Squadra Mobile

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    Droga a Matera: eseguite 24 misure cautelari e 29 perquisizioni

    La Polizia di Stato, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia (Dda) della Procura della Repubblica di Potenza, ha eseguito 24 misure di custodia cautelare, 14 in carcere e 10 obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria, nei confronti di altrettante persone accusate di far parte di un gruppo criminale attivo nel territorio di Policoro (Matera), specializzato nel traffico di sostanze stupefacenti e reati contro il patrimonio e la persona.

    Eseguiti anche 29 decreti di perquisizione personale e locale nei confronti degli indagati appartenenti allo stesso gruppo criminale.

    L’attività investigativa, coordinata dalla Dda, è stata condotta dai poliziotti delle Sezioni investigative del Servizio centrale operativo (Sisco) e delle Squadre mobili di Potenza e Matera, nonché del commissariato di Policoro, con il supporto e la collaborazione delle Squadre mobili di altri capoluoghi e dei Reparti prevenzione crimine Basilicata, Calabria centrale, Calabria settentrionale e Calabria meridionale.

    L’indagine ha preso il via nel 2019 con l’obiettivo di fare luce sull’attività di un’associazione criminale di tipo mafioso, dedita alle estorsioni e alla commissione di delitti contro il patrimonio e la persona, attiva nel comune di Policoro.

    Nel corso dell’attività veniva accertata anche l’esistenza di una seconda associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga, in particolare cocaina, eroina e hashish, oltre che alla coltivazione, trasformazione e commercializzazione di marijuana.

    Numerosi i riscontri ottenuti durante le investigazioni, con il sequestro di molteplici partite di sostanze stupefacenti e l’individuazione dei canali di rifornimento della droga utilizzati dall’organizzazione criminale.

    L’indagine è stata arricchita anche dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia che hanno consentito di consolidare i risultati acquisiti nel corso delle attività e di acquisire ulteriori elementi utili.

    24/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

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    Sgominata piazza di spaccio a Trapani, dieci arrestati

    A Trapani, la Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale di Palermo, titolare delle indagini, ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare restrittivo nei confronti di 10 soggetti trapanesi, di cui 6 uomini e 4 donne, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere a una associazione a delinquere dedita allo spaccio di stupefacente, attiva nel popolare quartiere di San Giuliano. Dei 10 arrestati, 7 sono stati sottoposti alla custodia in carcere e 3 agli arresti domiciliari.
    Altri due indagati, sono stati sottoposti, per gli stessi fatti, alla misura dell’obbligo di dimora.
    L’attività d’indagine, avviata a settembre 2020, avrebbe documentato, fino a dicembre 2022, il particolare attivismo criminale di un intero nucleo familiare, radicato nel quartiere popolare di San Giuliano e dedito allo spaccio al dettaglio di cocaina, crack e hashish. Il capo famiglia, un trapanese di 40 anni con precedenti specifici, è ritenuto dagli investigatori il capo e promotore dell’organizzazione; l’uomo, insieme alla ex moglie, avrebbe adibito a luoghi di spaccio, nel citato quartiere, dapprima, due abitazioni e un garage e, in seguito, un’intera piazza del rione. Gli immobili, con porte e finestre blindate, protette da sbarre di ferro, sarebbero stati presidiati h 24 da una rete di pusher che, a turno, avrebbero ceduto lo stupefacente ai numerosi acquirenti, in qualsiasi ora del giorno e della notte; sui muri perimetrali degli immobili, il sodalizio avrebbe inoltre installato delle telecamere, necessarie a controllare l’identità degli acquirenti che accedevano all’immobile.
    Le indagini, condotte dagli investigatori della Squadra Mobile di Trapani, avrebbero accertato che le cessioni della sostanza, avvenivano attraverso le grate, che rimanevano sempre serrate, verosimilmente, allo scopo di ostacolare eventuali, improvvise irruzioni delle forze di polizia. Dopo alcune perquisizioni subite dagli investigatori della Polizia di Stato, il sodalizio, probabilmente per scongiurare il pericolo di nuovi sequestri e, dunque, nuove perdite di stupefacente e denaro, avrebbe affidato la provvista della droga a tre donne del quartiere, ritenute ‘insospettabilì, lasciando nei luoghi dello spaccio il solo quantitativo destinato alle cessioni giornaliere.
    Le tre donne, che l’odierno provvedimento ha sottoposto agli arresti domiciliari, nel dicembre del 2020, sono state arrestate dalla Squadra Mobile di Trapani, nell’ambito dello stesso procedimento, perchè trovate nella disponibilità di 366 grammi di cocaina.
    L’inchiesta ha inoltre permesso di individuare i fornitori dello stupefacente: si tratta di tre trapanesi, con precedenti specifici, due dei quali sottoposti alla custodia cautelare in carcere, il terzo all’obbligo di dimora. Per reperire lo stupefacente, i tre, in alcuni casi si sarebbero affidati alla vicina provincia palermitana. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati circa 530 grammi di cocaina e crack e oltre 120 grammi di hashish; tuttavia, le investigazioni avrebbero permesso di documentare quasi duecento cessioni di stupefacente. Secondo una stima approssimativa, il volume di affari del sodalizio si aggirava intorno ai 2000 euro giornalieri.
    Le risultanze investigative, compendiate nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, avrebbero dimostrato che il capo famiglia, insieme all’ex moglie, si sarebbe servito, per il confezionamento dello stupefacente e per le cessioni, tra gli altri, anche di uno dei figli della coppia, all’epoca dei fatti minorenne.
    Nei confronti del ragazzo, il Tribunale per i minorenni ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere, eseguita stamani unitamente alle altre misure restrittive.

