I racconti dell'Ispettore

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  1. FRANCODUE
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    SQUADRA NARCOTICI

    Quando giunsi a Genova la prima volta, era il 1978.
    Avevo appena finito il corso di Polizia Giudiziaria alla scuola di Brescia, questa era la mia prima assegnazione ad un reparto operativo.
    Ero giovanissimo, mi assegnarono alla Squadra Mobile, e lì, il Dirigente mi destinò alla IV° Sezione, "Narcotici e Buoncostume", così si chiamava allora.
    Ero fresco di scuole allievi, dove ti spiegano come tutto funziona in teoria.
    Ma qui, c'era tutta gente molto più anziana di me, veterani, gente che ti conosceva
    il mestiere come le sue tasche.
    Se gli spiegavi cosa ci avevano insegnato alla scuola, si mettevano a ridere.
    Guagliò, mi diceva Pino, Accà è diverso assài !.
    All'inizio tu vieni dietro a noi e guarda come si fa, poi chiano chiano camminerai con le tua gambe !.
    La mia era una squadta molto affiatata.
    Loro si capivano solo con uno sguardo, più che con le parole.
    Avevo davvero molto da imparare.
    Il nostro lavoro si svolgeva quasi per intero, nell'angiporto, strade che conoscevo per le memorabili ballate di Fabrizio de Andrè, tipo via del Campo e simili.
    Nei carruggi, così erano chiamati i vicoli dell'angiporto, si doveva camminare per forza di cose a piedi.
    Per cui, si dovevano lasciare le auto per forza di cose a monte, e poi, si scendeva per i vicoli appiedati.
    C'era una piazzaetta che si chiamava Piazza di S.Sabina, ma per noi era conosciuta come piazza Sasala, dal nome (cambiato ovviamente in questo racconto) di un nostro maresciallo, che per abitudine vi ci parcheggiva sempre lì, alchè con a sua squadra doveva entrare nei carruggi.
    Pensate che questo nome era così radicato che tutti noi la conoscevamo più come Piazza Sasala che per il suo vero nome.
    Infatti, alchè si chiamava in ausilio una volante, la sala operativa all'inizio gli diceva sempre di portarsi in Piazza di S.sabina.
    La volante puntualmente rispondeva, Ma dov'è ?....
    E la sala operativa, dopo alcuni tentativi di spiegazione, alla fine tagliava corto..
    Andate in Piazza Sasala, Insomma !.
    E la Volante di risposta,...Ora si che abbiamo capito !., Grazie !.
    La mia prima giornata, me la ricordo ancora.
    Come al solito arriviamo a Piazza "Sasala" e vi parcheggiamo le macchine.
    I vicoli o carruggi che dir si voglia, hanno una rete di avvistamento capillare.
    Nel senso che non appena una nostra pattuglia in borghese ci accede, scatta
    subito radio carruggio, che partendo da quello più vicino, percorre tutto l'Angiporto che viene messo in stato di massimo allarme.
    D'incanto spariscono tutte le attività illecite che sono in atto.
    Quella mattina però, qualcosa non aveva funzionato.
    Infatti, dopo i primi passi, ecco uno che di colpo chiude un tavolino mobile,
    ove praticava il così detto "gioco delle tre carte".
    Pino, lo guarda severo, e gli dice, Che cosa stiamo facendo quà ?..
    E quello...Brigadiè, mannaggia a morti !.
    O' Palo non funziona !.
    Mannaggia a lui, Mannaggia !.
    L'aggiù da cangià !.
    Pino lo guarda e sorride.
    Proseguiamo.
    L'angiporto ogni porta o è un negozio o una bottega artigianale.
    E' pieno di gente che vive della così detta "arte dell'arrangiarsi",
    ricorda moltissimo Spaccanapoli, tanto all'epoca erano moltissimi i
    Campani che lo frequentavano.
    Terra di truffe ai turisti a diporto, di scippi e di furtarelli, ma anche di spaccio.
    Poi la sera e la notte, diveniva un gigantesco casino a cielo aperto.
    Vari locali notturni erano il trade di esercizio per marinai sbarcati da navi al molo, con in tasca un bel mucchio di dollari da spendere.
    E non badavano certo a spese.
    Donne e divertimento, champagne a fiumi, non importa se fatto con le bustine.
    Ma tornando a quella mattina, di colpo Salvatore, l'Agente mio corregionale Palermitano, vede un tizio e si ferma e lo fissa.
    Quello lo guarda a sua volta.
    Si fissano per alcuni secondi, guardandosi dritti negli occhi a vicenda.
    Sembrava un duello dei film di Sergio Leone.
    Poi, Salvatore, tira fuori la tessera e la mostra.
    Il tale annuisce, non dice nulla.
    Salvatore mi guarda e mi dice, vieni lo portiamo li dentro, e mi mostra un portoncino aperto.
    Io non capisco, ma lo seguo.
    Quello entra dentro.
    Una volta tutti all'interno, Salvatore chiude il portoncino.
    Spogliati, gli fa.
    Quello, obbedisce prontamente, segno che deve essere una prassi consolidata in questa zona, questo modo di agire.
    Altro che mandati e cose del genere, pensavo, quante balle che insegnano alle scuole.
    Anche quelle !, gli dice siccome era rimasto solo in mutande.
    Ma Marescià......
