    Quella sera con noi c’era il maresciallo Pozzolo.
    Lui era dopo Oliva quello più anziano della nostra
    IV Sezione, narcotici e buoncostume.
    Oliva non usciva mai dall’Ufficio, lui scriveva i rapporti
    Giudiziari diretti all’A.G.-
    E li scriveva davvero da artista, meglio di un avvocato penalista.
    Pozzolo invece ogni tanto non disdignava di uscire con noi.
    Lui era l’anima della Buoncostume.
    La sua agenda era aggiornatissima e conteneva tutti i nominativi
    delle prostitute e gay che dimoravano nell’angiporto.
    Via Pre, Via Del Campo e tutti i vicoli connessi.
    Porta per porta lui sapeva chi ci abitava.
    E non mancavano nomi “clamorosi”, ve lo assicuro.
    Una volta leggendola, vi avevo trovato anche un certo
    Bindi Umberto, si proprio lui, il famoso cantante degli
    anni sessanta.
    Quando si usciva con lui a fare il pattuglione
    Era inevitabile che si facesse per ovvi motivi
    solo squadra buoncostume.
    Percorriamo Piazza Caricamento, poi via Gramsci.
    La strada che costeggia tutto il porto vecchio.
    D’un tratto notiamo un falò acceso.
    Il maresciallo fa cenno a Sanna che guida di
    accostarvi adagio.
    Infatti il suo occhio clinico notava subito se
    tra le donnine c’erano nuovi arrivi.
    E la sua agenda doveva essere sempre aggiornata.
    Guardate quella.
    Ci indica una ragazzotta molto giovane.
    La conoscete ?
    Mai vista prima d’ora maresciallo.
    Gli rispondiamo io e Sanna.
    Accosta e fermati allora.
    Sanna esegue subito.
    Scendiamo.
    Io e Sanna ci dirigiamo
    verso le donnine.
    Pozzolo resta poco più indietro.
    Io mi dirigo subito verso la new entry.
    Lei mi vede.
    Era tremante, non so se per il freddo o per la paura.
    Polizia, le dico tirando fuori l tesserino.
    Lei se lo aspettava, ma sembra smarrita.
    Mi da la sua carta d’identità.
    Leggo che è di Roma, italiana.
    Mi annoto subito le sue generalità, si chiama proprio Romana.
    Li in genere all’epoca erano tutte straniere.
    In prevalenza sud americane.
    La guardo serio.
    Che ci fa una ragazza giovane come te qui ?
    In mezzo ai tagliagole ??
    Lei mi guarda arrossendo.
    Lo so.
    Mi risponde adagio, quasi piangendo.
    Non faccio di certo un bel mestiere.
    Una ragazza come te non deve fare questo !.
    Le dico.
    Dovrebbe fare tante altre belle cose.
    Intanto si avvicina un tale.
    Ha la faccia arrogante.
    Le signore qui non stanno facendo niente di male !
    Dice alzando la mano ad indicarle, con tono molto incazzato.
    Ma perché dovete sempre rompere i coglioni ?..
    Ma è l’ultima cosa che dice.
    Sanna gli sferra un preciso cazzotto e lo manda Ko tecnico.
    Animale !
    Magnaccio Animale !!!
    Gli urla.
    Quando parli con gente come noi ti devi prima sciacquare la bocca
    Capito hai ?!!!.
    E carica di nuovo il pugno.
    Pozzolo intanto che ha visto tutto si avvina rapidamente.
    Basta Sanna, basta !
    Scusare mi deve signor maresciallo.
    So che lei contro la violenza è !
    Ma io questi animali non li posso proprio digerire.
    Dopo i vermi sono la cosa che più schifo mi fanno !.
    Pozzolo non gli replica.
    Effettivamente lui, vecchio socialista piemontese
    era contro la violenza.
    Ma stavolta aveva una faccia come a dire,
    hai fatto bene, se ero più giovane glielo davo
    volentieri io il pugno.
    Tiratelo su e mettetegli le manette !
    Ci ordina.
    Su animale su !
    Io e Sanna lo prendiamo di peso e lo tiriamo su.
    Poi io mi sfilo le manette e gliele metto ai polsi.
    Quello era ancora intontito.
    Sanna era stato pugile dilettante.
    Quando tirava un cazzotto lui erano proprio dolori acuti
    e successivo ricovero quasi sicuro all’Ospedale San Martino.
    Questo viene con noi.
    Dice Pozzolo.
    Lo carichiamo in macchina.
    Intanto getto un ultimo sguardo
    Alla giovane prostituta.
    Tipo, non ti voglio più vedere qui.
    Cambia vita.
    Lei allarga le mani e mi fa un gesto di saluto.
    Ha una espressione contenta adesso.
    Doveva essere il suo magnaccio quello.
    Uno di quelli che se non guadagni quanto vuole lui
    ti picchia duro alla fine della notte.
    Un bastardone insomma.
    Il fatto che lo avevamo maltrattato in quel modo le
    Aveva fatto venire il buon umore.
    Cosa vuoi fare te…
    Il buon samaritano ?
    Mi dice il maresciallo.
    Aveva capito tutto, da vecchio volpone che era.
    Mi scusi signor maresciallo, mi scusi.
    Dai siediti dietro con il fermato.
    Mi ordina.
    Portiamo questo bastardo nelle camere di sicurezza !
    Con vero piacere Maresciallo, dice Sanna
    mettendo in moto.
    Una sgommata ed il falò è già ben dietro le nostre spalle.
    Ma intanto dal finestrino intravedo la lunga torre petrolifera.
    Schela Mare si chiama appunto.
    Eravamo arrivati a destinazione.
    Noi arrivare Giani.
    Ho visto Vale, ho visto.
    Scendiamo dalla macchina.
    Aprendo il cancelletto d’ingresso trovo sua nonna che
    con una pala in mano si da un gran da fare a ripulire
    il vialetto d’ingresso dalla neve.
    Però, alla sua veneranda età si ancora un ben da fare.
    Penso guardandola in azione.
    Entrati in casa, facciamo accomodare il nostro
    gentilissimo accompagnatore .
    Saluto sua madre che è intenta a cucinare.
    In effetti come al solito mi ero scordato che non mangiavo
    chissà da quanto tempo ed infatti il mio stomaco era entrato
    in sciopero ad oltranza con tanto di comunicato sindacale.
    Lei ricambia l’ospitalità che lui ci aveva concessa a casa
    sua e tira fuori la bottiglia di Suika.
    Ma la sua gentilezza continua.
    Infatti sento che loro vorrebbero ospitarlo a pranzo
    insieme a Tatiana, ma Tatiana dice che deve prendere
    la corriera per Tirgoviste e che non può trattenersi.
    In effetti avevamo perso ore ed ore ad aspettare
    al gelo dell’aeroporto.
    Ma lui sentendola si era offerto di accompagnarla con la sua
    macchina sino a casa sua.
    Ormai che c’era, la faceva completa.
    Così salutano e vanno via.
    Andiamo nella sua camera che una volta
    arrivato io diventava la mia camera.
    Tiro fuori la roba dal borsone.
    Questo è per te.
    Era un abito da sera in seta, scelto da mia cugina Sandra.
    Come sempre il suo buon gusto aveva fatto colpo.
    Lei mi si butta addosso.
    Lo indosserai la notte di capodanno .
    Ma è bellissimo, Giani !
    Poi tiro fuori la caffettiera.
    Lei la guarda con grande curiosità.
    Cosa essere questa, Giani ?
    Questa serve e a fare il caffè ma all’italiana, Vale.
    Davvero ?
    La vedo curiosissima.
    Vieni, ti faccio vedere.
    Andiamo in cucina.
    La preparo e la metto sul fuoco.
    Poi in effetti avevo voglia di un caffè.
    L’ultimo lo avevo preso a Fiumicino,
    un secolo fa.
    Sua madre guarda con curiosità.
    Sua nonna invece con grande stupore.
    Non appena sgorga il caffè dalla canna
    vedo sua nonna farsi il segno della croce per la meraviglia.
    Eccolo qui, caffè espresso all’italiana.
    Dico versandolo in tazzina.
    Li vedo molto curiosi.
    Prego, favorite pure.
    Gli dico.
    Buno !
    Este Buno, commento generale di tutti loro.
    Ha avuto successo.
    Suo fratello come al solito è sempre incollato
    davanti al televisore in corridoio.
    Gli do un rapido sguardo.
    E che cosa poteva trasmettere di bello ?
    Il Conducator, così lo chiamavano li, una sorte di nostro “duce”, per capirci,
    Nicolino che è intento a fare le solite sue visite di stato.
    Ma questo proprio non vi lascia stare mai da soli !
    Mi scappa di dire.
    Lui si mette a ridere.
    Da, si Giani, da.
    Avevano fatto anche l’albero di natale.
    Era bellino, un abete naturale addobbato con molto
    gusto.
    Tiro fuori i regali che ho portato.
    Grazie Giani, Grazie.
    Sua madre si affretta a metterli sotto l’albero.
    Ma qui lo festeggiate il natale ?
    Le chiedo.
    Stato este ateo, Giani.
    Ma popolo credere, noi cristiani ortodossi.
    La gente andare in biserica (chiesa) anche se
    Polizia cerca di fare loro da ostacolo.
    Ho capito, la democrazia regna sempre sovrana qui.
    Lei si mette a ridere.
    E tu, ci credi ?
    Le chiedo a bruciapelo.
    Lei mi guarda smarrita.
    Mami e nonna Joanna si, molto.
    Io non so Giani.
    Loro dire noi che este tutta leggenda, Cristo
    nu este mai esistito.
    Davvero ?
    Ma ve lo hanno detto che c’erano i romani all’epoca ?
    Davvero Giani ?
    Si, era Tiberio l’imperatore quando nacque Cristo.
    E’ storia amica mia, è storia altro che leggenda.
    Lei mi scolta molto attenta.
    Mi improvviso predicatore.
    Lei mi ascolta molto attenta.
    Intanto tiro fuori gli spaghetti.
    Loro guardano ancora più meravigliati di quando
    mi hanno visto fare il caffè.
    Donna Elena, mi passi una pentola bella alta.
    Le dico.
    Lei me la porge.
    Il tempo di riempirla d’acqua e la metto sul fuoco.
    Non appena bolle tiro fuori gli spaghetti
    e li butto giù..
    Avevo anche portato una boccia di salsa.
    Poi vi spiego come si fa, dico a sua madre.
    Ma lei abbassa la testa come forse ho capito.
    E prende dei pomodori.
    Dopo averli sbucciati li mette su di un pentolino.
    Si, aveva capito come si faceva la salsa.
    Beh, meglio così, dico.
    La mangiamo genuina.
    Poi dulcis in fundo tiro fuori una bottiglia
    di vino rosso.
    Corvo di Salaparuta, questo è vino siciliano doc !.
    Buno, este buno, dicono assaggiandolo.
    Lo voglio ben credere.
    Ma la loro curiosità tocca il picco massimo alchè
    mi accingo a girare con la forchetta gli spaghetti
    che avevo messo nel piatto belli caldi e fumanti.
    Lei cerca di provarci ma non sa proprio da dove
    cominciare.
    Guardami bene.
    Le dico.
    Vedi si prende la pasta e poi si gira così in senso orario.
    Lei tutta concentrata ci riprova e stavolta ci riesce.
    Buna !
    Este buna !!
    Ecco perché chiamare voi italiani mangia spaghetti !
    Risata collettiva.
    Il mio stomaco aveva sospeso lo sciopero.
    Tu essere stanco vero ?
    Mi chiede lei alla fine.
    Un po’ si, le dico.
    Vai a riposare, prego, Giani.
    Non me lo faccio ripetere due volte.
    Anche se per ovvi motivi in camera
    si è fatto di tutto tranne che riposare.
    Si dovevano solo recuperare cinque mesi di digiuno !!.
    Ometto i particolari.
     
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    Parte seconda

    Poi vinti dalla stanchezza, prendiamo sonno.
    C’è un limite a tutto infatti, non c’è la facevamo davvero più.
    Ci giriamo ognuno nel rispettivo suo lato
    e ci abbandoniamo a Morfeo.