    ITALPRESS 24/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video nell'Area Multimediale.
     
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    FORLÌ: Stalking e minacce alla ex, arrestato per la terza volta

    A Forlì un uomo di origine albanese è stato arrestato dalla Squadra Mobile per la terza volta con l’accusa di stalking e minacce nei confronti dell’ex fidanzata.
    L’uomo non si è mai rassegnato alla fine della relazione per volontà di lei, la quale lo ha lasciato per la sua gelosia ossessiva e per aver provato a esercitare un controllo totale sulla vittima.
    Un primo arresto c’è stato a gennaio, in flagranza differita, dopo che la donna, minacciata per l’ennesima volta di morte, ha chiesto l’intervento della Polizia ed è stato attivato il codice rosso.
    Durante le indagini, gli investigatori della Squadra Mobile hanno trovato sul telefono della vittima messaggi con minacce di morte espresse, reiterate e di crescente intensità.
    Dopo un periodo di detenzione e in attesa del processo, l’uomo era stato scarcerato e sottoposto al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.
    Gli investigatori della Squadra Mobile, intuendo che potesse non rispettare le prescrizioni, lo hanno seguito nei suoi spostamenti, raccogliendo nel frattempo le dichiarazioni della vittima che, impaurita, ha riferito di aver visto l’uomo aggirarsi presso il suo luogo di lavoro.
    Così una sera un poliziotto della Squadra Mobile, libero dal servizio, ha notato che lo stalker si aggirava nei pressi del locale dove lavora la vittima. Sono intervenuti equipaggi a supporto e l’uomo è stato arrestato nuovamente in flagranza.
    Dopo una seconda scarcerazione, il seguito delle indagini ha consentito di raccogliere altri elementi da cui si è rilevato che l’uomo ha ripetutamente trasgredito le prescrizioni e i divieti disposti.
    L’autorità giudiziaria ha quindi disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, in forza della quale venerdì scorso l’uomo è stato nuovamente arrestato; inoltre gli verrà applicato il braccialetto elettronico per monitorarne gli spostamenti.

    Teleromagna 24/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video AntiStalking nell'Area Multimediale.
     
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    Spaccio di droga, colpo alla ‘ndrangheta e alla mafia pugliese: 14 arresti

    Operazione a Policoro della Polizia. Scoperta «una imponente piazza di spaccio». Il rifornimento dal quartiere Japigia di Bari

    POTENZA Un clan specializzato nel traffico di droga che aveva la disponibilità di «una imponente piazza di spaccio», a Policoro (Matera), «con un portfolio ‘clienti’ di circa 100 unità»: è stato l’obiettivo di un’operazione della Polizia che, stamani, ha portato all’esecuzione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere e dieci obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza. Le indagini – che si sono mosse anche in un contesto fatto di omicidi e atti violenti – cominciarono nel 2019 e si concentrarono su estorsioni e altri delitti contro il patrimonio e la persona, ma presto gli investigatori si accorsero dell’esistenza di «un’omologa associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti» (cocaina, eroina e hascisc, oltre alla coltivazione, trasformazione e commercio di marijuana).

    L’indagine

    La base operativa era una piazza di spaccio a Policoro. Il traffico si è svolto con collegamenti fra due clan di Policoro, uno di Potenza, cosche della ‘ndrangheta e “sodalizi mafiosi pugliesi”. Il principale “canale di rifornimento” partiva dal quartiere “Japigia” di Bari. L’inchiesta è basata anche su «dichiarazioni etero e auto accusatorie rese da alcuni collaboratori di giustizia» e ha fatto luce anche su «affiliazioni di tipo ‘ndranghetista con le relative doti criminali ricevute negli anni» dal clan di Policoro protagonista – secondo l’accusa – del traffico di stupefacenti. La Procura distrettuale antimafia di Potenza ha ribadito che la presenza della criminalità organizzata in Basilicata «rappresenta una realtà» che non dovrebbe lasciare spazio a «pericolose sottovalutazioni del fenomeno».

    I collegamenti tra i clan

    Collegamenti tra i gruppi criminali dell’area jonica in provincia di Matera, con i clan della Calabria e della Puglia, sono emersi nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Potenza. Che ha portato all’esecuzione di 24 misure cautelari personali di cui 14 arresti (custodia in carcere) e 10 obblighi di dimora o di firma, emessi dal gip del Tribunale di Potenza, per traffico di droga. I dettagli sono stati illustrati in una conferenza stampa del procuratore di Potenza, Francesco Curcio.
    L’attività investigativa sul territorio è stata effettuata dalla Sisco e dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza e Matera, dal Commissariato di Polizia di Policoro, con il supporto e la collaborazione degli agenti delle Squadre Mobili di altri capoluoghi d’Italia e dei Reparti Prevenzione Crimine Basilicata, Calabria Centrale di Vibo Valentia, Calabria Settentrionale di Cosenza, Calabria Meridionale di Siderno.
    Le indagini sono iniziate nel 2019 concentrandosi su un’associazione criminale di tipo mafioso (da tempo specializzata in estorsioni e altri delitti contro il patrimonio e contro la persona), attiva sul territorio del Comune di Policoro e facente capo alla famiglia Mitidieri, secondo gli inquirenti strettamente collegata al clan Scarcia di Policoro, al clan D’Elia di Montescaglioso (Matera) e al clan Martorano-Stefanutti di Potenza, oltre che alle cosche della ‘ndrangheta calabresi e a sodalizi mafiosi pugliesi.

