I racconti dell'Ispettore

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  1. FRANCODUE
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    LA FINE DELLA COLONNA


    Quando arrivai, o meglio ritornai a Genova nel 1980, con il nuovo
    incarico di sottufficiale della Digos, trovai la situazione davvero drammatica.
    Ogni mattina avveniva praticamente un azzoppamento, nonostante avessimo in giro numerose pattuglie e posti di blocco, niente da fare, colpivano lo stesso.
    Si aveva l'idea di qualcuno che tirasse le fila, però non c'erano prove per incastrare.
    O meglio, noi ritenevamo di non averle, il buon Generale, all'epoca comandante degli speciali nuclei antiterrorismo del nord Italia, riteneva invece di averli.
    Così fece arrestare un noto professore universitario ed altri stimati professionisti della città.
    Ma il processo si concluse con tutte assoluzioni per insufficienza di prove, allora c'era questa formula, così, nulla, si brancolava nel buio.
    C'era stato si l'episodio dell'irruzzione dei nuclei speciali Carabinieri n via Fracchia, con quattro terroristi uccisi, ma era rimasto un episodio isolato, nel senso che non aveva avuto lo sbocco investigativo che tutti ci aspettavamo.
    Loro erano più forti che mai e proliferavano a vista d'occhio.
    Volantini inneggianti l'allora "campagna d'autunno", venivano rinvenuti in ogni dove, striscioni inneggianti l'organizzazione, apparivano la mattina presto in molti angoli della città.
    C'erano allora ancora le grandi fabbriche, l'Italsider, L'Ansaldo, poi il porto.
    Tutte erano loro territorio di propoganda, lo sapevamo, ma non trapelava nulla.
    Omertà totale, peggio di quella mafiosa.
    Dopo l'omicidio di un sindacalista, qualcosa era sembrato muoversi, però ancora molti della sinistra ufficiale, solevano chiamarli "compagni che sbagliano".
    Questa la premessa.

    Però, stranamente, fu proprio per un caso fortuito che si imbeccò la strada che nel giro di una sola settimana ci portò a sgominare l'intera colonna.
    Il nostro pattuglione, il Delta77, aveva tra gli obbiettivi da vigilare, anche
    l'abitazione del sindaco di Genova dell'epoca, siccome aveva ricevuto molte
    minacce.
    Una mattina, transitando sui luoghi, Nino, il brigadiere capo pattuglia, nota una fiat 127 con tre tipi a bordo.
    Quello lo conosco !, dice .
    E' Grassetti, noto estremista.
    Che cosa ci fa qui ?...Controlliamoli.
    La fiat 127 è ferma, i nostri si avvicinano ed intimano agli occupanti della stessa
    di scendere giù.
    Chiedono i documenti a tutti, questi li esibiscono prontamente.
    Ma ecco la sorpresa, Nino si allontana per controllarli via radio alla centrale.
    Resta Filippo a sorvegliarli.
    Improvvisamente, tutti e tre scappano via di gran corsa e tutti in direzioni diverse.
    Nino e gli altri sono frastornati.
    Decidono di rincorrere quello che pare più raggiungibile.
    Infatti lo stanno per prendere, ma questi, salta giù da un parapetto,
    del ciglio stradale buttandosi letteralmente nel vuoto.
    Per chi conosce Genova, le sue strade sono tutte salite e discese.
    Ma è pazzo ? Urla Antonio, saranno venti metri di dislivello !.
    Guardano giù, dove l'uomo si è buttato e lo scorgono per terra esamine.
    Ma non sembrava privo di vita, siccome si muoveva contorcendosi per il dolore.
    L'unico inconveniente, era che....era caduto all'interno del cortile di una Stazione dei...Carabinieri !., sic !.
    Infatti vedevano dei Militari accorrere subito verso il caduto.
    Questo è un bel casino !., dice Nino.
    Intanto cazzia di brutto Filippo.
    Quando sei in servizio cerca di essere sveglio !.
    Ma brigadiere, chi si aspettava una mossa del genere ?.
    Risponde lui.
    C'è una cosa sola da fare, avvisare subito il Dirigente.
    In effetti, quando giunse il Dr.Napoli, nessuno avrebbe scommesso 5 lire
    che sarebbe riuscito a convincere i caranbinieri a consegnarcelo.
    Non so che cosa si inventò, fatto sta che c'è lo dettero e fu condotto direttamente
    in Questura.
    Era un giovane professore di filosofia, subito si trincerò nel silenzio più assoluto, dichiarandosi prigioniero di guerra.
    Le sue condizioni fortunatamente non erano gravi, i nostri medici ed infermieri lo rimisero subito in sesto, anche se si sopettavano fratture alle costole.
    Ma il Dr.Napoli, fece ancora di molto meglio.
    Dopo un giorno di inutili tentativi di farlo parlare, capì il suo punto debole.
    Era sposato da poco, sua moglie era in Questura nella sala di attesa.
    Lui chiedeva sempre di lei, e chiedeva che nel caso lui veniva condannato ad una lunga pena detentiva, lei poteva avere il divorzio, così da pemetterle di rifarsi una vita.
    Era lei il suo punto debole.
    Napoli, se lo lavorò con calma.
    Intanto da poco era stata approvata la legge che prevedeva molte agevolazioni a chi decideva di dissociarsi e collaborare con noi.
    Così, alla fine si decise, e si dichiarò disposto a dirci tutto, purchè evitasse il carcere.
    Gli fu assicurato di si, daccordo anche il Magistrato che seguiva l'inchiesta.
    Gli fu assicurato anche il ricovero nel miglior Ospedale Ortopedico della città, per le cure ulteriori che abbisognava.
    Era un fiume in piena, nomi, cognomi, capi e fiancheggiatori, autori di omicidi ed attentati, ci disse praticamente tutto.
    Così, si partì sparati e fu trovato il primo covo.
    Era ancora caldo, però trovammo materiale molto importante.
    Contenporaneamente cominciarono gli arresti.
    Uno dopo l'altro, tutti i membri della Colonna Genovese caddero nella rete.
    Il bello era che quasi tutti, tranne alcuni irriducibili, decidevano di collaborare, rivelando altri particolari inediti.
    Era adesso una vera valanga.
    In una sola settimana, furono trovati ben otto covi ed arrestate 80 persone.
    La colonna era finita.
    Si risalì anche alla mente, che quel professore universitario che l'aveva fatta franca nel primo processo.
    Adesso le prove contro di lui c'erano, eccome se non c'erano.
    Si pentì anche lui, rivelando tutti i componenti della Commissione Strategica delle br, quella nazionale.
    La strada per la vittoria finale era ormai aperta, le br non avevano più quell'alone di segretezza ed imbattibilità che avevano avuto sino a quel momento.
    Si instaurono anche degli interessanti rapporti umani con i pentiti.
    Per non mandarli in carcere e per motivi di sicurezza, dormivano con noi in caserma e mangiavano con noi alla mensa.
    Loro avevano un falso concetto di noi, pensavano che fossimo dei nazi fascisti.
    Si dovettero ricredere, e non facevano mistero a dircelo.
     
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269 replies since 14/11/2013, 21:09   10108 views
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