    Genova Sturla, secondo piano della palazzina centrale.
    I miei compagni di camerata erano tutti un po’ strani.
    Non che in Polizia trovare uno normale fosse cosa facile,
    almeno in quel periodo.
    Quello proprio accanto a me, si chiamava Massimo ed
    era di La Spezia o più semplicemente Spezia come dicono qui.
    Faceva la scorta al giudice Sozzi, quello che era stato rapito
    dalle Brigate Rosse.
    Vestiva sempre in giacca e cravatta.
    Aveva però un grave difetto.
    Indossava lo stesso abito per una settimana.
    Poi se lo cambiava e lo posava sul letto.
    E se ne metteva un altro.
    Così faceva pure con la sua biancheria intima.
    Sotto il suo armadio non so quante mutande e calzini usati c’erano.
    Quando finiva di occupare il suo spazio si
    allargava al mio.
    Massimo ?
    Cortesemente guarda che la lavanderia sta la fuori.
    Lo richiamavo.
    Stai tranquillo che sabato porto tutto a casa !.
    Lo diceva da un mese questo.
    Così prendevo lo spray deodorante e gli cospargevo
    il tutto.
    Di fonte invece c’era Antonio, il Calabrese
    Che era tutto il suo opposto.
    Pulito, ordinato fino a stirarsi pure
    le camicie in camerata con un asse apposito.
    Per ovvi motivi i due non andavano affatto
    d’accordo.
    Massimo voleva dormire con la serranda alzata, gli piaceva la luce.
    Antonio invece la voleva abbassata, gli dava fastidio la luce.
    Uno si alzava dal letto e la tirava su.
    L’altro dopo qualche minuto si alzava e la tirava giù.
    La prima, la seconda, la terza volta Antonio
    si incazza e tira fuori il coltello, da buon Calabrotto che era.
    U sangu !!!. (Il Sangue !!)
    Urla.
    Massimo non si lascia impressionare e tira fuori
    il suo 357 Python.
    Fortuna che c’era Vincenzo da Caltanissetta.
    Era il più calmo di tutti e fungeva da paciere.
    Basta signori, Basta !!.
    E calmava gli animi.
    Io guardavo con meraviglia.
    Vincenzo mi fa vedere un buco nel muro.
    Quella volta non ci sono riuscito a calmarli.
    Mi dice.
    Ma qui sono una gabbia di matti.
    Pensavo.
    Poi c’era Adriano il sardo che faceva la Polizia Postale.
    Fortuna che non c’era quasi mai.
    Lui dormiva dalla sua ragazza.
    Ogni tanto però veniva, specie quando ci litigava.
    La mattina si doveva svegliare presto.
    Alle quattro e mezza, siccome alle cinque aveva
    la scorta al furgone postale.
    Si puntava la sveglia.
    Antonio lo guarda tutto serio.
    Non lo fare !..
    Gli intima deciso.
    Ma io domani svegliare mi devo !!.
    Gli ribatte Adriano.
    NON LO FARE !!.
    Gli urla Antonio.
    Ma collega, se si deve svegliare non vedo perchè non possa
    puntarsi la sveglia.
    Mi intrometto timidamente io.
    Tu, Tu non hai idea di che cosa essa sia !.
    Mi risponde lui.
    Alla fine se la punta.
    Alle quattro e mezza in punto, vengo svegliato
    da un suono che ricorda molto da vicino l’esplosione
    della bomba atomica di Hiroshima.
    Penso che abbia svegliato tutta la caserma di Sturla e probabilmente
    anche il relativo quartiere.
    LO SAPEVO !!!!!!!!!!!!
    Urla Antonio.
    Ma il bello di tutta la vicenda era che Adriano dormiva
    ancora profondamente.
    Lui non l’aveva sentita. affatto !.
    Così ci alziamo e lo svegliamo noi.
    Una sera Massimo era tornato tutto serio.
    Io lo guardo.
    Cosa è successo ?
    Gli chiedo.
    Non mi ricordo più dove ho lasciato la mia macchina !
    Mi dice tutto preoccupato.
    Ma scusa Massimo, ti ricorderai dove sei stato stasera.
    Fatti un giro di tutti i posti dove sei andato e…
    Belin !
    Già fatto… Mia !!!!.
    E non c’è da nessuna parte.
    Urla lui.
    Se non lo sai te dove l’hai lasciata !!
    Beliiiiiiiiiin !!
    Urla lui.
    Era fatto così, era la personificazione della distrazione.
    Rimase a piedi per circa una settimana.
    Poi un giorno gli ha telefonato un suo amico.
    Massimo ?
    Ma vuoi venire a riprenderti la tua macchina ??!
    Da una settimana che è ferma qui nel mio giardino !
    Belin !
    Mia !!!!!
    Dice lui dandosi uno schiaffo in testa.
    Ecco dov’era !!
    Nella villa del Parodi !!.

    Alle sette di mattina improvvisamente la camera
    si riempe della solita assordante musica di violini gitani
    scatenati una performance di rapsodia magiara.
    Vicino…este….
    Dice lei stiracchiandosi la braccia e sbadigliando
    In Vacanza !.
    La interrompo io.
    Da, si Giani.
    Mi risponde lei.
    Lo possino ammazzare !
    Ma non lavora mai questo qui ?”!!!.
    Senti io adesso vado di la e a questo facchino
    lo concio per le feste !.
    Le dico alzandomi di scatto dal letto.
    Nu Giani, nu !
    Lui Zingaro, lui avere coltello e tu non avere
    qui con te la pistola !
    Lui fare te del male..este persona violenta.
    Va bene.
    Dico rassegnato.
    Per questa volta non gli faccio nulla.
    Prendo tutta l’attrezzatura per darmi una robusta
    lavata e mi dirigo al bagno.
    La casa era vuota.
    Sua madre sarà a lavorare pensavo e suo fratello chissà dove.
    Infatti lei me ne da conferma.
    Mami este a lucrare.
    E Giovani este a Tirgoviste.
    Abbiamo cose da fare oggi ?
    Le chiedo ponendo la caffettiera sul fuoco.
    Nu Giani.
    Divinaza mergere se tu volere la Bucaresti.
    (Domani se vuoi andiamo a Bucarest)
    Si, d’accordo, così telefono a casa mia.
    Mia madre sarà già in allerta rosso.
    Avrà chiamato il comandante Straker pensando
    che mi abbiano rapito gli alieni.
    Con la Polizia come siamo messi ?.
    Le chiedo mentre degusto il caffè.
    Policia local dire me no problema.
    L’amico sergente Garsia ?!.
    Le chiedo ricordando la visita del poliziotto dell’altra volta.
    Da, si, mi dice lei ridendo.
    Filmul ( Il Film di ) Zorro, vero ?
    Si, lo facevano vedere qui ?
    Da, Giani da.
    Mi piacere molto Zorro.
    E gli amici quelli della difficilissima, cosa dicono ?
    La Securitate ?
    Si, proprio loro, quelli che non si vedono mai.
    Loro mandare di nuovo a chiamare mia amica Jolanda.
    Davvero Vale ?
    Da, si Giani.
    Lei dire sempre tutto a me.
    Chiedere lei quando tu arrivare qui,
    Ma non si sentono le nostre telefonate ?
    Lo dovevano già sapere da se.
    Non saprei dire te, Giani.
    Loro chiede a Jolanda, quando venire amico poliziotto italiano
    di amica tua Valentina ?
    Aspetta.
    Le hanno detto proprio in quel modo ?
    Poliziotto Italiano ???.
    Da, Giani si.
    Ora cominciavo ad avere delle conferme.
    Ecco perché non venivano a rompermi le palle.
    Questi sono proprio dei dritti.
    Ora Giani, io fare ordine in casa.
    Come un prodigio, sento che la radio infernale
    del suo vicino aveva cessato le sue trasmissioni.
    Va bene Vale.
    Visto che l’amico tuo pellerossa zingaro ci concede la grazia
    siccome tu sei impegnata io ne approfitterei
    per tornare a riposare un pochino.
    Come tu volere, Giani, come tu volere.
    Mi rimetto a letto.
    Ma non ho più tanto sonno.
    Così, assaporando il torpore del calduccio che c’era,
    fuori invece saranno non so quanti gradi sotto zero,
    mi immergo ei miei pensieri.

    Quando il Giudice Sozzi se ne andava in ferie, Massimo
    Veniva ridestinato ai servizi ordinari.
    Quella mattina alle 6 e 30 in punto vengo svegliato
    da delle urla provenienti dal letto vicino.
    Mi giro e vedo due colleghi in divisa che
    strattonano un Massimo ancora intento a dormire.
    Massimo svegliati !!
    Svegliati, dobbiamo montare di volante alle 7,00 !!.
    Gli urla un collega.
    Non mi rompete il Belino che ho sonno !
    Risponde lui molto indisposto.
    Massimo ti prego alzati e cambiati,
    dai, non voglio prendere una punizione per colpa tua !.
    Alla fine si convince e si alza.
    Apre il suo armadio.
    Era davvero inguardabile.
    Cerca disperatamente la sua divisa che avrà
    disseminata da tutte le parti.
    La giacca di qua, i pantaloni di la
    la camicia sotto ad un cassetto e così via.
    Mi presti il cinturone ?
    Mi chiede improvvisamente.
    Non trovo più il mio.
    Tanto a te non ti serve, stai alla Mobile.
    Glielo do.
    Mi potresti dare anche il cappello ?
    Massimo ma tu sei proprio la personificazione del disastro !
    Tieni, ecco il cappello.
    Alla fine non so come ma riesce ad indossare
    la divisa e i tre scappano velocemente fuori dalla
    Camerata.
    Ma non era cosa di fare la volante.
    A primo giorno non so quante cazzate aveva combinate.
    Si era perso pure un caricatore dell’M12 !!.
    Così avevano saggiamente deciso di metterlo in borghese.
    E c’è lo avevano mandato da noi, proprio alla Mobile.
    A sapete a novità ?
    Aveva detto Sasà Gagliano.
    O sapete chi ci mandano accà mo’ ?
    Chi Sasà ?
    Chiede Luigi.
    O Gorilla !.
    Chillo che fa a scorta o magistrato !.
    Pensandoci bene, Massimo ad un gorilla ci assomigliava
    Abbastanza, siccome era alto e grosso e grintoso.
    Infatti Massimo di li a poco arriva.
    Sempre vestito all’ultimo grido.
    Ma io che lo conoscevo, sapevo bene che
    indossava quegli abiti da circa una settimana.
    E non lo avevo mai visto andarsi a lavare.
    Sopperiva a questo buttandosi addosso
    consistenti dosi di profumo.
    Salve a tutti !.
    Dice arrivando.
    Cosa devo fare qui di bello ?
    Chiede subito.
    Tu tassetti allà, e gli indica una sedia,
    e cerca di non scassare ‘o cazzo !.
    Ci siamo intesi Guagliò ?!!.
    Gli dice molto seriamente Sasà Gagliano.
    Lui obbedisce subito.
    La sua fama di pasticcione era nota in tutta la
    Questura e pure negli altri reparti territoriali
    della città della Lanterna.
    Ma tutti accà li mandano !
    Dice sconsolato Gagliano dandosi schiaffi in testa ed uscendo
    Dalla stanza.
    E puzza pure come una puttana, gli sento dire da fuori nel
    Corridoio.