    Corriere della Calabria 24/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video Nell'Area Multimediale.
     
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    Mafia a Palermo, ventuno condannati al processo contro le cosche di Noce e Cruillas

    La pena maggiore, 20 anni, a Giancarlo Seidita e Daniele Formisano. Assolto un imputato: era accusato di ricettazione

    Il gup di Palermo Angela Lo Piparo ha condannato 21 imputati finiti nell’inchiesta «Intero mandamento», che portò a due blitz effettuati dalla squadra mobile di Palermo, nel 25 maggio e nel luglio del 2022, tra le famiglie della Noce, di Altarello e di Cruillas. Uno degli imputati è stato assolto.
    Le condanne

    La condanna più pesante, 20 anni, è stata comminata a Giancarlo Seidita e Daniele Formisano. Gli altri condannati: 15 anni e 4 mesi per Guglielmo Ficarra, 14 anni e 8 mesi per Paolo Gulotta, 14 anni per Giacomo Abbate, Paolo Castelluccio, Giovanni Giordano, Francesco Scaglione, Felisiano Tognetti e Pietro Tumminia, 12 anni a Salvatore Cinquemani, 10 anni ad Angelo De Luca, 9 anni a Vincenzo Landolina, 8 anni a Nicolò Zarcone, 6 anni e 8 mesi ad Antonino Tognetti, 4 anni a Giovanni D’Alba, 3 anni e 6 mesi a Tommaso Sciacovelli, 2 anni e 8 mesi ad Andrea Parisi, 1 anno, 9 mesi e 10 giorni a Dario Albamonte, Gianluca Albamonte ed Emanuele Girgenti.

    L'assoluzione

    Assolto Davide Cacioppo assolto (difeso dall’avvocato Alessandro Pergolizzi): era imputato per ricettazione, l'accusa aveva chiesto una condanna a due anni.
    Le accuse

    Tutti erano accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione in alcuni casi con l’aggravante del metodo mafioso e ricettazione.
    Le pene sono già scontate di un terzo come previsto dal rito abbreviato. Sono state accolte le richieste della procura.
    Le parti civili

    Gli imputati dovranno risarcire le parti civili: Comune di Palermo, rappresentato dall’avvocato Ettore Barcellona, Fondazione Falcone e Centro Pio La Torre, assistiti dall’avvocato Francesco Cutraro; Fai, avvocato Valerio D’Antoni e Sos Impresa, avvocato Maria Luisa Martorana, Solidaria, Sportello di Legalità, Confcommercio.

    Giornale di Sicilia 24/4/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    L'Operazione InArea Multimediale.
     
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    Bari, in carcere Lello Falco: il re delle rapine ai portavalori in affari con l’ex consigliere Olivieri: trattatavano per rilevare un’azienda di Modugno
    La polizia documentato che incontri e discussioni con l’avvocato accusato di voto di scambio e altre persone erano avvenuti mentre si trovava agli arresti domiciliari nella sua abitazione al San Paolo

    Aveva preso accordi con l'avvocato Giacomo Olivieri per rilevare un'azienda di Modugno e programmare investimenti all'estero, Angelo Falco detto "Lello", 62enne del San Paolo che, negli scorsi decenni, avrebbe fatto fortuna con le rapine ai portavalori, stamattina è stato condotto in carcere dalla polizia.

    La Repubblica 25/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Una Rapina Spettacolare a un portavalori in Area Multimediale.
     
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    BARI: Operazione Codice Interno
    La Polizia di Stato arresta pregiudicato barese contiguo ad un clan cittadino

    La Squadra Mobile della Questura di Bari ha sottoposto a detenzione carceraria, in esecuzione di un provvedimento emesso dall’Ufficio di Sorveglianza di Bari, un pregiudicato barese di 62 anni, con precedenti giudiziari per associazione a delinquere di stampo mafioso, rapina aggravata, sequestro di persona e porto abusivo di armi da fuoco; soggetto dalla notevole caratura criminale, ritenuto contiguo al clan “Parisi”, la cui figura era emersa nell’ambito della nota operazione di polizia giudiziaria “Codice Interno”, eseguita dalla Polizia di Stato, che ha portato all’arresto, nel febbraio scorso, di 137 persone, ritenute vicine alla consorteria di tipo mafioso “Parisi/Palermiti”.

    L’esecuzione del provvedimento giudiziario rappresenta la diretta conseguenza di una dettagliata informativa di reato, depositata dalla Squadra Mobile, presso la locale Procura della Repubblica - D.D.A., con la quale erano stati cristallizzati e documentati i comportamenti, profondamente anti-giuridici ed improntati all’illegalità, posti in essere dal pregiudicato tratto in arresto, in costanza di detenzione domiciliare.