    Ho detto anche quelle !, Non mi fare incazzare !.
    Se le toglie, le mani sono tremanti.
    Cadono a terra alcune bustine di carta stagnola.
    Bravo !., gli dice Salvatore, e queste che cosa sono ?.
    Roba mia personale !.
    Marescià, non mi capite male !, non vendo io !.
    Vola uno schiaffone.
    Ora ti porto in centrale, dice tirando fuori le manette.
    No, Marescià !., Non lo fate !.
    Allora io e te, dobbiamo fare un bel discorso, gli dice.
    Salvatore, lo fissava, lui sembrava voler carpire un segnale da parte sua.
    Poi quello si molla, tutto agitato dice:
    In galera non ci torno, l'ultima volta sono stato male, stavo andando in
    paranoia !.
    Salvo lo prende per il colletto e gli dice, Allora che cosa mi dai in cambio ?.
    In cambio di che ?...Belin !....
    Della libertà, Cretino !.
    Perchè che cosa vorrebbe sapere ?.
    Chi te la data per venderla per esempio !.
    E se c'è lo dico, lei mi lasciarebbe davvero andare via ?.
    Quelli come te, non mi fanno schifo, mi fanno pena.
    Tanto, so bene dove trovarti, tu non mi interessi.
    Dimmi chi te la dà !.
    Va bene maresciallo, c'è un appartamento in via Venezia, questo è l'indirizzo, andate a farci visita, sono degli africani.
    Non sono maresciallo, cretino !.
    Quante volte te lo devo spiegare ?, sono una guardia scelta !.
    Maresciallo, mi scusi, ma io i vostri gradi non li capisco e credo che mai li capirò !.
    Sta bena, sloggia, sgombra, Vattinni !.
    Prima che cambio idea !.
    Quello, non se lo lascia dire due volte, esce dal portone e corre come una lepre.
    Lo guardo.
    Lui mi capisce, è una domanda che però da recluta della squadra, non ho il coraggio di fare ad uno più anziano che li ci sbatte tutti i santi giorni, sere e notti.
    Che cosa ti credi ?....mi fa.
    Che lo fatto andare per bonta ?...
    Che minchia me ne faccio di uno come lui ?.
    Lo porta dal giudice, vedi ?...prende le bustine raccolte per terra.
    Quello, il Giudice mi fa, Agente, dosi personali sono !.
    Modica quantità, che cosa me lo porta a fare ?.
    No, io, voglio puntare più in alto, a chi fornisce la merce e non solo a chi la vende.
    Questi che la vendono, li conosciamo benissimo, basta girare qui per i vicoli.
    Adesso rientriamo, andiamo ad informare il Commissario dell'informazione.
    Vediamo di ottenere un bel mandato e domani andiamo a fare visita a questi nostri vicini, siccome siciliani, Africani !.
    E' una zona elegante della città questa.
    Che differenza con i carruggi e le abitazioni fatiscenti che vi si affacciano.
    Percorriamo un bel viale alberato, ecco, questo è il numero civico,
    ci fermiamo.
    L'appartamento degli africani è ubicato al 4° piano.
    Quando si bussa alla porta, si prendono sempre delle precauzioni.
    Gavino caccia fuori la pistola e la tiene pronta in mano.
    Pino, bussa deciso.
    Chi essere ?, si sente.
    Polizia !, Aprite subito la porta !.
    In effetti la porta si apre, e ci accoglie un tipo di colore, visibilmente meravigliato, con uno spazzolino da denti in bocca, ancora intento a strofinarselo tra i denti.
    Era di prima mattina, le perquisizioni in genere si fanno alle prime luci del giorno.
    Cosa volere da noi ?....
    Noi brava gente !.
    Dobbiamo fare una perquisizione, chi c'è in casa ?.
    Tutti qui e subito.
    Sono solo in tre, due somali ed un etiope.
    Occupano tre rispettive camere separate.
    L'etiope, sembra quello preoccupato della nostra visita, e Pino se ne accorge.
    Cominciamo da lui !, dice deciso.
    Entrriamo dentro la sua camera.
    Appena apriamo il primo cassetto del comò, ecco la sorpresa.
    E pieno zeppo di pani di hascish, non si può sbagliare, roba inconfondibile dal formato e dal colore.
    Pino prende le manette e le appone all'Etiope, che ha una faccia stralunata.
    E questo è il primo !, dice.
    Guagliò, non fateci perdere altro tempo !.
    Tutta la roba che tenete, portatela accà, e subito.
    Ma i due somali scuotono la testa.
    Non c'è altro capo, noi di quello che fa questo non ne sappiamo niente !.
    Siamo lavoratori onesti, potete cercare quanto volete nelle nostre camere,
    non troverete nulla !.
    Avevano ragione.
    In centrale, il Dirigente, da buon napoletano, contro il nostro parere, decise però di arrestarli tutti e tre ugualmente.
    Sapete, le statistiche !.
    Però, la giustizia fortunatamente fece subito il suo corso, il giorno dopo il Giudice non convalidò l'arresto ed i due somali tornarono liberi.
    Uno lo incontrai al bar dove lavorava.
    Mi salutò, io cercai di spiegargli che non era stata colpa nostra, ma lui
    che aveva capito tutto, mi sorrise e mi disse:
    Somali brava gente, quello è Etiope, gente malvagia !.
     
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