    Tutto bine Giani ?
    Mi chiede lei entrando improvvisamente in camera.
    Questo mi riporta alla realtà.
    Si, tutto a posto Vale, tranquilla.
    Ma l’indomani mattina, al solito orario
    l’infernale radio torna a colpire, puntuale
    come una cambiale.
    Ormai mi sono rassegnato.
    E poi stamattina dobbiamo andare a Bucarest.
    Così ci alziamo e ci cominciamo a preparare.
    Il nostro autista arriva a bordo della sua Dacia.
    Dal mio arrivo non ha nevicato più.
    Ma fa un freddo boia e quella mattina mi sa che
    ne faceva ancora di più del solito.
    Infatti non appena apro la porta ed esco fuori
    e come se un pugno mi avesse colpito in faccia.
    lui ci aspetta con lo sportello aperto.
    Io prendo il solito pacchetto di Kent e glielo tiro
    a volo.
    Lui lo acchiappa preciso sempre alla Dino Zoff.
    Poi si parte.
    Noi seduti dietro come sempre, lui alla guida,
    immancabile sigaretta kent in bocca.
    Il panorama è sempre surreale.
    Montagne di neve ammassata.
    Oggi ci sono 25 gradi sotto zero.
    Gli sento dire a lui.
    Minchia !
    Mi scappa di dire.
    Ecco perché sentivo più freddo del solito.
    Sebbene vestito di tutto punto, tuta da sotto sci
    in pura lana, piumone d’oca superimbottito da scalata
    Al monte Cervino, anfibi, doppi calzettoni
    In lana con passamontagna in testa, guantoni alle mani, sentivo lo stesso
    freddo, un freddo che ti entra dentro nonostante tutte le tue difese.
    E dire che lei indossava solo i jeans !.
    Saranno pur abituati a questo clima.
    Pensavo.
    Mio padre raccontare che in tempo di guerra,
    continua l’autista, quando era hasta frigo (questo freddo)
    combattere solo Russi, Tedeschi e Romanesti (Rumeni).
    Italieni e Francesi cadere a terra come pere secche !.
    Non dare più segni di vita, loro non combattere.
    Ecco perché cazzo abbiamo perso la guerra qui.
    Pensavo.
    E loro li avevano pure mandati nella steppa con le scarpe
    di cartone.
    Poveracci, ora li capisco cosa hanno sofferto.
    Poi lei si distende.
    Ed io guardando la banchisa polare esterna,
    penso.
    Momimovo ?
    Scendi abbascio e piglia na machina che dobbiamo aggià usci !.
    Mi ordina perentorio Sasà Gagliano.
    Ed io eseguo e scendo giù al garage.
    Ma lo trovo pressoché vuoto.
    Che fine hanno fatto tutte le nostre auto ?
    Chiedo al garagista.
    Le ha prese tutte la Digos !.
    E perchè mai ?
    Chiedo ancora.
    Servizio anti azzoppamento.
    Ordine del Questore, tutte le macchine civetta
    devono essere a loro disposizione !.
    Ho capito.
    Mi rassegno e risalgo su a piedi, come ero sceso.
    Da qualche tempo infatti, ogni mattina
    sparavano a qualcuno alle gambe.
    E finiva bello ed azzoppato per terra, con pozza di sangue
    attorno.
    Per questo tutta la Digos era impegnata dalle sei di mattina
    sino a cessate il fuoco, cioè dopo che il malcapitato
    veniva puntualmente sparato, non c’era più
    motivo di continuare il servizio.
    Ne avessero mai impedito uno, di azzoppamento !.
    Era tutto inutile.
    I Brigatisti sembravano essere dei fantasmi.
    Apparivano all’improvviso, colpivano e poi sparivano.
    Mai preso uno.
    Momimovo ?
    Arrustà ‘a machina ??.
    Mi chiede Sasà vedendomi tornare a piedi.
    Tutte requisite, la Digos fa l’anti azzoppamento !,
    Gli rispondo allargando le braccia.
    Manno già scassato ‘o cazzo chilli della Digòs !!.
    Ma non tengono le loro macchine ?
    Non bastano Sasà, non gli bastano.
    Le prendono tutte.
    Se la prendessero pure nel culo !.
    Urla lui furibondo.
    Immo appresso, torniamocene su.
    Dice Pino il brigadiere che aveva sentito tutto.
    Oggi non si lavora, riposo !.