    L’attività investigativa svolta ha ampiamente dimostrato come il 62enne sia un uomo dalla notevole caratura criminale, ritenuto contiguo al clan “Parisi”, costantemente impegnato nel tessere relazioni criminali, nonostante stesse scontando una pena in regime di detenzione domiciliare.

    Tra le persone che nel corso dei mesi precedenti hanno “frequentato” la casa dell’uomo spicca la figura di un noto avvocato barese, già consigliere della Regione Puglia, arrestato nell’ambito dell’operazione “Codice Interno”.

    Nel dettaglio, è stato documentato come in una circostanza l’ex politico barese si sia recato presso l’abitazione del pregiudicato, ove quest’ultimo era ristretto in regime di detenzione domiciliare, per proporre investimenti finanziari, palesemente illeciti e fraudolenti.

    È importante sottolineare che all’esecuzione della misura giudiziaria predetta, seguirà il confronto con la difesa dell’indagato, la cui eventuale colpevolezza, in ordine alle fattispecie delittuose contestate, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.

    25/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video in Area Multimediale
     
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    CATANIA: Aveva in casa un piccolo arsenale: 23enne arrestato nel quartiere Pigno
    Il giovane aveva tentato di disfarsi delle armi lanciando un borsone da un balcone di casa

    La Polizia di Stato di Catania ha tratto in arresto un uomo di 23 anni, pregiudicato, in quanto ritenuto responsabile del reato di detenzione illegale di armi comuni da sparo, ricettazione e illecita detenzione di munizionamento di vario calibro.

    Nella mattinata del 19 aprile, durante i servizi finalizzati al controllo del territorio e al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere “Pigno”, gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania, hanno eseguito una perquisizione domiciliare presso l’abitazione del 23enne volta alla ricerca di armi o sostanze stupefacenti.

    La perquisizione ha consentito di rinvenire, nel giardino di pertinenza, una pistola Revolver cal. 357 Magnum rifornita di n. 6 cartucce dello stesso calibro, una pistola Revolver cal. 38 special, un fucile cal. 12 ed un fucile sovrapposto cal. 12. All’interno dell’abitazione sono state, altresì, rinvenute e sottoposte a sequestro 158 cartucce di vario calibro.

    Al momento dell’arrivo dei poliziotti il giovane ha ritardato l’apertura della porta d’ingresso dell’abitazione tentando di disfarsi delle armi lanciando il borsone, nel quale erano contenute, dal balcone sul retro dell’abitazione. Tuttavia, gli agenti appostati nel retro della palazzina, si sono accorti di quanto stava facendo e sono riusciti a recuperare il borsone contenente le armi da sparo che, dopo la repertazione da parte Polizia Scientifica, sono state sequestrate dagli agenti della Squadra Mobile.

    In seguito al rinvenimento delle armi e del munizionamento il 23enne è stato arrestato in flagranza del reato.
    Espletate le formalità di rito, è stato associato presso il carcere di Catania piazza Lanza.

    La Sicilia 25/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

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    Omicidio Capone a Gravina di Puglia: pena confermata in Appello

    BARI - La Corte di Assise di Appello ha confermato la condanna a 15 anni e 4 mesi reclusione per l’imprenditore 72enne di Gravina in Puglia Gaetano Scalese, accusato di aver ucciso con due colpi di pistola a bruciapelo, la sera del 10 marzo del 2014, Pietro Capone, un uomo di 49 anni conosciuto in paese come il «paladino della legalità» per le sue battaglie contro l’abusivismo edilizio.
    I giudici hanno rigettato l’appello della procura generale, che chiedeva il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, e anche quello della difesa dell’imputato.
    Nel processo erano costituiti parti civili i fratelli della vittima, assistiti dagli avvocati Giovanni Battista Colonna e Sergio Casareale. Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra 90 giorni.

    i rapporti tesi tra vittima e imputato Capone - hanno ricostruito le indagini della Squadra Mobile di Bari con il commissariato di Gravina, coordinate dal pm Fabio Buquicchio - aveva fatto decine di denunce contro pubblici amministratori e anche contro diversi imprenditori, che gli erano costate diverse denunce. Ne aveva fatta qualcuna anche nei confronti di Scalese, che secondo Capone aveva costruito un edificio sconfinante sulla sua proprietà.
    Dalle testimonianze raccolte durante le indagini è emerso che già tre anni prima dell’omicidio l’imprenditore aveva detto che «gliel’avrebbe fatta pagare».

    Il conflitto tra i due, a botta di minacce, denunce e aggressioni fisiche, era cominciato nel 2010. La vicenda, che di fatto aveva bloccato l’attività edilizia di Scalese, sarebbe approdata a processo il 5 maggio 2014, quasi due mesi dopo l’omicidio.

    A indirizzare sin da subito le indagini sull’imprenditore arrestato, erano state queste vicende giudiziarie ma anche le immagini delle telecamere di videosorveglianza che avevano ripreso l’auto usata dal killer, una fiat Punto bianca, che secondo l’accusa era di proprietà di Scalese. È stato così ricostruito che l’assassino, individuata la vittima mentre rincasava, l’avrebbe seguita in auto per le strade semi-deserte di Gravina, colpendola a morte pochi metri prima che raggiungesse la sua abitazione con un colpo alla nuca e uno quando era già per terra. Le immagini delle telecamere di alcuni negozi lungo la strada mostravano la vittima a piedi e a poca distanza la Punto bianca che la seguiva, fermandosi a pochi isolati dalla casa di Capone. Si vedeva un uomo uscire e dopo soli due minuti rientrare in macchina e allontanarsi. In quei due minuti, secondo l’accusa, Capone è stato ucciso.

    Nei tre anni di indagini sono state raccolte consulenze tecniche sull’auto, sui video, sui tempi di percorrenza a piedi dei vicoli dove è avvenuto il delitto. Scalese è finito in cella nel giugno 2019, più di cinque anni dopo l’omicidio.

    La Gazzetta del Mezzogiorno 25/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video in Area Multimediale.
     
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    Milano, droga e pistola in casa: 3 arresti

    La Polizia di Stato di Milano Martedì scorso ha arrestato tre cittadini italiani di 27, 44 e 57 anni per detenzione ai fini di spaccio e, il 27enne, anche per detenzione illegale di arma comune da sparo e relativo munizionamento.

    Martedì pomeriggio i poliziotti della Squadra Mobile milanese, nel corso di un’attività investigativa sullo spaccio di droga a ridosso del capoluogo milanese che li ha portato a individuare un possibile luogo di detenzione di sostanze stupefacenti a Cesano Boscone, hanno arrestato un 57enne incensurato: l’uomo è stato controllato dagli agenti appena giunto in auto in prossimità del box della sua abitazione.

    Nella tasca della giacca aveva una dose di cocaina da un grammo e altri dieci sono stati rinvenuti nel bracciolo della vettura. Nel corso delle successive perquisizioni effettuate nella sua abitazione e in cantina, sono stati rinvenuti e sequestrati altri 60 grammi di cocaina, un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento e 15mila euro.

    Martedì sera, invece, gli agenti della Sesta Sezione della Squadra Mobile hanno effettuato un servizio mirato al contrasto del fenomeno dello spaccio di droga in zona Porta Venezia e vie limitrofe. In via Palestro hanno controllato un’utilitaria con a bordo tre persone. Il 27enne seduto a fianco del conducente è stato trovato in possesso di una chiave di un’abitazione della quale non ha fornito alcuna indicazione. Dopo accertamenti, i poliziotti hanno individuato il suo appartamento in zona San Siro.

    A seguito di perquisizione domiciliare gli agenti hanno trovato sul tavolo del soggiorno circa 3000 euro in contanti, diversi involucri di cellophane per un peso complessivo di 677 grammi di hashish e 578 grammi di cocaina. Sul letto in camera da letto sono state rinvenute 47 cartucce calibro 7.65 e una pistola Beretta semiautomatica modello 91 completa di 2 caricatori, risultata provento di furto, per il quale il 27enne è stato denunciato per ricettazione.

    Nel corso dello stesso servizio gli agenti della Squadra Mobile martedì sera, verso le 21.30 in corso Venezia, hanno arrestato anche un 44enne italiano, con precedenti di polizia, che è stato notato cedere due dosi di cocaina a due clienti italiani, poi segnalati alla Prefettura: nel corso della perquisizione lo spacciatore è stato trovato in possesso di 16 grammi di cocaina, nascosti parte nelle mutande e parte in un pacchetto di caramelle, e 210 euro.

    Il Metrpolitano 26/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:
     
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    VITERNO: "Papà mi frusta e mi tocca quando faccio il bagno": padre padrone condannato a 10 anni di carcere
    Un 40enne viterbese è stato arrestato dalla polizia per violenza sessuale su minore e maltrattamenti in famiglia

    Padre padrone condannato a 10 anni di carcere e portato a Mammagialla per violenza sessuale su minore e maltrattamenti in famiglia. Vittima la figlia, che undici anni fa, nel 2013, quando aveva circa 10 anni, è finita all'ospedale di Viterbo per alcuni segni e lesioni che aveva sul corpo. A portarla al Belcolle la mamma, e ai medici che le hanno chiesto spiegazioni la piccola ha raccontato che quelle ferite erano frutto delle botte che riceveva dal padre: F.M., 40enne di Viterbo.

    "Papà mi picchia e mi frusta perché dice che non sono stata o non ho fatto la brava", racconta la bambina. I sanitari, come da prassi, allertano così la polizia. Agli agenti della squadra volante intervenuti la piccola non solo conferma quanto già detto ai medici ma confida anche abusi sessuali: "Papà mi picchia e mi frusta, e quando faccio il bagno mi tocca nelle parti intime". Maltrattamenti e violenza sessuale su minore. Il caso passa ai poliziotti della squadra mobile, allora diretti da Fabio Zampaglione.

    Dalle indagini coordinate dalla procura emergono situazioni di disagio familiare e violenze sia fisiche che psicologiche sulla bambina che veniva picchiata e insultata per ogni minima cosa dal 40enne, descritto come un padre padrone: "Papà mi fa sempre scrivere sul diario: Devo essere più brava", ha rivelato ancora la piccola.

    L'uomo finisce a processo davanti al tribunale di Viterbo, poi alla corte di appello di Roma che venerdì scorso, 19 aprile, lo ha condannato a 10 anni di reclusione per quei fatti avvenuti nel capoluogo della Tuscia nel 2013. Nei giorni scorsi gli agenti della squadra mobile specializzati in reati contro la persona lo hanno arrestato e portato in carcere. Attualmente si trova nel reparto di medicina protetta di Belcolle per alcuni problemi di salute.