    Bucarest ci appare in uno scenario davvero
    Surreale.
    Tutta bianca e avvolta in una sottile nebbia.
    Quanto era diversa dallo scorso agosto.
    Mi ricordo della telefonata.
    Vale ?..
    Dovrei telefonare a casa mia.
    Da, Gianni, si.
    Lei dice qualcosa all’autista, lui sempre con la
    kent in bocca, abbassa la testa tipo ho capito.
    Entro dentro la cabina.
    Lei mi sta accanto.
    Adesso se mi dice che Barcellona sta in Spagna,
    stavolta la mando a fare in cul…
    Ma non finisco di dirlo che sento suonare il telefono.
    Avrà ripassato la geografia.
    Pensavo.
    Pronto ?
    Sono io, madre.
    Gianfranco !!!.
    Ma perché mi devi fare stare sempre in pena ?.
    Solo adesso telefoni ?!.
    Avevo chiamato in Questura per avere tue notizie.
    In Commissariato vorrai dire, madre.
    Si a questo di Barcellona.
    Loro infatti il Commissariato lo chiamavano Questura.
    Madre ma perché gli devi rompere la testa ai colleghi ?!.
    Cosa vuoi che ne sappiano loro dove sto io ?!.
    Ma tu non chiamavi ed io stavo in ansia !.
    Madre ma quante volte ti devo spiegare che è possibile
    fare le chiamate internazionali solo qui, da Bucarest !.
    Non appena mi è possibile come vedi, chiamo.
    Come stai, fa freddo li ?.
    Un pochino madre, ma si sopporta benissimo.
    Le dico sapendo di averle detto la solita gigantesca
    Furfantata.
    Figlio ?..
    Tu non me la racconti giusta.
    Ieri sera ho sentito il colonnello Bernacca !.
    (All’epoca era lo speaker delle previsioni del tempo.
    Adesso non ricordo se ancora ci fosse lui a dirle.
    Ma ormai per antonomasia ogni speaker
    che dava le previsioni lo si chiamava Bernacca, tanto era stato popolare.)
    Disse che li nell’est c’è in corso una vera
    e propria ondata di gelo !.
    Ma quando mai madre.
    Lo sai che in tivvù esagerano sempre, dai !.
    Madre ti passo lei, ti vuole fare gli auguri.
    Buon anno segnora.
    Le dice lei con voce molto pacata.
    Sento che mia madre la ringrazia.
    Poi lei mi ripassa la cornetta.
    E non gli parlare in siciliano !
    A si e no capisce l’italiano.
    Figlio lo sai che a me mi viene spontaneo
    farlo.
    E stai attento con questa qui.
    Guarda che “questa qui” ha un nome !.
    Non combinare dei guai, usa precauzioni.
    Madre, che stress che sei !.
    Figlio, io penso solo al tuo bene.
    Lasciamo perdere madre, passami papà.
    Lui come sempre è molto pratico.
    Ti sei coperto bene ?
    Lui naturalmente non aveva bevuto la mia
    balla del poco freddo.
    Tranquillo padre, tutto a posto.
    Bene, fatti un buon capo danno e divertiti.
    Grazie padre, altrettanto a voi e salutatemi
    Massimo.
    Massimo era mio fratello, dieci anni più giovane di me.
    A casa non c’era mai.
    Riattacco.
    La famiglia è stata tranquillizzata.
    Possiamo andare.
    C’è sempre quella pizzeria ?
    Le chiedo.
    Da, si Giani, este.
    Come al solito il nostro autista consuma
    molto velocemente e poi ci lascia da soli
    con la scusa che deve fumare.
    Nei locali li all’epoca era già vietato
    fumare e li non facevano la multa ti mazziavano
    proprio fisicamente se ti beccavano a farlo.
    Te la facevano mangiare.
    Domani è capodanno le dico.
    Da, si.
    Quando tu partire ?
    Mi chiede.
    Giorno 4 devo essere alla Scuola.
    Stare poco da me.
    Vabbè, ci vedremo più avanti.
    Tu tornare ancora ?
    Non mi vuoi più con te ?
    Che dire tu Giani ??
    Da, si che io ti volere !.
    Mi era venuto così.
    E quando mi viene una cos, io la devo dire.
    Mi sposeresti ?
    Lei diventa tutta seria.
    La vedo pensare.
    Beh, non pretendo una risposta subito.
    Este cosa complicata Giani, difficile.
    In che senso ?
    Vedi qui per sposare straniero occorre speciale
    approvazione da parte di Stato.
    Me lo dovevo immaginare.
    Poi dipende anche da lei e sua famiglia.
    In che senso Vale, spiegati meglio.
    Se lei donna este membro partito o avere speciale
    incarico, este impossibile approvazione.
    Non mi sembra sia comunque il tuo caso.
    Se uno di sua famiglia avere anche lui questo
    este stessa cosa.
    Ed anche qui mi sembra che non sia il tuo caso.
    O se lei avere studiato alla Facultate (Università)
    Loro chiedere rimorso di tutti i soldi che Stato ha speso
    per fare studiare lei.
    E pure qui mi sembra che non rientri in questo.
    Ma tornando a prima, lasciamo perdere
    le difficoltà, ma la tua risposta qual’ è ?
    Lei ritorna a pensare.
    Devo pensare, Giani.
    Vedi lasciare il paese per me non este facile.
    E dire che la maggior parte di loro
    lo faceva solo per questo.
    Pensavo.
    Quanto era diversa lei dalle altre.
    Lasciare sola Mani e Giovanni,…
    Beh, tua madre mi sembra che se la sappia
    cavare abbastanza bene.
    E Giovanni prima o poi si farà una famiglia anche lui.
    Non puoi legare il tuo destino con quello loro.
    Vedere tu Giani, non este facile.
    Io dovere pensare molto su questo.
    Italia io non conoscere, non este il mio Paese.
    Lo so, lo so.
    Ma prenditi pure tutto il tempo che vuoi.
    Ti ho detto che non pretendo una risposta subito.
    Da Giani, si, ci penserò, promesso.
    Usciamo ?
    Da si, usciamo.
    Andiamo a tuffarci nel gelo della capitale.
    Lui come al solito ci aspetta fuori,
    sigaretta sempre rigorosamente in bocca.
    Questo qui fumerà pure quando dorme.
    Mi scappa di dire.
    Lei si mette a ridere.
    E come fare lui a fare questo ?
    Mi chiede.
    Boh ?!.
    Un sistema lo troverà, ne sono convinto.
    Mentre camminiamo per il centro, scorgo la sagoma
    Dell’Hotel Interconinental.
    Che ne dici di prenderci quel drink dell’altra volta ?
    Con questo freddo ci starebbe proprio bene.
    Da, si, Giani.
    L’autista aveva capito tutto.
    Infatti ci lascia davanti all’ingresso del lussuosissimo
    Albergo.
    Dai vieni.
    Le dico.
    La vedo ancora una volta esitante.
    Poi si decide e mi segue.
    Entriamo.
    Qui sembra di essere nel mese di luglio.
    Le dico, assaporando un piacevole tepore.
    Come al solito si avvicina uno dei mastini napoletani.
    Io tiro fuori il passaporto.
    E lo esibisco come l’arbitro di calcio
    quando tira fuori i suoi cartellini dal taschino.
    Lui lo vede ed annuisce, ma guarda lei.
    La signora sta con me !.
    Lo anticipo io prima che chieda.
    Lui infatti non replica neppure.
    Vogliamo andare al bar, si può ?
    Gli chiedo.
    Da, si, risponde lui.
    Io accompagnare voi.
    Non c’è bisogno che si disturbi, la strada
    la conosciamo.
    Lui abbassa la testa e si mette di lato.
    Ci andiamo così a sedere.
    Sorseggiamo il drink con calma.
    Si stava davvero bene li.
    Del resto andarsene in giro con quel gelo
    non era proprio il caso di farlo.
    La cosa più importante era per me telefonare
    a casa, e lo avevo fatto.
    Lei mi guarda seriosa.
    Ma tu sicuro di tua decisione ?
    Mi chiede improvvisamente.
    Quale decisione, scusami ?
    Quella che tu volere sposare me.
    Certo che si !.
    Ma tu non mi conoscere, come fare a sapere
    che io sono adatta per te ?.
    Vedi, io certe cose le sento dentro di me.
    non sono un tipo cervellotico.
    Capisco subito con chi ho a che fare.
    Lei adesso mi sorride.
    Ma per come ti ho detto, pensaci pure con calma.
    Quanto tornare tu qui di nuovo ?
    Non lo so Vale.
    Adesso tornato in Italia verrò trasferito a Genova.
    Tu tornare a Genova ?.
    Si.
    Già il mio comandante in capo me lo ha anticipato.
    Non c’è stavolta bisogno che vada a leggere il foglio
    dei movimenti attaccato all’albo.
    Tu stare bene a Genova ?
    Insomma.
    Diciamo che almeno conosco il posto anche se
    il servizio che farò sarà adesso diverso da quello di prima.
    Niente più spacciatori e puttane ma terroristi.
    Ma non essere pericoloso hasta, Giani ?
    In Polizia tutto è pericoloso.
    Poi adesso li c’è una situazione molto difficile.
    C’è in atto un vero attacco al cuore dello
    Stato, servono tutti gli uomini disponibili.
    Ti stare attento, Giani.
    Stai tranquilla, cercherò di salvarmi la pelle.
    Ho ancora molte cose da fare da vivo.
    Lei si mette a ridere.
    Usciamo ?
    Da, si, mi fa lei.
    Certo che usciti fuori ci coglie letteralmente
    il gel, soprattutto in testa ed in faccia.
    Il colbacco !
    Mi torna in mente, portami in un posto dove lo vendono.
    In effetti non appena indosso quel berretto di puro pelo
    La testa mi si riscalda subito.
    E’ tutta un'altra cosa del passamontagna.
    Ora capisco perché li praticamente lo portano tutti.
    Cosa volere fare tu ora ?
    Meglio torniamo a casa.
    Andare in giro per il polo sud non mi sembra il caso.
    Come tu volere Giani, e fa un cenno al nostro
    Autista, sigaretta sempre in bocca.
    Lei si mette comoda.
    Ed io osservando il paesaggio spettrale
    Dal finestrino, penso tra di me.
    Siamo a Salò, Lago di Garda.
    Quell’anno, ed io ero al 2° Liceo classico, che
    Corrisponde al 4° anno comunque, la gita pasquale
    era stata organizzata a Desenzano del Garda.
    Con escursioni varie per il Lago, tipo Sirmione
    e Salò appunto.
    Mentre passeggiamo sul lungo lago, a Salvatore detto “il cotolone”
    A causa della sua altezza smisurata, viene d’un tratto l’idea.
    Andiamo a noleggiare un pattino e ci facciamo
    Un giretto per il lago.
    Così dopo qualche minuto io lui e Roberto ci ritroviamo
    A pedalare sulla superficie del lago Benaco.
    Era davvero eccitante, anche se eravamo nel mese di aprile
    e c’era ancora l’aria un po’ freddina.
    Io infatti indossavo l’eschimo.
    Ma Salvatore Cotolone non è ancora soddisfatto.
    Dirigiamoci verso i nostri compagni.
    Ci dice scorgendo un gruppetto di loro a bordo riva.
    Sei sicuro che sia una buona idea ?
    Gli chiedo.
    Si, facciamo gli spacchiosi, passiamoci davanti
    e li salutiamo pedalando.
    Moriranno d’invidia !.
    Infatti di li a poco siamo quasi al loro cospetto.
    Ma qui avviene l’imprevisto.
    Salvatore accosta proprio a riva e a Carmelo
    che stava li, gli viene in mente la fantasia.
    Posso salire a bordo ?
    Chiede posando il piede sul davanti del pedalò.
    Carmelo era alto e abbastanza corpulento, somigliava
    preciso a Bud Spencer, per dare l’idea.
    Carmelo no !
    Gli urla Roberto.
    Ma non finisce di dirlo che Carmelo
    toglie improvvisamente il piede tirandolo indietro.
    Tutto è accaduto in pochissimi istanti.
    Il pedalò subisce un forte contraccolpo.
    Praticamente io mi sono ritrovato per aria.
    Per poi cadere pesantemente nell’acqua gelida.
    Andavo giù, andavo giù come un sasso.
    Era profondo in quel punto, il lago.
    Non so neppure io come ci sia riuscito.
    Sarà che ero un abile nuotatore, ma sarà stato meglio ancora
    l’istinto di sopravvivenza a venire fuori.
    Muovo le gambe all’ìnsù e le braccia con tutta la mia forza,
    Riesco a risalire, e d’un tratto sbuco fuori proprio
    Attraverso la gomma di salvataggio del pedalò, che si
    Era capovolto.
    C’à ne hai messo di tempo !
    Mi grida Carmelo che si era spogliato e si tuffa venendomi
    incontro.
    Veramente il mio salvatore ufficiale doveva essere il professore di
    ginnastica, che però in tutto quel frangente a si e no si era
    tolto solamente la giacca.
    Se fosse dipeso da lui, sarei potuto crepare tranquillamente.
    Carmelo mi raggiunge e mi prende con un braccio tirandomi su.
    e trascinandomi con lui verso riva.
    Gli altri ?
    Chiedo tutto tremante.
    Tutti salvi, mi fa lui.
    L’unico che ci hai fatto spaventare sei stato te.
    Ti abbiamo visto andare giù proprio a fondo.
    Ma come cazzo hai fatto a venire su ?
    Mi chiede tirandomi a riva.
    Sai, il fatto è che all’inferno era tutto esaurito,
    non c’era più posto, non mi hanno voluto.
    Gli rispondo togliendomi l’eskimo che era tutto inzuppato d’acqua.
    Intanto era arrivato anche il proprietario del pedalò.
    Questi, neppure ci chiede come stiamo.
    Terroni, bastardi terroni !.
    Mi avete distrutto il pedalò !
    Bastardi, me lo dovete pagare adesso.!.
    Carmelo lo guarda tutto serio.
    Prende il portafoglio, tira fuori un foglio da
    diecimila e glielo tira proprio in faccia.
    Tieni miserabile !.
    Gli dice guardandolo minacciosamente.
    Quello se li prende, si gira e si allontana.
    Se avesse parlato un’altra mezza parola, Carmelo
    lo avrebbe massacrato a pugni.
    Arrivano tutti gli altri, anche il professore quello che mi doveva salvare.
    Tutto bene ?
    Si tutto bene, a parte il fatto che mi sto congelando.
    Vieni con me, mi fa Carmelo, e mi porta in una boutique da devo riesco
    con abiti nuovi ed asciutti.
    Il paesaggio è sempre spettrale, lei si è assopita.
    La strada è ghiacciata e non potrebbe essere diversamente.
    Il nostro autista, tra una boccata e l’altra della sua Kent,
    ci va molto prudente e il viaggio di ritorno
    dura molto più del previsto.
    Da casa sua a Bucarest in fin dei conti poi sono soli 80
    chilometri.
    Ma le strade sono quelle che sono e in quelle condizioni
    poi i chilometri mi sembrano siano diventati mille a passa.
    Lei è sempre assopita, ed io guardando il finestrino
    E tenendola sotto braccio, sono colto dai ricordi
    che affollano la mia mente.
    La gita a Desenzano del Garda volge ormai alla fine.
    Eccoci li, io Salvatore, Carmelo, e tre nostre compagne
    Nicla, Cinzia e Paola, seduti ad un ristorantino di Milano
    Centrale.
    Carmelo era l’industriale della banda.
    Lui infatti era più grande di noi, aveva già la patente
    ed una bella fiat 124 sport e veniva a scuola con quella.
    Ma soprattutto aveva il portafoglio sempre pieno di bigliettoni
    A differenza di me le cui tasche erano vuote e con le ragnatele dentro.
    Suo padre aveva una ditta di trasporti e lui sapeva portare i Tir
    abbastanza bene.
    Ma era molto generoso, e non disdegnava di pagare molte volte
    Anche per quelli come me che erano sempre in “mutua”.
    Così anche quella volta mi pagò la mia quota di pranzo.
    Io gli dicevo che non appena avrei potuto glieli
    avrei ridati i soldi, ma lui non ne voleva sentire e mi
    diceva che si sarebbe offeso se io avessi rifiutato il suo aiutino.
    A che ora è il treno ?
    Chiedo.
    Il treno è alle 17 e 15.
    E Sono ancora le 15,00.
    Mi risponde Salvatore il Cotolone.
    Per cui signori e signore propongo di farci una bella
    passeggiata.
    E dove te la vorresti fare questa passeggiata ?
    Gli dico guardando il panorama desolato di Milano Centrale.
    Magari saliamo su in cima a Pirellone ?
    Gli dico indicando il grattacielo che con i suoi 50 piani
    svetta sul panorama.
    Andiamo a Piazza Duomo a vedere appunto il Duomo !.
    Dice lui d’un tratto.
    Ma c’è la faremo poi a tornare in tempo ?
    Gli chiede un preoccupato Carmelo.
    Infatti gli parla grattandosi il mento.
    Signori miei carissimi.
    Io conosco Milano come le mie tasche !.
    Vi dico che due ore possiamo andare a vedere il Duomo e a
    ritornare qui in tempo per prendere il treno.
    A fronte di tanta sicurezza, dopo esserci guardati l’un altro
    decidiamo di fidarci.
    Ognuno a braccetto della relativa ragazza, ci infiliamo
    dentro la metropolitana.
    Allora la linea gialla ancora non c’era.
    Per cui occorreva prendere la linea verde e poi cambiare
    con quella rossa fino alla fermata di Piazza Duomo.
    Beh, l’andata effettivamente la facciamo abbastanza in fretta.
    appena dieci minuti.
    Piazza Duomo ci appare uscendo fuori dalla metro.
    Quante colombe.
    Per un po’ camminiamo sempre tutti insieme.
    Fatta la galleria Vittorio Emanuele,
    usciamo a Piazza della Scala.
    Salvatore vuol dare dimostrazione di sapere proprio
    tutto di quel posto e spiega tutto quello che vediamo camminando.
    Quello è Palazzo Marino, ci dice indicandolo.
    la sede del Comune di Milano.
    Poi Carmelo e la sua partner decidono di separarsi.
    Ci vediamo alle 16 e 15 in punto davanti
    alla metro a Piazza Duomo.
    Restiamo così.
    Ma Carmelo alle 16 e 15 ancora non c’è.
    Si fanno le 16 e 30.
    Ancora non c’è traccia di lui.
    Salvatore ?
    Gli dico.
    Si sta facendo tardi, io direi di tornarcene alla
    Stazione.
    Aspettiamo ancora cinque minuti.
    Mi risponde lui.
    Anche le ragazze si stavano cominciando a preoccupare.
    Passati i cinque minuti una delle ragazze dice.
    Ragazzi basta !.
    Avrà avuto un contrattempo o magari se ne sarà andato in Stazione
    senza aspettarci.
    Salvatore si convince.
    Torniamocene !
    Scendiamo di gran corsa giù nella metro.
    Ma stavolta la coincidenza con l’altra linea non è immediata.
    perdiamo quasi dieci minuti ad attenderla.
    Scesi a Milano Centrale mentre corriamo come i matti
    verso i binari, do uno sguardo all’orologio del tabellone.
    Cazzo !.
    Sono le 17 e 30, siamo in ritardo..
    Tranquillo urla Salvatore, quando mai un treno è partito in orario ?!!.
    Binario 15, Palermo binario 15, leggo nel tabellone.
    Corsa mozza fiato ma giunti al binario 15 lo troviamo
    Vuoto.
    Ci guardiamo tutti sconsolati, quasi a rifiutare la cosa.
    c‘è un portabagagli che passa.
    Scusi signore, dov’è il treno per la Sicilia ?
    Gli chiedo quasi implorante.
    A quello ?
    E’ già partito da un quarto d’ora !.
    Cazzo di giuda !.
    Sarà stata l’unica volta che lo hanno fatto partire in orario !.
    Le ragazze cominciano a preoccuparsi.
    Ma io girandomi vedo Carmelo e la sua partner.
    C’è Carmelo, c’è Carmelo !.
    Allora forse siamo ancora in tempo, se lui sta ancora qui.
    Ma lui ci gela subito.
    Tira una sonora bestemmia e urla.
    Cazzo di minchia ho perso il treno !!.
    Le ragazze adesso scoppiano in lacrime.
    Calma, calma, ragazzi, calma.
    Dice Salvatore.
    Calma un cazzo Cotolone che sei !.
    Gli dice Carmelo tutto fuorioso.
    Tu e la tua idea di vedere il Duomo !!.
    Ma Noi alle 16 e 15 eravamo li a d aspettarti, ma tu dove cazzo eri ?
    Gli risponde Salvatore.
    Signori ?
    Litigare adesso ormai non ha senso.
    Mi intrometto io.
    Cerchiamo invece di organizzarci.
    L’unica è di prendere il prossimo treno che parte.
    Ma li avevamo i biglietti e le cuccette pagate !.
    Dice Salvatore.
    Andiamo ad un Ufficio informazioni, spieghiamo la cosa.
    In effetti Salvatore e Carmelo entrano dentro e cominciano
    una frenetica trattativa con un funzionario F.S. che non ne vuol sapere
    di farci partire senza biglietto, e del resto come potevamo dimostrare
    di essere di una gita e di aver perso il treno ?!.
    Io resto fuori a consolare le ragazze che piangono a dirotto.
    Andrà tutto bene, vedrete, state tranquille, su, via.
    Carmelo e Salvatore escono sconsolati.
    In quel preciso istante l’altoparlante annuncia:
    “Il ragazzo Di Blasi Gianfranco si porti subito presso
    La Polizia Ferroviaria !”
    Che cazzo hai combinato stavolta ?..
    Mi dice Carmelo acchiappandomi per il bavero.
    Nulla Carmelo, ma se sono stato qui con voi ?!.
    Effettivamente !, Fa lui lasciandomi.
    Ma allora perché cazzo di cerca la Polizia ?
    C’è solo un modo di saperlo, quello di andarci.
    Gli rispondo.
    Andiamoci allora.
    In effetti aveva telefonato da Bologna il capo comitiva
    Spiegando agli Agenti che noi eravamo rimasti li a Milano e
    Di fare di tutto per rintracciarci.
    Adesso avevamo le credenziali per poter partire e il funzionario F.S.
    Ci firma un “lasciapassare” per il prossimo treno in partenza tra mezz’ora per la Sicilia.
    Le ragazze adesso stanno più tranquille.
    Manca ancora molto ?..
    Chiedo all’autista, destandomi di colpo.
    Nu, no, puzin. (poco)
    Multumesk. (Grazie)
    Gli rispondo e guardo lei ancora assopita accarezzandole i
    Capelli.
    Negli anni settanta salire su di un treno diretto al sud
    specie nel periodo delle festività, equivaleva
    a salire su di un carro bestiame.
    E noi eravamo saliti all’ultimo momento, senza
    Nessuna prenotazione.
    Oddio, intanto era già un impresa salirci su.
    Appena apri la porta ti cadono addosso persone
    che sono ivi stipate all’inverosimile.
    Valigie sparse da tutte le parti.
    E’ occupato persino il bagno che è diventato
    Praticamente un normale scompartimento.
    Benvenuti nella terza classe !.
    Mi scappa di dire.
    Riusciamo a forza di spinte e di gomitate
    A sistemarci nel corridoio, creandoci ‘nanticchia
    (un pochino) di spazio vitale.
    Certo che la prospettiva di farsi un viaggio
    in piedi non era quelle delle migliori.
    Che schifo !.
    Dice Salvatore.
    Che pretendevi che ci dessero la prima classe ?
    Gli rispondo io.
    Già è tanto che ci hanno fatto salire, praticamente
    Siamo dei clandestini.
    Le ragazze sono ancora preoccupate.
    Io guardo tra i finestrini.
    Scorgo dei conoscenti di Barcellona P.G.
    Uno è un ex della squadra di Rugby di Nino.
    Apro la porta.
    Lui mi conosce e mi viene incontro.
    Giovanni ?...
    Gli dico.
    Che ci fai qui su questo carro bestiame ?
    Sono stato a Milano a trovare degli amici ed adesso
    sto tornandomene a casa giù.
    Ci abbracciamo.
    Voi, come siete messi ?
    Mi chiede.
    Toh, guarda tu stesso.
    Lui si rende conto.
    Io ho trovato posto siccome sono salito a volo
    Prima ancora che lo portassero in stazione !.
    Già da buona seconda linea di rugby salire a volo su di un treno
    È praticamente un gioco da ragazzi.
    Poi mi guarda serio.
    Beh, non so, qualcuno di voi stringendo lo possiamo
    sistemare qui con noi.
    Facciamo una cosa Giovanni.
    Gli propongo.
    Vedi almeno se riesci a sistemare le ragazze, noi
    ci arrangiamo.
    Si, adesso provvedo subito.
    Si riesce non si sa come a creare
    tre posti in più per le nostre compagne che
    almeno si evitano lo strazio di viaggiare in piedi.
    Noi tre alla fine ci accovacciamo seduti nel
    corridoio.
    Gianfranco, facciamo a turno.
    Mi dice Giovanni affacciandosi.
    Ogni tanto qualcuno di noi vi lascia il posto
    così vi sedete comodi anche voi.
    Comodi era una espressione eufemistica,
    ma era sempre meglio che stare seduti
    per terra.
    Grazie Giovanni, sei proprio un amico.
    Gli rispondo.
    Ma per ora stiamo comodissimi così.
    Più avanti vediamo.
    Il viaggio è qualcosa di allucinante, una
    sorta di odissea viaggiante su rotaia.
    Ma a Napoli accade il miracolo.
    Si svuotano improvvisamente alcuni scompartimenti.
    Con un blitz c’è ne impossessiamo
    repentinamente di uno e finalmente possiamo metterci
    a sedere.
    Siamo stremati, ci buttiamo di peso sui sedili.
    Il resto del viaggio almeno diventa accettabile.
    Più accettabile ancora, siccome Paola mi si butta addosso.
    e come si fa a rifiutare la cosa ?
    Passa pure la stanchezza.
    A Messina dobbiamo scendere.
    Il treno prosegue per Siracusa, dobbiamo cambiare.
    Passando guardo il tabellone.
    Caspita.
    Sono solo pochissimo davanti a noi, i nostri compagni.
    Il loro treno ha portato alcune ore di ritardo.
    Il nostro li ha quasi raggiunti.
    Ma salvatore deve telefonare a casa.
    Salvatore, guarda che forse facciamo in tempo a raggiungerli, senti a me.
    Niente lui non ne vuole sentire.
    Ma sei proprio un Cotolone !
    Io Salvatore ed Antonello, abitavamo nella
    Stessa traversa a Barcellona.
    Così Antonello appena sceso dal treno, quello giusto,
    quello che noi abbiamo perso, percorre la traversa per
    tornare a casa.
    Mia madre era affacciata al balcone e vedendolo da solo,
    gli chiede.
    Antonello ?
    E Gianfranco dov’è ???
    Lui imperturbabile gli risponde…
    Signora non si preoccupi, suo figlio è rimasto a Milano !.
    Stava cascando giù dal balcone.
    Lo possano uccidere, se quello è il modo di dare notizie !.
    Alla fine me la sono cavata con 15 giorni di sospensione
    cazziatone mostruoso del Preside e passata di bastonate
    di quelle giuste da parte di mio padre.
    All’epoca a differenza di oggi, se il genitore veniva a sapere di qualche magagna
    la prima cosa che ti faceva era che ti metteva le mani addosso.
    Altro che andare a protestare così come fanno oggi.
    Dire che avevano messo pure in giro la voce che avevamo fatto
    La fuitina !. (La scappatella).
    Quanto è maligna la gente !.