    Sempre negli ultimi giorni i poliziotti hanno messo le manette a un altro uomo. Lunedì 22 aprile è stato condannato a due anni dal tribunale di Viterbo per maltrattamenti in famiglia avvenuti nel capoluogo nel 2021. C
    osì è stato trasferito a Mammagialla.
    Divieto di avvicinamento, invece, scattato sabato scorso, 20 aprile, nei confronti di un terzo uomo che durante un'aggressione avrebbe fratturato un dito della mano alla ex compagna che lo ha denunciato per maltrattamenti.

    Viterbo Today 26/04/2024 :woot: :sick: :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:
     
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    MESSINA: RAPINA AL SUPERMERCATO DI CONTESSE, LA POLIZIA ARRESTA UN MESSINESE

    Nei giorni scorsi, la Squadra Mobile ha arrestato un uomo di 61 anni, gravemente indiziato per aver consumato una rapina all’interno di un supermercato, sito in zona Contesse.

    I fatti risalgono al 25 settembre 2023, allorquando al 112 NUE è stata segnalata una rapina perpetrata da un soggetto, travisato e armato di pistola che, dopo aver fatto accesso all’interno dell’esercizio commerciale, ha puntato l’arma all’indirizzo del cassiere facendosi consegnare il denaro contenuto nel registratore di cassa, circa 1.500 euro.

    L’immediata acquisizione delle telecamere interne ed esterne al supermercato ha consentito al personale della Sezione Antirapina della Squadra Mobile di visionare le fasi concitate della rapina; i successivi approfondimenti investigativi hanno consentito di individuare nell’uomo il presunto autore della rapina.

    Sulla scorta degli elementi di responsabilità raccolti dalla Polizia, la Procura della Repubblica ha richiesto un provvedimento restrittivo al G.I.P., che ha condiviso il quadro probatorio prospettato ed ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato.

    Stampa Libera 26/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

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    Sparatoria a Milano: ucciso un ragazzo di 18 anni

    Sparatoria nella notte a Milano. Un ragazzo di 18 anni, Jhonny Sulejmanovic, è stato aggredito e ucciso da un gruppo di persone mentre si trovava all'interno di un furgone in via Varsavia, all'altezza del civico 4, proprio dietro al mercato Ortofrutticolo. Gli aggressori hanno preso a bastonate il furgone, infrangendo i vetri, e poi sparato alla vittima con un'arma da fuoco al torace. Tre colpi che sono stati fatali.

    La sparatoria è avvenuta intorno alle 3.15 del mattino di venerdì 26 aprile. Subito dopo, l'arrivo dei soccorsi. Il 18enne, che è risultato un nomade, è stato trasportato in codice rosso al Policlinico di Milano dove poco dopo, alle 4.25, è stato dichiarato il decesso. Nel furgone con lui c'era anche una donna, probabilmente la compagna, che non è stata ferita ma è stata portata in pronto soccorso in stato di choc.

    Sulla vicenda indagano i poliziotti della squadra mobile. Degli aggressori non c'è traccia, anche se gli agenti stanno passando al setaccio le immagini delle telecamere presenti nella zona. A quell'ora, inoltre, il mercato Ortofrutticolo è già aperto e frequentato. L'ipotesi è che possa essere sentito qualche testimone.

    Milano Today 26/04/2024 :woot: :sick:

    Il Video In Area Multimediale.
     
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    FOGGIA: Smantellata banda di ricettatori, attraverso un'impresa fittizia rivendevano online le parti d'auto rubate: 4 arresti

    Eseguita ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari a carico di quattro persone, accusate del reato di ricettazione.
    L'indagine è stata avviata nel 2022 dopo l'arresto di un uomo che, alla vista degli agenti, si diede alla fuga alla guida di un furgone

    La Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Gip presso il Tribunale di Foggia, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di quattro soggetti sottoposti alle indagini preliminari in relazione al reato di ricettazione.

    L’indagine, avviata nel 2022, è scaturita da un servizio di controllo del territorio, durante il quale i poliziotti notarono un furgone, il cui conducente alla vista degli Agenti si diede a precipitosa fuga.

    Successivamente, il soggetto venne fermato e tratto in arresto. A seguito di tale episodio, il personale del Commissariato di Cerignola, con la collaborazione del personale della Squadra Mobile e della Sezione Polizia Stradale di Foggia, avrebbe individuato un’attività commerciale fittizia, all’interno della quale i destinatari della misura cautelare avrebbero trasferito parti di vetture di provenienza furtiva.

    All’esito di perquisizione del locale, vennero rinvenute numerose parti di carrozzeria e di meccanica di provenienza illecita, rese anonime mediante l’asportazione dei segni distintivi di fabbricazione. Inoltre, l’azienda avrebbe rimesso sul mercato “online” della ricambistica usata le componenti rubate.

    La sede dell’attività e quanto in essa contenuto veniva sottoposta a sequestro penale.
    Nel corso delle indagini sono stati individuati due ulteriori box, all’interno dei quali sono state rinvenute altre parti di veicoli provento di furto, successivamente restituiti ai legittimi proprietari.

    Foggia Today 26/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:
     
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    PARMA: In casa con 50 grammi di cocaina e 10mila euro: 35enne arrestato
    Operazione della sezione “Antidroga” della Squadra Mobile della Questura di Parma

    Nel corso di un’attività finalizzata al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti la sezione “Antidroga” della Squadra Mobile della Questura di Parma, nella mattinata di mercoledì 24 aprile, ha arrestato in flagranza di reato un cittadino italiano, per il reato di detenzione al fine di farne spaccio di sostanza stupefacente.
    L’uomo, un pregiudicato di 35 anni da tempo attenzionato, veniva fermato nei pressi della propria abitazione e, tradendo particolare nervosismo a seguito del controllo, veniva sottoposto a perquisizione personale e domiciliare.
    All’interno dell’abitazione del soggetto veniva rinvenuto stupefacente del genere cocaina per un peso complessivo di 46 grammi e la somma di quasi 10.000 euro oltre che materiale idoneo al confezionamento dello stupefacente.
    L’ingente quantità di denaro, ritenuta provento dell’attività di spaccio, è stata sequestrata. Il giovane è stato arrestato e posto a disposizione dell’autorità giudiziaria per la celebrazione del giudizio direttissimo all’esito del quale è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari.

    Parma Today 26/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:
     
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    Reggio, gli interessi della ’ndrangheta sulle scommesse sportive online Processo “Gambling”

    La ’ndrangheta dietro gli affari delle scommesse sportive on line stroncati dalla Procura antimafia con l'operazione “Gambling”. Una tesi accusatoria sostenuta sin dalle indagini preliminari e che viene ribadita anche nello stralcio che si avvia alla sentenza di primo grado davanti al Tribunale collegiale. Una tesi, puntualmente contestata nelle arringhe difensive dai legali dei 17 imputati per cui è stata chiesta la condanna (con punte di 25 anni di reclusione per chi sarebbe stato al vertice della presunta organizzazione criminale), a cui i Pubblici ministeri, il procuratore aggiunto Stefano Musolino e il sostituto antimafia Sara Amerio, hanno dedicato un tratto della memoria depositata agli atti del dibattimento a corredo della requisitoria.

    Passaggi in cui si evidenziano le strategie dei profili mafiosi di riferimento: «Quello che rileva, tuttavia, nel caso di specie, osserva la Corte, “è che il complesso delle emergenze procedimentali raccolte e vagliate nel corso della cognizione cautelare ha evidenziato la funzionalità della Società non solo a gestire le scommesse senza autorizzazioni amministrative e con modalità illegali, ma anche e soprattutto a fornire alla ’ndrangheta calabrese un sicuro ed affidabile strumento di riciclaggio delle sue risorse illecite. Tale ultimo profilo di illiceità della associazione, ovvero l'asservimento dell'organizzazione cui prendeva parte il (...) ancillare alla mafia calabrese, è dominante, essendo emerso chiaramente l'interesse della 'ndrangheta a governare l'attività della Società, funzionale alla attività di riciclaggio continuativo delle risorse illecite, attraverso un sistema di circolazione del denaro apparentemente lecito, particolarmente adatto al riciclaggio in quanto fondato sulla circolazione del contante”.

    Gazzetta del Sud 27/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    L'Operazione Gambling in Area Multimediale.
     
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    Tentata rapina all’ufficio postale di Corso Garibaldi, arrestato un 33enne barlettano
    Rapida operazione della Polizia di Stato: l'uomo si era introdotto con il volto travisato e con un cacciavite

    Gli Agenti delle Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di Barletta e della Squadra Mobile di Bari, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, hanno proceduto al fermo di polizia giudiziaria di un giovane barlettano ritenuto responsabile di tentata rapina ad un Ufficio postale della città del Colosso.

    Nei giorni scorsi, personale del Commissariato di Barletta è intervenuto presso l’Ufficio postale sito in Corso Garibaldi, a seguito di segnalazione di un tentativo di rapina commesso da un uomo, descritto dagli addetti agli sportelli come alto circa 1.70, corpulento, che si era introdotto negli uffici con il volto travisato da un cappuccio nero e scaldacollo rosso, impugnando un cacciavite, sotto la cui minaccia, con chiara inflessione dialettale locale, aveva urlato: “QUESTA È UNA RAPINA. DEMM I SOLDI”. Dopo aver oltrepassato le barriere in metallo, l’uomo aveva aperto un cassetto della postazione e, non trovandovi nulla, lo aveva fatto cadere in terra. Subito dopo era fuggito, facendo perdere le proprie tracce.

    A seguito della ricostruzione di quanto accaduto, gli investigatori della Polizia di Stato degli uffici di Via Manzoni hanno iniziato un’attenta e minuziosa attività di indagine che ha portato all’identificazione e ricerca del presunto autore del reato, rintracciato il giorno successivo dopo una nottata di ricerche, presso la Stazione di Barletta.

    Una volta intercettato, l’uomo è stato sottoposto a perquisizione presso l’abitazione dei genitori nel corso della quale sono stati rinvenuti e sequestrati i capi di abbigliamento indossati dallo stesso al momento della rapina.

    Il giovane barlettano, classe 1991, è stato quindi sottoposto a fermo di P.G. e condotto presso la Casa Circondariale di Trani a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

    Reggio 2000 26/04/2024 :ph34r: :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video In Area Multimediale.
     