    Noi arrivati !.
    La sua voce mi desta all’improvviso.
    A scusami Vale.
    Stavo a pensare.
    Tu pensare, sempre pensare.
    Ma penso a te !..
    Le dico consapevolissimo di dire
    Una solenne furfantata.
    Toh, dico all’autista salutandolo.
    Gli lancio il solito pacchetto di Kent.
    Lui naturalmente lo prende a volo.
    Quelle della mattina le aveva già finite.
    Arrivati a casa sua, mi dirigo in camera.
    Infatti dallo zero assoluto esterno, - 273 ° mi sembra
    Sia il suo limite massimo, tipo più freddo di così
    Non si può avere, si passa ai + 20 e passa di casa.
    La loro casa era ben riscaldata da enormi
    Stufe a muro in ceramica alimentate a gas.
    Li sapevano fare bene le case gli americani.
    Pensavo ricordandomi che quella casa
    era stata costruita dagli Yankee per i loro
    zelanti funzionari petroliferi.
    Infatti adesso imbottito per come ero
    stavo perfino cominciando a sudare.
    Urge cambiarsi.
    E per spogliarmi c’è ne metto di tempo.
    Sembro uno avvolto dentro delle scatole cinesi.
    Tolgo una cosa e ne sbuca fuori un'altra.
    Tu volere riposare ?
    Mi dice lei aprendo la porta e trovandomi
    Praticamente in mutande.
    Si bussa prima di entrare !
    Le dico cercando qualcosa per mettermi addosso.
    Lei si mette a ridere.
    Si, se posso riposarmi è meglio.
    Le rispondo.
    Più che altro a stare disteso sul letto a godermi quel tepore
    dopo una mattinata di gelo polare.
    Se qui qualcuno vuol uccidere un altro, non c’è
    bisogno che gli spari o roba del genere.
    Basta che la sera lo butti fuori di casa e gli faccia
    trascorrere la notte all’aperto.
    L’indomani lo trovano tipo un ghiacciolo.
    Io avere da fare Giani, preparare cena.
    Mami non este ancora tornata.
    Fai pure, tranquilla.

    Siamo a Brescia adesso.
    Caserma Vittorio Veneto, scuola Polgai.
    Eravamo li solo da poco tempo.
    Mentre attraverso il cortile, mi sento chiamare.
    Scusa collega ?!.
    Mi giro.
    Vedo un collega che mi viene incontro.
    Lui era un effettivo al Gruppo delle Guardie di P.S.
    che faceva parte dello stesso edificio della Scuola.
    Guardandolo la sua faccia mi sembra una faccia conosciuta.
    Infatti lui me lo conferma.
    Ma noi ci conosciamo per caso ?
    Mi chiede.
    Io sono di Barcellona, tu hai una faccia conosciuta.
    Sei anche tu di Barcellona, vero ?
    Beh, Barcellona non è che sia New York City.
    Di vista, i residenti, più o meno ci conosciamo tutti.
    Specie poi quando siamo “all’estero”.
    Si, sono di Barcellona, mi chiamo Francesco e gli porgo la mano.
    Io mi chiamo Andrea, per l’esattezza sono di Gala.
    Gala è una frazione inerpicata sui colli di Barcellona.
    Abbiamo una pausa alla scuola, dai andiamo a prenderci
    qualcosa al bar.
    Che ci fai qui, stai facendo il corso della giudiziaria ?
    Mi chiede.
    Si, e tu cosa fai ?
    Io sono qui da poco.
    Prima ho fatto il Reparto Celere e poi le Volanti a Milano.
    Qui sono all’Ufficio servizi, faccio il tappa buchi.
    In prevalenza piantonamenti, ho fatto domanda
    per tornare a Milano.
    Non ti trovi bene qui a Brescia, Andrea ?
    No, il posto è tranquillissimo, bombe a parte.
    Si riferiva alla strage di Piazza della Loggia
    il cui ricordo era ancora vivo, ed ad altre bombe che
    ogni tanto venivano fatte esplodere come atto dimostrativo.
    Ma sai, a Milano ho la fidanzata.
    Hai davvero un valido motivo allora !.
    E si, faccio sempre avanti ed indietro con il treno.
    Me lo immagino.
    Sai è un ora di strada, ma è scocciante.
    Beh, adesso devo andare a montare mi fa lui.
    Beh, ci si vede allora, visto che stiamo nello stesso albergo.
    Ci salutiamo.
    Dopo qualche tempo, alchè ero sdraiato sul letto in camerata,
    sento bussare alla porta.
    Avanti !.
    Era Andrea.
    Ciccio !.
    Mi fa tutto stravolto.
    Dimmi Andrea, cosa è successo ?.
    Il Maggiore, quel bastardo del Maggiore comandante
    del Gruppo mi vuole denunciare al Tribunale Militare.
    Che cosa ?
    E perché mai lo vuol fare ?
    Ieri tornavo da Milano.
    Il treno ha però portato ritardo e sono arrivato parallelamente
    in ritardo in servizio.
    Lui lo ha saputo e mi ha fatto chiamare, dicendomi che mi denuncerà.
    Ho saputo che tu sei una sorta di sindacalista.
    E verò ?
    Mi chiede.
    Mi alzo di corsa dal letto.
    Vieni con me.
    Gli dico, e ci dirigiamo in fondo al corridoio.
    Li ci sono gli alloggi dei sottufficiali.
    Busso ad una porta.
    Avanti !.
    Sento dire.
    Maresciallo, si può ?.
    Silvano Pascolo, oltre ad essere per come già sapete il nostro
    grandissimo istruttore di guida nonch’è l’anima del settore
    Motorizzazione della Scuola, era un accanito sindacalista clandestino.
    Chiaramente al mio arrivo, mi ero subito associato a lui come riferimento.
    Ma certo, entrate pure.
    Maresciallo, il collega Andrea ha un grosso problema.
    Ditemelo pure.
    Andrea, quello che hai detto a me, dillo pure a lui.
    Ti assicuro che è in gamba, ci si può assolutamente fidare.
    Lui vinta la timidezza, comincia a raccontare tutta la sua disavventura.
    Stai tranquillo che non ti può fare un cazzo !.
    Gli dice alla fine della sua esposizione.
    Hai da fare stasera ?
    No Maresciallo.
    Allora alle diciotto io sono libero da impegni.
    Vieni qui e ti scrivo la relazione di servizio.
    Con quella sarai in una botte di ferro.
    La ringrazio Maresciallo.
    E di che cosa ?!.
    Lui lo sa, dice indicando me.
    Li dove c’è una giusta causa da difendere, li c’è Silvano Pascolo !.
    Giani, este pronta la cena.
    Questo mi riporta bruscamente alla realtà.
     
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    Parte terza

    Arrivo subito.
    Le dico.
    Intanto prendo dal borsone una musicassetta.
    Da agosto si erano modernizzati.
    Non più la vecchia radio a valvole di mia nonna
    Ma una modernissima radio giapponese
    Con registratore incluso.
    Dov’è l’hai trovata ?
    Le chiedo.
    Noi comprare lei a mercato nero.
    C’era da aspettarselo.
    Qui tutti i generi di consumo occidentali
    si trovavano solo al mercato nero.
    Gli sarà costata una fortuna.
    Pensavo, ma pensavo pure che la volta scorsa le avevo
    lasciato 200 dollari sani e belli verdi.
    E quelli cambiati alla borsa nera erano una montagna dei loro
    Leu, la loro moneta.
    In onde corte riuscivo perfino a captare la radio italiana.
    Mi sentivo il notiziario, giornale radio, si chiamava
    all’epoca.
    O meglio, il bollettino di guerra.
    Ammazzato uno qui, ucciso un altro di la,
    solito azzoppato mattutino a Genova e via dicendo.
    Quando sarò alla Digos, ne avrò di lavoro.
    Metto la musicassetta, Sir Elton John.
    Greatest Hits, rocket man, l’uomo razzo.
    Piacere lui a me.
    Dice lei ascoltando.
    Si, come cantante è bravissimo.
    Peccato che sia ricchione.
    Cosa volere dire ?
    Mi chiede lei.
    Ah, scusami.
    Come tradurlo, ecco, omossessuale, cecca, frocio..
    Este un Gay ?
    Mi interrompe lei.
    Preciso.
    Qui da voi non ce ne sono ?
    Le chiedo.
    No Gian, nu este.
    Qui este interziso ( è vietato)
    Se Polizia scoprire loro, Polizia arrestare subito.
    Posto brutto questo per i ricchioni, penso.
    Prendo gli spaghetti e li metto sul fuoco.
    Sento aprire la porta d’ingresso.
    O meglio sento una ondata di gelo che mi arriva addosso.
    Era sua madre che era tornata con suo fratello.
    Adesso siamo in quattro, possiamo farci la briscola.
    Mi scappa di dire.
    Lei mi guarda un po’ perplessa.
    Poi te lo spiego cosa vuol dire, adesso mangiamo.
    Domani e capo danno, siamo arrivati nel 1980.
    Le dico.
    Da, si Giani, 1980.
    Voi fare come si dice il cenone ?
    Da si, noi aspettare mezzanotte dopo cena.
    Poi brindare tutti insieme.
    Beh, tutto il mondo poi alla fine è paese.
    Dopo cena me ne vado a letto.
    Lei ritarda.
    Sua madre era tornata tardi, avranno da parlare, penso.
    Il primo discorso alla Scuola Polgai, c’è lo aveva
    Fatto il Direttore, il mitico Antonino Ales.
    Lui era uno scapolone, sposato solo con la Polizia.
    vi dedicava tutto il suo tempo, tutta la sua vita.
    Scordatevi tutto quello che avete fatto a Trieste.
    Esordisce.
    Niente marce e niente moschetto 91 a piazza d’armi.
    Da qui uscirete dei poliziotti con le palle che gli girano.
    Questo è il nostro compito, formare poliziotti investigativi.
    Lui era in quel modo, riusciva con la sua enfasi
    a gasare e caricare anche l’essere più fiacco e moggio del pianeta.
    Finalmente non toccherò mai più un manganello !
    Dice entusiasta il collega Franco De Bellis alla fine del comizio.
    Franco, non ti voglio contraddire, gli dico, ma entrando
    ho visto dei “tigrotti” schierati in linea sul piazzale.
    I tigrotti erano dei pulmann speciali per trasportare
    personale in ordine pubblico.
    Ma no Ciccio, sono li per abbellire la piazza.
    Mi risponde lui ridendo.
    Infatti, non dico l’indomani, ma quella stessa sera
    eravamo schierati a Milano, via Larga vestiti di tutto
    punto da Ordine Pubblico.
    Guardo De Bellis.
    Sei ancora dell’opinione di stamattina ?
    No, mi sono convinto !.
    Mi risponde lui.
    Le Scuole infatti erano dei veri reparti celeri aggiunti di rinforzo.
    E Milano era li, a due passi.
    E a Milano, Grazie a Dio, il casino non mancava mai
    E dove c’era il casino, li c’eravamo noi.
    Qui è caduto il collega Annarumma.
    Mi dice un collega della Questura in borghese.
    La bomba a mano che ha lanciato quel bastardo di Loi
    lo ha colpito in pieno, sé infilata attraverso lo scudo.
    Lo ha spappolato.
    Che allegria !.
    Pensavo.
    Di fronte a noi una nutrita rappresentanza di manifestanti.
    Tutti con il volto coperto da passamontagna e fazzoletti al collo.
    Ed intenzioni molto poco pacifiche.
    Saranno rossi o neri, anarchici o fascisti, estremisti o pacifisti
    o chissà che cosa, poco ci importava.
    Per noi erano tutti la stessa cosa.
    Improvvisamente si mettono a gridare.
    CELERINI ASSASSINI, CELERINI ASSASSINI….
    Noi indossiamo i caschi e ci prepariamo.
    Ales era venuto con noi.
    Si era dispiaciuto che già a primo giorno noi, i suoi pupilli
    da addestrare a fare i “veri” poliziotti erano finiti li.
    Qualcuno lo aveva sentito urlare.
    Mi hanno rotto i coglioni al ministero !
    Io come faccio a fargli scuola in queste condizioni ?
    Ma mi farò sentire !.
    Intanto noi si era li, tutti fermi, pronti a scattare.
    CELERINI ASSASSINI, CELERINI ASSASSINI…
    Ales perde la pazienza si lancia in avanti temerariamente
    e grida a sua volta…
    NON SONO CELERINI, SONO POLGAINI !!.
    Quelli ne prendono atto subito.
    POLGAINI ASSASSINI, POLGAINI ASSASSINI….
    Aveva fatto la frittata.
    Poi finalmente arriva l’ordine liberatorio.
    CAAAARICA !.
    Scattiamo tutti in avanti in ordine serrando le fila.
    Da dietro parte una salva di lacrimogeni diretta a parabola in avanti.
    L’aria diventa irreale, densa di fumo, si distinguono a malapena
    le sagome dei manifestanti che scappano alla nostra vista
    disperdendosi e frazionandosi a piccoli gruppi nelle strade circostanti
    STATE UNITI, STATE UNIT, AVAZATE UNITI, FORZA DAI !!!
    Urla il nostro Capitano Alessandro Marangoni.
    Ma fortuna che non c’è bisogno di continuare per molto.
    Quelli si sono completamente dispersi.
    svaniti nel nulla.
    Gli abbiamo messo paura, a quei figli di puttana !.
    Dice un De Bellis raggiante, facendo roteare
    per aria il manganello.
    Improvvisamente sento aprire la porta.
    Era lei che veniva.
    La mattina puntuale arriva la solita musica a
    tutto volume.
    Stavolta prendo un anfibio e lo tiro contro
    la parete.
    Vi sbatte con violenza, fa una bella botta.
    Ma questo deve rompere le palle pure a capodanno ?
    Urlo.
    In effetti la musica finisce di colpo.
    Vedi ?
    Con le buone maniere alla fine si ottiene tutto !.
    Lei si mette a ridere.
    Io alzarmi, dobbiamo preparare.
    Devo aiutare Mami.
    Vai pure tranquilla.
    Le dico.
    Così mi rigiro dall’altro lato e mi rimetto
    a dormire.
    Visto che il Signore ci ha fatto la grazia.

    Caserma Martini.
    Scuola Sottufficiali di Nettuno.
    La mia camerata era composta da Antonio,
    elicotterista a Bologna ed appassionato
    radio amatore.
    Aveva un potente apparecchio con cui si tratteneva a conversare.
    Due cugini pugliesi, in servizio alla zona
    Telecomunicazioni di Bolzano.
    E poi c’era Tonino.
    Lui faceva servizio al Ministero dell’Interno.
    Era il più intellettuale di tutti.
    E doveva essere uno “giusto” visto il luogo
    Dove lavorava.
    Mio cugino aveva deciso di entrare in Polizia.
    Ed era alla Castro Pretorio a fare le visite.
    Ogni giorno mi chiamava per darmi le novità.
    Primo giorno tutto a posto.
    Secondo giorno di visite, pure tutto a posto.
    Ma il terzo giorno sento la sua voce un po’
    preoccupata.
    Cugino ?
    Gli chiedo.
    E’ successo qualcosa che non va ?
    Lui se ne sta zitto.
    Poi rompe il silenzio improvvisamente.
    Vedi cugino, mi risponde.
    Fino a ieri tutto andava bene, ma oggi mi sa
    tanto di no.
    In che senso ?
    Spiegati meglio cugino.
    Gli chiedo.
    Stamattina avevamo i test di cultura generale.
    Ebbene ?
    Hai avuto difficoltà a farli ?
    In effetti mio cugino era un bravissimo ragazzo
    ma con la scuola era semplicemente
    litigato.
    Se ne scappava sempre faceva campagnola.
    Per lui la scuola era una sorta di galera
    da cui evadere ed in fretta.
    Suo padre voleva tanto che si diplomasse
    Ma lui semplicemente non ne mangiava.
    Cos’ si era fermato al quarto anno, senza
    riuscire a finire gli studi.
    Nella nostra generazione quando si facevano
    Diciotto anni c’era il grave dilemma.
    Fare il servizio militare.
    Questo dilemma io lo avevo risolto facendolo in Polizia.
    Così a lui era venuto in mente di fare altrettanto.
    Ma pensavo che per lui affrontare i test di cultura generale
    Equivaleva come affrontare un plotone di esecuzione.
    Era proprio terra terra,
    E cos’è che pensi di aver sbagliato ?
    Gli chiedo serio.
    Non lo so cugino.
    C’erano tante domande.
    Io andavo a casaccio nelle risposte.
    Fammi un esempio pratico.
    Gli chiedo ulteriormente.
    Ecco cugino.
    In una c’era scritto.
    Dove scorre il fiume Mississippi ?
    Negli Stati Uniti, in Francia oppure in Algeria ?
    E tu cosa gli hai risposto ?
    Gli chiedo.
    In Algeria !.
    Che cosa ?...
    Gli faccio tutto serio.
    Cugino, io non avevo manco l’idea
    di che cosa fosse il Mississippi, figuriamoci
    se sapevo dove scorresse.
    Ma gli hai scritto davvero in Algeria ?
    Si, cugino,
    Hai mamma !.
    Scusami cugino.
    Lascio la cornetta penzolante.
    Tonino ???
    Acchiappo il mio compagno di camerata.
    Gli spiego la situazione.
    Lui mi guarda serio.
    Francesco ?
    Sei uno stronzo !
    Ma perché cazzo non me lo hai detto subito
    che tuo cugino stava qui a passare le visite ?
    Tonino, non volevo disturbarti e poi fino a ieri
    Tutto stava andando bene.
    Lui non parla più.
    Prende dall’armadio un pugno di gettoni telefonici
    E si dirige verso il telefono.
    Ne infila dentro un bel po’,
    poi attacca a parlare.
    Non so con chi parlasse, ma lo sentivo
    che lo chiamava Maresciallo.
    Dopo una discussione animata, riattacca.
    Ti è andata bene.
    Mi dice.
    Il fascicolo di tuo cugino era stato già posto
    nel settore dei respinti.
    Adesso è stato spostato in quello degli ammessi.
    Tonino ?
    Sei un amico !
    Gli dico abbracciandolo.
    E tu sei uno stronzo !
    Mi risponde lui.
    La prossima volta fatti sentire prima.
    Mi sveglio.
    Meglio alzarsi e darsi una solenne lavata.
    Beh, pretendere di avere l’acqua calda
    sarebbe troppo, una pia illusione.
    Diciamo che dal rubinetto scende ghiaccio sciolto.
    Pazienza, adeguiamoci.
    Lei era intenta ancora a preparare per la sera.
    Nel loro modesto stavano preparando davvero molta
    roba comunque.
    Perfino l’insalata russa.
    Io metto su la caffettiera.
    Poi ascolto la radio, tra indicibili prrr vari
    Riesco a sintonizzare radio due.
    Solito notiziario, solito bollettino di guerra.
    Un morto qua, un altro la, il solito
    Che spara per capodanno facendo danno e così via.
    Non si sta tranquilli neppure a capodanno.
    Penso.
    Meglio cambiare canale.
    Cambio bottone.
    Staccata la radio passo a modalità musica.
    Passiamo alla musica che è meglio, dico.
    Metto dentro la musicasetta.
    Stamane va in onda la Premiata Forneria Marconi.
    Dico schiacciando il bottone.
    Suonare, suonare.
    Brano Maestro della voce.
    Bella questa, mi piacere.
    Fa lei mentre è tutta intenta a preparare.
    Prendo la tazza di caffè e mi accomodo.
    Fuori dalla finestra c’è il solito paesaggio
    Polare.
    Oggi tira anche un venticello che rende più gelido
    il tutto.
    Non ci provo neppure ad uscire fuori dalla porta.
    Mi era solo bastato aprire appena la finestra
    per essere colpito da un’ondata di ghiaccio in viso.
    Meglio starsene comodo in poltrona.