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    TRAPANI: Rione San Giuliano, lo spaccio affare di famiglia

    ERICE. Lo spaccio, nel rione San Giuliano, nel territorio di Erice Casa Santa, da sempre “roccaforte della droga”, era un affare di famiglia.
    A gestirlo, infatti, secondo le risultanze investigative, erano due coniugi che avrebbero impiegando anche il figlio, all’epoca dei fatti minorenne, nel confezionamento e nello smercio della sostanza stupefacente.
    Tutti e tre sono stati arrestati, assieme ad altre sette persone, nel blitz portato a compimento dagli agenti della Squadra mobile di Trapani, coordinati dalla Dda di Palermo.
    Ai “domiciliari” anche altre due donne, custodi delle partite di stupefacente.
    La mente del gruppo era il capo-famiglia, un trapanese di 40 anni, con precedenti specifici, che con l’ausilio dei congiunti avrebbe adibito a luoghi di spaccio due abitazioni e un garage di via Ciullo D’Alcamo.
    Immobili trasformati in un vero e proprio fortino con porte e finestre blindate, protette da sbarre di ferro, presidiate 24 ore su 24 da una rete di “sentinelle”.
    Sui muri perimetrali, telecamere per controllare l’identità degli acquirenti e scongiurare che gli agenti si potessero “spacciare” per compratori, mandando all’aria il business. “Azienda Droga”, a conduzione familiare con introiti da capogiro: 2.000 euro al giorno.
    “Oh di fumo hai fatto 820 euro – dice un pusher parlando con un complice e ignorando di essere intercettato – e di cocco basato (cocaina, ndr) 710 euro”.
    E l’ “Azienda” voleva anche aumentare il volume di affari: “Tu devi vedere all’anno nuovo cosa mi arriva – sosteneva un fornitore, alludendo ad un grosso quantitativo di stupefacente – Poi ti vengo a portare il fumo con il cavallo”. Nel frattempo, il gruppo già deteneva il monopolio della vendita di cocaina, crack e marijuana, vantandosi di avere stupefacente di qualità: “Il migliore basato noi lo abbiamo…neanche a Manchester”. E il viavai di assuntori avveniva di giorno e di notte.
    Gli acquirenti si comportavano come se fossero al supermercato: “Allora mi dai trenta di fumo e dieci di basato”. Con loro i pusher avevano un rapporto confidenziale. “Metti sempre i guanti – diceva uno di loro ad un complice incaricato di confezionare la droga – perchè io ci tengo ai miei clienti, ai miei picciotti”. Un rapporto talmente confidenziale che uno dei maggiori acquirenti ha chiesto anche lo sconto: “Io vengo qui, ogni due giorni”. Il capo banda, oltre a delineare il “modus operandi”, indicava ai complici anche gli accorgimenti da adottare qualora, negli immobili, fossero arrivati i poliziotti. “Nel caso vedi gli sbirri le dosi le prendi e le inghiotti.
    Altrimenti sai cosa fai? Te le metti in mano vai in bagno e le butti”.
    Nemmeno i precedenti blitz avrebbero fatto desistere il sodalizio.
    Anzi, i componenti hanno affinato le tecniche di vendita, affidando la custodia dello stupefacente alle tre donne, facendo leva sulla circostanza che erano insospettabili, e lasciando nei luoghi dello spaccio il solo quantitativo destinato alle cessioni giornaliere. Nel dicembre del 2020, però, le tre pusher in gonnella vennero arrestate dalla Squadra Mobile di Trapani, perché trovate in possesso di 366 grammi di cocaina. E l’arresto aveva gettato nel panico i componenti della banda: “Qui rischiamo sette anni di galera”. Il capo del sodalizio si disperava, invece, per aver perso “trecento grammi di cocco”.

    Un altro pusher ammetteva che aveva affidato una partita di hashish alle indagate: “Il grosso, però, due chili lo avevo prelevato, lì avevo solo una palla”.
    L’attività di spaccio, però, non si è interrotta. E’ andata avanti.
    Fino al blitz della Squadra mobile.

    Tele Sud 27/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:

    Il Video in Area Multimediale.

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    Ricercato per truffa in Ungheria, arrestato alla Spezia
    Un 52enne colpito da mandato di arresto europeo

    Un 52enne colpito da mandato di arresto europeo emesso dall'Ungheria per reati di truffa è stato arrestato con documenti falsi a Portovenere dalla squadra mobile della Spezia con la collaborazione di quella di Firenze.
    Era ricercato da alcuni anni in tutta Europa e, in una occasione, aveva già evitato la cattura a Firenze, fuggendo in modo rocambolesco sui tetti attigui allo stabile dove viveva.

    Al momento non sono noti alla autorità italiane i dettagli dei reati di truffa di cui è accusato in Ungheria.
    L'uomo, al momento dell'identificazione, ha dichiarato di essere un cittadino lettone, classe 1970, mostrando agli agenti una carta d'identità e una patente di guida apparentemente emesse dalle autorità lettoni, sulle quali era apposta la sua fotografia, ma entrambi i documenti sono risultati contraffatti.
    Contestato il possesso dei documenti falsi, nell'estremo tentativo di eludere la cattura, l'uomo ha asserito di essere un cittadino lituano, classe 1970, fornendo ancora una volta false generalità.

    Gli accertamenti nel frattempo effettuati hanno permesso di identificarlo come il soggetto ricercato dall'Ungheria. L'uomo è stato trasferito nel carcere di Genova Marassi.

    Ansa 27/04/2024 :banned2.gif: :bangin.gif: :busted_blue.gif:
     
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