    Nettuno era un piccolo centro.
    Praticamente la scuola di Polizia condizionava
    non solo il paesaggio ma anche le abitudini locali.
    Ci raccontavano di quando un allievo era stato
    aggredito e picchiato nel centro del paese.
    Reo di aver molestato una ragazza del posto.
    Subito si era preparata una spedizione punitiva.
    Un folto gruppo di suoi colleghi armati di manganelli
    scendono giù da via Santa Barbara, decisi
    a vendicare il loro compagno.
    In effetti pestano a sangue gli autori dell’aggressione.
    Ma questo provoca una sorta di sommossa popolare.
    La cittadinanza si era radunata in piazza e stava
    decidendo il da farsi.
    I più esagitati propongono di venire su ed assaltare
    la scuola.
    In effetti la scuola viene chiusa e tutti restano dentro consegnati.
    Vietato solo metterci il naso fuori.
    Anche perché di uscire si poteva uscire, ma difficilmente
    si sarebbe tornati dentro vivi.
    La fortuna volle che mentre i paesani stavano organizzando
    l’assalto alla Bastiglia, giunse la voce che la locale squadra
    di Baseball aveva vinto in quel di Grosseto il titolo nazionale.
    Lo scudetto del Baseball insomma.
    La notizia venne accolta con un urlo di gioia.
    Il Baseball era infatti un sport molto popolare a Nettuno.
    Retaggio della occupazione Americana che di questo sport
    erano dei grandi maestri e cultori.
    E la locale squadra giocava sempre per contendersi il titolo
    nazionale.
    Così tutti rapidamente si dimenticarono della vendetta contro
    La Scuola.
    Decisero per sua fortuna di sfilare a festeggiare l’evento per le vie
    Cittadine con sciarpe e bandiere al seguito.
    Questo accadeva comunque quando a Nettuno c’erano gli allievi agenti.
    o guardie, come si chiamavano allora.
    Siccome erano ragazzotti squattrinati che non spendevano nulla.
    Per cui la popolazione locale li guardava di traverso.
    Se poi si permettevano anche di molestare le ragazze,
    allora si passava la misura e scoppiavano le botte.
    Diversa era invece la cosa quando alla Scuola c’erano gli allievi
    sottufficiali.
    Questi erano ragazzi già stipendiati che spendevano in giro
    per il paese.
    Anzi gli ammogliati andavano pure ad abitarci, affittando
    appartamenti e facendo la spesa nelle botteghe.
    Per cui erano accolti a braccia aperte dai locali.
    Ma nonostante tutto, appena arrivati, il Colonnello
    Ci aveva fatto subito il discorso.
    Signori.
    Questo è un piccolo centro.
    Qui le ragazze del posto sono già “segnate”, nel
    senso che sono proprietà dei ragazzi locali.
    Per cui niente caccia qui.
    Ogni sera ci sarà un pulmann che vi porterà
    A Roma.
    Li il territorio è molto vasto per cui la caccia la potete
    fare tranquillamente.
    Ci siamo capiti ?!.
    Più chiaro di così.
    Ma in realtà non avevamo avuto assolutamente
    problemi con la popolazione locale.
    La sera eravamo soliti andare in trattoria a cenare.
    Ci si era fatti pure parecchi amici del posto.
    Poi avevamo anzi il sospetto che parecchi genitori
    sarebbero stati contenti se le loro figlie
    filassero con noi.
    Nel senso di sistemarle, chiaramente.
    Sposare un poliziotto, qui nel sud è sempre un buon partito.
    E’ uno già sistemato e poi è pure un uomo
    di legge.
    E in effetti era capitato spesso che allievi sottufficiali
    della scuola si fossero fidanzati in famiglia.
    E pure successivamente sposati.

    Mentre penso, mi accorgo che è finita la cassetta.
    Mi alzo e la giro dall’altro lato.
    Poi prendo la Suika e me ne verso un bicchierino.
    Si, stavo prendendo proprio le abitudini locali.
    Qui è fisiologica la cosa.
    Siccome se non ti metti dell’alcol puro in corpo, difficilmente
    sopravvivi alla tempesta polare.
    Quest’anno festeggerò il capodanno due volte.
    Pensavo.
    Siccome in Italia sono due ore dietro.
    Per cui alle 22,00 si festeggia il capodanno Italiano.
    Alle 24,00 quello locale.
    Ma quale sarà poi alla fine quello giusto ?
    Boh !
    Vacci a capire.
    Ormai ci avviciniamo all’evento.
    Lei indossa l’abito che gli avevo portato.
    Le donava davvero molto.
    Sembri una regina.
    Mi scappa di dire.
    Lei sorride.
    Grazie Giani, è davvero belo.
    I gusti di mia cugina sono fuori discussione.
    Lo aveva scelto lei.
    Suo fratello è sempre attaccato davanti al televisore.
    Alle 21,00, messaggio di auguri del Presidente.
    Nicolino appare bello sorridente.
    Anche qui si usa che il Presidente faccia gli auguri
    Per capodanno ?
    Chiedo.
    Loro non mi sentono, sono assorti a sentire le sue parole.
    A quanto pare si.
    Mi rispondo da solo.
    Certo qui non potevo vedere il nostro Presidente ma quello loro.
    Pazienza, il nostro Presidente lo vedevo ogni anno.
    Almeno quest’anno si cambia Presidente.
    Ed eccolo li, Ceasusescu.
    Fa un bel discorso tutto incentrato sull’augurio
    che ci sia la pace nel mondo e che ci sia
    prosperità per la sua nazione.
    Beh, visto così non sembra poi così malvagio.
    Mi scappa di dire.
    Ma loro non mi ascoltano, ascoltano lui come incantati.
    In effetti Ceausesco era un ottimo oratore.
    Sapeva trascinare davvero chi lo ascoltava.
    Come in fondo poi è ogni buon dittatore che si rispetti.
    Finisce con un po’ di pompa.
    Traiasca Populu Roman,
    Traiasca Partidul comunistae Roman
    Traiasca Patria nostrae !.
    (Viva il Popolo Romeno
    Viva il partito comunista romeno
    Viva la nostra patria !.)
    Mi scappa spontaneo un applauso.
    Bravo !.
    Loro si mettono a ridere.
    Da da, este bravo a parlare.
    La cena rispetta tutte le promesse mattutine.
    Effettivamente non manca davvero nulla
    Mi proprio sembra un nostro cenone italiano.
    Alle ore 22,00 mi alzo in piedi.
    Signori.
    In questo momento in Italia è capodanno.
    Siamo nel 1980 !
    Scatta un caloroso applauso.
    Qui invece tocca aspettare altre due ore.
    Ma arriva pure qui.
    Stappiamo lo spumante.
    Avevo portato con me un Ferrari.
    Viene molto apprezzato.
    Poi dopo il brindisi, via con le danze.
    Certo ci dobbiamo accontentare del radio registratore
    E delle cassette musicali, ma pazienza.
    Non si può pretendere tutto dalla vita.
    Alla fine, stanchissimi decidiamo che è meglio andarcene a dormire.
    Quella notte si era davvero stanchissimi per cui tregua.
    Si dorme soltanto.
    Mi era un po’ mancata la consueta sparatoria di mezzanotte.
    Tradizione tutta nostrana.
    Lo scorso anno era il primo capodanno che passavo in licenza a casa
    da Poliziotto.
    Gli usi sono sacri.
    Fino a mezzanotte ed al brindisi si sta a casa in famiglia.
    Poi si esce di casa e si va a ballare.
    Dopo il brindisi, mio padre prende
    la sua cal.22 Bernardelli.
    Mi guarda e mi fa segno di seguirlo.
    Mia madre si allarma.
    Santino !
    Dice a mio padre.
    Non cominciamo.
    Posa quella pistola quest’anno non si spara.
    Muta ! (Zitta)
    Gli urla lui.
    Io prendo il mio cannone e lo seguo.
    Saliamo in terrazza.
    E’ un posto abbastanza sicuro.
    Lui arma la sua pistola e spara la prima serie
    rigorosamente puntando in aria.
    Beh, i colpi della calibro 22 sembrano colpi di scacciacani.
    Tiro fuori la mia, la 92S armo e sparo anch’io.
    I miei colpi rispetto ai suoi, sembrano delle cannonate.
    Lui si ferma e mi guarda meravigliato.
    Ma vi danno l’artiglieria a voi in Polizia ?
    Quasi, padre, quasi.
    Gli rispondo.
    Lui mi guarda con invidia.
    Tieni, provala pure, e gliela porgo.
    Lui la prende, se la studia un istante.
    Premetto comunque che mio padre era un ottimo tiratore.
    E sapeva maneggiare benissimo le armi, da ex sottocapo di Marina Militare.
    Se no non gliela avrei mai data.
    Sapevo benissimo di potermi fidare di lui.
    Spara un intero caricatore da 15 colpi.
    Bestiale.
    Dice soddisfatto, abbassandola dopo aver finito.
    La canna fumava ancora.
    Complimenti figlio.
    Ti hanno dato davvero una bellissima arma.
    Non me ne lamento mica, padre.
    E sentivo urlare mia madre in lontananza.
    Ora basta !
    Scendete giù.
    Basta !
    Zitta strega !
    Urla a sua volta mio padre.
    Fine della sparatoria.
    Anche perché abbiamo finito tutti i colpi.
    La tradizione era comunque stata rispettata.
    Quella mattina stranamente non si sente la solita
    musica gitana.
    L’anfibio del giorno prima aveva sortito il suo effetto.
    Evidentemente.
    Per cui si può dormire di più.
    E ne approfittiamo volentieri.
    Ormai tra poco si riparte.
    Pensavo.
    Si riparte, destinazione Nettuno e subito
    dopo Genova.
    Già, si ritorna a Genova.
    La città della lanterna.
    Ma niente più vicoli e vicoletti
    dell’angiporto.
    Niente più tagliagole, spacciatori e puttane.
    Si fa il salto di qualità.
    Si passa all’Università.
    Da ora in poi si da la caccia agli intellettualoidi
    degenerati in terroristi.
    Mi sarebbero mancati i vicoli.
    Mi sarebbe mancata la vecchia squadra.
    Pino, Sasà, Luigi, Sanna, Adriano e tutti gli altri.
    Piazza Masala.
    Così si chiamava il luogo dove di solito si parcheggiava
    per scendere poi giù appiedati all’angiporto.
    Veramente il suo vero nome era Piazza di Santa Sabina.
    Ma nessuno la chiamava così.
    Siccome il buon maresciallo Masala da anni ogni giorno
    vi parcheggiava sempre li le auto di servizio.
    Per cui per tutti noi era Piazza Masala appunto.
    Una volta avevamo parecchi fermati.
    Mo mi movo ?
    Acchiama a sala operativa
    che ci servisse subito ‘a volante.
    per portare tutti i fermati.
    Siccome la nostra macchina non ci basta.
    Subito Sasà.
    Gli dico.
    Centrale, centrale da Quarto Genova trenta.
    Avanti Quarto Genova trenta.
    Mi risponde il Cot.
    Centrale ci occorre in ausilio una volante.
    Datemi la vostra posizione, Quarto Genova.
    Piazza di Santa Sabina.
    Kappa ricevuto.
    Provvediamo subito.
    Volante tre, Volante tre da centro.
    Lo sento chiamare.
    Volante tre in ascolto, Centro.
    Volante tre, portatevi subito in Piazza di
    Santa Sabina e date ausilio alla Mobile
    che è sul posto.
    Centro, centro da Volante tre.
    Avanti volante tre.
    Centro, potreste indicarci dove si trova
    Piazza di Santa Sabina ?
    Come dove si trova, volante tre.
    Nel centro si trova…..
    Salite da Porta dei Vacca ed andate su.
    Mai sentita nominare, Centrale.
    Aspettate volante tre.
    Piazza Masala !
    Ecco, andate a Piazza Masala
    Minchia, Centrale !.
    Ma lo potevate dire subito che era Piazza Masala !.
    Ricevuto, ci portiamo subito sul posto.
    Infatti, proprio per tutti noi Piazza Masala.
    Nessuno la chiamava con il suo vero nome.
    Non appena si entrava nei vicoli, c’era subito il passa parola.
    Una voce correva dritta dal primo vicolo
    fino all’ultimo.
    Sta entrando la madama, belin arrivano gli sbirri
    Si poteva andare tranquillamente in divisa.
    Sarebbe stata la stessa cosa.
    Poi c’era quello che magari non sentiva bene il passa parola.
    Infatti notiamo un tavolino dove praticano il gioco
    d’azzardo delle tre carte.
    Cosa state combinando voi ?!
    Gli intima Pino.
    Ma scussase Marescià !
    Dice uno di loro chiudendolo a volo, tanto
    da fare cadere tutte le carte per terra.
    Ma ‘O palo oggi non funziona !
    Li lasciamo perdere e tiriamo dritto.
    Uscire dai vicoli a mani vuote, senza neppure
    un arrestato o un fermato era praticamente impossibile.
    Bastava solo girare lo sguardo attorno.
    O vulimmo fare ‘narresto ?
    Dice Pino, fermandosi d’un tratto.
    E ci indica un tipo girato di spalle che confabula con un altro.
    O conosci a isso ?
    Gli chiede a Gagliano.
    Ma chisso non tiene o foglio i via ?.
    Appunto, Sasà.
    Per tre anni non dovrebbe più tornare qua.
    Non dovrebbe.
    Ma che ci fa acca ?
    Appunto, andiamo ad arrestarlo.
    Quello intanto si gira e ci vede.
    Tenta grottescamente di scappare.
    Ma uno sgambetto preciso di Sasà lo fa volare
    lungo lungo per terra.
    Mo mi movo.
    Mettici i manetti !.
    Mi urla.
    A disposizione Sasà.
    Le sfilo e gliele infilo subito.
    E bravo o mariuolo !
    Ci volevi fare fessi a noi ?!.
    Tu si proprio nu fetente, o Dio i scemi !.
    Dacci oggi il nostro arrestato quotidiano, insomma.
    Non si tornava in Questura a mani vuote.
    Se no al Commissario, il Dottore Valente chi lo sentiva.
    E bravi, oggi non avete preso a nessuno ?
    Scioperati che siete !.
    Siete ‘na massa i sfaticati !.
    Ci avrebbe gridato al ritorno.
    Ma non c’era pericolo di questo.
    E già, i vicoli.
    E chi se li sarebbe mai scordati ?!.
    Quando tornare tu prossima volta ?
    Mi chiede lei vedendomi preparare la valigia
    Non lo so adesso.
    Le rispondo.
    Prima devo prendere servizio nella mia nuova sede.
    Non ho idea come sono combinati li.
    Ma visto il momento che l’Italia sta attraversando
    credo che siano messi molto male.
    Ma tranquilla, una settimana per te la troverò.
    Dovessi persino disertare.
    Ti farò sapere comunque.
    Ci sentiamo per telefono.
    Lei mi guarda triste senza rispondere.
    Ma tu sicuro di volere sposare me ?
    Io non so che fare.
    Ti ho detto di pensarci con calma.
    Non ti sto chiedendo subito una risposta.
    Bine Giani.
    L’abbraccio.
    Lei non verrà ad accompagnarmi.
    Gli addii sono sempre struggenti.
    Preferisco che ci salutiamo li
    a casa sua.
    L’autista mi aspetta fuori.
    Solita sigaretta Kent in bocca.
    Uscendo gli tiro al volo l’ultimo
    Pacchetto che mi era rimasto.
    Lui lo afferra con presa sicura.
    Mergiamo. (andiamo)
    Gli dico, guardano lei
    che mi saluta con le lacrime agli occhi.
    Tornerò.
    Promesso.
    La strada è sempre la steppa siberiana.
    Stavolta sono da solo, non ho
    nessuno da abbracciare.
    Mi faccio forza e non ci penso a questo.
    Penso al campo che avevamo fatto durante il corso.
    La zona di Trieste era all’epoca la zona più militarizzata
    d’Italia.
    Ad ogni passo c’era una caserma.
    Tutti pronti a respingere un possibile
    assalto dell’armata rossa.
    Eravamo all’epoca in piana guerra fredda.
    La frontiera Iugoslava
    era li a vista d’occhio.
    Si vedeva sventolare bella alta
    la bandiera rossa con la stella gialla.
    Dal posto dove mi trovavo, proprio a ridosso
    dal confine, la distinguevo benissimo.
    Ma che cazzo di posto scelgono per fare il campo.
    Mi scappa di dire.
    Accanto a me il sergente degli alpini cui eravamo
    ospiti per fare il campo.
    Se un colpo arriva dall’altro lato, cosa succede ?
    Arriva, arriva.
    Mi dice lui.
    Qui la notte si spara, zio povero !.
    Eccome se non si spara, mona !.
    Noi e loro.
    Lo guardo e lo vedo tutto serio.
    La sera si andava a dormire nella loro caserma.
    In effetti sino a qualche anno prima si dormiva in tenda.
    Mi dicevano gli istruttori.
    Poi siccome ormai correva aria che la polizia
    passasse quanto prima civile,
    si era deciso di cominciare ad eliminare le cose strettamente
    più militari.
    Tipo dormire in tenda di notte.
    I militari quando tornavamo in caserma in pulmann
    ci guardavano pieni di invidia.
    Loro camminavano sui camion seduti sugli assi di legno.
    Roba che dpo una giornata di viaggio, le emorroidi
    erano pressoché garantite.
    Uno di loro ci lancia vedendoci passare però una battuta molto infelice.
    “Vi faranno fuori tutti” Mona !
    Questo ci aveva già particolarmente indisposti nei loro confronti.
    Poi Gigi aveva avuto una soffiata.
    I soldatini ci vogliono fare il gavettone !
    Ci dice mentre eravamo seduti a mensa.
    Davvero ?
    Gli risponde Biagio, il catanese.
    Sicurissimo Biagio.
    Me lo ha detto un paesano mo che sta a fare il militare qui.
    Questo era troppo.
    Mi viene una idea.
    La migliore difesa e l’attacco.
    Dico.
    Luigi ?
    Luigi per chi si ricorda era il nostro lanciatore di candelotti
    Lacrimogeni.
    Di pure Francè.
    Quanti lacrimogeni hai tirato oggi ?
    Diciassette.
    Hai fatto già la r4elazione ?
    Ancora no.
    Diciamo allora che ne hai tirati Venti.
    Scrivici così e facciamo il numero pari.
    Biagio comincia a capire.
    Geniale !
    Mi dice fregandosi le mani.
    Infatti la notte scivoliamo fin sotto la loro casamatta
    Dove dormivano.
    Siccome era estate, si stava con le finestre aperte.
    Siamo in tre, un lacrimogeno ciascuno alla mano.
    Al segnale di Biagio, lanciamo in contemporanea
    all’interno delle finestre aperte, dopo aver strappato
    l’innesto.
    Quindi ci allontaniamo di corsa mettendoci
    al riparo, ma in modo tale da poter osservare.
    Passano soli alcuni minuti e li vediamo uscire tutti
    di corsa in mutandoni e con le mani negli occhi.
    Ci sbellichiamo dalle risate.
    L’inchiesta per accertare le cause era stata rapida e rigorosa.
    Il brigadiere Battaglia, mi guarda.
    Tu non ne sai nulla vero ?
    Assolutamente no Brigadiere.
    Lo giuro sull’onore di mia sorella !.
    Peccato che di sorelle non ne avevo.
    Ma lui che minchia ne sapeva, meglio tentare per commuoverlo.
    E tu nemmeno vero ?
    Dice guardando Biagio.
    Brigadiere !
    Io ero nel migliore sonno !
    Lo giuro sulla Santissima Iagata !
    (La Santa Agata Patrona di Catania)
    D’accordo.
    Allora per non sbagliare vi consegno per tutta la durata del campo !
    Chiaro ?
    Chiarissimo signor brigadiere !
    Ma c’è lo dice con una sorta di risolino nascosto, tipo gli avete dato il fatto loro.
    Era una punizione esemplare.
    Tanto li se si usciva la sera non c’era proprio dove minchia
    andare.

    C’è posto accà ?
    Ho un improvviso sobbalzo.
    Ero già seduto sull’areo, in attesa di decollo.
    Prego paesano, accomodati pure.
    Era un ragazzo della mia età.
    Piacere, sono Andrea da Napoli.
    Mi dice sedendosi e porgendomi la mano.
    Si siede.
    Io mi presento a mia volta.
    O capito.
    Tu sei nu poliziotto e pure brigadiere !
    Complimenti.
    Ma dimmi che ci vieni a fare accà ?
    In Romania intendo.
    Ho una ragazza.
    Pure tu ?
    Perché tu c’è l’hai anche ?
    Gli chiedo.
    Io maggià sposà !
    Ho già presentato tutti i documenti.
    Attendiamo la seconda risposta.
    In che senso Andrea, scusami, la seconda risposta ?
    Vedi Francè.
    La prima volta ti rispondono sempre di no.
    E’ la prassi questa.
    Lo fanno per farti scoraggiare.
    Poi tu fai o ricorso e allora può darsi
    che ti rispondano di si.
    Ma che procedura.
    Spiegati meglio Andrea, visto che
    sei abbastanza ben informato in materia.
    Ma tu per caso tieni intenzioni serie ?
    Certo Andrea.
    No, te lo sto a chiedere siccome se no è inutile
    che ti spiego tutto.
    Mi sembra pure logica la cosa, Andrea.
    Intanto devi farti tutti questi documenti che io
    adesso ti dirò.
    Li fai autenticare dalla Procura della Repubblica.
    Poi li devi portare qui in Romania e farli tradurre dal Notariato di
    Stato.
    Ti darò anche il suo indirizzo qui a Bucarest.
    Una volta che traducono ufficialmente il tutto, te li ridanno
    in lingua Romena.
    Tu allora li devi riportare in Italia e consegnarli
    al Consolato Romeno di Roma, in via Tartaglia
    ai Parioli.
    Poi ti do anche quest’ultimo indirizzo.
    Sei proprio una miniera di informazioni, Andrea.
    Ma da quanto tempo viene qui.
    Da quanto tempo ?
    So appena due anni che faccio avanti e indietro, Francè.
    Caspita.
    E ne vedrai tante anche te, se decidi di farlo.
    Dove stà la tua ragazza ?
    Qui a Bucarest.
    Beh, per lo meno tu non devi fare molta strada.
    C’è l’ahi sul posto.
    E la tua dove la tieni ?
    Glielo spiego.
    Ma la famiglia sua com’’è messa ?
    Sai che se solo c’è uno di loro che
    Tieni cariche politiche o incarichi particolari
    Non hai proprio nessuna speranza.
    Lo stesso dicasi se la ragazza ha fatto l’università
    o a sua volta fa lavori particolari.
    Questo lo so Andrea.
    Ma non siamo assolutamente in queste condizioni.
    Meglio così Francè.
    Allora in un anno se tutto va bouno te la dovresti
    cavare.
    Un anno ?
    Si, Francè.
    La prima volta per come ti dissi, dopo sei mesi
    di dicono subito di no.
    Siccome la tua domanda va al Consiglio di Stato.
    Addirittura ?
    Si Francè.
    Vedi praticamente prendono proprio una decisione politica.
    Poi dipende anche chi sia a fare la domanda.
    Prendono tutte le informazioni su di te, ma visto
    che tu sei poliziotto, da questo punto di vista
    non dovresti avere molti problemi.
    Speriamo.
    Comunque prima di mollarti in questa avventura, ti consiglio
    di pensarci molto seriamente.
    Ci ho già pensato abbastanza Andrea.
    Ti vedo che sei deciso.
    Ti faccio gli auguri allora e ti scrivo i documenti che
    devi fare.
    Tieni, ecco qui.
    Ti ringrazio.
    Dove vai adesso Francè ?
    Torno alla scuola Andrea, a Nettuno.
    Io vado a Napoli.
    Sto vicino a Poggioreale.
    Tengo la macchina all’aeroporto.
    Ti do un passaggio io.
    Ma non ti devi disturbare Andrea.
    Ma figurati.
    Nettuno mi viene per strada.
    Come vuoi, io ti ringrazio.
    E di che Francè.
    Ti do il mio telefono, ci sentiamo.
    Sai, qualche volta possiamo organizzarci ed andare insieme.
    Magari in auto.
    Poi sai per tutte le informazioni che vuoi, sono a disposizione.
    Ti ringrazio ancora Andrea.
    Mi accompagna fin sopra la collina dove è sita la scuola.
    Via santa Barbara.
    Proprio davanti all’ingresso.
    Ti saluto Francè ed auguri per la tua nuova sede.
    Grazie Andrea, grazie davvero di tutto.
    Ci abbracciamo.
    Entrato dentro, borsone a tracolla.
    Faccio rotta verso la palazzina Martini.
    Non appena arrivo in camerata,
    scorgo Marcello ed Efisio Mereu che mi aspettavano al varco.
    Stavano proprio seduti sulla mia brandina.
    Stavamo per partire per venirti a cercare !
    Preoccupare ci stavi facendo.
    Eccomi qui, uomini di poca fede.
    Ci abbracciamo.
    Stasera, si va a fare la mangiata solenne per festeggiare
    Il tuo ritorno ?
    Mi chiede Marcello.
    Certamente !.
    Come hai visto, non è stata l’ultima cena, quella
    che abbiamo fatto prima che io partissi.
    Ci mettiamo a ridere.


    Fine della storia.
     
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269 replies since 14/11/2013, 21:09   10108 views
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